2024-12-08
La sinistra strilla ma continua a fare gli interessi degli Agnelli
John Elkann (Getty Images)
Dalla Schlein a Conte, anziché chiedere che gli azionisti Stellantis investano parte dei 17 miliardi di dividendi, pretendono che sia il governo a continuare con le sovvenzioni a pioggia che hanno prodotto questi bei risultati. L’ordine di scuderia dei dem e di Elly Schlein, partito venerdì dai cancelli di Pomigliano, marcia speditamente. Ieri, figure minori del Pd hanno ribadito la richiesta di tornare a distribuire fondi e incentivi al mondo auto, a Stellantis, senza invertire la rotta della transizione green. Che - è bene ripeterlo ogni volta - è esattamente la strategia che ci ha portato a toccare con mano la desertificazione industriale delle quattro ruote. «Battersi insieme a noi per ripristinare i 4,6 miliardi di incentivi di fondi all’auto», ha detto la Schlein, «altrimenti rischiamo lo smantellamento di una filiera strategica». Ieri Vinicio Peluffo, capogruppo dem in commissione Attività produttive, ha ribadito le richieste e citato nuovamente la maxi mozione dell’opposizione nella quale si chiede anche il taglio del costo delle bollette e l’ok massiccio alla cassa integrazione. In scia Davide Faraone di Iv ed Elena Bonetti di Azione. Ma l’apice arriva come sempre dalla bocca di Giuseppe Conte, colui che da premier ha dato il via alla sciagurata operazione di fusione tra Fca e i francesi di Psa. «Sulla vicenda Stellantis», ha detto il grillino ai microfoni di Sky, «il governo sbaglia a togliere i fondi automotive per investire nelle armi». Al di là del fatto che il costo dell’energia è un problema enorme del Paese e generato da politiche energetiche folli sostenute per anni dai governi appoggiati dalla sinistra, la polemica sugli incentivi e i fondi a pioggia sull’automotive è una trappola subdola. Nel 2022, il governo in eredità dall’esecutivo Draghi conferma il fondo per la transizione elettrica delle auto con una dotazione di 8,7 miliardi in otto anni. A ottobre di quest’anno la cifra viene rivista. Inizialmente 4,6 miliardi vengono messi in congelatore e parte di questi destinati al comparto Difesa. Dieci giorni fa, dopo l’uscita di Carlos Tavares e la possibilità di riaprire una trattativa con Stellantis, il governo rimette sul tavolo 750 milioni per il 2025. E ipotizza un miliardo all’anno fino al 2030. Se così fosse innanzitutto non ci sarebbero tagli. Al momento - va detto - l’unica cifra certa sono i 750 milioni per l’anno prossimo, tra l’altro destinati alla filiera e non direttamente al gruppo della famiglia Elkann. Il condizionale è un buon segno. Sarebbe folle proseguire con lo stesso schema del 2022 alla base del fondo. Si finirebbe con il perseguire le logiche della transizione green. Il Pd chiede subito i 4,6 miliardi per salvare la filiera, ma guarda caso omette un dettaglio. Negli ultimi tre anni sono stati spesi quasi 3 miliardi (la dotazione prevista nel triennio) e abbiamo visto quali risultati siano stati raggiunti. Stellantis produce meno di 500.000 vetture (nel 2023 erano quasi 750.000) e la richiesta in Italia è di 1 milione e mezzo di vetture. Quelle elettriche non si vendono: costano troppo e non rispondono alle esigenze del mercato. Risultato, tutti quei fondi vanno a sostenere i cassa integrati. Non solo. Sarebbe due volte folle confermare gli incentivi a pioggia senza aver capito che cosa vuole fare Stellantis dopo la cacciata di Tavares. Fra dieci giorni ci sarà il tanto atteso tavolo al Mimit per discutere del Piano Italia. Nuove piattaforme? Nuovi modelli? Ora solo promesse al vento. È chiaro che il governo debba tenere il punto. Non cedere alle promesse anche se sembrano risolvere i problemi di breve termine. Ma assicurare che dall’altra parte, quella di Stellantis, siano stati compresi gli errori e ci sia una vera inversione di rotta. Può continuare l’elettrico purché in Italia si producano utilitarie a benzina a prezzi bassi e vetture di eccellenza come la Maserati a prezzi adeguati. Oggi invece il fallimento è su entrambi i segmenti. In due anni il numero di Maserati prodotte è crollato del 70%. Con tali premesse, è chiaro che l’insistenza del Pd e dell’opposizione in generale serve soltanto a tenere bordone alla filiera del green e agli interessi della famiglia Elkann. Nella prima opzione questi ultimi avrebbero garantito nuova cassa integrazione per i prossimi anni scaricando così i costi di una pianificazione sbagliata sulle spalle dei contribuenti. Nell’altra ipotesi, attingerebbero a nuovi fondi sono per riportare in Italia le piattaforme produttive che erano state delocalizzate. Ma questo sarebbe un bluff destinato a finire smascherato dalla realtà in meno di due anni. Servono investimenti pubblici a sostenere nuove tecnologie per la filiera, questo sì. E poi serve che Stellantis tiri fuori qualche miliardo per investire su nuovi modelli da produrre qui in Italia. Non sarà difficile trovare quei fondi. Gli azionisti del gruppo hanno ricevuto dal 2021 a oggi ben 17 miliardi di dividendi. Di fronte ai licenziamenti e al crollo del valore dell’azione, che cosa sono 3 o 4 miliardi di capitali freschi da reimmettere? Il minimo, verrebbe da dire. Invece, sempre ieri in tv durante un dibattito con Carlo Calenda, il capo del personale di Stellantis Giuseppe Manca, ha assolto i vertici e incolpato le scelte della politica che ha voluto a tutti i costi il green. Ha dimenticato che Tavares chiedeva ancora più green per avere più fondi pubblici. Occhio che, licenziato il pusher di incentivi, la droga è ancora in circolazione.
13 ottobre 2025: il summit per la pace di Sharm El-Sheikh (Getty Images)
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