2021-07-07
Il sogno del siero anti Covid italiano è rimasto nel cassetto di Arcuri
Reithera presenterà i risultati delle nuove sperimentazioni. Ma il progetto, nel quale confidava Nicola Zingaretti per farsi uno spot, s'è infranto sull'alt delle toghe e le inadempienze dell'ex commissario. Che ora dovrebbe risponderne.È triste ma tocca fare un esercizio di memoria e tornare ai primi di gennaio, quando la totalità delle televisioni e quasi tutti i giornali si bevevano le dichiarazioni di Domenico Arcuri. Allora commissario all'emergenza e oggi ancora numero uno di Invitalia. Il giorno prima della Befana dichiarò all'Ansa: «Proviamo a raggiungere una qualche indipendenza anche nella dotazione dei vaccini», disse durante la presentazione dei risultati della fase 1 della sperimentazione del vaccino Reithera all'Istituto Spallanzani. All'inizio della prossima settimana la società, con un importante stabilimento a Castel Romano, presenterà i risultati della fase 2.La possibilità che siano buoni è molto elevata. Ma il report non cambierà la situazione. Il sogno di avere un vaccino italiano è rimasto nel cassetto di Arcuri e adesso si sta trasformando in un incubo (finanziario) per l'azienda e in una opportunità sprecata per il Paese. Da gennaio a oggi si è susseguita infatti una serie di batoste, frutto di scelte errate e tempistiche sbagliate, collegate certamente alla strategia voluta dall'ex commissario emergenziale. Gli step sono pochi, ma vale la pena ripercorrerli. A metà marzo del 2020 l'Istituto Spallanzani, molto vicino a Nicola Zingaretti, chiude un accordo con Reithera e avvia il primo mini finanziamento. Il 23 marzo il Consiglio nazionale delle ricerche approva il protocollo d'intesa con lo Spallanzani. L'ospedale riceve così 8 milioni di euro: 5 dalla Regione Lazio di Zingaretti e 3 proprio dal Cnr di Massimo Inguscio. Il tentativo è quello di legare la piccola azienda a una struttura fondamentale per la sanità laziale e, in caso di successo, pure per il marketing del Pd. È solo nei mesi di aprile e maggio che i vertici di Reithera fanno la conoscenza di Arcuri che fresco di nomina li convoca per ammonirli. Guai a seguire le sirene di fondi esteri. Il vaccino sarebbe dovuto rimanere italiano, anche a costo di brandire l'arma del golden power. Un'arma che il commissario non avrebbe mai potuto usare né per funzione né per merito. Eppure il fondo che si era affacciato a Roma scompare e Invitalia comincia a palesarsi come partner. Solo che la promessa di 88 milioni per finanziare il vaccino tarda a tal punto che viene finalizzata solo ai primi di febbraio, quando in teoria la sperimentazione sarebbe potuta essere già a buon punto. Se non bastasse, quando Invitalia diventa socio versa soltanto 11 degli 88 milioni: parte di questi viene destinata a rinnovare il sito produttivo e parte per l'azionariato. Anche in questo caso le critiche all'operazione sono merce rara da trovare sui quotidiani italiani. Eppure sono trascorsi quasi 12 mesi dal primo incontro tra Spallanzani e Cnr. A onor del vero la notizia passa subito dopo in secondo piano, perché con l'arrivo di Mario Draghi, Arcuri decade da commissario. A capire subito l'andazzo è però Zingaretti, che consapevole di aver perso il treno del vaccino tricolore torna al primo amore dei comunisti: Mosca. Non a caso, per cercare di trovare strade alternative lo Spallanzani lancia l'idea del partner russo. A metà aprile Regione Lazio, Spallanzani e Istituto Gamaleya firmano un accordo con l'intento di portare in Italia il vaccino Sputnik. I pilastri del documento si basano sulla collaborazione scientifica e lo scambio di materiali e conoscenza. Da un lato si vuole approfondire l'efficacia del vaccino sulle varianti e dall'altro avviare una sperimentazione su 600 volontari italiani che hanno già ricevuto la prima dose con Astrazeneca e sarebbero disposti a farsi iniettare, per la seconda, il siero russo. Dalle comunicazioni ufficiali si capisce che l'obiettivo è una pianificazione congiunta e una conduzione di studi clinici con l'impiego del vaccino Sputnik, nonché l'avvio della fase 4 in contesti reali. I russi in cambio possono avere l'accesso ai dati genetici tratti dalla biobanca dell'istituto. Noi alla Verità abbiamo subito denunciato il pericolo. Per fortuna, grazia alla moral suasion di Mario Draghi, l'operazione è naufragata. D'altronde permettere a un singolo governatore di impegnare il Paese in un accordo geopolitico sarebbe stato sbagliato oltre che controproducente (con Wasghinton). E così anche questo progetto che avrebbe potuto permettere, in un secondo tempo, allo stabilimento di operare per l'insacchettamento di un vaccino terzo, è terminato prima ancora di cominciare. Ma la vera doccia fredda per Reithera è arrivata a metà maggio, quando la Corte dei conti boccia il contratto con Invitalia. L'investimento per il progetto Reithera non può comprendere l'acquisto della sede operativa, «mentre la spesa per la realizzazione del solo impianto di infialamento e confezionamento ammonterebbe a 7,7 milioni e non raggiungerebbe la soglia minima di 10 milioni di euro prevista dalle normative», ha spiegato la Corte dei conti nelle motivazioni che hanno portato alla ricusazione del visto al decreto del ministero dello Sviluppo economico, che a sua volta approvava l'accordo gestito da Arcuri. Adesso il Mise ha organizzato più incontri. Ma oltre le parole nessuno è andato. Solo per lo sviluppo della fase 3 ci vorrebbero 80 milioni. Esattamente la cifra promessa e mai versata dall'ex commissario. Che peccato. Anche se Giancarlo Giorgetti trovasse una soluzione, il rischio di portare a termine un vaccino superato è praticamente un dato di fatto. A questo punto qualcuno dovrebbe chiedere conto ad Arcuri di quanto non è stato fatto.
«Ci sono forze che cercano di dividerci, di ridefinire la nostra storia e di distruggere le nostre tradizioni condivise. La chiamano la cultura woke». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in un video messaggio al gala 50esimo anniversario della National Italian American Foundation a Washington. "È un tentativo di cancellare la storia fondamentale degli italoamericani e di negare il loro posto speciale in questa nazione. Non glielo permetteremo. Il Columbus Day è qui per restare», ha aggiunto il presidente del Consiglio ringraziando Donald Trump per aver ripristinato quest'anno la celebrazione.
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L'amministratore delegato e direttore generale di Gruppo FS Stefano Antonio Donnarumma premiato a Washington
L’amministratore delegato del Gruppo FS Italiane ha ricevuto il Premio Dea Roma della National Italian American Foundation per il contributo alla modernizzazione delle infrastrutture di trasporto e alla crescita sostenibile del Paese.
La NIAF (National Italian American Foundation) ha conferito a Stefano Antonio Donnarumma, amministratore delegato e direttore generale del Gruppo FS Italiane, il Premio NIAF Dea Roma come leader nell’eccellenza ingegneristica per la crescita nazionale e l’infrastruttura sostenibile.
La cerimonia si è svolta sabato 18 ottobre 2025 durante il Gala del 50° Anniversario della NIAF, all’Hotel Washington Hilton di Washington D.C. negli Stati Uniti d’America. Il riconoscimento è stato assegnato per evidenziare il ruolo cruciale svolto da Donnarumma nella trasformazione e modernizzazione delle infrastrutture di trasporto italiane, con un forte impegno verso la sostenibilità e l’innovazione.
«È un vero onore ricevere questo premio che ho il piacere di dedicare a tutti gli italiani che creano valore sia nel nostro Paese che all’estero e diffondono principi volti a generare competenze specifiche nell’ambito dell’ingegneria, della tecnologia e dell’innovazione. Nel Gruppo FS Italiane abbiamo avviato quest’anno un Piano Strategico da 100 miliardi di euro di investimenti che rappresenta un motore fondamentale per la crescita e lo sviluppo del Paese». ha dichiarato Stefano Antonio Donnarumma.
Sotto la guida di Donnarumma, il Gruppo FS sta promuovendo importanti progressi nello sviluppo di linee ferroviarie ad Alta Velocità e nelle soluzioni di mobilità sostenibile, contribuendo a collegare le comunità italiane e a supportare gli obiettivi ambientali nazionali. Il Piano Strategico 2025-2029 include diversi interventi per migliorare la qualità del servizio ferroviario, costruire nuove linee ad alta velocità e dotare la rete del sistema ERTMS per garantire maggiore unione fra le diversi reti ferroviarie europee. Più di 60 miliardi è il valore degli investimenti destinati all'infrastruttura ferroviaria, con l'obiettivo di diventare leader nella mobilità e migliorare l’esperienza di viaggio. Questo comprende l’attivazione di nuove linee ad alta velocità per collegare aree non ancora servite, con l'obiettivo di aumentare del 30% le persone raggiunte dal sistema Alta Velocità. Sul fronte della sostenibilità, inoltre, il Gruppo FS - primo consumatore di energia elettrica del Paese con circa il 2% della domanda nazionale – si pone l’obiettivo di decarbonizzare i consumi energetici attraverso la produzione da fonti rinnovabili e l’installazione di oltre 1 GW di capacità rinnovabile entro il 2029, pari al 19% di tutti i consumi del Gruppo FS, e di circa 2 GW entro il 2034. Fondamentale è anche il presidio internazionale, con una previsione di crescita del volume passeggeri pari al 40%.
Il Gruppo FS ha infatti inserito lo sviluppo internazionale tra le sue priorità, destinando una quota significativa degli investimenti al rafforzamento della propria presenza oltre confine. L’obiettivo è consolidare il posizionamento del Gruppo in Europa, ormai percepita come un’estensione naturale del mercato domestico, e promuovere una rete ferroviaria sempre più integrata e in linea con i principi della mobilità sostenibile.
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