Per Sergio Abrignani (Cts) la terza dose ci proteggerà per dieci anni. Però i dati sull'efficacia dei sieri lo smentiscono. E pure l'esperto tedesco Alexander Kekulé: «Un terzo o il 50% dei vaccinati è veicolo d'infezione». Ma per Roberto Speranza è più facile incolpare chi rifiuta la puntura
Per Sergio Abrignani (Cts) la terza dose ci proteggerà per dieci anni. Però i dati sull'efficacia dei sieri lo smentiscono. E pure l'esperto tedesco Alexander Kekulé: «Un terzo o il 50% dei vaccinati è veicolo d'infezione». Ma per Roberto Speranza è più facile incolpare chi rifiuta la punturaLa risalita dei contagi ha spinto alcuni, tra i quali il nostro ministro della Salute e i suoi principali collaboratori, a parlare di «epidemia di non vaccinati». Sarebbe colpa degli irriducibili renitenti al siero se in Italia ci si continua ad ammalare di Covid. Che l'accusa abbia poco fondamento scientifico è evidente, perché quand'anche il cento per cento della popolazione fosse vaccinata, il contagio zero non sarebbe ugualmente garantito. La libera circolazione delle persone e l'ingresso nel nostro Paese di non vaccinati (basti pensare ai camionisti esteri a cui non è richiesto il green pass) ci esporrebbero comunque a nuovi focolai d'infezione. Ne è prova ciò che è accaduto in alcuni tra i Paesi più vaccinati del mondo, dall'Irlanda alla Danimarca. In entrambi i casi, anche là dove si registrava un tasso di immunizzazione elevato, superiore al 90%, il virus è tornato a circolare. A Waterford, una città portuale tra le più antiche della Repubblica irlandese, nonostante i suoi 99,7% di vaccinati, i contagi sono cresciuti più che altrove e a Copenaghen, dopo un periodo di «liberi tutti», sono state reintrodotte alcune misure di distanziamento e di prudenza. Dunque, parlare di «epidemia di non vaccinati» è una sciocchezza, perché significa trovare un capro espiatorio, cioè chi rifiuta il siero, ma non risolvere il problema.Lo dico io, che sono un semplice osservatore di numeri e tendenze? No, lo ha spiegato uno dei più celebri epidemiologi tedeschi, Alexander Kekulé. Il quale, commentando con il Corriere ciò che sta succedendo in Germania, cioè un aumento record dei contagi che ha superato il picco raggiunto in precedenza, ha spiegato come ci siano molte cause dietro la quarta ondata che ha colpito Berlino e dintorni. Aggiungendo che a suo avviso «quella più grave è stata la sottovalutazione del ruolo dei vaccinati da parte della politica». Secondo il docente dell'Università di Halle-Wittenberg, in Sassonia-Anhalt la percentuale di non vaccinati è ancora troppo alta (in percentuale sono un terzo dei tedeschi), ma il virus si sta diffondendo anche tra chi è già immunizzato. «Il vaccino ha efficacia su una percentuale di persone oscillante tra il 50 e il 70%, ciò significa che su dieci vaccinati, da 3 a 5 potrebbero trasmettere il virus. E quando si consentono manifestazioni senza più misure, senza test e distanziamento, queste diventano focolai d'infezione». Chiaro il concetto? Un terzo, ma forse anche la metà di chi si ritiene sicuro e protetto in quanto ha ricevuto prima e seconda dose, in realtà rischia di essere un veicolo per la diffusione del Covid e di trasmetterlo in maniera seria, cioè con effetti gravi, a chi non è vaccinato.L'epidemia di non vaccinati vagheggiata da Speranza e compagni in realtà è un'epidemia che rischia di essere diffusa proprio da chi si ritiene immune, il quale essendo asintomatico e provvisto di green pass, può liberamente circolare infettando altre persone. Paolo Valentino, il collega che ha intervistato Kekulé, osserva: «Lei punta il dito soprattutto sulle scarse misure di prevenzione tra i vaccinati». Risposta: «C'è troppa libertà per loro. Occorre dirlo». Il professore aggiunge anche altre considerazioni, tra le quali l'inutilità di colpevolizzare chi ha scelto di non vaccinarsi e la necessità di evitare una spaccatura nella società. Da esperto, trova giusto aver reintrodotto in Germania i test gratuiti (come in Danimarca e Austria, mentre in Italia sono a pagamento, nella speranza di indurre, senza successo, le persone a vaccinarsi) e sbagliato mettere limiti alle manifestazioni o ai contatti privati. Insomma, spazza via le chiacchiere di gran parte dei nostri virologi. Fra queste, segnaliamo quelle di Sergio Abrignani, immunologo e componente del Comitato tecnico scientifico che sussurra a Speranza. Per il professore, la terza dose va fatta perché può allungare il periodo di validità del green pass di un altro anno (ma i vaccini non perdono efficacia dopo sei mesi e forse anche meno?) e poi perché consente l'innesco di una memoria immunologica più duratura, che può reagire anche per 5 o 10 anni. Ah! E allora perché in Israele già si pensa alla quarta dose e sia l'Ema che la Cdc, cioè le agenzie del farmaco di Europa e Stati Uniti, consigliano un quarto richiamo per tutti gli immunodepressi? Perché si pensa a una vaccinazione annuale come si fa per l'influenza? Certo, come dice Abrignani, «le paure dei non vaccinati non hanno base scientifica, sono irrazionali e rischiano di provocare gravi danni». Però anche le contraddizioni degli scienziati paiono avere poca base scientifica, e venendo da certi pozzi di scienza, di danni ne possono fare più di chi non ha titolo né per parlare né per straparlare.
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