
L'ultima proposta dei grillini era un governo senza Matteo Salvini. Ora il partito deve affrontare il nodo Fi e il caso Russiagate.«Così il Partito democratico, le Ong pro migranti e la Civiltà cattolica avranno un presidente del Consiglio appoggiato da Donald Trump, il politico dei muri e dei dazi, quello che hanno insultato fino a ieri, non male…». A metà pomeriggio, dopo che il presidente degli Stati Uniti ha dato il suo appoggio a un Giuseppe (Giuseppi) Conte bis via Twitter, qualche colonnello leghista ha ancora voglia di scherzare a microfoni spenti. «Conte si sarà sdraiato a suoi piedi a Biarritz. Da noi c'è un po' di preoccupazione, ma ora vediamo cosa succede. È un endorsement che può giocare a nostro favore». È l'ultima speranza dentro casa della Lega, nell'ennesima giornata da montagne russe, con un occhio alle notizie dalla trattativa tra Pd e M5s per la nascita di un governo giallorosso e l'altro ai tentativi di ricucire con grillini per un nuovo governo gialloblù. Anche se a fine serata tra la leghisti c'è la convinzione che i giochi si siano chiusi. «Si stanno spartendo i ministeri in questo momento», spiega un uomo del Carroccio quando sono ormai le sette di sera.Eppure ieri mattina la situazione sembrava essere girata al contrario rispetto a lunedì. Il fatto che fosse saltato l'incontro tra le delegazioni dem e M5s, con ancora i dubbi sulla squadra, ha portato il segretario Matteo Salvini a una diretta Facebook durante l'ora di pranzo. «Dico a Pd e M5s che da giorni si stanno trascinando nella contrattazione di ministeri e poltrone» ha detto il ministro dell'Interno «fate in fretta, state perdendo giorni su giorni e non trovano accordo su ministeri, non su progetti, ma sulle poltrone. Sembra di tornare ai tempi della Prima Repubblica, ai tempi di De Mita e Fanfani». Le parole non cadono nel vuoto. Perché sono le ore in cui anche Alessandro Di Battista, il Che Guevara di Roma Nord dei pentastellati, tramite un post sui social network prova a sabotare la trattativa con il Pd. Gli risponde infatti a stretto giro Massimiliano Romeo, capogruppo leghista al Senato. «Taglio dei parlamentari, revoca delle concessioni autostradali a chi è inadempiente, riforma dello sport (già approvata) e contrasto a lobby e poteri occulti, da Bibbiano ai banchieri corrotti. La Lega c'era, c'è e ci sarà». La stessa firma comune di ieri per il divieto di ingresso per la nave Eleonore da parte del ministro della Difesa Elisabetta Trenta e di quello ai Trasporti Danilo Toninelli, aveva lasciato intendere che forse si fosse riaperta una porta. Del resto i contatti tra i leghisti e i grillini non si sono mai del tutto interrotti in questi giorni. C'è chi sostiene siano sempre stati molto flebili, altri invece li hanno sempre dati più vivi che mai. Ma qualcosa non è andato come dovrebbe. O meglio, le proposte che da entrambe le parti sono arrivate non sono state accettate. A quanto pare la Lega ha continuato a insistere su un nuovo governo senza Conte, magari con Luigi Di Maio premier. Dall'altro lato, invece, i grillini hanno dato disponibilità a un nuovo esecutivo solo senza la presenza di Salvini, una proposta che il Carroccio ha definito subito irricevibile. Insomma a metà pomeriggio di ieri, dopo il tweet di Trump e le parole al miele tra i giallorossi, anche in Lega hanno capito che era arrivato il momento di fare gli scatoloni. Si torna all'opposizione, come aveva già chiarito la scorsa settimana Giancarlo Giorgetti al Meeting di Rimini. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio in uscita non si è fatto vedere in questi giorni vicino al leader della Lega. Salvini anche ieri ha passato la giornata insieme al ministro Lorenzo Fontana, con la figlia Mirta. Intercettato fuori di casa dall'Adnkronos, ha detto di essere in silenzio stampa. Ma in Lega aspettano presto risposte su come affrontare questa nuova fase politica. I leghisti tornano all'opposizione, ma dovranno presto trovare nuove strategie di comunicazione dopo aver lasciato il Viminale. In più ci sarà da capire come si comporterà Forza Italia. Tra gli azzurri corre voce che qualche deputato o senatore potrebbe dare un appoggio al nuovo governo giallorosso. Certo, le alleanze a livello regionale non si toccano, ma è comunque un problema in più. La Lega dovrà presto prepararsi alle prossime elezioni regionali, cercando anche di capire se M5s e Pd andranno insieme in regioni chiave come Emilia Romagna o Toscana. E poi ci sono sempre le procure in agguato. I tribunali riaprono la prossima settimana. Milano ha ancora in mano i fascicoli sul famigerato Russiagate e su Regione Lombardia. Quest'ultima inchiesta è quella più concreta, soprattutto dopo che il «mullah di Varese», Nino Caianiello, ha iniziato a parlare con i magistrati. Si apre una fase nuova per il partito di Salvini. Ostacoli potrebbero sorgere un po' ovunque. Non a caso in questi giorni è tornato a farsi sentire Gianni Fava, ex candidato alla segreteria della Lega Nord. È tornato sulla questione settentrionale, ormai defunta in via Bellerio, facendo un appello ai parlamentari leghisti. È solo l'inizio.
La poetessa russa Anna Achmatova. Nel riquadro il libro di Paolo Nori Non è colpa dello specchio se le facce sono storte (Getty Images)
Nel suo ultimo libro Paolo Nori, le cui lezioni su Dostoevskij furono oggetto di una grottesca polemica, esalta i grandi della letteratura: se hanno sconfitto la censura sovietica, figuriamoci i ridicoli epigoni di casa nostra.
Obbligazionario incerto a ottobre. La Fed taglia il costo del denaro ma congela il Quantitative Tightening. Offerta di debito e rendimenti reali elevati spingono gli operatori a privilegiare il medio e il breve termine.
Alice ed Ellen Kessler nel 1965 (Getty Images)
Invece di cultura e bellezza, la Rai di quegli anni ha promosso spettacoli ammiccanti, mediocrità e modelli ipersessualizzati.
Il principe saudita Mohammad bin Salman Al Sa'ud e il presidente americano Donald Trump (Getty)
Il progetto del corridoio fra India, Medio Oriente ed Europa e il patto difensivo con il Pakistan entrano nel dossier sulla normalizzazione con Israele, mentre Donald Trump valuta gli effetti su cooperazione militare e stabilità regionale.
Le trattative in corso tra Stati Uniti e Arabia Saudita sulla possibile normalizzazione dei rapporti con Israele si inseriscono in un quadro più ampio che comprende evoluzioni infrastrutturali, commerciali e di sicurezza nel Medio Oriente. Un elemento centrale è l’Imec, ossia il corridoio economico India-Medio Oriente-Europa, presentato nel 2023 come iniziativa multinazionale finalizzata a migliorare i collegamenti logistici tra Asia meridionale, Penisola Arabica ed Europa. Per Riyad, il progetto rientra nella strategia di trasformazione economica legata a Vision 2030 e punta a ridurre la dipendenza dalle rotte commerciali tradizionali del Golfo, potenziando collegamenti ferroviari, marittimi e digitali con nuove aree di scambio.
La piena operatività del corridoio presuppone relazioni diplomatiche regolari tra Arabia Saudita e Israele, dato che uno dei tratti principali dovrebbe passare attraverso porti e nodi logistici israeliani, con integrazione nelle reti di trasporto verso il Mediterraneo. Fonti statunitensi e saudite hanno più volte collegato la normalizzazione alle discussioni in corso con Washington sulla cooperazione militare e sulle garanzie di sicurezza richieste dal Regno, che punta a formalizzare un trattato difensivo bilaterale con gli Stati Uniti.
Nel 2024, tuttavia, Riyad ha firmato in parallelo un accordo di difesa reciproca con il Pakistan, consolidando una cooperazione storicamente basata su forniture militari, addestramento e supporto politico. Il patto prevede assistenza in caso di attacco esterno a una delle due parti. I governi dei due Paesi lo hanno descritto come evoluzione naturale di rapporti già consolidati. Nella pratica, però, l’intesa introduce un nuovo elemento in un contesto regionale dove Washington punta a costruire una struttura di sicurezza coordinata che includa Israele.
Il Pakistan resta un attore complesso sul piano politico e strategico. Negli ultimi decenni ha adottato una postura militare autonoma, caratterizzata da un uso esteso di deterrenza nucleare, operazioni coperte e gestione diretta di dossier di sicurezza nella regione. Inoltre, mantiene legami economici e tecnologici rilevanti con la Cina. Per gli Stati Uniti e Israele, questa variabile solleva interrogativi sulla condivisione di tecnologie avanzate con un Paese che, pur indirettamente, potrebbe avere punti di contatto con Islamabad attraverso il patto saudita.
A ciò si aggiunge il quadro interno pakistano, in cui la questione israelo-palestinese occupa un ruolo centrale nel dibattito politico e nell’opinione pubblica. Secondo analisti regionali, un eventuale accordo saudita-israeliano potrebbe generare pressioni su Islamabad affinché chieda rassicurazioni al partner saudita o adotti posizioni più assertive nei forum internazionali. In questo scenario, l’esistenza del patto di difesa apre la possibilità che il suo richiamo possa essere utilizzato sul piano diplomatico o mediatico in momenti di tensione.
La clausola di assistenza reciproca solleva inoltre un punto tecnico discusso tra osservatori e funzionari occidentali: l’eventualità che un’azione ostile verso Israele proveniente da gruppi attivi in Pakistan o da reticolati non statali possa essere interpretata come causa di attivazione della clausola, coinvolgendo formalmente l’Arabia Saudita in una crisi alla quale potrebbe non avere interesse a partecipare. Analoga preoccupazione riguarda la possibilità che operazioni segrete o azioni militari mirate possano essere considerate da Islamabad come aggressioni esterne. Da parte saudita, funzionari vicini al dossier hanno segnalato la volontà di evitare automatismi che possano compromettere i negoziati con Washington.
Sulle relazioni saudita-statunitensi, la gestione dell’intesa con il Pakistan rappresenta quindi un fattore da chiarire nei colloqui in corso. Washington ha indicato come priorità la creazione di un quadro di cooperazione militare prevedibile, in linea con i suoi interessi regionali e con le esigenze di tutela di Israele. Dirigenti israeliani, da parte loro, hanno riportato riserve soprattutto in relazione alle prospettive di trasferimenti tecnologici avanzati, tra cui sistemi di difesa aerea e centrali per la sorveglianza delle rotte commerciali del Mediterraneo.
Riyadh considera la normalizzazione con Israele parte di un pacchetto più ampio, che comprende garanzie di sicurezza da parte statunitense e un ruolo definito nel nuovo assetto economico regionale. Il governo saudita mantiene l’obiettivo di presentare il riconoscimento di Israele come passo inserito in un quadro di stabilizzazione complessiva del Medio Oriente, con benefici economici e infrastrutturali per più Paesi coinvolti. Tuttavia, la gestione del rapporto con il Pakistan richiede una definizione più precisa delle implicazioni operative del patto di difesa, alla luce del nuovo equilibrio a cui Stati Uniti e Arabia Saudita stanno lavorando.
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