Il Direttivo dei Giornalisti Cinematografici Italiani ha scelto Sergio Leone - L’italiano che inventò l’America - come Documentario dell’Anno 2023. Avrà un Nastro d’Argento, Francesco Zippel, regista, i premi per il miglior documentario dedicato al racconto del Cinema del Reale e per il miglior titolo su Cinema, Spettacolo, Cultura.
Il Direttivo dei Giornalisti Cinematografici Italiani ha scelto Sergio Leone - L’italiano che inventò l’America - come Documentario dell’Anno 2023. Avrà un Nastro d’Argento, Francesco Zippel, regista, i premi per il miglior documentario dedicato al racconto del Cinema del Reale e per il miglior titolo su Cinema, Spettacolo, Cultura.È stata «l’originalità» a permettergli di emergere, «l’emozione» che il Direttivo, assegnatario dei Nastri, ha detto potersi respirare «fin dalla prima inquadratura», portando così a rinnovare «con affetto e grande cura l’omaggio ad un Maestro mai abbastanza celebrato». Sergio Leone – L’italiano che inventò l’America, il cui taglio è stato definito «inedito» e «ricco delle più prestigiose testimonianze internazionali», ha saputo esaltare «il valore dello sguardo innovativo e delle creatività unica di Sergio Leone, un uomo nato nel cinema che del suo cinema ha reso immortali sequenze, protagonisti, musica e immagini». Francesco Zippel ha fatto un capolavoro. E quel suo documentario, presentato lo scorso settembre al Festival del Cinema di Venezia, Sky ha deciso di proporlo in televisione Sergio Leone – L’italiano che inventò l’America sarà trasmesso su Sky Documentaries nella prima serata di venerdì 4 febbraio: un’ora e tre quarti per ricordare chi sia stato Sergio Leone, come sia diventato – con sette film e niente più – un Maestro mai dimenticato, la musa d’altri, una voce perpetua tra l’Italia e Hollywood. Sergio Leone – L’italiano che inventò l’America il ricordo lo tesse attraverso testimonianze celebri. Ci sono i figli di Leone, Andrea, Francesca e Raffaella. C’è Martin Scorsese, c’è Clint Eastwood, Quentin Tarantino. C’è Steven Spielberg, poi Jennifer Connelly e Carlo Verdone e Dario Argento. C’è chi al documentario ha saputo dare una piega più intima. Le citazioni, gli aneddoti. Un che di familiare, un racconto venato di nostalgia e piacere, si respira fra le immagini. Sergio Leone – L’italiano che inventò l’America è la celebrazione, volutamente autoriferita, di mondi che ogni cinefilo conosce. Ed è anche la spiegazione di come siano stati costruiti questi mondi, di come siano stati inventati, di quanta gioia e di quanto entusiasmo siano stati sottesi al processo creativo. Sergio Leone – L’italiano che inventò l’America, che un po’ di preclusione verso il genere potrebbe indurci a credere di essere il ritratto ordinario di un professionista, con tutti gli annessi e connessi del caso, è più di quel che sembrerebbe lecito aspettarsi dal documentario. È la fotografia di un uomo che davanti al cinema ha mantenuto intatta la meraviglia del bambino, il suo stupore. Un sentire che il tempo non ha eroso. Vibra, Sergio Leone. Vibrano le immagini, i ricordi. C’è della magia nella narrazione del western all’italiana, dei suoi suoni e dei suoi volti. Sergio Leone – L’italiano che inventò l’America è la cronaca di un’impresa ardita e, una volta terminata la visione, ce li si sente addosso il coraggio e il genio e la capacità visionaria del Leone uomo. Si è parte del tutto, grazie al documentario di Zippel.
Uno scatto della famiglia anglo-australiana, che viveva nel bosco di Palmoli, in provincia di Chieti (Ansa)
La maggioranza degli italiani sta con i Trevallion, i cui figli sono stati strappati al bosco e al padre, ma i media cattolici o sono tiepidi o difendono i giudici. «Avvenire», il quotidiano dei vescovi, preferisce promuovere l’educazione affettiva nelle scuole.
Secondo il sondaggio realizzato da Alessandra Ghisleri per La Stampa, la metà degli italiani solidarizza con la famiglia del bosco. Il 44% degli interpellati nella rilevazione sostiene che i giudici del Tribunale dei minori dell’Aquila siano intervenuti andando oltre i limiti, il 49,8% ritiene che sia stato un errore allontanare i figli dal padre e il 49,7% pensa che i genitori debbano essere parzialmente liberi di scegliere uno stile di vita alternativo per i figli. In buona sostanza, sembra di capire che anche chi non condivide del tutto le scelte radicali dei genitori Trevallion sia comunque convinto che l’allontanamento dei bambini sia stato un atto violento che si poteva e doveva evitare.
iStock
La denuncia di Fdi, che raccoglie le proteste dei genitori: «Nessuno ci ha coinvolti».
«Ai nostri bambini all’asilo hanno dato delle Scosse: sono gli attivisti di un’associazione che così si chiama che illustrano a bambini quasi neonati libretti che parlano di genitori omosessuali, di utero in affitto. L’educatrice è entrata ha fatto una lezione su questi temi incomprensibili per i nostri figli che frequentano il nido. Abbiamo chiesto spiegazioni, ma niente: un muro di gomma». Accade a Roma, ma purtroppo in tutta Italia. E poi ci si chiede perché la famiglia nel bosco è finita sotto la lente della giustizia e le «cure» (si fa molto per dire) delle assistenti sociali.
Francesca Albanese (Ansa). Nel riquadro il murales che la ritrae con Greta Thunberg, abbracciate da un miliziano di Hamas, e lo stesso graffito vandalizzato
I graffiti piacciono solo se rossi: oscurato quello che la ritrae con un membro di Hamas.
Se penso alla perfetta radical chic penso proprio a Francesca Albanese. Look da radical chic. Puzza sotto il naso da radical chic. Arroganza da radical chic. La Albanese possiede anche il tocco sublime della perfetta radical chic, possiede cioè quella capacità di cantare le «cretinate in diesis», cioè con quel pezzetto di nota aggiuntivo che gli stessi compagni non sanno se è una stonatura o una raffinatezza. Perché lei è parecchio divisiva anche a sinistra: adorata da quel pezzo che crede di aver capito tutto della vita; stucchevole per chi invece ne ha le scatole piene di questa sinistra qui (è un pezzo che non conta granché).
2025-11-30
Non Sparate sul Pianista | Riccardo Muti: «Don Giovanni, tra lo scherzo diabolico e la tragedia»
Nella quarta e ultima puntata, il Maestro Muti ci introduce al capolavoro mozartiano, in costante equilibrio tra gioco diabolico e tragedia. La luce sinistra del libertino illumina la scena. Quando svanisce gli altri personaggi non si sentono sollevati, ma smarriti.







