2023-11-09
A sinistra gioco sporco su sanità pubblica e privata
La presentazione della manovra finanziaria ha dato alla sinistra una nuova occasione per polemizzare con il governo. In particolare, il Pd e i media vicini all’opposizione si sono concentrati sulle risorse destinate alla spesa sanitaria. Quattro miliardi in più rispetto all’anno precedente sono stati giudicati un’inezia di fronte ai bisogni manifestati dagli italiani. Così il diritto alla salute non è garantito e le cure sono consentite solo ai più abbienti, hanno tuonato in coro. E a sostegno della tesi si è passati alla solita contrapposizione tra sanità pubblica e sanità privata, con l’intenzione di dimostrare che con il governo Meloni si va verso una soluzione all’americana, dove i servizi sono assicurati esclusivamente ai più ricchi.Beh, a questo proposito è opportuno fare un po’ d’ordine, per distinguere il vero dalla propaganda. Cominciamo dalle carenze di personale, che sono innegabili. Dalla sanità pubblica è in corso un esodo di medici e infermieri, ma non si tratta di un fenomeno iniziato con l’avvento dell’esecutivo di centrodestra, bensì molti anni prima. Del resto, se dal 2010 al 2020 sono stati ridotti finanziamenti per circa 37 miliardi, è logico supporre che sia stato a scapito della qualità del servizio, con inevitabile blocco del turnover, riduzione delle prestazioni e limitazione degli aumenti di stipendio per i sanitari. Aggiungete poi a tutto questo il numero chiuso nelle facoltà di medicina, che con test zeppi di quesiti assurdi ha impedito un ricambio in corsia. Ma forse sarà bene ricordare che sia i tagli dei fondi, sia la stretta sull’accesso alle professioni sanitarie sono coincisi in massima parte con il periodo in cui a Palazzo Chigi governava la sinistra. Nei dieci anni che hanno preceduto il Covid, i governi di cui ha fatto parte il Pd sono stati cinque, quello di cui ha fatto parte il centrodestra unito (cioè Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia) solo uno. Dal 2011 al 2013, a guidare il ministero della Salute è stato Renato Balduzzi, già collaboratore di Rosi Bindi. Poi è stata la volta di Beatrice Lorenzin, prima nel Pdl e dopo passata con il Partito democratico a seguito di una parentesi con Angelino Alfano. Quindi è toccato a Roberto Speranza, eletto nella dependance del Pd chiamata Articolo uno. Che dunque la sinistra oggi manifesti allarme per i tagli alla sanità è un esempio di straordinaria ipocrisia. Per otto anni, non solo non si è preoccupata della riduzione delle prestazioni del servizio sanitario nazionale, ma ne è stata l’artefice, rendendosi conto delle conseguenze delle proprie azioni solo quando è arrivato il Covid.Manifestando timori per i tagli e denunciando uno scivolamento verso una sanità per ricchi, oggi i compagni cercano di alleggerirsi la coscienza, ma anche in questo caso con un’operazione truffaldina. Infatti, non c’è alcun contrasto tra ospedali pubblici e ospedali privati, come si vorrebbe far credere. A differenza di ciò che ho sentito dire l’altra sera in tv, un cittadino che si rivolga a una struttura regionale o si affidi a una convenzionata non sopporta alcun costo in più. Il pronto soccorso è garantito sia dalla prima che dalla seconda e così è stato durante il Covid. Un esempio? Basta prendere due dei migliori ospedali privati della Lombardia, regione in cui vivo. Il gruppo San Donato, di cui fanno parte l’omonimo ospedale e il San Raffaele, nelle sue strutture di pronto intervento l’anno scorso ha accolto quasi 100.000 pazienti. E durante il Covid ne ha ricoverati 12.000. L’Humanitas, uno degli ospedali che insieme al San Raffaele è ritenuto tra i migliori d’Italia, nei suoi pronto soccorso registra 150.000 accessi e i malati di Covid ospitati tra il 2020 e il 2021 sono stati 11.000. Che cosa voglio dimostrare? Che la contrapposizione pubblico e privato è un’operazione stupida, usata da una sinistra incapace di ammettere i propri fallimenti. A Milano, chi ha un infarto non si domanda se sarà ricoverato al Niguarda (pubblico), al San Raffaele (privato), al San Paolo (pubblico) o all’Humanitas (privato). Ma quale sarà la struttura sanitaria più vicina che gli consenta di ricevere cure immediate. E lo stesso dicasi dei feriti in un incidente stradale. Negli ospedali e negli ambulatori privati lombardi, passano ogni anno milioni di pazienti, molti provenienti da fuori regione. E nessuno viene ricoverato a seconda del reddito o della capienza della polizza assicurativa, ma in base all’urgenza. La questione di cui a sinistra dovrebbero discutere non è dunque se la salute stia diventando un affare per ricchi, ma perché in alcune regioni il servizio sanitario nazionale non sia in grado di assicurare prestazioni decenti e in tempi rapidi come avviene in altre. Guarda caso, in massima parte si tratta di regioni del Sud, dove la sanità non è vista come un servizio, ma come fonte di clientele e spreco. Questi sono argomenti che i compagni però non si azzardano a sfiorare, preferendo parlare di regioni povere e regioni ricche, in una specie di lotta di classe distribuita lungo l’Italia, dove a guadagnare sono solo i vari cacicchi che sulla pelle degli italiani giocano la loro partita di potere. In un bilancio regionale, i costi maggiori sono rappresentati dalla spesa sanitaria ed è naturale che lì si concentri l’assalto alla diligenza. Ma il problema non è se il servizio è assicurato da un ospedale privato o da uno pubblico, ma perché in alcune regioni la salute è garantita e in altre sono assicurate esclusivamente le clientele. Le sole che dovrebbero essere tagliate.