2023-11-25
Sinner batte Djokovic due volte. L’Italia vola in finale di Coppa Davis
La Serbia va in vantaggio con Kecmanovic contro Lorenzo Musetti. Poi il tennista altoatesino pareggia i conti contro il numero uno al mondo e, insieme a Sonego, completa il sorpasso al doppio. Ora ci aspetta l’Australia.Il tennis è lo sport dei lupi solitari che predano punti: tra una vittoria alle Atp Finals per consacrare la patria bandiera nella classifica Atp e una vittoria a squadre in Coppa Davis, qualsiasi professionista firmerebbe per consacrarsi con la prima ipotesi. Ma tutto il gruppo azzurro capitanato da mister Volandri è stato colto da un brivido di piacere quando la coppia Sonego/Sinner ha infiocchettato il punto decisivo nel doppio contro Djokovic/Kecmanovic sera a Malaga. Dei quattro in campo sul cemento indoor, il torinese Lorenzo era l’unico fresco e candido, non avendo disputato, come hanno fatto gli altri tre, le sfide di singolare. 6-3 6-4 il risultato per l’Italia nella terza sfida contro i serbi del numero uno del mondo. Sinner ha garantito solidità, Sonego lucidità, gli avversari hanno patito una minor prestanza fisica, con Kecmanovic ancora in soggezione reverenziale verso il compagno e mostro sacro Nole. Oggi tocca affrontare l’Australia di Popyrin e De Minaur, che hanno eliminato i finlandesi nell’altra semifinale. Nel pomeriggio di sabato, Jannik Sinner ha dimostrato d’essere un italo-asburgico tutto d’un pezzo: ha piegato Djokovic 6-2 2-6 7-5 in due ore e mezza di scambi, annullando tre match point e portando l’Italia sull’1-1 dopo la sconfitta patita da Lorenzo Musetti contro Kecmanovic. Dimostrando due cose: ormai è al livello del numero uno del mondo, che ha battuto due volte in tre sfide nelle recenti settimane. E poi, che alla Davis, dunque all’Italia, il nostro fenomeno tiene eccome. Peccato per il rocker Musetti nella prima partita. Qualcuno disse un giorno dell’azzurro Diego Nargiso, favoloso Caravaggio della racchetta la cui indole bizzosa ha fatto da zavorra a un talento quasi mai espresso ai livelli che avrebbe meritato: «Sembra il miglior giocatore del mondo nella sua peggior giornata». La definizione ben si attagliava al carrarese, regolato 6-7 6-2 6-1 dal ventiquattrenne Miomir, terraiolo polivalente dotato di un drittone poderoso forgiato alla scuola di Nick Bollettieri, mentore di Andre Agassi. Lorenzo in verità ha tenuto botta nel primo set - aveva già sconfitto il serbo quest’anno a Montecarlo - poi sono subentrati disagi a una coscia, il dolore ha prevalso, e dopo un primo parziale vinto al tie break comandando il ritmo, è rimasto in campo quasi per onor di firma, lasciando intravedere il traguardo del futuro: quando sta bene, ha le carte per competere tra i primi 10-15 in classifica e a quello deve puntare. Specie sulla terra rossa, dove sguazza come un pesciolino martello nell’oceano, ma pure sul cemento di Malaga della semifinale Davis. Quanto a Sinner, la distanza siderale con Nole è pressoché colmata. Il cannibale serbo trentaseienne resta inarrivabile quando carica la sua molla da metronomo rimpinguato di pallettoni. Ma Jannik, forte della dote razionale di imparare dai propri errori rielaborandoli, ricorda lo Schwarzenegger agli albori della carriera nel bodybuilding: una macchina ancora imperfetta, ossessionata dal desiderio di colmare ogni lacuna fisica e mentale. Il primo set è parso financo semplice per il numero 4 Atp: 6-2 il punteggio, cucinando il recente trionfatore del Master con ingredienti di solito appannaggio della sua cucina. Servizi precisi e pesanti, risposte d’anticipo dando libero sfogo al dritto, margini di errore ridotti all’osso. Tuttavia la pelle dell’orso Djokovic è fuori da ogni prezzo di mercato, anche se la si volesse vendere a offerenti dal portafoglio pingue. Nel secondo set si ribalta la frittata. Djoker torna a fare Djoker, il cattivo col cuore di meringa più amato dai fan del tennis, alza la profondità delle sue risposte, abbassa a quasi zero i falli non forzati. Sinner patisce la reazione, sembra quasi di rivivere la sfida delle Finals di domenica scorsa, con l’italiano inebetito davanti alla meticolosità chirurgica con cui l’avversario disseziona ogni scambio. Si va al terzo set, combattuto ed emblematico: Alcaraz, Rune e Medvedev permettendo, stavamo assistendo a un potenziale confronto decisivo di un futuro Grande Slam. Sinner si affida al servizio, giocato con lo slancio elastico che segue un movimento e una postura ormai riconoscibili. Commette qualche errore di troppo negli scambi da fondo, Nole suona la stessa sinfonia del set precedente, attacca la profondità, alterna alla potenza qualche finezza tattica con braccio da fata, chiamando più volte a rete il nostro. Quando, dopo essersi portato sul 5-4, il serbo si ritrova tre match point a disposizione sul servizio di Sinner, la Caporetto si staglia in tutta la sua sagoma terrorizzante. E però se aumenta il pericolo, aumentano le possibilità di salvezza. E Jannik ritrova la freddezza che ne fa lo specchio del sembiante psicologico di Ivan Lendl. Li annulla tutti e tre, si porta sul 5-5, mantiene salda la concentrazione, ruba un break al rivale e chiude 7-5. È solamente la terza volta in carriera che Djokovic perde una partita dopo aver beneficiato di tre match point. Un ennesimo precedente innescato dall’altoatesino, che oggi può tingere d’azzurro cielo un’annata in cui le nubi del dubbio intorno al suo valore sono state scacciate a suon di racchettate.
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