2020-03-05
Si ritira Elizabeth Warren: il bluff della sinistra integrata al sistema
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Il Super martedì ha fatto un'altra vittima: dopo l'addio di Mike Bloomberg, anche Elizabeth Warren ha annunciato il proprio ritiro dalla corsa per la nomination democratica. La senatrice del Massachusetts ha così messo la parola fine a una candidatura che - nonostante la fanfara mediatica dei primi tempi - non è mai effettivamente riuscita a decollare.Dall'inizio delle primarie lo scorso febbraio, la Warren non è stata in grado di conquistare nemmeno uno Stato, dovendosi costantemente accontentare di risultati fondamentalmente mediocri. Addirittura, nel Super martedì dell'altro ieri, è riuscita a perdere nel "suo" Massachusetts, oltre che nel proprio Stato di origine (l'Oklahoma). Insomma, un fiasco completo che evidenzia come la Warren si confermi nei fatti nulla più che l'eterna (e sconsolante) promessa del liberal progressismo americano.Scesa formalmente in campo nel febbraio del 2019, la senatrice si era da subito candidata a rappresentare l'ala sinistra del Partito democratico, cercando di contendere questo ruolo a Bernie Sanders. Dopo aver dato discreta prova di sé nei primi dibattiti televisivi, nel periodo autunnale aveva addirittura mostrato una decisa impennata nei sondaggi, tanto da conquistare per un certo periodo anche l'ambita posizione di front runner. Molti commentatori guardavano quindi a lei come la nuova rappresentante della sinistra democratica, laddove Sanders appariva sempre più logoro e in affanno. Tuttavia, dalla fine di novembre, dense nubi hanno iniziato ad affastellarsi sulla sua corsa elettorale: la senatrice ha iniziato a perdere progressivamente terreno, fino ai disastri elettorali rimediati in Iowa, New Hampshire, Nevada, South Carolina e - soprattutto - in occasione del Super martedì. Tradizione vuole che, solitamente, chi è in testa nei sondaggi l'anno antecedente a quello in cui si vota sia destinato a fallire miserevolmente. Così è capitato alla Warren, che ha riscontrato una serie di problemi politici di fondamentale rilevanza.In primo luogo, iniziò ben presto a diventare chiaro che la tipologia di sinistra da lei incarnata fosse ben diversa da quella rappresentata da Sanders. Se quest'ultimo si è infatti sempre contraddistinto per una carica antisistema vicina alle classi meno abbienti (a partire dai colletti blu impoveriti), la senatrice del Massachusetts ha sempre avuto maggior presa sul progressismo dei bianchi altolocati: un fattore che ha ristretto enormemente la sua capacità di attrarre quote elettorali trasversali. Non a caso, il declino della Warren è cominciato pochi giorni dopo la candidatura ufficiale di Mike Bloomberg: è come dunque se, davanti alla figura indigesta di un miliardario destrorso, la sinistra democratica abbia visto in Sanders (e non nella senatrice) l'autentico baluardo contro lo strapotere dell'establishment politico e finanziario. Nonostante sia sempre stata una severa critica di Wall Street, la Warren non ha infatti mai imbracciato una prospettiva autenticamente antisistema. E, alla fin fine, con gran parte dell'establishment ha sempre intrattenuto non pochi legami. Mesi fa, The Hill riportò per esempio che l'ex presidente americano, Barack Obama, si stesse muovendo dietro le quinte per aiutarla. E, a gennaio, il New York Times le diede il proprio endorsement. Ecco: proprio questi legami ambigui con l'establishment hanno alla fine svolto un peso decisivo sul fallimento della Warren. Una candidata che non è mai effettivamente riuscita a scaldare il cuore della sinistra.In secondo luogo, va anche rilevato come - soprattutto da gennaio - la senatrice abbia avviato una strategia elettorale totalmente fallimentare: pur di risalire nei sondaggi, ha iniziato a cavalcare la questione di genere, tacciando ripetutamente Sanders di sessismo, con accuse spesso rivelatesi abbastanza pretestuose. Un fattore che, anziché aiutarla, ha contribuito ad azzopparla ulteriormente. Del resto, che la sua candidatura fosse in forse, lo si era già capito dai primi due appuntamenti in Iowa e New Hampshire: Stati a maggioranza nettamente bianca, che le hanno voltato le spalle. Un campanello d'allarme significativo, soprattutto alla luce del fatto che la Warren avesse sempre riscontrato difficoltà ad accattivarsi le simpatie delle minoranze etniche. A tutto questo, bisogna poi aggiungere che la senatrice non sia mai risultata eccessivamente simpatica: la sua è sempre stata l'immagine fredda e professorale della candidata competente con un "piano" dettagliato per qualsiasi cosa. Un atteggiamento a tratti irritante, che non le ha certo giovato in termini di popolarità. Senza infine dimenticare che una parte cospicua della sinistra non le abbia mai granché perdonato la sua trascorsa affiliazione al Partito Repubblicano.Con l'uscita di scena della Warren, le primarie democratiche diventano a tutti gli effetti un duello tra Joe Biden e Bernie Sanders. Per il momento, restano tuttavia delle incognite. Teoricamente il suo ritiro dovrebbe favorire il senatore del Vermont, anche se - come abbiamo visto - non è detto che tutto l'elettorato della Warren passerà necessariamente a sostenere il candidato socialista. Inoltre, un ulteriore dato significativo è costituito dal fatto che - almeno al momento - la senatrice si sia rifiutata di dare un endorsement. Se la maggior parte dei candidati centristi fin qui ritiratisi (Pete Buttigieg, Beto O' Rourke ed Amy Klobuchar) ha conferito il proprio appoggio a Biden, la Warren ha evitato per ora qualsiasi pronunciamento. Un comportamento da leggersi come uno sgarbo indiretto a Sanders, con cui - nonostante le numerose differenze - aveva comunque condiviso alcune fondamentali battaglie (si pensi solo alla riforma sanitaria). Vedremo quello che accadrà nelle prossime ore. Ma non è affatto escludibile che - come dietro il recente addio dei vari contendenti moderati - anche dietro quello della Warren ci sia lo zampino dell'establishment del Partito democratico e - segnatamente - di Obama. La senatrice, insomma, potrebbe essere parte del disegno, elaborato dalle alte sfere dell'asinello, per mettere i bastoni tra le ruote a Sanders. Un elemento che, se si rivelasse fondato, comproverebbe definitivamente la vera natura politica della senatrice: il bluff di una sinistra posticcia al servizio del sistema.
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