2022-06-11
Il sindaco di San Leo mette «Un paese a dieta»
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«Un paese a dieta» (Nove - Discovery+)
In onda in prima serata sul Nove e in streaming su Discovery+, un esperimento sociale che risponde alla tendenza inaugurata negli Stati Uniti dal dottor Nowzaradan e dai suoi bypass gastrici: la salute diventa a tutti gli effetti un reality in cui Leonardo Bindi, primo cittadino del piccolo borgo in provincia di Rimini mette tutti i suoi concittadini a dieta con l'aiuto dello chef Roberto Valbuzzi, della professoressa di scienze dell’alimentazione Carla Lertola e del campione di pallanuoto Amaurys Perez.
In onda in prima serata sul Nove e in streaming su Discovery+, un esperimento sociale che risponde alla tendenza inaugurata negli Stati Uniti dal dottor Nowzaradan e dai suoi bypass gastrici: la salute diventa a tutti gli effetti un reality in cui Leonardo Bindi, primo cittadino del piccolo borgo in provincia di Rimini mette tutti i suoi concittadini a dieta con l'aiuto dello chef Roberto Valbuzzi, della professoressa di scienze dell’alimentazione Carla Lertola e del campione di pallanuoto Amaurys Perez.Il dottor Nowzaradan lo ha fatto per primo. Quell’omino striminzito, i capelli tinti di un vistoso color mogano, ha trasformato se stesso in un fenomeno di avanspettacolo. «Lei mente», ha detto tutto serio, guardando dall’alto del suo camice bianco mesti pazienti obesi. «Lei mente, ma morirà se non la smette di mangiare così». Non avrebbe dovuto esserci niente di divertente nei rimproveri di Nowzaradan ai propri clienti. Ma il tono solenne del dottore texano, il candore delle bugie altrui, l’assurdità complessiva di una situazione che avrebbe dovuto compiersi sotto lo sguardo protettivo del segreto professionale una sfumatura divertita l’ha presa. Di più. Nowzaradan, re dei bypass gastrici nell’America dilaniata da fast e junk food, è diventato un’icona. Un gran personaggio. Un meme. E la popolarità del suo show - Vite al limite - ha dato il via ad una metamorfosi curiosa, l’evoluzione della salute così come la televisione l’ha raccontata. Curarsi, un tempo cosa seria, ammantata di un certo sapere accademico, è diventato un reality. Docu-reality. Un esperimento sociale, di cui l’Italia pure ha voluto cogliere i frutti.Dopo aver costruito (senza riscuotere, però, un gran successo) un corrispettivo casertano dello straordinario e teutonico dottor Nowzaradan, il Gruppo Discovery ha deciso di tentare il colpo grosso: smuovere un intero paese, chiedendogli di prestarsi ad un gioco che possa avere - o, quantomeno, pretendere di - i connotati dell’impegno civile. Un piccolo borgo, San Leo, è stato campionato, e con questo i suoi pochi abitanti, un sindaco illuminato, artefice di una promessa che è al contempo sfida: perdere cinquecento chili in cento giorni. Un paese a dieta, in onda su Nove in due puntate, l’8 e il 12 giugno, di questa promessa è la cronistoria. Una cronistoria che parte da lontano, dalla tradizione enogastronomica di un territorio dove il Sangiovese è religione, gli insaccati fonte inesauribile di orgoglio patriottico. Leonardo Bindi, sindaco dell’antico borgo affacciato sul mare di Rimini, non ha proposto ai suoi concittadini di rinnegare le proprie tradizioni. Solo, ha chiesto loro di rivedere un regime alimentare fatto di pappardelle al cinghiale, piadine e Grigione, di tagliatelle e dolci, di quel liquore che prende il nome di «Balsamo di Cagliostro». Un sonoro «No» avrebbe potuto levarsi dal tessuto cittadino. Invece, nel cuore del Montefeltro, le centinaia di individui che abitano San Leo hanno accettato. E dal «Sì» è nato lo show.Un paese a dieta, con Gene Gnocchi voce narrante, ha assunto le sembianze di una commedia corale, dove la realtà e l’impegno e le tematiche più urgenti dell’epoca presente si possano mescolare, attenuandosi, con i toni leggeri del racconto televisivo. Tre esperti - lo chef Roberto Valbuzzi, il campione di pallanuoto Amaurys Perez e la professoressa, luminare di Scienze dell’Alimentazione, Carla Lertola - sono stati chiamati ad affiancare il sindaco volenteroso, mentre le telecamere, solerti, hanno promesso di seguire reazioni e fatiche dei romagnoli. Il programma è stato costruito così come si farebbe con un gameshow, dove il premio finale non sia il denaro ma la salute. C’è stata messa un po’ di suspense, quel tanto che basta a chiedersi se la determinazione degli abitanti di San Leo abbia permesso loro di raggiungere l’obiettivo.La regia è stata accattivante, le inquadrature perfette. C’è stato lo sport, ma, in sottofondo, è rimasto un interrogativo. Non proprio un quesito morale. Una domanda, piuttosto. Un dubbio. Semplificare o non semplificare? Appiattire e imbellettare (anche) la questione delicata della salute, così da renderla sfacciatamente pop(olare), o accettare di vederla relegata a preoccupazione di nicchia, senza show moderni che la sappiano raccontare? Un paese a dieta non ha dato una risposta, e nemmeno lo ha fatto Nowzaradan, pioniere del genere. Ma nel fenomeno in rapida ascesa del peso che diventa reality, delle malattie raccontate al mondo attraverso una telecamera, qualcosa c’è. Forse, la speranza che tutto questo voyeurismo possa servire da monito, com’è stato negli Stati Uniti per Sedici anni incinta. Il programma, allora, ha mostrato con crudezza la realtà di una gravidanza inattesa, di quelle che ti piombano in testa nel mezzo dell’anno scolastico, costringendoti a crescere: non più ragazzina, ma adulta pronta al sacrificio. Il fascino da film della maternità, con Sedici anni incinta, s’è perso, e il tasso di natalità nei licei americani - negli anni della messa in onda - ha cominciato a calare. Non era più tanto cool scoprirsi madre a sedici anni. Non erano tanto romantici quegli amori, e nemmeno tanto solidi. Le ragazze madri non avevano vita facile, perché allora emularle? Il pubblico ha imparato, con Sedici anni incinta, e chissà che tutto questo parlare del rapporto fra peso e salute, quel po’ di educazione alimentare di cui la tv ha fatto spettacolo non possa avere un effetto simile: sensibilizzare, insegnare, come si usava un tempo.