2020-10-28
Sindaci leghisti assieme ai lavoratori. Pronti i ricorsi al Tar contro il dpcm
Gli amministratori del Carroccio scendono in campo a fianco degli esercenti messi in ginocchio dalle restrizioni. L'ultimo decreto di Giuseppe Conte sarà portato davanti ai giudici per chiederne la revisione.Madrid alza i prelievi sui redditi. Il beneficio sarà irrisorio, ma il messaggio è chiaro: punire i «ricchi» a suon di tasse. Come aveva tentato di fare il Pd con la Covid tax.Lo speciale contiene due articoliDovrebbe garantirci, assicura il premier, «un sereno Natale». Nell'attesa dell'improbabile tepore festivo, l'ultimo dpcm è intanto diventato l'incubo di Halloween. Sindaci, governatori, imprenditori: tutti temono che il semi-lockdown sia il colpo definitivo per la già malridotta economia italiana. La Lega cerca così di dar voce al malcontento. Si susseguono riunioni con gli avvocati per tentar di bloccare il decreto del presidente del consiglio. Tramite ricorsi, certo. Che chiaramente non potranno essere presentati da un parlamentare. Né tanto meno dal leader Matteo Salvini. A muoversi dovrà essere invece la pletora dei tartassati: ristoratori, esercenti, titolari di palestre. Il Carroccio darà copertura politica ai ricorsi. Oltre che dagli imprenditori, saranno firmati pure dai sindaci: ma come «persone fisiche» e non da amministratori. I ricorsi, stavolta, non sembrano l'arma della disperazione. È vero che, durante il primo lockdown, la marea di denunce contro il governo è finita in cavalleria. Ma stavolta, assicurano i legali, le cose potrebbero andare diversamente. È accaduto, del resto, in altri Paesi europei. I giudici hanno già invalidato alcune misure imposte dagli esecutivi. Il caso più eclatante c'è stato in Spagna. Una sentenza del tribunale di Madrid ha ribaltato la decisione di chiudere la capitale presa dal governo socialista di Pedro Sanchez, causa contagi fuori controllo. Insomma, il lockdown era «illegittimo». Una disputa legale diventata anche politica, e viceversa. La corte ha difatti accolto il ricorso della comunità di Madrid. La presidente Isabel Díaz Ayuso, di centrodestra, denunciava «un'invasione di poteri»: l'autorità regionale sarebbe l'unica ad avere «la competenza per adottare misure speciali in materia di sanità pubblica». In Germania, invece, la battaglia è stata di Davide contro Golia. Il tribunale amministrativo di Berlino ha accolto il ricorso di una dozzina di locali contro la chiusura di bar e ristoranti dalle 23 alle 6. I magistrati hanno giudicato il provvedimento sproporzionato. L'argomento dei ricorrenti era perfino ovvio: la chiusura dei luoghi di ritrovo non impedisce ai giovani di incontrarsi altrove. Senza le precauzioni e le norme igieniche adottate nei locali, magari. Argomenti che sembrano solidissimi pure nel caso dell'ultimo dpcm italiano, che ha addirittura anticipato la serrata alle 18. Infatti le Regioni proponevano di mantenere le 11 di sera, con servizio al tavolo. Conte non ha voluto sentir ragioni. Ma adesso il malcontento è già rabbia. Salvini, da giorni, ascolta gli amministratori del Carroccio. S'è sentito in videoconferenza con i suoi governatori. E tutti concordano: bisogna agire. Anche perché, ripete il leader, c'è il rischio che si metta in ginocchio l'economia senza apprezzabili risultati sul fronte sanitario. Siamo, insomma, davanti all'interrogativo diventato ormai boutade: perché il virus contagia a cena e non a pranzo? Urge contromossa, dicono i leghisti. Bisogna scardinare il dpcm. Ricorrere è una «vera e propria necessità salva-lavoro» sostiene Salvini. Argomentazioni condivise da sindaci e militanti dei territori: «Chi ha rispettato sempre le regole, garantisce la sicurezza e ha investito per interventi di sanificazione e distanziamento non può essere costretto a chiudere se la situazione è sotto controllo». Insomma, vengono colpiti nuovamente settori che non sono veicolo di contagio. Come le palestre, ad esempio. E poi, ovviamente, un conto sono le grandi città, con le terapie intensive che si riempiono e i mezzi pubblici stracolmi. Ben altro, invece, sono i piccoli Comuni della provincia italiana, dove i casi di positività sono minimi e sotto controllo. Eppure, non c'è alcuna distinzione. L'usuale esclusione del centrodestra da ogni decisione non ha chiaramente rasserenato gli animi. Dopo essere stati nuovamente tenuti all'oscuro di tutto, Lega, Fratelli d'Italia e forzisti chiedono di votare le misure in aula: «Una discussione parlamentare urgente e un voto punto per punto». Al vertice partecipano Salvini, Giorgia Meloni e Antonio Tajani. C'è anche Silvio Berlusconi in collegamento. Nella nota congiunta si attacca il «surreale» frangente: «In un momento di drammatiche restrizioni della libertà degli italiani, il Senato discute di regolamenti europei e la Camera di omotransfobia».Ovviamente Giuseppi, dopo la proroga dello stato d'emergenza, a democratizzare le decisioni non ci pensa proprio. Del resto, lo ha placidamente ammesso lui stesso: «Quel dpcm è nato da un lungo confronto tra tutte le forze di maggioranza». E l'opposizione? La solita telefonata a cose fatte, due minuti prima della conferenza stampa in diretta tv, ha rivelato Meloni. Così, anche di fronte all'ultima richiesta di confronto, il premier ha fatto le solite spallucce. Dovranno accontentarsi, al massimo, di un'informativa. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/sindaci-leghisti-assieme-ai-lavoratori-pronti-i-ricorsi-al-tar-contro-il-dpcm-2648519768.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="occhio-alla-patrimoniale-spagnola" data-post-id="2648519768" data-published-at="1603831557" data-use-pagination="False"> Occhio alla «patrimoniale» spagnola Con oltre un milione di contagiati, 18.418 solo in un giorno e 267 decessi, la Spagna che sta chiudendo sempre più regioni in previsione delle festività dei Santi e domani deciderà se prolungare di sei mesi lo stato d'allarme, è in piena emergenza sanitaria. Aumentano i ricoveri negli ospedali e in terapia intensiva, si espandono vertiginosamente le spese sanitarie e sociali così il governo rosso viola del duo Pedro Sánchez e Pablo Iglesias ha pensato di introdurre una mini patrimoniale sulle ricchezze oltre i 10 milioni di euro. Secondo il bilancio di previsione, questo prelievo sarà pari all'1%. Il patto stretto da Psoe e Podemos prevede anche l'aumento del 3% della tassazione (equivalente alla nostra Irpef) sui redditi da capitale oltre i 200.000 euro l'anno e del 2% di quella sui redditi da lavoro oltre i 300.000 euro, anche se Unidas Podemos avrebbe voluto più tasse già a partire già da chi si porta a casa oltre 200.000 euro l'anno di stipendi. Quest'ultima tassazione, del 2%, colpirà circa 16.740 contribuenti, lo 0,08% rispetto ai 20,6 milioni di spagnoli che presentano la dichiarazione dei redditi. Con l'innalzamento dell'Irpef, l'agenzia tributaria spagnola pensa di aumentare le entrate di appena 144 milioni di euro quest'anno e di 356 milioni nel 2021, ma il segnale è chiarissimo. Per spendere di più nel sociale, la Spagna socialista e dell'estrema sinistra punisce «i ricchi» a suon di tasse. Brutta aria anche per le grandi imprese, che si vedranno ridotte le esenzioni fiscali sui dividendi e sulle plusvalenze delle loro controllate all'estero, così pure per le società di investimento immobiliare quotate che si troveranno una tassa minima del 15%. Il nuovo bilancio pubblico contempla anche l'incremento dell'Iva al 21% sulle bevande gassate e una nuova tassa sugli imballaggi in plastica monouso, che rappresenteranno 1,3 miliardi di euro di nuove entrate il prossimo anno. «Si tratta di un bilancio innovativo, eccezionale per la mole di investimenti pubblici che prevede», ha commentato il premier Sánchez. Ha chiarito che «il primo obiettivo è ricostruire ciò che la crisi provocata dalla pandemia ci ha portato via. Il secondo, quello di modernizzare il nostro modello di produzione. Il terzo, rafforzare lo stato sociale». Ieri in Consiglio dei ministri è stato presentato un piano anti crisi che prevede una spesa record di 196.097 milioni di euro, comprensivi di un anticipo di 27.436 milioni di fondi europei destinati a risollevare l'economia spagnola. La Spagna continua a ripetere che non ricorrerà ai fondi del Mes e che utilizzerà 72,7 miliardi di trasferimenti del Recovery fund, che non devono essere restituiti. Alla sanità, Sánchez e Iglesias hanno annunciato che saranno destinati 3.064 milioni di euro (+151,4), due miliardi dei quali serviranno per comprare vaccini e rafforzare l'assistenza sanitaria di base. Però saranno ridotte le possibili detrazioni dai piani pensionistici privati. «Si tratta del primo passo per fare giustizia fiscale», ha commentato il vicepresidente del governo, Pablo Iglesias. «L'obiettivo è che quelli che più hanno, più paghino». Aspettiamoci che altri Paesi europei, compresa l'Italia, ripropongano l'idea di un prelievo forzoso che colpisca il patrimonio dei contribuenti, con la scusa di dover contrastare la voragine del debito pubblico. Già l'abbiamo visto con il penoso tentativo del Pd di lanciare la «Covid tax», facendola passare come un contributo di solidarietà «a carico dei redditi più elevati».