
«Blitz antiabortista». «Umiliazione per le donne». «Un modo per fermarle». «Instillazione di sensi di colpa nelle gestanti». C’è allarmismo a iosa nella galassia progressista piemontese, in queste ore, per una novità che però non solo non lede la libertà alle donne ma, semmai, la amplia, offrendo loro più ascolto e supporto.
Ma andiamo con ordine. La pietra dello scandalo è la nascita, presso l’ospedale Sant’Anna di Torino, di una stanza per offrire supporto e vicinanza alle donne in gravidanza; il tutto in conformità al dettato dell’osannata legge 194, che all’articolo 2 lettera d, prevede espressamente l’impegno di «far superare le cause che potrebbero indurre alla interruzione della gravidanza».
Con questo spirito di supporto alle gestanti - alla presenza di Maurizio Marrone, assessore alle Politiche sociali della Regione Piemonte, del dottor Giovanni La Valle, direttore generale dell’Azienda ospedaliero universitaria Città della salute, del dottor Umberto Fiandra, direttore sanitario del Sant’Anna e di Claudio Larocca, presidente regionale della Federazione del Movimento per la Vita (FederviPa) - è stata sottoscritta una convenzione che, di minaccioso, non ha nulla.
Il documento prevede, per la nuova stanza, un’unica finalità: quella di «fornire supporto e ascolto a donne gestanti che ne abbiano necessità, nell’ambito di un più generale percorso di sostegno durante e dopo la gravidanza alle donne che vivono il momento con difficoltà e che potrebbero, quindi, prendere in considerazione la scelta dell’interruzione di gravidanza o che, addirittura, si sentono costrette a ricorrervi per mancanza di aiuti». Tutto qui.
Un aiuto che sarebbe opportuno in ogni ospedale d’Italia, ma che lo è a maggior ragione al Sant’Anna di Torino che, con 6.590 nuovi nati nel 2022, è sì il primo presidio sanitario in Italia per numero di parti, ma è pure l’ospedale piemontese in cui si effettuano più interruzioni di gravidanza, con circa 2.500 casi nel 2021, pari al 90% degli aborti volontari effettuati nella città di Torino e al 50% di quelli a livello regionale. Non la teoria ma l’esperienza insegna, tuttavia, che tante donne che abortiscono non lo avrebbero fatto se fossero state supportate; basti dire che, secondo una ricerca uscita su Medical science monitor qualche anno fa, arriva addirittura all’84% la percentuale di donne che pensano di non aver ricevuto un’assistenza adeguata prima dell’aborto, mentre il 79% di esse non è stata neppure informata dell’esistenza di alternative disponibili; di qui l’idea dell’istituenda stanza, che non vuole altro che offrire quel delicato e prezioso supporto spesso assente.
«Ogni volta che una donna abortisce perché si è sentita abbandonata di fronte alla sfida della maternità rappresenta una drammatica sconfitta delle istituzioni», ha dichiarato in proposito l’assessore Marrone, aggiungendo che «per questa ragione, aprire nel principale ospedale ostetrico ginecologico del Piemonte uno spazio dove donne e coppie in difficoltà possano trovare aiuto nei progetti a sostegno della vita nascente è una conquista sociale per tutta la comunità, soprattutto in questa stagione di preoccupante inverno demografico».
Anche Larocca del Movimento per la Vita assicura che l’impegno sarà di mero supporto alle gestanti. «I nostri volontari saranno opportunamente formati», ha spiegato, «e, forti della lunga esperienza maturata dai nostri Centri di aiuto alla vita, opereranno con empatia, rispetto e discrezione, accanto alle donne che sono troppo spesso vittime della solitudine, del disagio sociale e della precarietà economica».
Cosa vi sia di allarmante in queste parole e nella convenzione sottoscritta col Sant’Anna è, dunque, un mistero. Eppure, come si diceva in apertura, in casa progressista sono furiosi. «Come nella miglior tradizione della destra golpista i blitz si fanno d’estate, durante le ferie, e l’assessore Marrone non fa eccezione», ha commentato su Repubblica - giornale secondo cui la stanza «fermerà» le donne, utilizzando il verbo in senso negativo, quasi fosse un peccato la presenza di un ostacolo che possa impedire di arrivare a interrompere una gravidanza - Silvio Viale, capogruppo dei Radicali in Sala Rossa che non si capacità di come Regione Piemonte abbia osato non consultarlo: «Non ne sapevo nulla, nessuno mi ha informato e nessuno ha chiesto un mio parere». Dura pure la reazione di Nadia Conticelli, presidente Pd Piemonte, secondo cui «la «stanza dell’ascolto» promossa dall’assessore regionale Marrone è l’ennesima umiliazione nei confronti delle donne e della loro libertà di scelta e di autodeterminazione». «Non si tratta di uno «sportello» di accoglienza», ha aggiunto la Conticelli, bensì di «un affidamento diretto al Movimento per la vita, dunque una forma di violenza psicologica istituzionalizzata». Che i Centri di aiuto alla vita aiutino le gestanti in crisi dal 1975, evidentemente, è un dettaglio. E, purtroppo, è sfuggito pure a Sarah Disabato, capogruppo regionale M5S Piemonte che, nella novità, scorge il rischio «di minare costantemente la 194 e l’autodeterminazione delle donne».
Laura Onofri di «Se non ora quando» si è, invece, scagliata contro chi vuole tormentare le gestanti, sottoponendo loro «feti di plastica o quelli veri, in formalina» e recitando «rosari davanti alle cliniche», con «cartelloni contro la legge 194». D’accordo, ma che c’entra questo con la stanza dell’ascolto? Non è dato saperlo.
L’impressione è, dunque, che quello scatenatosi in Piemonte, più che la critica a una singola e circostanziata iniziativa, sia il riflesso pavloviano d’una galassia culturale e politica che concepisce la libertà della gestante solo che intenda abortire. La libertà della madre che, se sostenuta, potrebbe tenere il figlio che ha in grembo, invece, pare interessare meno o non interessare affatto.



















