True
2019-02-11
Il mercato dei sex toys cresce dieci volte più del Pil. Il vibratore? Ora vince premi di design
True
Dire «ti amo», in giapponese, non è per nulla semplice. Se in ogni lingua, infatti, esiste una frase specifica per manifestare i propri sentimenti, nel paese del Sol Levante confessare i propri sentimenti è talmente imbarazzante da aver abolito i «ti amo» e averli sostituiti con dei più innocui e modesti «suki da yo», letteralmente «mi piaci». Se l'amore è un tabù, il sesso è esattamente l'opposto. Non lasciatevi ingannare da chi ripete, da anni, che in Giappone la sessualità non è contemplata, il sesso a Tokyo e dintorni è letteralmente ovunque. E non parliamo di riviste o siti web specializzati. Parliamo piuttosto di combini (negozi simili ai nostri minimarket aperti 24 ore su 24. Ndr.), di centri commerciali, di famosissimi negozi low cost, come i 100 yen o i Donki, in cui tutto viene venduto per qualche monetina. Il sesso è così diffuso che, nei vicoli di Kabukicho, il quartiere a luci rosse nei pressi di Shinjuku gestito dalla yakuza (la mafia locale) non si fatica a trovare distributori automatici che vendono slip usati da studentesse in cerca di sbarcare il lunario o sex toy da tenere in tasca o in borsetta.
Un distributore di slip usati. A Tokyo se ne trovano molteplici, il prezzo per un paio di mutande oscilla tra i 500 e i 1.000 yen (4-8 euro)Pinterest
Non illudetevi però: il sesso in Giappone non si pratica. Per nulla. O quasi. Se ne parla, si guarda, si ascolta, ma non si fa. Sono le statistiche a confermare quella che a tratti può sembrare una leggenda metropolitana. Secondo il governo Giapponese, circa il 60% delle donne tra i 18 e i 34 anni è single. Di queste, il 42% non ha mai avuto rapporti sessuali. La percentuale sale per gli uomini con un 70% di single nella fascia d'età 18-34 e un 44% di vergini.
Il problema, secondo molti esperti del settore, è la sovraesposizione al sesso che avviene nel Paese. Non il lavoro, i turni massacranti, la voglia solo di dormire per recuperare le forze dopo ore passate in ufficio. Bensì la continua possibilità di trovare stimoli ovunque ci si trovi: in metrò, nel supermercato sotto casa, in taxi e addirittura negli uffici. Questo bombardamento continuo porterebbe a un calo del desiderio così elevato da aver allarmato i vertici governativi del Paese.
Una delle maid che si possono incontrare nel quartiere nerd della capitale del GiapponeiStock
Ad Akihabara, il quartiere otaku per eccellenza, il sesso è di casa in ogni angolo. Non per niente, nelle strade coloratissime di questa area di Tokyo ci si imbatte ogni dieci passi in una ragazzetta, perlopiù minorenne, travestita da cameriera con autoreggenti e crestina, che invita a recarsi in uno dei tanti maid café dell'area. Questi locali sono frequentati da uomini di ogni età, in giacca e cravatta, che pagano per farsi intrattenere dalla cameriera preferita. Ma attenzione: in questa pratica non c'è niente di sessuale. I giochi in questione sono davvero giochi: forza 4, palline colorate da far rimbalzare, e così via. L'eccitazione sta tutta nel vedersi dedicare attenzioni da una giovinetta carina, truccata e sorridente. Nei maid cafe si paga tutto: la consumazione è obbligatoria e l'ingresso costa circa 15 euro. Poi c'è il cibo, la foto, il momento di gioco. Il tutto va consumato nel giro di 45 minuti, a volte 1 ora. Poi si torna alla realtà.
Tra un negozio di manga e un café, spicca nei pressi della stazione della metropolitana dell'area un palazzo altissimo verde pisello. Guardandolo con il naso all'insù, si scorgono nelle vetrine poster di ragazze manga e costumi. A primo acchito, dunque, potrebbe sembrare uno dei mille negozi simili ad Animate e Mandarake che si trovano nell'area e che vendono oggettistica e fumetti. L'errore, in questo caso, non potrebbe essere che dei più madornali. Quel grande palazzo racchiude al suo interno, spalmato per sette piani, il paradiso del sesso di Tokyo. Si chiama M's pop department store e non è altri che il più grande sex shop della città. Aperto nel 2001 a Ueno, si è trasferito nello stesso anno ad Akihabara, in quella che di lì a poco sarebbe divenuta la Mecca dei nerd. Una volta varcate le porte di M's ci si trova immersi in quello che è un vero e proprio centro commerciale del sesso. Al piano terra i prodotti sono tra i più vari: si spazia da preservativi in scatole di legno di Hakone a quelli nelle confezioni con il monte Fuji o i sakura. Non mancano, ovviamente, scaffali interi di condom con i personaggi di manga e anime o racchiusi in pacchetti che ricordano i dolci tipici nipponici. Sullo stesso piano sono disponibili anche lozioni e lubrificanti al profumo di the macha, il famoso the verde in polvere giapponese, o in bottiglie simili alle botti di sake. Tra le bottigliette più gettonate ci sono quelle che aiuterebbero a eccitarsi con profumi di parti intime o di zone erogene (femminili e maschili). In questo caso a giocare il ruolo principale è lo storytelling all'interno della confezione in cui si racconta, in un breve estratto erotico, l'origine del profumo. Il secondo piano è dedicato agli uomini. Qui si trovano bambole gonfiabili di ogni fattezza e dimensione (da quelle piccolissime che misurano solo 20 centimetri a quelle a grandezza naturale e persino le oversize), vagine in silicone modellato ispirate alle idol locali e vibratori che si muovono al ritmo dei videogiochi. Un'intera area del piano è dedicata invece l Tenga, un tubo in silicone utilizzato per la masturbazione e così venduto e apprezzato in Giappone da avere addirittura merchandise dedicato. Oltre infatti al prodotto, possiamo trovare magliette, felpe, cappellini, polsini, slip, tazze e borse in tessuto personalizzate con il logo dei questo sex toy. «Il secondo piano è il più visitato.» ci racconta il responsabile del negozio Yasojima «La maggior parte delle persone che acquistano sono giapponesi, di sesso femminile. Solo il 20% è composto da stranieri che arrivano per sentito dire e, generalmente, sono molto appassionati della cultura giapponese». Incredibilmente, invece, gli uomini sono una minoranza «il cliente tipo ha tra i 30 e i 45 anni, è un business man o lavora in ufficio, non ha una relazione e spesso non ne ha mai avute». Tornando al negozio, il terzo piano è invece l'universo delle donne. Qui è presente, oltre a una vasta selezione di vibratori di design, un angolo dedicato al sadomaso. «Il prodotto più venduto» ci spiega Yasojima «sono le corde per lo shibari (l'antica arte giapponese di legare il partner durante giochi erotici, evoluzione dell'hojojutsu, un'arte marziale nata per immobilizzare i prigionieri di guerra. Ndr). Vengono acquistate dalle coppie, anche straniere. È un ottimo regalo». Se il quarto piano con la sua lingerie sexy è molto più simile ai sex shop occidentali, il quinto piano è il vero regno del sesso giapponese. Lungo le pareti si trovano infatti centinaia di costumi per il cosplay, di ogni tipologia e dimensione. Sulle scale che portano a questo piano si trovano polaroid e foto di ragazze giapponesi che indossano i costumi venduti. «In questo caso i turisti sono più numerosi dei giapponesi» ci spiegano «circa l'80% dei visitatori stranieri acquisti in questo piano con tax free. I "locals" invece comprano solo per occasioni particolari o per feste a tema e Halloween». Gli ultimi due piani di M's sono dedicati ai video pornografici, ai manga hentai e a riviste specializzate, alcune anche piuttosto estreme. Con una particolarità: i genitali maschili in Giappone vengono sempre censurati, con pixel o sagome nere.
L'esterno di M's pop department store, il centro commerciale di sette piani dedicato interamente al sessoiStock
Pur essendo un Paese estremamente moderno e sviluppato, il modo di vivere il sesso è ancora molto old fashion, a tratti antiquato. Le donne vivono il piacere come un'onta, gli uomini come qualcosa da non raccontare e da sperimentare in solitaria. M's prova da anni a rimuovere questa patina di vergogna dai giapponesi mostrando tutto, alla luce del sole, senza nascondere nulla.
Marianna Baroli
Emilia Romagna sul podio delle regioni con più sexy shop. Il settore cresce del 2,3% ogni anno

Gifer
Secondo le previsioni più aggiornate il Pil italiano crescerà nel 2019 di appena lo 0,2%. Bene. Anzi, male. Ma c'è un settore industriale (perché che si tratti di un'industria non c'è alcun dubbio) che cresce molto, ma molto più velocemente di tutto il resto dell'Italia. Sì, è quello, il sesso. Basti pensare che il numero dei sexy shop è aumentato del 23,3% in 10 anni. Cioè, mediamente, del 2,3% ogni anno.
Cercheremo di evitare facili giochi di parole (come, per esempio, che il mercato "tira" o che le vendite "si impennano") e proviamo a considerare il mercato del sesso come un qualunque altro comparto industriale. I numeri dicono che la crescita del numero dei negozi è sintomo di una domanda sempre più intensa di oggetti per il piacere, sia femminile che maschile. Quali? Lo vediamo tra un momento. Intanto diamo un'occhiata a quali sono le Regioni dove i sexy shop sono aumentati maggiormente di numero.
Complessivamente in Italia ci sono 61 negozi in più rispetto al 2009: da 262 a 323 a fine dicembre 2018. La Regione che ne ha visti spuntare di più è l'Emilia Romagna, dove, evidentemente, sanno bene che cosa è il divertimento. Qui, in 10 anni, il saldo fa segnare 17 sexy shop in più: da 14 del 2009 ora sono 31 con un incremento sbalorditivo del 121,4%. Seguono poi il Lazio, con 14 negozi in più (da 19 a 33, +73,7%), e la Lombardia con 11 in più (da 60 a 71, +18,3%). Ma ci sono anche Regioni che mostrano un saldo negativo, ovvero regioni dove, tra il 2009 e il 2018, i sexy shop che hanno aperto non hanno compensato il numero di quelli che hanno chiuso. E' il caso del Friuli Venezia Giulia, -2 negozi (da 14 a 12); della Liguria, -5 (da 11 a 6); delle Marche, -2 (da 8 a 6); del Piemonte, -4, (da 39 a 35) e del Trentino Alto Adige, -1 (da 5 a 4). Particolare il caso della Val d'Aosta, anch'essa con saldo negativo, con la differenza che, avendo perso due sexy shop tra il 2009 e il 2018, ha...perso tutti i sexy shop esistenti.
E a livello provinciale? Le province più affollate di sexy shop sono Milano, Roma e Torino, rispettivamente con 34, 26 e 23 negozi. In tutta Italia sono solo 9 le province che, a fine 2018, non avevano sul proprio territorio nessun sexy shop: Potenza, Viterbo, Lodi, Sondrio, Macerata, Verbania, Nuoro, Agrigento e Aosta.
Non esistono dati ufficiali sul fatturato generato da questi negozi, né è possibile sapere con certezza che cosa gli italiani comprano nei sexy shop sotto casa, ma esistono precisi numeri a livello mondiale. Il valore di questo comparto industriale è pari a circa 8 miliardi di dollari e, così come il numero dei sexy shop in Italia, è destinato a salire in modo rapidissimo. Nel 2021, cioè tra soli due anni, il fatturato mondiale sarà di 8,5 miliardi di dollari. Per dare un'idea delle cifre in gioco basti dire che 8,5 miliardi di dollari è il valore del mercato mondiale delle stampanti 3d; è quanto Microsoft ha pagato per comprare Skype ed è anche il valore del mercato mondiale delle cialde da caffè. La differenza con le cialde è che cresce più velocemente.
Torniamo ai numeri. L'oggetto più venduto al mondo è il "classico" vibratore, che conquista il 21,46% dell'intero fatturato mondiale. A distanza segue il pene di gomma che è al 15,61%. Al terzo posto viene l'anello per il pene, con il 12,68% del mercato degli oggetti più comprati. Dalla quarta posizione in poi si scende in un campo minato. Le perline anali, infatti, sono al 9,76%, mentre le vagine di gomma all'8,78%. A seguire, ultimo articolo sopra il 5% di fetta di mercato, ci sono le bende col 5,61%. Il restante 26,1% dei sex toy venduti sono articoli come gli attrezzi per la pratica del bondage, le manette, sostegni di vario genere, palline vaginali... La fantasia non manca, e i soldi neppure.
Non solo gratificanti ma anche belli: i vibratori di Lelo sono oggetti di design

Lelo
Nel periodo di San Valentino, i dati registrati su Lelo mostrano un interessante aumento delle vendite e che ben il 60% degli acquisti sono stati effettuati da donne. Candele per massaggi, manette di seta, frustini in suede, ma anche sex toy in silicone liscio o placcati in oro, sono tra gli oggetti più acquistati online dal sesso femminile in cerca di una serata stuzzicante. Per chi non lo conoscesse, Lelo è il brand svedese che ha rivoluzionato il mondo dell'erotismo e dei sex toy introducendo linee sinuose e oggetti di alto design, ben lontani dal classico dildo in gomma. Il Global marketing director Luka Matutinovic racconta a La Verità quali sono state le chiavi del successo che hanno permesso al marchio di conquistare una fetta importante del mercato dei vibratori.
Quali sono gli aspetti più importanti per un'azienda di sex toy?
«Costruire un brand nell'industria per adulti è difficile. Ma è possibile. Fare marketing nel settore dei sex toy a livello globale è impegnativo e richiede tempo, ma risulta poi essere gratificante e altrettanto molto divertente sperimentare. Se hai una solida offerta di prodotti e un messaggio forte, non c'è motivo per cui non puoi avere successo. Ciò che contraddistingue Lelo come azienda è la coerenza. I fondatori di Lelo provenivano tutti da ambienti creativi, come design e ingegneria; e per questo, Lelo fonda l'intero processo di produzione, sviluppo e lavorazione di un prodotto su concetti di design concreti e lineari, immutabili nel tempo e riconoscibili grazie ad uno stile inconfondibile, anche se non si ha familiarità con il brand. Il linguaggio visivo di Lelo è stato coerente dal primissimo prodotto, Lily, fino a quelli che sono stati lanciati quest'anno. Ogni prodotto Lelo è immediatamente riconoscibile dal design e parte della stessa famiglia. Lo stesso vale per il packaging, l'artwork, il pos (punti vendita): tutto è progettato sotto un insieme di linee guida di stile strettamente garantite, che assicurano un prodotto degno di portare il logo Lelo. E ciò che stabilisce ogni attività del nostro brand come brand effettivo è la coerenza».
Com'è il mercato in questo momento?
«Ogni giorno l'industria dei sex toy assiste a un crescente atteggiamento positivo da parte dei propri consumatori, che stanno man mano accettando prodotti per la vita intima come parte della quotidianità. Il brand Lelo sta guidando questa propensione: i prodotti che progettiamo sono studiati per essere belli ed eleganti. Il mercato si sta espandendo periodicamente. Ci sono molte più persone attratte dalla curiosità di provare i sex toy e quest'ultimi stanno diventando sempre meno un tabù. Per questo, speriamo che il mercato dei sex toy e il mercato mainstream andranno di pari passo: al momento non sembra così irrealistico affermare che succederà entro i prossimi 20 anni (su certi aspetti sta già iniziando)».
Parlare di sex toy è ancora visto come un tabù?
«L'atteggiamento nei confronti dei sex toy sta cambiando. È un processo lento, ma stiamo assistendo a un "disgelo" nella concezione dell'intimità e della sessualità, così come parlare di sesso e piacere. Le persone stanno diventando più aperte, più curiose e più disponibili a scoprire nuovi piaceri».
Qual è il cliente ideale Lelo?
«Non esiste il cliente Lelo perfetto, vogliamo dare il meglio a chiunque sia interessato all'acquisto di un sex toy. Ogni prodotto può essere maggiormente adatto a un gruppo di persone, ma non esiste l'archetipo del cliente Lelo. Ci muoviamo su una fascia di età compresa tra 18 e 64 anni e la suddivisione tra acquirenti di sesso femminile e di sesso maschile è pressoché identica».
Lelo pone grande attenzione nel design dei suoi prodotti. Come mai questa scelta?
«Quando Lelo ha lanciato i suoi primi prodotti più di dieci anni fa, questi si sono distinti perché non assomigliavano ad alcuno dei sex toy fino ad allora conosciuti. Sembravano oggetti d'arte, ornamentali, eleganti e belli, come un pezzo di design o un'installazione artistica. Lo stile Lelo, miglioratosi nel tempo, si basa su linee sinuose e levigate, forme eleganti e seducenti. Se noi stessi non ci sorprendiamo, allora non stiamo facendo il nostro lavoro nel modo giusto».
Qual è il futuro dei sex toy?
«La natura dell'innovazione nell'industria dei sex toy è la stessa di ogni industria tecnologica: le tendenze sono dettate dal consumatore. In questo momento, c'è un trend verso sex toy molto più inclusivi e sessualmente progressivi. I prodotti non sono più giudicati solo su quanto siano piacevoli, ma su quanto sia positivo l'atteggiamento del brand che li ha creati. Speriamo che questa tendenza continui e cresca: i brand con messaggi positivi come Lelo perseguono l'obiettivo di abbattere i tradizionali tabù, un obiettivo davvero importante e impegnativo. In futuro, possiamo solo aspettarci che l'uomo e la tecnologia vivano in sinergia, intersecandosi sempre più. Un sex toy oggigiorno è già una connessione tra l'innovazione e l'uomo e nello specifico i sex toy Lelo sono molto più avanti rispetto alla maggior parte di altri prodotti dello stesso settore. Ci auguriamo che i sex toy diventino onnipresenti quasi come gli smartphone (o qualunque sia l'equivalente futuristico di uno smartphone)».
Avete anche creato una linea di preservativi. Ci potete raccontare di più su questa scelta?
«Ci sono due motivi principali per cui abbiamo deciso di sviluppare Lelo Hex. Innanzitutto, l'obiettivo era quello di iniziare una conversazione con il consumatore per confrontarsi con una realtà difficile: le malattie sessualmente trasmissibili (Mst) continuano a registrare allarmanti dati in crescita, più velocemente di quanto ci si immagini. Parte di ciò è dovuto al calo nell'uso del preservativo, in particolare tra i giovani. Questo ci porta al secondo obiettivo: creare un preservativo abbastanza attraente da incoraggiare le persone a ricominciare a usarlo. Perché il sesso sicuro può e dovrebbe essere bellissimo. Questo è quello che abbiamo fatto per anni a Lelo, e i preservativi Hex sono l'apice di questa esperienza. Il preservativo non è cambiato dall'introduzione del serbatoio 70 anni fa. Il problema è che il mercato dei preservativi è rimasto stabile per anni, senza alcuna pulsione all'innovazione. Le persone usano meno i preservativi, anche per una mancanza di innovazione concreta nel settore. Hex non è solo progettato per migliorare il sesso sicuro, ma è anche progettato per dare nuova vita al settore nel suo complesso».
Quali sono i vostri best seller?
«Ciò che è interessante nel portfolio di Lelo è che non c'è un singolo prodotto di spicco a livello globale. Tuttavia, l'anno scorso il più grande prodotto venduto è stato Sona: il primo massaggiatore clitorideo a onde soniche, con batteria ricaricabile via Usb, impermeabile e con tecnologia Cruise Control. Sona è completamente in silicone lucido, con linee sinuose: un prodotto innovativo nel settore. Nel mare degli stimolatori clitoridei, Lelo Sona si è distinto e ha avuto un grande successo quando è stato lanciato nell'ottobre del 2017, ottenendo consensi in tutto il mondo. È diventato ben presto un sex toy molto richiesto e apprezzato, ma ogni nostro cliente ha il proprio prodotto Lelo preferito».
Qual è la vostra missione?
«Lelo è un brand che unisce le persone: vicinanza, intimità, passione, sessualità, Lelo è tutto questo e molto altro. I nostri progetti offrono un quid in più a tutti coloro che cercano il piacere, in un mondo pervaso dall'ordinarietà. Mentre il mondo si spinge verso i limiti del sesso e della sessualità, Lelo continua a lottare contro i tabù, ponendo le basi su cui il consumatore potrà tracciare il proprio percorso. Il sesso è divertente. Ecco perché Lelo è un parco giochi per i più curiosi».
M. Baroli
Non chiamatelo sexy shop. C'è Sex Sade, la prima «fetish boutique» d'Italia

Facebook Sex Sade
Sex Sade è una piccola realtà milanese dalla lunga storia. Nasce nel 1998 come prima «fetish boutique» italiana, ben prima che milioni di donne sentissero parlare di Christian Grey e le sue 50 sfumature. Le titolari si chiamano Arianna e Martina e da anni collezionano clienti - e recensioni a cinque stelle - per il loro mondo ironico e cortese di raccontare un mondo che agli occhi di molti è ancora tabù. Sex Sade è una realtà unica, «una risposta alternativa alle esigenze delle persone che cercano qualcosa di irriverente, audace e divertente». Vi starete chiedendo cosa differenzi questo tipo di boutique da un sexy shop. La risposta è semplice: la clientela. Mentre i principali frequentatori dei secondi sono uomini alla ricerca di prodotti per l'autoerotismo, in una «fetish boutique» le clienti sono donne e i prodotti sono soprattutto destinati al rapporto di coppia. Per questo motivo tra gli oggetti in vendita si possono trovare costumi sexy, completi intimi più o meno aggressivi e qualsiasi tipo di sex o soft toy.
In 17 anni il negozio è molto cambiato. Non in fatto di look, che rimane un po' vintage e fa l'occhiolino all'universo delle pin up, ma in merito all'offerta. Martina spiega infatti che inizialmente si trovavano a servire una clientela esperta nel bondage e quindi disposta a pagare per prodotti di qualità. È stato l'avvento di internet e la diffusione del concetto di feticismo che ha aiutato il negozio a vendere oggetti di generi diversi a prezzi decisamente più accessibili. È così che la clientela è aumentata - e ora spazia da adolescenti a donne più mature - e Sex Sade è diventata una delle «fetish boutique» di maggiore successo. Il loro segreto? Dare vita a un'ambiente dove chiunque possa sentirsi a proprio agio e, nonostante l'argomento trattato, evitare un linguaggio volgare.
Quale messaggio lancia quindi Sex Sade alle loro clienti? «Nell'attuale periodo storico, dove noi donne siamo costantemente messe alla prova dai canoni che la società e i media ci impongono, siamo convinte che imparare a conoscere noi stesse, valorizzando il nostro aspetto e facendo trasparire con armonia le diverse sfumature di se, sia l'arma giusta per essere competitive. Ed è la sicurezza raggiunta, la chiave per sentirsi belle, autentiche e irresistibili».
Mariella Baroli
Continua a leggereRiduci
L'Emilia Romagna sul podio delle regioni con più sexy shop. Il settore cresce del 2,3% ogni anno. In tutta Italia, a fine 2018, presenti 323 negozi e poi c'è l'ecommerce.Vince l'estetica: i vibratori diventano oggetti d'arredo. Luka Matutinovic, global marketing director dell'azienda svedese Lelo: «In questo momento, c'è un trend verso device molto più hi tech e rivolti alla coppia».Sex Sade è il primo negozio di Milano a proporre, tra i banchi di biancheria intima, prodotti destinati al rapporto a due.Oltre il 40% dei giapponesi tra i 18 e i 32 anni è vergine. In un Paese ipermoderno, dove robot e intelligenza artificiale sono all'ordine del giorno, il sesso rimane un tabù. Viaggio all'interno di M's, il centro commerciale più grande al mondo che vende solo giochi erotici.Lo speciale contiene quattro articoli.Dire «ti amo», in giapponese, non è per nulla semplice. Se in ogni lingua, infatti, esiste una frase specifica per manifestare i propri sentimenti, nel paese del Sol Levante confessare i propri sentimenti è talmente imbarazzante da aver abolito i «ti amo» e averli sostituiti con dei più innocui e modesti «suki da yo», letteralmente «mi piaci». Se l'amore è un tabù, il sesso è esattamente l'opposto. Non lasciatevi ingannare da chi ripete, da anni, che in Giappone la sessualità non è contemplata, il sesso a Tokyo e dintorni è letteralmente ovunque. E non parliamo di riviste o siti web specializzati. Parliamo piuttosto di combini (negozi simili ai nostri minimarket aperti 24 ore su 24. Ndr.), di centri commerciali, di famosissimi negozi low cost, come i 100 yen o i Donki, in cui tutto viene venduto per qualche monetina. Il sesso è così diffuso che, nei vicoli di Kabukicho, il quartiere a luci rosse nei pressi di Shinjuku gestito dalla yakuza (la mafia locale) non si fatica a trovare distributori automatici che vendono slip usati da studentesse in cerca di sbarcare il lunario o sex toy da tenere in tasca o in borsetta. Un distributore di slip usati. A Tokyo se ne trovano molteplici, il prezzo per un paio di mutande oscilla tra i 500 e i 1.000 yen (4-8 euro)PinterestNon illudetevi però: il sesso in Giappone non si pratica. Per nulla. O quasi. Se ne parla, si guarda, si ascolta, ma non si fa. Sono le statistiche a confermare quella che a tratti può sembrare una leggenda metropolitana. Secondo il governo Giapponese, circa il 60% delle donne tra i 18 e i 34 anni è single. Di queste, il 42% non ha mai avuto rapporti sessuali. La percentuale sale per gli uomini con un 70% di single nella fascia d'età 18-34 e un 44% di vergini. Il problema, secondo molti esperti del settore, è la sovraesposizione al sesso che avviene nel Paese. Non il lavoro, i turni massacranti, la voglia solo di dormire per recuperare le forze dopo ore passate in ufficio. Bensì la continua possibilità di trovare stimoli ovunque ci si trovi: in metrò, nel supermercato sotto casa, in taxi e addirittura negli uffici. Questo bombardamento continuo porterebbe a un calo del desiderio così elevato da aver allarmato i vertici governativi del Paese. Una delle maid che si possono incontrare nel quartiere nerd della capitale del GiapponeiStockAd Akihabara, il quartiere otaku per eccellenza, il sesso è di casa in ogni angolo. Non per niente, nelle strade coloratissime di questa area di Tokyo ci si imbatte ogni dieci passi in una ragazzetta, perlopiù minorenne, travestita da cameriera con autoreggenti e crestina, che invita a recarsi in uno dei tanti maid café dell'area. Questi locali sono frequentati da uomini di ogni età, in giacca e cravatta, che pagano per farsi intrattenere dalla cameriera preferita. Ma attenzione: in questa pratica non c'è niente di sessuale. I giochi in questione sono davvero giochi: forza 4, palline colorate da far rimbalzare, e così via. L'eccitazione sta tutta nel vedersi dedicare attenzioni da una giovinetta carina, truccata e sorridente. Nei maid cafe si paga tutto: la consumazione è obbligatoria e l'ingresso costa circa 15 euro. Poi c'è il cibo, la foto, il momento di gioco. Il tutto va consumato nel giro di 45 minuti, a volte 1 ora. Poi si torna alla realtà.Tra un negozio di manga e un café, spicca nei pressi della stazione della metropolitana dell'area un palazzo altissimo verde pisello. Guardandolo con il naso all'insù, si scorgono nelle vetrine poster di ragazze manga e costumi. A primo acchito, dunque, potrebbe sembrare uno dei mille negozi simili ad Animate e Mandarake che si trovano nell'area e che vendono oggettistica e fumetti. L'errore, in questo caso, non potrebbe essere che dei più madornali. Quel grande palazzo racchiude al suo interno, spalmato per sette piani, il paradiso del sesso di Tokyo. Si chiama M's pop department store e non è altri che il più grande sex shop della città. Aperto nel 2001 a Ueno, si è trasferito nello stesso anno ad Akihabara, in quella che di lì a poco sarebbe divenuta la Mecca dei nerd. Una volta varcate le porte di M's ci si trova immersi in quello che è un vero e proprio centro commerciale del sesso. Al piano terra i prodotti sono tra i più vari: si spazia da preservativi in scatole di legno di Hakone a quelli nelle confezioni con il monte Fuji o i sakura. Non mancano, ovviamente, scaffali interi di condom con i personaggi di manga e anime o racchiusi in pacchetti che ricordano i dolci tipici nipponici. Sullo stesso piano sono disponibili anche lozioni e lubrificanti al profumo di the macha, il famoso the verde in polvere giapponese, o in bottiglie simili alle botti di sake. Tra le bottigliette più gettonate ci sono quelle che aiuterebbero a eccitarsi con profumi di parti intime o di zone erogene (femminili e maschili). In questo caso a giocare il ruolo principale è lo storytelling all'interno della confezione in cui si racconta, in un breve estratto erotico, l'origine del profumo. Il secondo piano è dedicato agli uomini. Qui si trovano bambole gonfiabili di ogni fattezza e dimensione (da quelle piccolissime che misurano solo 20 centimetri a quelle a grandezza naturale e persino le oversize), vagine in silicone modellato ispirate alle idol locali e vibratori che si muovono al ritmo dei videogiochi. Un'intera area del piano è dedicata invece l Tenga, un tubo in silicone utilizzato per la masturbazione e così venduto e apprezzato in Giappone da avere addirittura merchandise dedicato. Oltre infatti al prodotto, possiamo trovare magliette, felpe, cappellini, polsini, slip, tazze e borse in tessuto personalizzate con il logo dei questo sex toy. «Il secondo piano è il più visitato.» ci racconta il responsabile del negozio Yasojima «La maggior parte delle persone che acquistano sono giapponesi, di sesso femminile. Solo il 20% è composto da stranieri che arrivano per sentito dire e, generalmente, sono molto appassionati della cultura giapponese». Incredibilmente, invece, gli uomini sono una minoranza «il cliente tipo ha tra i 30 e i 45 anni, è un business man o lavora in ufficio, non ha una relazione e spesso non ne ha mai avute». Tornando al negozio, il terzo piano è invece l'universo delle donne. Qui è presente, oltre a una vasta selezione di vibratori di design, un angolo dedicato al sadomaso. «Il prodotto più venduto» ci spiega Yasojima «sono le corde per lo shibari (l'antica arte giapponese di legare il partner durante giochi erotici, evoluzione dell'hojojutsu, un'arte marziale nata per immobilizzare i prigionieri di guerra. Ndr). Vengono acquistate dalle coppie, anche straniere. È un ottimo regalo». Se il quarto piano con la sua lingerie sexy è molto più simile ai sex shop occidentali, il quinto piano è il vero regno del sesso giapponese. Lungo le pareti si trovano infatti centinaia di costumi per il cosplay, di ogni tipologia e dimensione. Sulle scale che portano a questo piano si trovano polaroid e foto di ragazze giapponesi che indossano i costumi venduti. «In questo caso i turisti sono più numerosi dei giapponesi» ci spiegano «circa l'80% dei visitatori stranieri acquisti in questo piano con tax free. I "locals" invece comprano solo per occasioni particolari o per feste a tema e Halloween». Gli ultimi due piani di M's sono dedicati ai video pornografici, ai manga hentai e a riviste specializzate, alcune anche piuttosto estreme. Con una particolarità: i genitali maschili in Giappone vengono sempre censurati, con pixel o sagome nere. L'esterno di M's pop department store, il centro commerciale di sette piani dedicato interamente al sessoiStockPur essendo un Paese estremamente moderno e sviluppato, il modo di vivere il sesso è ancora molto old fashion, a tratti antiquato. Le donne vivono il piacere come un'onta, gli uomini come qualcosa da non raccontare e da sperimentare in solitaria. M's prova da anni a rimuovere questa patina di vergogna dai giapponesi mostrando tutto, alla luce del sole, senza nascondere nulla. Marianna Baroli<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/sex-toys-2628359675.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="emilia-romagna-sul-podio-delle-regioni-con-piu-sexy-shop-il-settore-cresce-del-23-ogni-anno" data-post-id="2628359675" data-published-at="1765808509" data-use-pagination="False"> Emilia Romagna sul podio delle regioni con più sexy shop. Il settore cresce del 2,3% ogni anno Gifer Secondo le previsioni più aggiornate il Pil italiano crescerà nel 2019 di appena lo 0,2%. Bene. Anzi, male. Ma c'è un settore industriale (perché che si tratti di un'industria non c'è alcun dubbio) che cresce molto, ma molto più velocemente di tutto il resto dell'Italia. Sì, è quello, il sesso. Basti pensare che il numero dei sexy shop è aumentato del 23,3% in 10 anni. Cioè, mediamente, del 2,3% ogni anno.Cercheremo di evitare facili giochi di parole (come, per esempio, che il mercato "tira" o che le vendite "si impennano") e proviamo a considerare il mercato del sesso come un qualunque altro comparto industriale. I numeri dicono che la crescita del numero dei negozi è sintomo di una domanda sempre più intensa di oggetti per il piacere, sia femminile che maschile. Quali? Lo vediamo tra un momento. Intanto diamo un'occhiata a quali sono le Regioni dove i sexy shop sono aumentati maggiormente di numero.Complessivamente in Italia ci sono 61 negozi in più rispetto al 2009: da 262 a 323 a fine dicembre 2018. La Regione che ne ha visti spuntare di più è l'Emilia Romagna, dove, evidentemente, sanno bene che cosa è il divertimento. Qui, in 10 anni, il saldo fa segnare 17 sexy shop in più: da 14 del 2009 ora sono 31 con un incremento sbalorditivo del 121,4%. Seguono poi il Lazio, con 14 negozi in più (da 19 a 33, +73,7%), e la Lombardia con 11 in più (da 60 a 71, +18,3%). Ma ci sono anche Regioni che mostrano un saldo negativo, ovvero regioni dove, tra il 2009 e il 2018, i sexy shop che hanno aperto non hanno compensato il numero di quelli che hanno chiuso. E' il caso del Friuli Venezia Giulia, -2 negozi (da 14 a 12); della Liguria, -5 (da 11 a 6); delle Marche, -2 (da 8 a 6); del Piemonte, -4, (da 39 a 35) e del Trentino Alto Adige, -1 (da 5 a 4). Particolare il caso della Val d'Aosta, anch'essa con saldo negativo, con la differenza che, avendo perso due sexy shop tra il 2009 e il 2018, ha...perso tutti i sexy shop esistenti. E a livello provinciale? Le province più affollate di sexy shop sono Milano, Roma e Torino, rispettivamente con 34, 26 e 23 negozi. In tutta Italia sono solo 9 le province che, a fine 2018, non avevano sul proprio territorio nessun sexy shop: Potenza, Viterbo, Lodi, Sondrio, Macerata, Verbania, Nuoro, Agrigento e Aosta. Non esistono dati ufficiali sul fatturato generato da questi negozi, né è possibile sapere con certezza che cosa gli italiani comprano nei sexy shop sotto casa, ma esistono precisi numeri a livello mondiale. Il valore di questo comparto industriale è pari a circa 8 miliardi di dollari e, così come il numero dei sexy shop in Italia, è destinato a salire in modo rapidissimo. Nel 2021, cioè tra soli due anni, il fatturato mondiale sarà di 8,5 miliardi di dollari. Per dare un'idea delle cifre in gioco basti dire che 8,5 miliardi di dollari è il valore del mercato mondiale delle stampanti 3d; è quanto Microsoft ha pagato per comprare Skype ed è anche il valore del mercato mondiale delle cialde da caffè. La differenza con le cialde è che cresce più velocemente.Torniamo ai numeri. L'oggetto più venduto al mondo è il "classico" vibratore, che conquista il 21,46% dell'intero fatturato mondiale. A distanza segue il pene di gomma che è al 15,61%. Al terzo posto viene l'anello per il pene, con il 12,68% del mercato degli oggetti più comprati. Dalla quarta posizione in poi si scende in un campo minato. Le perline anali, infatti, sono al 9,76%, mentre le vagine di gomma all'8,78%. A seguire, ultimo articolo sopra il 5% di fetta di mercato, ci sono le bende col 5,61%. Il restante 26,1% dei sex toy venduti sono articoli come gli attrezzi per la pratica del bondage, le manette, sostegni di vario genere, palline vaginali... La fantasia non manca, e i soldi neppure. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/sex-toys-2628359675.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="non-solo-gratificanti-ma-anche-belli-i-vibratori-di-lelo-sono-oggetti-di-design" data-post-id="2628359675" data-published-at="1765808509" data-use-pagination="False"> Non solo gratificanti ma anche belli: i vibratori di Lelo sono oggetti di design Lelo Nel periodo di San Valentino, i dati registrati su Lelo mostrano un interessante aumento delle vendite e che ben il 60% degli acquisti sono stati effettuati da donne. Candele per massaggi, manette di seta, frustini in suede, ma anche sex toy in silicone liscio o placcati in oro, sono tra gli oggetti più acquistati online dal sesso femminile in cerca di una serata stuzzicante. Per chi non lo conoscesse, Lelo è il brand svedese che ha rivoluzionato il mondo dell'erotismo e dei sex toy introducendo linee sinuose e oggetti di alto design, ben lontani dal classico dildo in gomma. Il Global marketing director Luka Matutinovic racconta a La Verità quali sono state le chiavi del successo che hanno permesso al marchio di conquistare una fetta importante del mercato dei vibratori. Quali sono gli aspetti più importanti per un'azienda di sex toy? «Costruire un brand nell'industria per adulti è difficile. Ma è possibile. Fare marketing nel settore dei sex toy a livello globale è impegnativo e richiede tempo, ma risulta poi essere gratificante e altrettanto molto divertente sperimentare. Se hai una solida offerta di prodotti e un messaggio forte, non c'è motivo per cui non puoi avere successo. Ciò che contraddistingue Lelo come azienda è la coerenza. I fondatori di Lelo provenivano tutti da ambienti creativi, come design e ingegneria; e per questo, Lelo fonda l'intero processo di produzione, sviluppo e lavorazione di un prodotto su concetti di design concreti e lineari, immutabili nel tempo e riconoscibili grazie ad uno stile inconfondibile, anche se non si ha familiarità con il brand. Il linguaggio visivo di Lelo è stato coerente dal primissimo prodotto, Lily, fino a quelli che sono stati lanciati quest'anno. Ogni prodotto Lelo è immediatamente riconoscibile dal design e parte della stessa famiglia. Lo stesso vale per il packaging, l'artwork, il pos (punti vendita): tutto è progettato sotto un insieme di linee guida di stile strettamente garantite, che assicurano un prodotto degno di portare il logo Lelo. E ciò che stabilisce ogni attività del nostro brand come brand effettivo è la coerenza». Com'è il mercato in questo momento? «Ogni giorno l'industria dei sex toy assiste a un crescente atteggiamento positivo da parte dei propri consumatori, che stanno man mano accettando prodotti per la vita intima come parte della quotidianità. Il brand Lelo sta guidando questa propensione: i prodotti che progettiamo sono studiati per essere belli ed eleganti. Il mercato si sta espandendo periodicamente. Ci sono molte più persone attratte dalla curiosità di provare i sex toy e quest'ultimi stanno diventando sempre meno un tabù. Per questo, speriamo che il mercato dei sex toy e il mercato mainstream andranno di pari passo: al momento non sembra così irrealistico affermare che succederà entro i prossimi 20 anni (su certi aspetti sta già iniziando)». Parlare di sex toy è ancora visto come un tabù? «L'atteggiamento nei confronti dei sex toy sta cambiando. È un processo lento, ma stiamo assistendo a un "disgelo" nella concezione dell'intimità e della sessualità, così come parlare di sesso e piacere. Le persone stanno diventando più aperte, più curiose e più disponibili a scoprire nuovi piaceri». Qual è il cliente ideale Lelo? «Non esiste il cliente Lelo perfetto, vogliamo dare il meglio a chiunque sia interessato all'acquisto di un sex toy. Ogni prodotto può essere maggiormente adatto a un gruppo di persone, ma non esiste l'archetipo del cliente Lelo. Ci muoviamo su una fascia di età compresa tra 18 e 64 anni e la suddivisione tra acquirenti di sesso femminile e di sesso maschile è pressoché identica». Lelo pone grande attenzione nel design dei suoi prodotti. Come mai questa scelta? «Quando Lelo ha lanciato i suoi primi prodotti più di dieci anni fa, questi si sono distinti perché non assomigliavano ad alcuno dei sex toy fino ad allora conosciuti. Sembravano oggetti d'arte, ornamentali, eleganti e belli, come un pezzo di design o un'installazione artistica. Lo stile Lelo, miglioratosi nel tempo, si basa su linee sinuose e levigate, forme eleganti e seducenti. Se noi stessi non ci sorprendiamo, allora non stiamo facendo il nostro lavoro nel modo giusto». Qual è il futuro dei sex toy? «La natura dell'innovazione nell'industria dei sex toy è la stessa di ogni industria tecnologica: le tendenze sono dettate dal consumatore. In questo momento, c'è un trend verso sex toy molto più inclusivi e sessualmente progressivi. I prodotti non sono più giudicati solo su quanto siano piacevoli, ma su quanto sia positivo l'atteggiamento del brand che li ha creati. Speriamo che questa tendenza continui e cresca: i brand con messaggi positivi come Lelo perseguono l'obiettivo di abbattere i tradizionali tabù, un obiettivo davvero importante e impegnativo. In futuro, possiamo solo aspettarci che l'uomo e la tecnologia vivano in sinergia, intersecandosi sempre più. Un sex toy oggigiorno è già una connessione tra l'innovazione e l'uomo e nello specifico i sex toy Lelo sono molto più avanti rispetto alla maggior parte di altri prodotti dello stesso settore. Ci auguriamo che i sex toy diventino onnipresenti quasi come gli smartphone (o qualunque sia l'equivalente futuristico di uno smartphone)». Avete anche creato una linea di preservativi. Ci potete raccontare di più su questa scelta? «Ci sono due motivi principali per cui abbiamo deciso di sviluppare Lelo Hex. Innanzitutto, l'obiettivo era quello di iniziare una conversazione con il consumatore per confrontarsi con una realtà difficile: le malattie sessualmente trasmissibili (Mst) continuano a registrare allarmanti dati in crescita, più velocemente di quanto ci si immagini. Parte di ciò è dovuto al calo nell'uso del preservativo, in particolare tra i giovani. Questo ci porta al secondo obiettivo: creare un preservativo abbastanza attraente da incoraggiare le persone a ricominciare a usarlo. Perché il sesso sicuro può e dovrebbe essere bellissimo. Questo è quello che abbiamo fatto per anni a Lelo, e i preservativi Hex sono l'apice di questa esperienza. Il preservativo non è cambiato dall'introduzione del serbatoio 70 anni fa. Il problema è che il mercato dei preservativi è rimasto stabile per anni, senza alcuna pulsione all'innovazione. Le persone usano meno i preservativi, anche per una mancanza di innovazione concreta nel settore. Hex non è solo progettato per migliorare il sesso sicuro, ma è anche progettato per dare nuova vita al settore nel suo complesso». Quali sono i vostri best seller? «Ciò che è interessante nel portfolio di Lelo è che non c'è un singolo prodotto di spicco a livello globale. Tuttavia, l'anno scorso il più grande prodotto venduto è stato Sona: il primo massaggiatore clitorideo a onde soniche, con batteria ricaricabile via Usb, impermeabile e con tecnologia Cruise Control. Sona è completamente in silicone lucido, con linee sinuose: un prodotto innovativo nel settore. Nel mare degli stimolatori clitoridei, Lelo Sona si è distinto e ha avuto un grande successo quando è stato lanciato nell'ottobre del 2017, ottenendo consensi in tutto il mondo. È diventato ben presto un sex toy molto richiesto e apprezzato, ma ogni nostro cliente ha il proprio prodotto Lelo preferito». Qual è la vostra missione? «Lelo è un brand che unisce le persone: vicinanza, intimità, passione, sessualità, Lelo è tutto questo e molto altro. I nostri progetti offrono un quid in più a tutti coloro che cercano il piacere, in un mondo pervaso dall'ordinarietà. Mentre il mondo si spinge verso i limiti del sesso e della sessualità, Lelo continua a lottare contro i tabù, ponendo le basi su cui il consumatore potrà tracciare il proprio percorso. Il sesso è divertente. Ecco perché Lelo è un parco giochi per i più curiosi». M. Baroli <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem3" data-id="3" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/sex-toys-2628359675.html?rebelltitem=3#rebelltitem3" data-basename="non-chiamatelo-sexy-shop-c-e-sex-sade-la-prima-fetish-boutique-d-italia" data-post-id="2628359675" data-published-at="1765808509" data-use-pagination="False"> Non chiamatelo sexy shop. C'è Sex Sade, la prima «fetish boutique» d'Italia Facebook Sex Sade Sex Sade è una piccola realtà milanese dalla lunga storia. Nasce nel 1998 come prima «fetish boutique» italiana, ben prima che milioni di donne sentissero parlare di Christian Grey e le sue 50 sfumature. Le titolari si chiamano Arianna e Martina e da anni collezionano clienti - e recensioni a cinque stelle - per il loro mondo ironico e cortese di raccontare un mondo che agli occhi di molti è ancora tabù. Sex Sade è una realtà unica, «una risposta alternativa alle esigenze delle persone che cercano qualcosa di irriverente, audace e divertente». Vi starete chiedendo cosa differenzi questo tipo di boutique da un sexy shop. La risposta è semplice: la clientela. Mentre i principali frequentatori dei secondi sono uomini alla ricerca di prodotti per l'autoerotismo, in una «fetish boutique» le clienti sono donne e i prodotti sono soprattutto destinati al rapporto di coppia. Per questo motivo tra gli oggetti in vendita si possono trovare costumi sexy, completi intimi più o meno aggressivi e qualsiasi tipo di sex o soft toy. In 17 anni il negozio è molto cambiato. Non in fatto di look, che rimane un po' vintage e fa l'occhiolino all'universo delle pin up, ma in merito all'offerta. Martina spiega infatti che inizialmente si trovavano a servire una clientela esperta nel bondage e quindi disposta a pagare per prodotti di qualità. È stato l'avvento di internet e la diffusione del concetto di feticismo che ha aiutato il negozio a vendere oggetti di generi diversi a prezzi decisamente più accessibili. È così che la clientela è aumentata - e ora spazia da adolescenti a donne più mature - e Sex Sade è diventata una delle «fetish boutique» di maggiore successo. Il loro segreto? Dare vita a un'ambiente dove chiunque possa sentirsi a proprio agio e, nonostante l'argomento trattato, evitare un linguaggio volgare. Quale messaggio lancia quindi Sex Sade alle loro clienti? «Nell'attuale periodo storico, dove noi donne siamo costantemente messe alla prova dai canoni che la società e i media ci impongono, siamo convinte che imparare a conoscere noi stesse, valorizzando il nostro aspetto e facendo trasparire con armonia le diverse sfumature di se, sia l'arma giusta per essere competitive. Ed è la sicurezza raggiunta, la chiave per sentirsi belle, autentiche e irresistibili».Mariella Baroli
Luis «Toto» Caputo (Getty Images)
Caputo, classe 1965, cresciuto al Collegio Cardenal Newman e laureato in Economia all’Università di Buenos Aires, è il fulcro del sistema Milei. Dopo una lunga carriera tra Jp Morgan e Deutsche Bank, dov’è stato uno dei trader di riferimento per l’America Latina, entra in politica con Mauricio Macri nel 2015 come segretario e poi ministro delle Finanze, gestendo il rientro dell’Argentina nei mercati con il compromesso sui fondi avvoltoio e il celebre bond centenario (un’obbligazione da 45 miliardi di dollari con scadenza a 100 anni e cedola del 7,125%). Nell’esperienza di governo con Macri, il debito privato argentino è salito dal 16% al 38% del Pil.
Con Milei, torna al centro della scena come ministro dell’Economia dal dicembre 2023. Subito attua tagli feroci a sussidi e spesa, operazioni che riportano l’Argentina al surplus fiscale dopo anni di disavanzi.
Accanto a lui, nel ruolo di vice, c’è José Luis Daza, nato a Buenos Aires da diplomatici cileni ma formato tra Cile, Stati Uniti e i grandi desk di Wall Street. Economista dell’Universidad de Chile, con un dottorato all’Università di Georgetown, rappresentante del Banco Central de Chile a Tokyo, poi capo ricerca mercati emergenti a Jp Morgan e Deutsche Bank. Daza ha fondato l’hedge fund Qfr Capital ed è stato consigliere del candidato conservatore cileno José Antonio Kast. Dal 2024 è segretario alla politica economica e viceministro di Caputo, con il compito chiave di tenere i rapporti con il Fondo monetario internazionale e con gli investitori di tutto il mondo.
Pablo Quirno è invece il ponte tra l’universo finanziario e la diplomazia. Discendente di una storica famiglia conservatrice argentina, studia Economia alla University of Pennsylvania (Wharton) e costruisce una carriera in Jp Morgan come direttore per l’America Latina e membro del comitato di gestione regionale, seguendo privatizzazioni e ristrutturazioni di debito in mezzo mondo. Nel 2016 entra nel governo Macri come coordinatore della segreteria delle Finanze e capo di gabinetto di Caputo, passando anche dal board della Banca centrale argentina. Con Milei è prima segretario alle Finanze, poi (dopo le dimissioni di Gerardo Werthein) promosso ministro degli Esteri nell’ottobre 2025, simbolo dell’allineamento sempre più netto con gli Stati Uniti.
Infine, Santiago Bausili, 1974, anche lui formatosi al Collegio Cardenal Newman e poi all’Università di San Andrés. Per oltre undici anni in Jp Morgan e quasi nove in Deutsche Bank, si specializza in debito sovrano latinoamericano e derivati, spesso in tandem con Caputo. Nel 2016 passa al settore pubblico come sottosegretario e poi segretario alle Finanze nel governo Macri. Nel dicembre 2023 Milei lo nomina presidente della Banca centrale, dietro raccomandazione di Caputo.
La strategia del team Caputo è quella della disciplina fiscale a tutti i costi. L’obiettivo immediato è stato frenare l’inflazione, crollata da oltre il 200% all’inizio del mandato a circa il 30%. Ma il prezzo è la macelleria sociale. Pensioni, salari pubblici e prestazioni sociali non sono state adeguate all’inflazione e la disoccupazione è aumentata.
L’altro elemento critico della strategia di Caputo è la gestione della valuta argentina. Nonostante Milei avesse un tempo definito il peso «escremento», la sua amministrazione ha adottato una politica di sostegno alla valuta, mantenendo tassi di interesse elevati e controlli stretti su cambi e capitali. Questa formula, già tentata dai predecessori senza successo, ha lo scopo di stabilizzare l’inflazione in un mercato dei cambi volatile e ristretto.
Questa politica monetaria rigida ha avuto un impatto tossico sul sistema bancario. I tassi di interesse elevati hanno spinto il tasso di morosità sui prestiti ai massimi da almeno 15 anni, costringendo le banche a ridurre drasticamente l’erogazione di credito.
Il grande rischio per Caputo e la sua squadra di ex- trader è che l’accumulo di riserve in valuta forte si sta rivelando troppo impegnativo (secondo il Fmi), nonostante gli sforzi. La sopravvivenza politica di Milei, e l’efficacia dell’esperimento di Caputo, dipendono dalla capacità di tradurre l’austerità e il sostegno finanziario di Washington in prosperità per la maggioranza. Finora, l’esperimento è basato su un precario equilibrio tra disciplina finanziaria draconiana e un sostegno esterno senza precedenti, una miscela esplosiva che sta mettendo a dura prova il tessuto sociale argentino.
Continua a leggereRiduci
Javier Milei (Ansa)
Milei, l’economista libertario dalla chioma selvatica, ha ottenuto una vittoria sorprendente nelle elezioni di medio termine a fine ottobre, un risultato che gli ha conferito un mandato inequivocabile per il suo programma di terapia shock. Il suo partito, La Libertad Avanza (Lla), ha conquistato circa il 41% dei voti a livello nazionale, doppiando la sua rappresentanza al Congresso, contro il 32% del fronte peronista. Questo risultato ha trasformato il suo gruppo nel più numeroso della Camera bassa, garantendogli la minoranza necessaria per preservare il potere di veto e difendere i suoi decreti presidenziali.
Il trionfo del partito di Milei è stato un inatteso ribaltamento del paesaggio politico. Il dato più sorprendente è che le periferie povere di Buenos Aires, da sempre la roccaforte del movimento peronista, hanno compiuto una svolta storica a sfavore del partito erede del peronismo storico, Fuerza Patria di Cristina Kirchner. I peronisti hanno governato l’Argentina per vent’anni dal 2003, salvo la pausa di quattro anni di Mauricio Macri tra il 2015 e il 2019.
Mentre gli elettori della classe media si sono mobilitati per sostenere la motosega di Milei, la chiave della sconfitta peronista è stata l’astensione o il voto contrario degli elettori più poveri, stanchi di un’instabilità economica permanente cui le fiacche politiche dei passati presidenti li condannavano. Il mandato presidenziale di Alberto Fernández, considerato quasi all’unanimità come il peggior presidente della giovane democrazia argentina, ha significato la fine della pazienza in gran parte dell’elettorato.
Il pilastro della rivoluzione di Milei è l’austerità feroce e senza compromessi. Fin dall’inizio del suo mandato, il presidente ha avviato riforme drastiche, riuscendo a trasformare un deficit fiscale primario in un surplus. Ha tagliato l’occupazione pubblica di oltre il 10%, ha tolto protezioni sociali e rendite diffuse.
Il risultato di questa cura drastica è stato l’abbattimento dell’iperinflazione, che è crollata da oltre il 200% all’inizio del suo mandato a circa il 30% al momento delle elezioni. I mercati internazionali hanno premiato questa determinazione, con il calo del rischio sovrano e un rally nei titoli e nelle obbligazioni subito dopo il voto. Tuttavia, la terapia shock ha avuto un costo sociale elevato, con Milei stesso che ha ammesso che l’austerità aveva portato alla chiusura di fabbriche e all’aumento della disoccupazione.
La scalata di Milei non sarebbe stata possibile senza l’intervento diretto degli Stati Uniti. Il presidente Donald Trump ha scommesso pesantemente sul successo del presidente, offrendo un salvataggio finanziario senza precedenti: un accordo di swap di valuta da 20 miliardi di dollari e la promessa di raccogliere altri 20 miliardi di dollari da banche private e fondi sovrani. Questo sostegno finanziario è stato esplicitamente condizionato al successo di Milei nelle elezioni di medio termine, confermando che l’Argentina è ora un alleato ideologico chiave di Washington, fondamentale per contrastare l’influenza cinese in America Latina.
La squadra economica di Milei, soprannominata i «ragazzi di Jp Morgan» per la forte presenza di ex trader di Wall Street come il ministro dell’Economia Luis Caputo, è ora impegnata in un atto di equilibrismo, cercando di stabilizzare il traballante peso e ricondurre l’Argentina sui mercati internazionali.
Milei sta capitalizzando il suo mandato non solo per aggiustare i conti, ma per smantellare lo Stato in senso profondo. Ha introdotto il regime di incentivi per i grandi investimenti (Rigi), che garantisce 30 anni di stabilità fiscale, disponibilità di valuta estera e protezioni legali agli investitori stranieri per progetti superiori a 200 milioni di dollari. Questa mossa è strategica per trasformare l’Argentina in una potenza mineraria, sfruttando le sue immense riserve inesplorate di rame e litio.
L’Argentina, che condivide la stessa catena montuosa del Cile, esportatore per 20 miliardi di dollari di rame all’anno, non esporta un solo grammo di questo metallo critico. L’obiettivo di Milei è attrarre circa 26 miliardi di dollari in investimenti per i progetti di rame, promettendo che l’Argentina «avrà dollari a sufficienza». L’Argentina, inoltre, detiene riserve significative nel Triangolo del litio ed è il quarto esportatore mondiale di questo minerale.
A riprova della sua visione radicale, l’amministrazione Milei sta rimodellando la struttura dello Stato, avvicinandola al modello di sicurezza nordamericano. La Direzione nazionale delle migrazioni è stata trasferita dal ministero dell’Interno a quello della Sicurezza. Poi, per la prima volta dal ritorno alla democrazia nel 1983, Milei ha nominato un generale, Carlos Presti, a capo del ministero della Difesa, con l’intento dichiarato di «porre fine alla demonizzazione dei nostri ufficiali, sottufficiali e soldati». Infine, il presidente sta spingendo per la privatizzazione e la modernizzazione dell’obsoleta rete ferroviaria per potenziare le esportazioni di cereali, rame e litio, aumentando le esportazioni di 100 miliardi di dollari in sette anni.
Nonostante il chiaro allineamento con Washington, Milei è costretto a un difficile pragmatismo verso Pechino, principale cliente per la soia argentina. Nonostante avesse liquidato la Cina come partner «comunista» in campagna elettorale, Milei ha dovuto riconoscerla come un «partner commerciale molto interessante» dopo la conferma di uno swap valutario multimiliardario da parte di Pechino.
Il destino politico di Milei dipende dalla sua capacità di tradurre le riforme orientate al mercato in prosperità tangibile per la maggioranza, specialmente in un momento in cui gli argentini sono preoccupati per la perdita di posti di lavoro e il calo del reddito. Le politiche deflazioniste attuate per compiacere i mercati e frenare l’inflazione hanno un costo sociale alto, quello della disoccupazione e del calo dei consumi. Milei deve quindi trovare sempre nuovi obiettivi e nuovi capri espiatori per evitare che la questione sociale esploda e faccia dell’Argentina una polveriera.
Continua a leggereRiduci
Ansa
Secondo le prime ricostruzioni almeno due uomini vestiti di nero - mentre le autorità non escludono la presenza di un terzo complice - hanno aperto il fuoco a breve distanza dalla spiaggia, scatenando il panico tra la folla. Diversi testimoni, citati dai media locali, hanno raccontato di colpi esplosi senza sosta e di persone in fuga nel tentativo di mettersi in salvo. L’emittente pubblica Abc ha reso noto il nome di uno dei due attentatori, senza precisare se sia deceduto durante l’assalto. Si tratta di Naveed Akram, cittadino pakistano di 25 anni residente a Sydney, nel quartiere di Bonnyrigg; nella sua auto sono stati ritrovate altre armi e esplosivi, segno che il disegno era molto più ampio. Il secondo autore dell’attacco terroristico è stato identificato come Khaled al Nablusi, cittadino libanese di origine palestinese, affiliato all’Isis, che tuttavia non ha rivendicato l’attacco. Le autorità hanno confermato che almeno uno degli aggressori era noto ai servizi di sicurezza. A riferirlo è stato il direttore dell’Australian security intelligence organisation (Asio), Mike Burgess: «Uno di questi individui ci era noto, ma non con la prospettiva di rappresentare una minaccia immediata. Dobbiamo capire cos’è successo qui».
Resta aperto il nodo delle misure di sicurezza: l’assenza di un dispositivo rafforzato appare difficilmente spiegabile, considerata l’ondata di antisemitismo e le minacce contro la comunità ebraica che da mesi attraversano l’Australia. Invece di smantellare le reti estremiste, il governo ha permesso ai centri islamici legati all’ideologia radicale, tra cui l’Istituto Al Murad, di continuare a operare. Queste istituzioni hanno contribuito a radicalizzare i giovani e persino i bambini, creando le condizioni che hanno prodotto terroristi come Naveed Akram. Secondo quanto emerso, i due uomini armati sono arrivati indisturbati nei pressi dell’area dell’evento e hanno sparato per circa nove minuti utilizzando fucili a pompa Remington 870. Prima dell’intervento della polizia Hamad el Ahmed, arabo-australiano e gestore di un chiosco sulla spiaggia, ha affrontato a mani nude uno degli attentatori riuscendo a neutralizzarlo, salvando così altre vite umane. Colpito da due proiettili, è rimasto ferito e dovrà essere sottoposto a un intervento chirurgico.
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha accusato l’Australia di aver alimentato il clima di odio, affermando che il Paese «ha gettato benzina sul fuoco dell’antisemitismo» prima dell’attacco di Sydney. Netanyahu ha ricordato di aver inviato ad agosto una lettera al primo ministro Anthony Albanese. Come riportato dal Times of Israel, il premier israeliano ha sostenuto che le politiche di Albanese, incluso il riconoscimento di uno Stato palestinese, incoraggiano «l’odio per gli ebrei che ora infesta le vostre strade. L’antisemitismo è un cancro. Si diffonde quando i leader rimangono in silenzio. Dovete sostituire la debolezza con l’azione». Il presidente dell’Organizzazione sionista mondiale, Yaakov Hagoel, ha collegato la strage a una più ampia escalation globale: «La serie di aggressioni antisemite che si registrano in tutto il mondo è scioccante e richiama alla memoria i periodi più bui della storia». «Dal 7 ottobre è in corso una guerra che non colpisce soltanto lo Stato di Israele, ma ogni ebreo ovunque si trovi. Questo è diventato l’ottavo fronte di quel conflitto». Resta ora da chiarire se l’attacco sia opera di due «lupi solitari», ipotesi improbabile, o se vi sia una regia esterna.
Israele ha avviato consultazioni strategiche e di sicurezza per individuare eventuali mandanti. Negli ultimi mesi, le autorità israeliane avevano lanciato avvertimenti sulla possibile preparazione, da parte dell’Iran, di infrastrutture terroristiche destinate a colpire comunità ebraiche in Australia. Secondo le valutazioni israeliane, il principale sospettato resta Teheran, con possibili collegamenti a organizzazioni come Hezbollah, Hamas e Lashkar-e-Taiba, gruppi che negli anni hanno dimostrato capacità operative anche al di fuori del Medio Oriente; così come non va scartato l’Isis. L’ipotesi prevalente, però, è che l’Iran abbia fornito supporto logistico, finanziario o di addestramento, sfruttando reti già esistenti e canali di radicalizzazione attivi sui social media. Se dovesse emergere una responsabilità diretta di Teheran, la risposta di Israele sarà inevitabile, in linea con la dottrina di deterrenza adottata negli ultimi anni. Tempi, luoghi e modalità restano da definire ma potremmo scoprilo a breve.
Continua a leggereRiduci
Erika Kirk (Ansa)
Le parole che ha pronunciato e sta pronunciando in televisione in queste settimane sono le migliore e più elevata risposta non solo a coloro che uccidono in nome di un Dio o di una idea, ma pure a tutti quelli che in questi mesi hanno vilipeso la memoria di Charlie, ne hanno mistificato il pensiero e le frasi.
Parlando alla Cbs, Erika ha ribadito che «l’unico modo per combattere il male, proprio come ha fatto Charlie, è attraverso il dialogo e non avendo paura di praticarlo». Quando le hanno fatto notare che Donald Trump aveva chiesto punizioni feroci per i democratici, Erika ha risposto con determinazione: «Non sarò mai d’accordo con la violenza politica». «Mio marito ne è vittima. Io ne sono vittima».
Non c’è spazio per l’odio nel cuore di Erika Kirk, c’è piuttosto il rifiuto per ogni forma di discriminazione vera, a partire dall’antisemitismo. Certo, Charlie aveva criticato la politica e gli attacchi di Israele su Gaza, ma «diceva sempre molto chiaramente che l’odio verso gli ebrei è frutto di un cervello marcio». Erika respinge dunque l’odio contro gli ebrei in quanto tali, e pure le teorie del complotto, comprese quelle sull’omicidio di suo marito. Anche per questo invita i genitori a limitare il tempo che i figli trascorrono sul Web. «Volete che vostro figlio diventi un leader di pensiero o un assassino?», domanda agli ascoltatori.
Erika risponde pure a tutti quelli che hanno giustificato più o meno direttamente l’uccisione di Charlie (e come sappiamo ce ne sono molti anche dalle nostre parti). «Vuoi guardare in alta risoluzione il video dell’omicidio di mio marito, ridere e dire che se lo merita? C’è qualcosa di molto malato nella tua anima, e prego che Dio ti salvi», dice. Quindi si rivolge ai vari commentatori e opinionisti che hanno tentato di dipingere suo marito come un odiatore, pescando qui e là fra i suoi interventi per suggerire che fosse intollerante, razzista, omofobo. «Mio marito non si lascia ridurre a due frasi...», spiega Erika. «No. Era un leader di pensiero, ed era un uomo brillante. Quindi va bene se si vogliono togliere le parole dalla sua bocca o decontestualizzarle senza dare la giusta prospettiva, ma è proprio questo il problema». Già: l’astio nei confronti di Charlie si è manifestato anche dopo la sua morte proprio attraverso la decontestualizzazione e manipolazione delle sue parole.
Hanno avuto il fegato, pure in Italia, di contestare il suo funerale, ovviamente trascurando ciò che Erika disse in quella occasione, la sua straordinaria lezione di umanità e amore. Alla Cbs ha raccontato come decise di perdonare il killer del marito. Prima di prendere il microfono e parlare al mondo si chiese: «Mi prenderò quel momento per dire: “Radunate le truppe, bruciate la città, marciate per le strade”? Oppure prenderò quel momento e farò qualcosa di ancora più grande, più potente, e dirò: “È una rinascita. E lascerò che si scateni, e lascerò che il Signore la usi in modi che nessun altro avrebbe mai potuto immaginare”?». Sappiamo che cosa abbia scelto Erika: ha respinto l’odio e scelto il perdono. E lo sceglie anche oggi: riceve ancora tonnellate di minacce di morte, ma non viene meno al suo impegno. Perché sa che solo così si può rispondere alla violenza. Mentre tutto attorno si consumano stragi, si sparge odio politico e si censurano le idee sgradite, la via di Erika resta l’unica percorribile: la più difficile, e la più forte.
Continua a leggereRiduci