2023-05-18
Sinistra e media manipolano la causa. Se ne sono accorti pure gli attendati
Secondo gli antagonisti di Cambiare rotta, il Pd vuole appropriarsi della mobilitazione. Anche se quest’onda è partita con il lockdown, ignorata dalle telecamere. Intanto la Bocconi chiede soldi allo Stato per i posti letto.Stai a vedere che alcune tendine sono molto meglio di come ce le hanno fatte apparire. Certo, restano difficili da digerire certe lagne lette sui giornali di chi si lamenta per 20 minuti di trenino al giorno per recarsi in facoltà a Milano dal vicino Comune di Seregno. Ma non tutti gli studenti si piangono addosso e ragionano allo stesso modo. L’ho potuto sperimentare ieri sera, ospitando a 1984 su Byoblu Francesca Lini, una militante di Cambiare rotta, associazione antagonista che ha animato le proteste contro il caro affitti. Questa giovane donna mi ha stupito intanto per la sua biografia: studentessa e lavoratrice, trova anche il tempo per dedicarsi alla politica con passione. Di sicuro molte delle sue idee mi sono aliene, ma lei le sa difendere con passione e proprietà di linguaggio e fa pensare che se a sinistra ci fossero politici simili forse vivremmo in una nazione più matura e seria.Soprattutto, però, mi ha colpito ciò che Francesca ha detto a proposito della ricaduta mediatica della battaglia sugli affitti. Con parecchia onestà e un certo coraggio ha dichiarato: «Fin dall’inizio pensiamo che riguardo a queste proteste ci siano delle ambiguità. Non tanto su come sono nate, perché noi tra studenti - anche se apparteniamo a organizzazioni diverse - ci conosciamo tutti. La maggiore ambiguità riguarda l’attenzione mediatica che c’è stata da subito, sin dalla mobilitazione di Milano. C’è stata una serie di passerelle che sembrava più che studiata. Il fatto che mediaticamente tutto venga presentato come scontro fra forze di centrodestra e centrosinistra ci dà molto fastidio: lo abbiamo detto fin dall'inizio che nessuna forza politica dell’arco parlamentare ci rappresenta». Quando le è stato richiesto di illustrare le sue motivazioni, la studentessa militante ha toccato temi centrali: ha parlato dei salari troppo bassi, del caro vita, della mancanza di spesa pubblica. E ha fornito un paio di dettagli non irrilevanti. Il primo sul fatto che il suo collettivo ha cominciato a protestare già anni fa, dopo il primo lockdown, proprio per sostenere quanti erano stati danneggiati dalle chiusure. Curiosamente, all’epoca, le istanze dei movimenti antagonisti non hanno avuto grande risalto, chissà come mai. Inoltre, Francesca ha chiarito con decisione di essere contraria all’invio di armi in Ucraina e molto favorevole alla costruzione di un percorso di pace, come del resto tutto il suo movimento. Anche per questo, ha aggiunto, quando Elly Schlein e altri esponenti dem si sono presentati fra le tende sono stati fischiati e invitati ad allontanarsi. Che ci sia e ci sia stato un tentativo di manipolazione della protesta, insomma, sembrano saperlo pure gli stessi manifestanti, o almeno pare esserne edotta la parte più consapevole di essi. Hanno notato le ambiguità e forse sarebbero perfino più critici se non dovessero comunque approfittare (comprensibilmente) del momento di visibilità che hanno ottenuto. Del resto, più i giorni passano e più queste ambiguità divengono manifeste e addirittura cessano di essere ambigue per rivelarsi per ciò che sono, ovvero un tentativo deliberato di sfruttare un problema che esiste (il caro affitti) per imporre i punti di una agenda che di sociale e popolare ha ben poco. Come abbiamo già avuto occasione di scrivere, il problema degli affitti è in realtà un problema salariale, a sua volta collegato a un dramma ancora più ampio chiamato austerità. L’austerità ha impedito di spendere denaro pubblico, costruire studentati e implementare l’edilizia popolare. La nostra permanenza nel recinto europeo, in aggiunta, ha reso impossibile la crescita degli stipendi. E non è tutto. Negli ultimi giorni illustri progressisti si sono divertiti a scaricare il barile sui crudeli proprietari di case che rifiutano di affittare agli studenti, lasciando gli appartamenti sfitti o preferendo riservarli ai turisti tramite Airbnb. Ebbene, basta dare un’occhiata a quanto scritto dalla saggista Sarah Gainsforth per rendersi conto di come l’utilizzo della piattaforma di affitti brevi sia aumentato a dismisura dopo la crisi del 2008, in reazione a precise scelte politiche e urbanistiche: «La proliferazione di Airbnb è avvenuta in un contesto di recessione economica», ha scritto la Gainsforth, «di precarizzazione del lavoro, di contrazione dei salari, di aumento del costo della vita e di finanziarizzazione della casa su scala globale». In buona sostanza, il ricorso alla piattaforma digitale è un sintomo, non la malattia. Infierire sui privati serve soltanto a portare acqua al disgustoso mulino di chi intende precarizzare ancora di più l’esistenza. Le parole uscite in queste settimane dalle bocche dei dem di casa nostra ricordano ciò che l’Economist sostenne in un numero dedicato alla casa appena prima dell’esplosione del Covid. «Un’élite di proprietari», scriveva il giornale, impedisce «la costruzione di grattacieli e appartamenti che l’economia moderna richiede». Coloro che si ostinavano a possedere un appartamento o una villetta venivano persino indicati quali responsabili dell’ascesa del populismo. L’Economist citava una ricerca firmata da Ben Ansell di Oxford e da David Adler dell’European university institute, secondo cui esiste una decisa correlazione fra «il mercato immobiliare e il populismo».Che queste teorie deliranti costituiscano il retroterra culturale di chi oggi - facendosi scudo degli studenti - infierisce sui piccoli (e deboli) privati che affittano per integrare lo scarso reddito è fin troppo evidente. Anche perché certi squali hanno già iniziato ad aggirarsi con disinvoltura attorno al bottino di svariate centinaia di milioni di euro che il governo destinerà alla partita affitti usando anche i denari del Pnrr (soldi che l’Ue ora generosamente elargisce per orientare investimenti che negli anni passati ci ha impedito di fare da soli). Interessante, a tale proposito, ciò che va teorizzando da giorni il rettore della Bocconi, Francesco Billari. Il quale auspica, come ha ben sintetizzato Startmag, «modello danese e supporto per la formazione e il lavoro, ma anche campus in stile anglosassone». Tradotto, il rettore vuole soldi pubblici per il reddito studentesco e per pagare i posti letto. Bella idea, e chissà se atenei come la Bocconi di questi soldi pubblici per gli studentati potranno beneficiare oppure no: noi sospettiamo che potrebbero approfittarne eccome (di qui il focoso interesse). E sarebbe perfino legittimo se la scuola bocconiana non fosse stata negli anni la fucina dei teorici dei tagli e dell’austerità che hanno prodotto lo sfascio attuale. In conclusione, fanno bene le tendine a sentire odore di ambiguità riguardo all’interesse politico e mediatico sulla loro protesta. E farebbe bene anche il governo a non farsi condizionare troppo dai giornali e dai talk show che seguono la linea ipocrita Pd-Cgil. Ieri, ad esempio, c'era chi proponeva di rendere permanente il tavolo sull’housing universitario (Rampelli, dove sei?) convocato al Mef dal sottosegretario Lucia Albano. Evviva: concentriamoci pure sul dito, così che altri possano divorarsi la luna.
Simona Marchini (Getty Images)