2024-11-04
Serve un patto tra Schlein e Meloni per una legge elettorale anti partitini
Suggerimento al segretario dem: è inutile tentare di mettere d’accordo Matteo Renzi, Giuseppe Conte e Angelo Bonelli. L’unico modo per evitare di essere messi con le spalle al muro da loro è escluderli con una soglia di sbarramento alta, al 5%.Se fossi nei panni di Elly Schlein, non starei a farla tanto lunga con le polemiche su Matteo Renzi e i 5 stelle: solleverei la cornetta e chiamerei Giorgia Meloni, per mettere d’accordo il partito del premier con il Pd allo scopo di fare una legge elettorale che a livello nazionale, ma anche regionale, escluda i cespugli. Lo so, le minoranze ululeranno, accusando la maggioranza e la leader dell’opposizione di voler instaurare un regime e abolire la democrazia ma, passata qualche settimana, se ne faranno una ragione e, in compenso, finalmente destra e sinistra non saranno ostaggio del 2%, delle alleanze contro natura e delle ammucchiate. La storia di questo Paese dimostra che, se si vogliono governi stabili, non si può rimanere appesi al voto delle minoranze le quali hanno un potere di ricatto prima e dopo il voto e sono in grado di far perdere un’elezione o di far cadere un esecutivo solo perché non hanno ottenuto qualche cosa in cambio.Ai tempi del Pentapartito di andreottiana memoria, oltre alle correnti democristiane, a condizionare l’attività dell’esecutivo erano il Pli e il Psdi, ed entrambi non raggiungevano la soglia del 3%. Alle elezioni del 2006, Romano Prodi vinse per un soffio contro Silvio Berlusconi: 49,81% a 49,74%. E a concorrere al risultato favorevole delle sinistre furono liste come la Rosa nel pugno, il partito dei Comunisti italiani, l’Italia dei valori, i Verdi e l’Udeur, nessuna delle quali superò il 3%. Si dirà: anche i voti delle minoranze servono a costruire un successo. Vero: ma poi contribuiscono anche a portare all’insuccesso. Infatti, per le minoranze il governo del professor Mortadella fu costretto alle dimissioni, proprio come accadde nel 1998. All’uscita di scena del fondatore dell’Ulivo contribuì il voto di otto parlamentari, tutti appartenenti ai cespugli con cui Prodi e compagni erano riusciti a vincere per appena 24.000 voti, dando vita a un governo appeso a un filo.Il tema della dittatura delle minoranze ha accompagnato anche il secondo esecutivo guidato da Giuseppe Conte che, infatti, dal gennaio di tre anni fa, quando dovette cedere la poltrona a Mario Draghi, ha ben presente che di Renzi non c’è da fidarsi: di qui la pregiudiziale che ha escluso il fondatore di Italia viva in Liguria. Il Rottamatore, con una piroetta, salvò l’avvocato di Volturara Appula quando Matteo Salvini decise di rompere l’alleanza con i 5 stelle. Ma, con un’altra piroetta, decise di mandare a casa Conte due anni dopo. Il senatore semplice di Rignano ogni volta si fa vanto di aver liquidato l’azzimato premier grillino, sostituendolo con l’ex presidente della Bce, ma dimentica di dire che Conte lo aveva tenuto in piedi lui e che se il governo giallorosso ha bruciato 200 miliardi di soldi pubblici con il Superbonus è anche «merito» suo. Tutto ciò con un partito e un consenso personale del 2%.Insomma, la disgrazia della capacità di ricatto delle minoranze nei confronti delle maggioranze è un tema con cui ogni governo deve fare i conti. Si può discutere se il tal partito sia più o meno spregiudicato, nel chiedere posti o misure care al 2%, ma è fuor di dubbio che governare con una spina nel fianco che impone di correggere le decisioni non è una cosa semplice.Dunque, ritorno al suggerimento iniziale: fossi Elly Schlein non starei a cercare di mettere pace tra Renzi, Carlo Calenda, Conte e Angelo Bonelli: l’ego espanso dei leaderini prima o poi verrà fuori anche se, per convenienza, al momento delle elezioni a volte viene messo da parte. Se non s’impuntano prima del voto, si impunteranno dopo, sapendo di essere decisivi. L’unico modo per evitare di essere messi con le spalle al muro nonostante, magari, si sia conquistato il 20 o 30%, è escluderli. Ma non lasciarli fuori escludendo un’alleanza: fare in modo che il loro 2 o 3% non conti e non li faccia entrare né il Parlamento né in Consiglio regionale.È antidemocratico? E chi lo ha detto? In Francia c’è una soglia di sbarramento al 5% e in Germania pure. Entrano nelle rispettive Camere solo i rappresentanti di quei partiti che sono effettivamente rappresentativi degli elettori: gli altri a casa. I vantaggi sarebbero molteplici: meno delegazioni che affollano il Quirinale durante le consultazioni, meno chiacchiere sui giornali e in tv di gente che, a volte, non è votata neppure dai parenti. E soprattutto: basta ricatti da politici che, pur non avendo seguito elettorale, fanno valere un pugno di consensi per trarne vantaggi di ogni sorta. Invece di disboscare la burocrazia, come ogni esecutivo promette, cominciamo a disboscare i partiti che non servono a nulla se non a complicarci la vita.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)