2020-12-23
Signorine Buonasera, «maestre» di una tv ignota alle influencer
Nicoletta Orsomando ed Emanuela Folliero (Ansa)
Reliquie del nostro trapassato catodico, dovevano conoscere le lingue, avere pronuncia impeccabile e condotta irreprensibile. «Nel momento in cui metteranno l'obbligo del vaccino anti Covid, molti moriranno dopo la prima somministrazione e inizierà l'apocalisse degenerativa dell'umanità». Per fortuna nostra, Eleonora Brigliadori - convinta che nei farmaci si annidi Satana in persona - non fa più annunci in tv per Canale 5.Dell'emittente è stato il volto tra il 1980 e il 1984, come versione concorrenziale delle Signorine Buonasera, Rai per antonomasia, cui è dedicata una documentata antologia di Michele Vanossi per l'editore Gribaudo.A queste amazzoni del video è stato negato il diritto di cittadinanza nel villaggio globale massmediologico. Ai giorni nostri già solo quella etichetta - che vedeva la donna relegata in una mera funzione ancillare - avrebbe scatenato quella che sempre più stucchevolmente viene registrata come «l'ondata di indignazione di Internet». Web dove peraltro esistono gruppi che hanno aperto pagine social dedicate alle signore in oggetto, tipo «Le annunciatrici Rai anni 60-70», omaggio affettuoso e deferente.Oggi non c'è più alcun bisogno delle presentatrici dei programmi, né dei cosiddetti broadcaster, ovvero le emittenti storiche: Rai e Mediaset, né delle altre piattaforme, sostituite da una banale notifica che arriva sullo smartphone. Ma in realtà le Signorine Buonasera avevano perso la loro indubbia centralità nei palinsesti addirittura prima dell'avvento della tv commerciale. Tanto che nel 1979, quando Rai3 - direttore Giuseppe Rossini (in quota Dc, area Amintore Fanfani: nel 1987 la rete passerà in quota Pci, e affidata a Angelo Gulielmi) - decise di recuperare le ormai ex icone del piccolo schermo, le manderà in onda in bianco e nero e tra virgolette, in alto e basso allo schermo, come citazione della tv delle origini. Non prima di aver sperimentato un tentativo di aggiornamento anagrafico, portando in video giovani quali Silvia Verdone, sorella di Carlo e futura moglie di Christian De Sica, e Anna Pettinelli, che poi approderà a Discoring. Già qui si pone un problema: se è certo che il primo annuncio viene fatto risalire al 3 gennaio 1954 grazie a Nicoletta Orsomando (entrata nel settembre dell'anno prima, rimarrà in servizio fino al 28 dicembre 1993: 40 anni di servizio, la madre di tutte le annunciatrici), chi fu l'ultima a comparire in questa veste? Per Maurizio Costanzo l'epopea si chiude nel 2018, con i saluti di Emanuela Folliero su Rete4. Vanossi, per la Rai, indica il 2003 come anno del primo brusco ridimensionamento, e il 2016 come data del definitivo accantonamento. Le signore di cui stiamo parlando sono state comunque le ambasciatrici della tv generalista, ciascuna con il suo stile: quello Rai, soprattutto agli albori, liturgico, istituzionale, distaccato, e con il capello cotonato che faceva tendenza Farah Diba, l'imperatrice moglie dello Scià di Persia. Poi quello Mediaset: età media più giovane, look moderno e informale, stile colloquiale e confidenziale, con la succitata Brigliadori, Fabrizia Carminati, Fiorella Pierobon, Gabriella Golia, Cinzia Lenzi. Diversi anche i metodi di selezione. In Rai, almeno all'inizio, le candidate dovevano possedere il diploma di scuola media superiore, la conoscenza di quattro lingue, una corposa cultura generale e una pronuncia impeccabile. E, last but not least, una condotta irreprensibile, sul lavoro e soprattutto fuori: escluso potessero diventare vittime, o protagoniste, di gossip. I diktat aziendali erano chiari, come ha spiegato Rosanna Vaudetti (seconda quanto a durata della carriera, 37 anni, la prima a fare l'annuncio a colori, il primo febbraio 1977): «Erano richiesti un comportamento educato e riservato, e un aspetto sobrio e castigato».I network si affidavano al fiuto del fondatore, Silvio Berlusconi, che ovviamente pretendeva dedizione assoluta allo spirito di corpo e alla religione del Biscione. Tanto che quando Fiorella Pierobon decise di accettare un incontro con i dirigenti di viale Mazzini, e all'uscita fu fotografata, consentendo ai giornali di titolare Pierobon passa alla Rai, il Cavaliere non la prese benissimo. «Mi apostrofò con un: “Ah, ma allora lei è ambiziosa". Incredibile: lui che dava dell'ambiziosa a me... Poi aggiunse ironicamente: “Lo sa che i cimiteri sono pieni di persone indispensabili?", al che io non feci una piega e replicai: “Mi dica ora qui e in faccia che non sono indispensabile". Andò via sorridendo, e da quella volta ogni volta che mi ha incrociato mi ha chiesto pareri» (Pierobon oggi è un'apprezzata pittrice).Andavano d'accordo tra di loro, le colleghe? Insomma. Aldo Grasso, storico della tv (il suo ruolo di critico, per chi lo considerava tale, si è appannato come quello delle Signorine Buonasera), nella Enciclopedia della televisione che ha curato per Garzanti scrive, alla voce «annunciatrici», che le medesime erano emblema «di una tv buonista. Tra di loro, però, si detestavano». Di certo, non si trattava di primeggiare in una gara di fascino, stante il clima bacchettone dell'epoca, per cui dovevano risultare rassicuranti, non provocanti. «Erano belle, ma non conturbanti»: parola di Bruno Vespa, che è in video da 51 anni con una longevità superiore a quella delle Signorine Buonasera, a proposito del cosiddetto ricambio generazionale e di genere nel servizio pubblico.Diverso il ricordo di Costanzo: «Quando sulla Rai Mariolina Cannuli dava la buonanotte, molte mogli s'ingelosivano».Cannuli, sostiene Vanossi, «a causa dello sguardo e della voce roca e sensuale era considerata una femme fatale» (per quello che vale, io invece ero un imberbe fan non già della «fatina bionda» Maria Giovanna Elmi bensì di Paola Perissi, la Grace Kelly dell'allegra brigata, e di Aba Cercato, unico caso di passaggio di campo, visto che traslocò dalla Rai a Mediaset, madre dell'ex attrice Giulia Boschi e zia della conduttrice radiofonica Flavia Cercato). Alla costruzione del mito Cannuli contribuì anche una celebre imitazione di Alighiero Noschese che la dipinse come un'ammaliatrice. E la signora, nata a Siena ma di origini sicule, stette al gioco, presentandosi una volta a fianco di Noschese vestita lei come lui. Accanto a Cannuli, c'erano Gabriella Farinon detta «viso d'angelo», Anna Maria Gambineri «nuvola bionda», Marina Morgan «Pico della Mirandola» per la memoria di ferro ma anche «Re Sole» per via della chioma leonina. Se più o meno tutte si sono fatte una ragione della propria scomparsa professionale, rimarrà nella piccola, grande storia della tv lo psicodramma che si consumò con l'uscita di scena di Alessandra Canale, che nel 2003 scoppiò in lacrime nel fare il suo ultimo annuncio, «non per mia volontà ma per una decisione degli attuali vertici aziendali, da me non condivisa». La Rai aveva stabilito di far posto a nuove leve, e l'aveva destinata ad altro incarico. Siccome però in Italia c'è sempre un giudice cui appellarsi - quello del lavoro, il Tar, il Consiglio di Stato e via elencando - ecco che nel 2010 la Cassazione impose il reintegro di Canale nella mansione, fin quando la meritevole istituzione televisiva delle annunciatrici non andò definitivamente in soffitta nel 2016 (Canale attualmente lavora nel dipartimento Rai pubblica utilità).Saranno pure reliquie del nostro trapassato catodico, le Signorine Buonasera, ma rimangono un fulgido esempio di puntualità, preparazione, dizione, capacità di ricerca, come testimonia Vaudetti: «Per conoscere la pronuncia dei nomi di personaggi stranieri spesso ci siamo rivolte alle ambasciate dei loro Paesi». Le stesse doti grazie alle quali oggi si diventa influencer da un giorno all'altro, no? E, spesso, senza saper scrivere né parlare un italiano apprezzabile (e difatti Giulia De Lellis, in testa alle classifiche con il suo imperdibile volume Le corna stanno bene su tutto, il libro l'ha firmato con Stella Pulpo, che per molti l'ha scritto da sola. Una sedicente «femminista radicale». Creatrice del blog Memorie di una vagina. E il cerchio si chiude. Senza offesa, ma preferisco gli amarcord delle annunciatrici).
La deposizione in mare della corona nell'esatto luogo della tragedia del 9 novembre 1971 (Esercito Italiano)
Quarantasei giovani parà della «Folgore» inghiottiti dalle acque del mar Tirreno. E con loro sei aviatori della Royal Air Force, altrettanto giovani. La sciagura aerea del 9 novembre 1971 fece così impressione che il Corriere della Sera uscì il giorno successivo con un corsivo di Dino Buzzati. Il grande giornalista e scrittore vergò alcune frasi di estrema efficacia, sconvolto da quello che fino ad oggi risulta essere il più grave incidente aereo per le Forze Armate italiane. Alle sue parole incisive e commosse lasciamo l’introduzione alla storia di una catastrofe di oltre mezzo secolo fa.
(…) Forse perché la Patria è passata di moda, anzi dà quasi fastidio a sentirla nominare e si scrive con la iniziale minuscola? E così dà fastidio la difesa della medesima Patria e tutto ciò che vi appartiene, compresi i ragazzi che indossano l’uniforme militare? (…). Buzzati lamentava la scarsa commozione degli Italiani nei confronti della morte di giovani paracadutisti, paragonandola all’eco che ebbe una tragedia del 1947 avvenuta ad Albenga in cui 43 bambini di una colonia erano morti annegati. Forti le sue parole a chiusura del pezzo: (…) Ora se ne vanno, con i sei compagni stranieri. Guardateli, se ci riuscite. Personalmente mi fanno ancora più pietà dei leggendari piccoli di Albenga. Non si disperano, non singhiozzano, non maledicono. Spalla a spalla si allontanano. Diritti, pallidi sì ma senza un tremito, a testa alta, con quel passo lieve e fermissimo che nei tempi antichi si diceva appartenesse agli eroi e che oggi sembra completamente dimenticato (…)
Non li hanno dimenticati, a oltre mezzo secolo di distanza, gli uomini della Folgore di oggi, che hanno commemorato i caduti di quella che è nota come la «tragedia della Meloria» con una cerimonia che ha coinvolto, oltre alle autorità, anche i parenti delle vittime.
La commemorazione si è conclusa con la deposizione di una corona in mare, nel punto esatto del tragico impatto, effettuata a bordo di un battello in segno di eterno ricordo e di continuità tra passato e presente.
Nelle prime ore del 9 novembre 1971, i parà del 187° Reggimento Folgore si imbarcarono sui Lockheed C-130 della Raf per partecipare ad una missione di addestramento Nato, dove avrebbero dovuto effettuare un «lancio tattico» sulla Sardegna. La tragedia si consumò poco dopo il decollo dall’aeroporto militare di Pisa-San Giusto, da dove in sequenza si stavano alzando 10 velivoli denominati convenzionalmente «Gesso». Fu uno di essi, «Gesso 5» a lanciare l’allarme dopo avere visto una fiammata sulla superficie del mare. L’aereo che lo precedeva, «Gesso 4» non rispose alla chiamata radio poiché istanti prima aveva impattato sulle acque a poca distanza dalle Secche della Meloria, circa 6 km a Nordovest di Livorno. Le operazioni di recupero dei corpi furono difficili e lunghissime, durante le quali vi fu un’altra vittima, un esperto sabotatore subacqueo del «Col Moschin», deceduto durante le operazioni. Le cause della sciagura non furono mai esattamente definite, anche se le indagini furono molto approfondite e una nave pontone di recupero rimase sul posto fino al febbraio del 1972. Si ipotizzò che l’aereo avesse colpito con la coda la superficie del mare per un errore di quota che, per le caratteristiche dell’esercitazione, doveva rimanere inizialmente molto bassa.
Continua a leggereRiduci