
Mercoledì inizia l’assemblea dei vescovi voluta da Francesco. In maggioranza chi vuole preti sposati e benedire le coppie gay.Dal 4 ottobre, festa di San Francesco d’Assisi, fino al 29 ottobre per la Chiesa cattolica sarà Sinodo sulla sinodalità, una grande assemblea dei vescovi (e non solo) convocata dal Papa a Roma per il primo dei due round finali di un lungo cammino sinodale avviato nelle Chiese locali già nel 2021.Il tema, Sinodo sulla sinodalità appunto, non è di quelli che appassionano il popolo di Dio: basta fare un’empirica ricerca tra i banchi della messa domenicale per comprendere come per la buona parte dei fedeli questo sia una faccenda aliena o, comunque, poco comprensibile. Ma, tant’è, Francesco insiste da tempo sulla necessità di una Chiesa sinodale ed ecco allora questa specie di auto-riflessione della Chiesa su sé stessa, alla ricerca di una maggiore partecipazione dal basso, qualcuno dice per una sorta di malcelata democratizzazione della Sposa di Cristo. Secondo i critici, questo processo di Chiesa dal basso sarebbe da leggere così: la Chiesa post-conciliare entra nella «democrazia». Così come la Cina comunista è entrata nell’economia di mercato. Da una parte si predica «sinodalità» (democrazia), dall’altra si resta intrinsecamente autoritari. La novità assoluta di questa assemblea, e cioè il voto anche per i laici, potrebbe essere il segno di questa contraddizione: una democratica novità arrivata, però, direttamente dall’alto, senza troppe consultazioni in seno alla gerarchia e al popolo di Dio.I partiti sono già schierati, anche se Francesco ha sempre respinto l’idea di un Sinodo come un parlamento, tanto che quello sulla sinodalità assomiglia a quel Concilio Vaticano III da alcuni sognato e da altri temuto come la madre di tutte le eresie. Da una parte ci sono quelli che potremmo definire gli avanguardisti liberal, che in qualche modo potremmo ascrivere al partito dell’agenda uscita dal cammino sinodale tedesco. E cioè, in sintesi, spinte per i preti sposati, le donne diacono e le benedizioni di coppie gay in chiesa. Dall’altra i resistenti, peraltro in decisa minoranza, che si oppongono a «conversioni pastorali» che ritengono in realtà dei veri e propri strappi dottrinali.Questa polarizzazione è un leit motiv del pontificato di Francesco, una polarizzazione a parole avversata e respinta ma in qualche modo coltivata nei fatti fin dai tempi del doppio Sinodo sulla famiglia del 2014 e 2015, quello che poi si è concluso con l’esortazione apostolica Amoris laetitia e i tanti dubbi che essa ha portato con sé. Per il cardinale australiano George Pell, morto il 10 gennaio 2023, il documento di lavoro del Sinodo sul sinodo era nientedimeno che un «incubo tossico», «uno dei documenti più incoerenti emessi da Roma», un «pot-pourri, effusione di una benevolenza stile new age».Senza arrivare a tanto, il cardinale Gerhard Mueller, prefetto emerito del fu Sant’Uffizio, che sarà uno dei partecipanti per nomina pontificia, ha dichiarato al portale web spagnolo Infovaticana di pregare «affinché tutto questo sia una benedizione e non un danno per la Chiesa. Mi impegno anche per la chiarezza teologica affinché una Chiesa raccolta attorno a Cristo non diventi una danza politica attorno al vitello d’oro dello spirito agnostico del tempo». Perché, ha aggiunto, «la Chiesa non è il terreno di gioco degli ideologi dell’“umanesimo senza Dio”, né dei lobbisti per un’agenda bloccata».Ma la cabina di regia delle danze sinodali è saldamente in mano alla nouvelle vague. Il relatore generale, il cardinale gesuita di Lussemburgo, Jean-Claude Hollerich, ha più volte dimostrato uno spirito progressista, ad esempio in materia di dottrina sull’omosessualità. E sarà lui il vero maestro d’orchestra e avrà il compito di firmare la sintesi conclusiva. Altro ruolo importante sarà quello del neo cardinale e neo prefetto della Dottrina della fede, monsignor Victor Manuel Fernandez, il teologo argentino già da tempo considerato il vero ghost writer del Papa che, in un profluvio di recenti interviste, ha però ricordato, a proposito degli strappi dei tedeschi, che «il rischio del cammino sinodale sta nel credere che, consentendo alcune novità progressiste, la Chiesa in Germania prospererà. Non è questo ciò che proporrebbe Papa Francesco, che ha sottolineato un rinnovato slancio missionario incentrato sull’annuncio del Kerygma». Per restare dalle parti dell’ex Sant’Uffizio va segnalata la strana defezione dal Sinodo del prefetto emerito, il cardinale gesuita spagnolo Luis Ladaria Ferrer che, appena lasciato l’ufficio a Fernandez, ha fatto sapere che non ci sarà. Un ritiro che fa ancora più rumore se si pensa che era un membro di diretta nomina pontificia e che, in mancanza di comunicazioni più precise, ha fatto pensare che questo ritiro fosse collegato alla trista vicenda che vede come protagonista l’ex gesuita e artista Marko Rupnik che, con una recente nota del Vicariato di Roma, si è visto come «assolto» dalle accuse di abusi, gettando così una pesante ombra sulla condotta della Dottrina della fede che, a suo tempo, per lui aveva richiesto anche la scomunica. Forse un po’ troppo persino per il bravo e obbediente gesuita Ferrer.A pochi giorni dal via del Sinodo sul sinodo, la liquidità sembra essere il dato più granitico per definire la situazione. Nessuno sa dove si andrà a parare. «Di certo», sussurrano dalle sacre stanze, «si aprirà un processo, come ama dire Francesco». In effetti è questo il vero tratto distintivo del pontificato e non a caso i lavori non si concluderanno il 29 ottobre, ma nell’ottobre 2024, quando si terrà il round finale. E ci sarà un altro anno di tempo in cui continuare a discutere, a confondere, a dare interviste in cui dire e non dire. Come in tutte le democrazie, anche per la Chiesa resterà solo una cacofonia di chiacchiere? Se questa fosse la nuova sinodalità, allora davvero bisognerebbe dare ragione a chi dice che ciò che resta, in fondo, è solo un «magistero debole». Qualcosa che non arriva tra i banchi della messa domenicale, una forma magisteriale che vorrebbe andare incontro agli uomini, ma rischia di non intercettarli nemmeno perché ormai già ampiamente in altre faccende affaccendati. Se sarà il vento dello Spirito ad animare il Sinodo, come ricorda Francesco, allora c’è da sperare che soffi forte, almeno per evitare le «chiacchiere» contro cui si è scagliato giusto ieri il Papa.
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I danesi di Vestas fermano la produzione di pale e turbine: poca domanda, costi elevati.
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A rischio un comparto che da noi dà lavoro a 100.000 persone. L’Italia si oppone.
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Il colonnello Melosu ha raccontato di non aver soddisfatto i desiderata dei carabinieri infedeli e della Procura di Pavia. Per questo sarebbe stato accusato di falso ideologico, subendo una perquisizione in tempi record.