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2019-05-02
Le cinque serie tv più attese dell'estate
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Ansa
Bernardo Bertolucci era solito dire che il cinema, al giorno d'oggi, lo si può trovare con maggiore facilità in una serie televisiva anziché nel buio di una sala. La qualità, diceva, che convoglia nei prodotti formato tv non ha alcun corrispettivo a Hollywood. Non più. Perciò, amava Breaking Bad e Mad Men, seguiva House of Cards con la trepidazione di un fan qualsiasi. Bernardo Bertolucci adorava le serie televisive, piccole opere di letteratura che, al pari di un bel romanzo, tornano con il primo caldo per alleviare le pene di un'estate in città. Da Netflix a Sky, sono diverse le serie televisive che prenderanno il via tra maggio e i mesi estivi. Cinque, però, sono quelle che nemmeno Bertolucci avrebbe voluto perdere.
Catch-22
Catch-22 è l'adattamento del romanzo omonimo che Joseph Heller scrisse nei primi anni Sessanta. Come il libro dal quale è tratto, racconta la storia di un giovane bombardiere dell'aviazione americana, John Yossarian (Christopher Abbott), costretto, durante la seconda guerra mondiale, a scegliere tra la propria dignità di soldato e la truffa. Le missioni, sul fronte italiano, sembrano non finire mai. E a ogni richiesta di congedo, puntuale, arriva l'ordine di un ultimo volo, in una spirale infinita che solo l'infermità mentale potrebbe spezzare. Potrebbe, però, perché nel romanzo di Heller, che durante la seconda guerra mondiale è stato soldato, esiste un tranello. Il Comma 22 al quale un militare potrebbe appellarsi per essere riconosciuto pazzo e ottenere con ciò il congedo nasconde un paradosso. Chiunque si dica pazzo, pazzo non potrà essere, perché solo un vero pazzo vorrebbe continuare a volare.
Yossarian, dunque, dovrà fare altrimenti, ma, delle cinque puntate previste dalla serie Sky Original, al via su Sky Atlantic il prossimo 21 maggio, non è la strategia del bombardiere a destare l'interesse maggiore. È George Clooney. Il premio Oscar, che nella storia ha una particina, è insieme produttore e regista di Catch-22. Una serie per la quale l'hype è alle stesse, anche perché Clooney, accanto a sé, ha voluto tra gli altri Giancarlo Giannini e Hugh Laurie.
Chernobyl
Nessun romanzo, questa volta, ma la storia a fare da guida. Chernobyl, in esclusiva su Sky a partire dal 10 giugno prossimo, è una serie documento, atta a ricostruire la più grande catastrofe nucleare che il mondo ricordi. A 33 anni dal disastro ucraino, avvenuto a 120 chilometri da Kiev il 26 aprile 1986, sono state Sky e Hbo a decidere di affidare alla narrazione televisiva la cronaca di quegli eventi. La serie tv dovrà, perciò, ricostruire il come e il perché di quanto accaduto nella centrale nucleare, raccontando, insieme, le storie straordinarie di quegli eroi comuni che, all'indomani della tragedia, hanno rischiato la vita per limitarne la portata. Fallimento e nobiltà umano dovranno coesistere, l'una al fianco dell'altra in una produzione nella quale Jared Harris, già caro a Bertolucci per il suo ruolo in Mad Men, è stato chiamato a interpretare Valery Legasov, lo scienziato sovietico scelto dal Cremlino per indagare sull'incidente. Al proprio fianco l'attore ha poi avuto un cast d'eccezione. Stellan Skarsgård si è calato nei panni di Boris Shcherbina, l'uomo messo a capo della commissione governativa istituita dal Cremlino nelle prime ore successive al disastro, mentre Emily Watson è stata scelta per dare un volto a Ulana Khomyuk, la fisica nucleare sovietica impegnata a risolvere il mistero che, in quell'aprile 1986, ha portato al disastro.
Dark 2
Dark, la cui seconda stagione debutterà online il 21 giugno prossimo, è la testimonianza più vivida di come Netflix abbia allargato il mercato televisivo. A produrla, infatti, non è stata qualche blasonata casa americana, ma una casa tedesca. Un'azienda sconosciuta, che nel cast ha messo attori sconosciuti, gente che fuori dai confini nazionali non avrebbe un volto e nemmeno un nome. Eppure, quella serie altrimenti ignota s'è rivelata un gioiellino. Al centro di Dark c'è una storia cupa, di destini incrociati, esperimenti e omicidi. E c'è il tempo, la teoria del relativismo, una grotta all'interno della quale confluiscono le dimensioni che l'uomo ha imparato a conoscere come passato, presente e futuro. In Dark, prima stagione, il futuro è stato appena accennato e tutto s'è risolto in un continuo viaggiare tra il passato e il trapassato, nel disperato tentativo di dare un senso al presente spiegando la cruenta scia di morte che ha colpito una cittadina tedesca e quattro delle famiglie che l'abitano. In Dark, seconda stagione, i confini promettono di ampliarsi fino a toccare il futuro. Sempre, però, con la speranza di aggiustare il presente e far sì che i loschi figuri introdotti nel finale della stagione passata non arrivino a controllare i viaggi nel tempo.
Big little lies 2
Big little lies è una di quelle serie che, ad una prima quanto veloce occhiata, potrebbero sembrare prettamente femminili. Ci sono quattro madri, piccoli drammi familiari, Reese Whiterspoon con la gonna a fiori e Nicole Kidman, prigioniera di quella sua immagine da moglie perfetta. L'estetica è quella di un prodotto atto a sollazzare gruppi di donne, più e meno adulte. E qui sta il genio di Big little lies. La serie, la cui seconda stagione debutterà su Sky Atlantic nei primi giorni di giugno, è un giallo intriso di elementi psicologici. Un giallo, la cui prima stagione si è chiusa con la morte di un marito violento e l'omertà delle quattro madri amiche, colpevoli di aver dato all'uomo la spinta fatale. Un giallo che, nella seconda stagione della serie, dovrebbe dilungarsi sulle indagini, restituendo però tutto il tormento interiore delle donne. Le quattro hanno da nascondere un omicidio, a se stesse e alle proprie famiglie, alla comunità di Monterey, piccola perla californiana, e alla madre del morto, giunta in città per fare chiarezza. La madre, novità di Big little lies 2, nient'altro è se non Meryl Streep, aggiunta blasonata ad un cast d'eccezione. Oltre alla Whiterspoon e alla Kidman, la serie Sky vede tra i protagonisti Zoe Isabella Kravitz, straordinaria figlia di Lenny, e Alexander Skarsgård, interprete del picchiatore morto.
La casa di carta 3
È l'ultima, in linea temporale, a fare il proprio debutto. Ma, forse, è la più attesa delle cinque. La casa di carta 3, terzo atto della serie Netflix che si è trasformata in mania, arriverà online il 19 luglio prossimo, raccontando quanto successo al gruppo di scapestrati che ha beffato la Spagna, e pure il mondo. La serie, una produzione iberica, s'è chiesta se un manipolo di delinquenti guidato da una mente geniale, Il Professore, avrebbe mai potuto rapinare la Zecca di Stato. Senza morti, senza violenza. Come moderni Robin Hood, decisi ad accattivarsi la simpatia del popolo spagnolo. La risposta è arrivata solo con il finale della seconda stagione, quando la banda, provata dagli imprevisti che l'assedio s'è portato appresso, ha preso la via della fuga. Il colpo è riuscito e cosa attenda questi ladri divenuti eroi è compito della terza stagione spiegarlo. Ma, mentre gli affezionati de La casa di carta se ne stanno buoni, in trepidante attesa, i detrattori non si danno pace. Qualcuno s'è lanciato contro la serie. "Gentista", l'ha definita, lamentando un eccessivo populismo. Una sorta di demagogia in nome della quale verrebbe turlupinato un pubblico caprone, provato dalla crisi economica. La casa di carta sarebbe un'operazione furba, studiata per ingolosire chi ha fame di riscatto. E sia pure, se tanto basta a tacere le polemiche. Per noi, La casa di carta è un gioiello: la prima serie, dopo tante, a meritare il cosiddetto binge-watching, una puntata via l'altra, in una maratona resa più familiare da suono (inaspettato) di Bella Ciao.
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Tra maggio e giugno partono su Sky Catch-22, che segna il debutto alla regia televisiva di George Clooney, Chernobyl e Big little lies 2, dove la new entry si chiama Meryl Streep. Su Netflix, invece, c'è grande attesa per la terza stagione della serie La casa di carta e per il secondo capitolo di Dark. Lo speciale contiene il trailer e l'approfondimento per ciascuna serie tv. Bernardo Bertolucci era solito dire che il cinema, al giorno d'oggi, lo si può trovare con maggiore facilità in una serie televisiva anziché nel buio di una sala. La qualità, diceva, che convoglia nei prodotti formato tv non ha alcun corrispettivo a Hollywood. Non più. Perciò, amava Breaking Bad e Mad Men, seguiva House of Cards con la trepidazione di un fan qualsiasi. Bernardo Bertolucci adorava le serie televisive, piccole opere di letteratura che, al pari di un bel romanzo, tornano con il primo caldo per alleviare le pene di un'estate in città. Da Netflix a Sky, sono diverse le serie televisive che prenderanno il via tra maggio e i mesi estivi. Cinque, però, sono quelle che nemmeno Bertolucci avrebbe voluto perdere. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/serie-tv-2635906708.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="catch-22" data-post-id="2635906708" data-published-at="1765253001" data-use-pagination="False"> Catch-22 Catch-22 è l'adattamento del romanzo omonimo che Joseph Heller scrisse nei primi anni Sessanta. Come il libro dal quale è tratto, racconta la storia di un giovane bombardiere dell'aviazione americana, John Yossarian (Christopher Abbott), costretto, durante la seconda guerra mondiale, a scegliere tra la propria dignità di soldato e la truffa. Le missioni, sul fronte italiano, sembrano non finire mai. E a ogni richiesta di congedo, puntuale, arriva l'ordine di un ultimo volo, in una spirale infinita che solo l'infermità mentale potrebbe spezzare. Potrebbe, però, perché nel romanzo di Heller, che durante la seconda guerra mondiale è stato soldato, esiste un tranello. Il Comma 22 al quale un militare potrebbe appellarsi per essere riconosciuto pazzo e ottenere con ciò il congedo nasconde un paradosso. Chiunque si dica pazzo, pazzo non potrà essere, perché solo un vero pazzo vorrebbe continuare a volare. Yossarian, dunque, dovrà fare altrimenti, ma, delle cinque puntate previste dalla serie Sky Original, al via su Sky Atlantic il prossimo 21 maggio, non è la strategia del bombardiere a destare l'interesse maggiore. È George Clooney. Il premio Oscar, che nella storia ha una particina, è insieme produttore e regista di Catch-22. Una serie per la quale l'hype è alle stesse, anche perché Clooney, accanto a sé, ha voluto tra gli altri Giancarlo Giannini e Hugh Laurie. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/serie-tv-2635906708.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="chernobyl" data-post-id="2635906708" data-published-at="1765253001" data-use-pagination="False"> Chernobyl Nessun romanzo, questa volta, ma la storia a fare da guida. Chernobyl, in esclusiva su Sky a partire dal 10 giugno prossimo, è una serie documento, atta a ricostruire la più grande catastrofe nucleare che il mondo ricordi. A 33 anni dal disastro ucraino, avvenuto a 120 chilometri da Kiev il 26 aprile 1986, sono state Sky e Hbo a decidere di affidare alla narrazione televisiva la cronaca di quegli eventi. La serie tv dovrà, perciò, ricostruire il come e il perché di quanto accaduto nella centrale nucleare, raccontando, insieme, le storie straordinarie di quegli eroi comuni che, all'indomani della tragedia, hanno rischiato la vita per limitarne la portata. Fallimento e nobiltà umano dovranno coesistere, l'una al fianco dell'altra in una produzione nella quale Jared Harris, già caro a Bertolucci per il suo ruolo in Mad Men, è stato chiamato a interpretare Valery Legasov, lo scienziato sovietico scelto dal Cremlino per indagare sull'incidente. Al proprio fianco l'attore ha poi avuto un cast d'eccezione. Stellan Skarsgård si è calato nei panni di Boris Shcherbina, l'uomo messo a capo della commissione governativa istituita dal Cremlino nelle prime ore successive al disastro, mentre Emily Watson è stata scelta per dare un volto a Ulana Khomyuk, la fisica nucleare sovietica impegnata a risolvere il mistero che, in quell'aprile 1986, ha portato al disastro. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem3" data-id="3" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/serie-tv-2635906708.html?rebelltitem=3#rebelltitem3" data-basename="dark-2" data-post-id="2635906708" data-published-at="1765253001" data-use-pagination="False"> Dark 2 Dark, la cui seconda stagione debutterà online il 21 giugno prossimo, è la testimonianza più vivida di come Netflix abbia allargato il mercato televisivo. A produrla, infatti, non è stata qualche blasonata casa americana, ma una casa tedesca. Un'azienda sconosciuta, che nel cast ha messo attori sconosciuti, gente che fuori dai confini nazionali non avrebbe un volto e nemmeno un nome. Eppure, quella serie altrimenti ignota s'è rivelata un gioiellino. Al centro di Dark c'è una storia cupa, di destini incrociati, esperimenti e omicidi. E c'è il tempo, la teoria del relativismo, una grotta all'interno della quale confluiscono le dimensioni che l'uomo ha imparato a conoscere come passato, presente e futuro. In Dark, prima stagione, il futuro è stato appena accennato e tutto s'è risolto in un continuo viaggiare tra il passato e il trapassato, nel disperato tentativo di dare un senso al presente spiegando la cruenta scia di morte che ha colpito una cittadina tedesca e quattro delle famiglie che l'abitano. In Dark, seconda stagione, i confini promettono di ampliarsi fino a toccare il futuro. Sempre, però, con la speranza di aggiustare il presente e far sì che i loschi figuri introdotti nel finale della stagione passata non arrivino a controllare i viaggi nel tempo. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem4" data-id="4" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/serie-tv-2635906708.html?rebelltitem=4#rebelltitem4" data-basename="big-little-lies-2" data-post-id="2635906708" data-published-at="1765253001" data-use-pagination="False"> Big little lies 2 Big little lies è una di quelle serie che, ad una prima quanto veloce occhiata, potrebbero sembrare prettamente femminili. Ci sono quattro madri, piccoli drammi familiari, Reese Whiterspoon con la gonna a fiori e Nicole Kidman, prigioniera di quella sua immagine da moglie perfetta. L'estetica è quella di un prodotto atto a sollazzare gruppi di donne, più e meno adulte. E qui sta il genio di Big little lies. La serie, la cui seconda stagione debutterà su Sky Atlantic nei primi giorni di giugno, è un giallo intriso di elementi psicologici. Un giallo, la cui prima stagione si è chiusa con la morte di un marito violento e l'omertà delle quattro madri amiche, colpevoli di aver dato all'uomo la spinta fatale. Un giallo che, nella seconda stagione della serie, dovrebbe dilungarsi sulle indagini, restituendo però tutto il tormento interiore delle donne. Le quattro hanno da nascondere un omicidio, a se stesse e alle proprie famiglie, alla comunità di Monterey, piccola perla californiana, e alla madre del morto, giunta in città per fare chiarezza. La madre, novità di Big little lies 2, nient'altro è se non Meryl Streep, aggiunta blasonata ad un cast d'eccezione. Oltre alla Whiterspoon e alla Kidman, la serie Sky vede tra i protagonisti Zoe Isabella Kravitz, straordinaria figlia di Lenny, e Alexander Skarsgård, interprete del picchiatore morto. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem5" data-id="5" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/serie-tv-2635906708.html?rebelltitem=5#rebelltitem5" data-basename="la-casa-di-carta-3" data-post-id="2635906708" data-published-at="1765253001" data-use-pagination="False"> La casa di carta 3 È l'ultima, in linea temporale, a fare il proprio debutto. Ma, forse, è la più attesa delle cinque. La casa di carta 3, terzo atto della serie Netflix che si è trasformata in mania, arriverà online il 19 luglio prossimo, raccontando quanto successo al gruppo di scapestrati che ha beffato la Spagna, e pure il mondo. La serie, una produzione iberica, s'è chiesta se un manipolo di delinquenti guidato da una mente geniale, Il Professore, avrebbe mai potuto rapinare la Zecca di Stato. Senza morti, senza violenza. Come moderni Robin Hood, decisi ad accattivarsi la simpatia del popolo spagnolo. La risposta è arrivata solo con il finale della seconda stagione, quando la banda, provata dagli imprevisti che l'assedio s'è portato appresso, ha preso la via della fuga. Il colpo è riuscito e cosa attenda questi ladri divenuti eroi è compito della terza stagione spiegarlo. Ma, mentre gli affezionati de La casa di carta se ne stanno buoni, in trepidante attesa, i detrattori non si danno pace. Qualcuno s'è lanciato contro la serie. "Gentista", l'ha definita, lamentando un eccessivo populismo. Una sorta di demagogia in nome della quale verrebbe turlupinato un pubblico caprone, provato dalla crisi economica. La casa di carta sarebbe un'operazione furba, studiata per ingolosire chi ha fame di riscatto. E sia pure, se tanto basta a tacere le polemiche. Per noi, La casa di carta è un gioiello: la prima serie, dopo tante, a meritare il cosiddetto binge-watching, una puntata via l'altra, in una maratona resa più familiare da suono (inaspettato) di Bella Ciao.
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Essi, infatti, incidevano il tronco della Manilkara chicle e raccoglievano la sostanza che ne colava, per poi bollirla fino al raggiungimento della consistenza giusta per appallottolarla in pezzetti da masticare. La parola chicle è il nome in lingua nahuatl della pianta da cui i Maya estraevano la gomma, la Manikara chicle, appunto, che è una pianta angiosperma dicotiledone della famiglia delle Sapotaceae diffuse nei Paesi dell’America centrale e in Colombia, un bell’albero sempreverde dalla grande chioma che arriva fino a 40 metri di altezza, presente dalla messicana Veracruz fin le coste atlantiche della Colombia. L’albero della Manikara chicle cresce nelle foreste, fino a 1.100 metri sul livello del mare, pensate, e non solo i Maya ne masticavano le palline, ma, in un certo senso, anche noi. Il nome che comunemente si dà in Piemonte alla gomma da masticare, cicles, deriva proprio dal nome di questa pianta, arrivato da noi attraverso una marca di gomme da masticare americana negli anni appena successivi alla Seconda Guerra Mondiale. Da cicles deriva anche cicca, altro modo di chiamare colloquialmente il chewing gum. E proprio dalla corteccia della Manikara chicle e da altre piante congeneri nasce questo lattice che in passato si usava come unica materia prima gommosa (e naturale) per preparare le gomme da masticare. Le tesi sul passaggio dalla gomma naturale masticata dai Maya a quella di produzione occidentale sono varie. Secondo alcuni, la gomma da masticare occidentale nasce per riciclare quantitativi di quel lattice dei Maya esportato negli Usa, però senza successo. Nel 1845, il generale messicano Santa Ana, in fuga a New York dopo un colpo di Stato che lo aveva esautorato dal potere, propone all’imprenditore Thomas Adams una partita di chicle, che però non supera il processo di vulcanizzazione e non va bene per l’uso industriale. Così Adams pensa di aggiungere sciroppo di zucchero e un aroma (ovvero sassofrasso o liquirizia) e nel 1866 lancia il bon bon da ciancicare sul mercato alimentare, col nome di Adams - New York Chewing gum. Chewing gum significa letteralmente gomma masticante, cioè masticabile, ossia da masticare. La gomma da masticare si fa strada nel cuore e soprattutto nelle bocche degli americani: nel 1885 l’imprenditore di Cleveland William J. White sostituisce lo sciroppo di zucchero con lo sciroppo di glucosio, più performante nella miscelazione con altri ingredienti, e aromatizza con quello che poi diventerà l’archetipo assoluto della gomma da masticare, anche perché rinfresca l’alito, la menta piperita. Nel 1893 William Wrigley crea due nuove gomme da masticare, la Spearmint e Juicy fruit. Secondo altre tesi, prima di Thomas Adams il primo a commerciare una gomma da masticare, ottenuta però dalla linfa di abete rosso, fu John B. Curtis, che nel 1848 produsse la State of Maine Pure Spruce Gum, una ricetta segreta che oltretutto non brevettò mai. La gomma da masticare arriva in Europa, coi soldati americani, durante la Prima Guerra Mondiale, in Francia. Da noi, arriva con la Liberazione che pone fine alla Seconda Guerra Mondiale. Per un po’ di tempo gli italiani masticano americano. Poi, il dolcificio Perfetti di Lainate, nato infatti nel 1946, inizia a produrre chewing gum italiano con il nome, giustamente americano, Brooklyn. Il formato non è sferico ma a lastrina, lo slogan noto a tutti, «la gomma del ponte», sottinteso di Brooklyn, insomma la gomma americana.
Oggi più che mai, ma ben prima di oggi, più o meno a partire dagli anni Sessanta, il chewing gum abbandona la sua fattezza totalmente naturale e diventa sintetico, del tutto o in gran parte sintetico. È un po’ il destino di tutto: nel caso della gomma da masticare il motivo è che in questo modo la produzione costa meno e poi la sinteticizzazione della materia prima sopperisce alla rarefazione degli alberi di sapodilla. Il chicle sintetico è fatto con polimeri sintetici, in particolare gomma butadiene-stirene e acetato di polivinile. Di solito, giusto il 15-20% circa della gomma usata è ancora fatta di lattice di sapodilla (oppure di jelutong, l’albero da lattice Dyera costulata diffuso nelle foreste del Sudest asiatico). A questa base gommosa si aggiungono aromi, edulcoranti e additivi, come lo xantano, che rendono il chewing- gum odierno più elastico del suo antenato Maya. E infatti ciancichiamo a tutto andare, la stima di consumo mondiale è di circa 350 miliardi di gomme da masticare all’anno, circa 30 milioni in Italia.
D’altronde, c’è un chewing gum per ogni occasione. I chewing gum in commercio oggi sono divisibili in quattro gruppi: con lo zucchero, senza lo zucchero, chewing gum rivestiti e chewing gum medicati. Nei primi abbiamo quasi l’80% di peso in zuccheri, come saccarosio e sciroppo di glucosio. Il chewing gum senza zucchero contiene polioli naturali come sorbitolo, xilitolo, eritritolo, dolcificanti naturali a basso contenuto calorico, basso rischio cariogenico e e basso indice glicemico, oppure dolcificanti sintetici ad alta intensità come l’aspartame, il sucralosio, l’acesulfame K. Le gomme da masticare rivestite sono quelle col ripieno e quelle medicate sono, invece, addizionate di sostanze nutritive o composti farmaceutici, per promuovere funzioni specifiche del nostro organismo e prevenire alcuni disturbi, come le gomme antinausea per il mal d’auto e le gomme alla nicotina per la disintossicazione dal fumo. Queste ultime, naturalmente, non devono essere usate in circostanze diverse da quelle per cui nascono.
Ma masticare gomme fa bene o fa male? Se guardiamo all’antenato della gomma da masticare, sicuramente masticare materie di estrazione naturale, in primo luogo resine, è una prassi umana radicata e volta ad uno scopo innanzitutto curativo. Pensate che nel sito neolitico di Kiriekki, in Finlandia, i ricercatori hanno di recente rinvenuto un pezzo di resina risalente al terzo millennio prima di Cristo, ricavato da corteccia di betulla, con segni di denti ben visibili. Anche i greci del V secolo a.C. usavano masticare resine di lentisco. I nostri antenati masticavano resine per estrarne i fenoli, che hanno proprietà antinfiammatorie. Non masticavano solo resine: i malesi masticavano noci di betel, etiopi e yemeniti il qat del Corno d’Africa, i Maya, appunto, palline di chicle. Oggi, continuiamo a masticare. Dopo cioccolatini e caramelle, il chewing gum è il terzo piccolo boccone dolce preferito al mondo, naturalmente non si ingoia e l’apporto calorico è certamente inferiore a quello di cioccolatini e caramelle, quindi molti masticano il terzo, anziché mangiare i primi due per stare a dieta.
Masticare il chewing gum può avere aspetti positivi. Se dopo un pasto o uno snack non abbiamo modo di lavare i denti con spazzolino e dentifricio, rischiamo che la diminuzione del valore del PH della placca conseguente al pasto intacchi smalto e dentina aumentando il rischio di carie. Per alzarlo, allora, e riportarlo a livelli di normalità si può masticare chewing gum senza zucchero, in questo modo stimoliamo la produzione di saliva, la cui aumentata quantità nel cavo orale ha l’effetto di riportare il PH della placca dentaria a un valore normale, debellando il rischio carie. Particolarmente adatto pare essere il chewing gum senza zucchero con xilitolo, del quale è stata appurata la capacità di inibire la crescita dei batteri che, lasciati invece liberi, possono demineralizzare lo smalto e la dentina, favorendo la nascita della carie. La produzione extra di saliva aiuta questo effetto preventivo della carie del chewing gum con xilitolo, perché la saliva contiene enzimi ed anticorpi che hanno un effetto antibatterico naturale. La saliva ha anche l’effetto di rimineralizzare e quindi rafforzare lo smalto dentario. Masticare il chewing gum dopo un pasto fuori casa poi ha un effetto detergente sui denti. Masticare il chewing gum ha un effetto rinfrescante sull’alito, tuttavia questo non si può considerare un intervento curativo a lungo termine nel caso si soffra di alitosi stabile, che va indagata e curata alla radice. Idem la pulizia dei denti, non si può certamente considerare la masticazione del chewing gum equivalente a lavare i denti con lo spazzolino e poi a passare il filo interdentale. La masticazione del chewing gum non dovrebbe superare i 15-20 minuti e massimo per 3 chewing gum al giorno. Se si esagera, invece, si rischia di creare problemi all’articolazione della mascella e ai muscoli della bocca e delle guance. Inoltre, essendo le gomme da masticare contemporanee estremamente adesive rispetto a quella di sola origine naturale, si rischia di tirare via otturazioni dentali, se se ne hanno, e creare problemi ad altre presenze nella bocca come ponti, protesi e apparecchi (soprattutto in quest’ultimo caso, non si deve masticare la gomma). Sembra poi che masticare chewing gum aiuti la concentrazione.
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Uno scatto della famiglia anglo-australiana, che viveva nel bosco di Palmoli, in provincia di Chieti (Ansa)
Non è certo un grosso problema: è sufficiente reidratare il paziente e si risolve nel giro di un paio di giorni al massimo. La tragedia è che questo ha allertato il «lupo». Per una indigestione da funghi, la famiglia è stata attenzionata dai servizi sociali.
Levare un bambino alla sua famiglia, staccarlo da sua madre, è un danno di gravità mille. Il cortisolo alle stelle, la fede nel mondo distrutta. Lo stress è talmente atroce che abbatte il sistema immunitario. Un bambino si può levare solo quando sta subendo un danno di gravità duemila. Come si fa a non sbagliarsi? Basta usare il buon senso, la logica e ascoltare i bambini.
Eleonora è morta il 7 gennaio 2005 a Bari. Aveva 16 mesi. Era nata sana come un pesciolino. È morta di stenti, di fame e sete, ma sicuramente avranno avuto un peso le botte, le ecchimosi, le escoriazioni suppurate, le due vecchie fratture a un braccio mai curate, la completa mancanza di sole, e soprattutto le devastanti piaghe da decubito per i pannolini non cambiati. Era legata al passeggino e il passeggino era messo davanti a un muro. Ha vissuto nel dolore e nel terrore: la paura continua dei colpi da parte della madre e del suo convivente (le tiravano addosso di tutto, se piangeva) o anche dei due fratellini a cui era stata regalata come una specie di giocattolo da tormentare. L’ha uccisa la paura che la notte calasse senza nemmeno il mezzo biberon che le davano ogni due giorni. La notte è calata per più di una volta consecutiva senza il mezzo biberon, ed Eleonora è morta di disidratazione. Le assistenti sociali, allertate da vicini perplessi, erano arrivate alla sua porta, per ben quattro volte, avevano fatto toc toc come il lupo davanti alla porta dei tre porcellini, nessuno aveva aperto e il discorso è stato considerato chiuso.
Le assistenti sociali sono persone educate, estremamente rispettose, davanti alle porte chiuse si fermano. I due fratellini di Eleonora sono stati ricoverati in ospedale. Quando hanno loro chiesto se volessero stare con mamma o con la dottoressa, hanno risposto che volevano stare con la dottoressa. I bambini abusati lo capiscono che fuori casa stanno meglio e lo verbalizzano. Un bambino, dopo aver dichiarato innumerevoli volte che la madre era violenta con lui, che lo terrorizzava, che non voleva andare con lei, è stato consegnato alla donna che lo ha sgozzato. Si sono fidati di un qualche esperto, uno psichiatra, un’altra assistente sociale, un giudice che per una qualche teoria letta su un libro ha ritenuto di avere la capacità di stabilire che quella madre non fosse pericolosa, e che il bambino che ne aveva paura fosse uno sciocchino.
Sono le stesse assistenti sociali che, dopo aver tolto un bambino a sua madre con le motivazioni più creative, stanno con le labbra strette e l’orologio in mano a controllare che non si sgarri dai 60 minuti che un giudice, che non ha mai visto quel bambino in vita sua, ha stabilito per la visita due volte al mese. L’assistente sociale sottolinea alla madre che il bambino il giorno del colloquio con lei è agitato, disperato e intrattabile, mentre di solito è sempre «buonissimo». Buonissimo vuol dire apatico e rassegnato, in inglese si usa il termine «functional freezing», congelamento delle emozioni per evitare di essere schiantato dal dolore. Il congelamento deve essere totale perché il bambino possa essere svuotato di qualsiasi emotività e ridotto a cosa. Se il bimbo ha un fratello, viene separato da lui. Sparisce la nonna da cui andava tutti i pomeriggi e che gli faceva i biscotti, spariscono gli amici. A volte sono andati a prenderlo poliziotti armati. Più il trauma è atroce, più potente è il congelamento emotivo che rende il bambino malleabile.
La prima notte che il bambino passa in «casa famiglia», vezzoso termine con cui si chiamano gli orfanotrofi statali dove portano i bambini tolti alle famiglie, piange tutta la notte: se è piccolo può arrivare alla disidratazione. Poi si «rasserena», diventa buono. La rassegnazione si paga in malattie. Ci sono processi che dimostrano che è vero che nei campi rom si vendono bambini ladri e bambine prostitute, periodicamente qualche bambino rom muore bruciato vivo nella roulotte che ha preso fuoco, eppure nessuno interviene. I rom non vogliono essere disturbati e le assistenti sociali sono persone rispettose delle civiltà altrui, per questo non intervengono nelle famiglie musulmane che infibulano la figlia di due anni o danno la figlia tredicenne in sposa al cugino mai visto prima. Ma è su tre nomi: Forteto, Bibbiano, Bassa Modenese, che il sistema ha mostrato la sua struttura violentemente patologica. Non metto in dubbio che tra le assistenti sociali esistano persone di buon senso e non malevole, ma un sistema che ha prodotto Bibbiano, il Forteto e la Bassa Modenese è strutturalmente privo di buonsenso e soprattutto malevolo, e deve essere ristrutturato o abolito. Gli assistenti sociali e i giudici hanno un potere totale. Non rispondono degli errori. La facoltà da cui escono gli assistenti sociali, dopo aver dato alcuni esami e superato una tesi, in nulla garantisce buon senso e benevolenza, anzi: è il contrario. Si tratta di una delle facoltà politicamente strutturate, il 99% dei docenti e degli iscritti sono di sinistra. Le assistenti sociali sono il braccio armato della politica della sinistra mondiale: odio per il cristianesimo, odio per la famiglia, amore sviscerato per tutte le tematiche Lgbt. Tra i minuscoli esami con cui le assistenti sociali formano la loro capacità di giudicare il bene e il male, di distruggere famiglie, di annientare la psiche ma anche il corpo dei bambini che hanno la sciagura di attirare la loro attenzione, quindi non Eleonora e non i bambini rom, le incredibili idiozie raccolte sotto il nome di «studi gender» sono considerate una lodevole intuizione scientifica. Le assistenti sociali sono convinte che un uomo possa essere una donna, che un bambino affidato a due maschi che l’hanno comprato non possa che stare benissimo, e che in fondo la famiglia «tradizionale» sia un modello da superare. La terza situazione problematica è la mancanza di un controllo sui controllori. Chi stabilisce che la psiche dell’assistente sociale e del giudice che possono distruggere la vita di altri sia in equilibrio? Si tratta di persone che hanno semplicemente superato degli esami e un concorso. Chi stabilisce che nella sua mente l’assistente sociale, che controlla con le labbra strette che la madre non possa stare con i suoi figli più del numero di minuti stabiliti da lei o da un giudice, non abbia tendenze di aggressività maligna o non le abbia sviluppate facendo questo lavoro?
Sono stati fatti terribili esperimenti, dove persone prese a caso venivano messe nel ruolo del carceriere, dove qualcun altro a caso faceva il carcerato: era una recita. Ma molti hanno sviluppato linee di aggressività maligna. Dove si ha potere sugli altri, è estremamente facile che si sviluppino linee di aggressività maligna, linee di piacere nell’infliggere ad altri dolore attraverso la propria autorità. Ripeto la domanda: chi controlla i controllori? Nel frattempo, se avete bambini in casa, evitate i funghi. Le zucchine costano anche meno.
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Soldati di guardia vicino al confine tra Thailandia e Cambogia (Getty Images)
L’ennesimo scontro sta imponendo nuove evacuazioni di massa su entrambi i lati del confine. Il governo della Thailandia ha ordinato a più di 380.000 suoi cittadini di abbandonare subito le aree ad alto rischio, con decine di migliaia che hanno già raggiunto i rifugi allestiti dal governo.
La Cambogia ha spostato circa 1200 famiglie, portandole all’interno del paese e lontane dalla zona dove si combatte. Hun Manet, primo ministro della Cambogia ha pubblicamente accusato la Thailandia, di essersi inventata un incidente fra i militari per tornare ad attaccare la Cambogia, negando che ci sia stato qualsiasi tipo di atto provocatorio da parte dell’esercito di Phnom Penh. Il governo di Bangkok ha invece additato la Cambogia come la nazione che non vuole rispettare l’accordo avendo continuato a minare il confine comune. «Il ministero della Difesa thailandese.ha autorizzato nuove operazioni militari a fronte dell’escalation - ha dichiarato il portavoce dell’esercito Winthai Suvaree - i raid hanno preso di mira infrastrutture militari cambogiane in rappresaglia all’attacco avvenuto in precedenza. il nostro unico obiettivo sono le posizioni di supporto della Cambogia nell’area del passo di Chong An Ma, un’area che doveva essere smilitarizzata».
I combattimenti della scorsa estate in pochi giorni avevano provocato 45 morti ed oltre 250.000 sfollati da entrambe le parti. Alla fine dell’estate a Kuala Lumpur Malesia, Cina e anche Stati Uniti avevano mediato un primo cessate il fuoco che però non era mai stato realmente applicato. A ottobre il presidente statunitense Donald Trump si era impegnato in prima persona co-firmando una dichiarazione congiunta tra le due nazioni e promuovendo allo stesso tempo una serie di nuovi accordi commerciali con Bangkok e Phnom Penh, nel caso avessero accettato un prolungamento del cessate il fuoco. Questo accordo sembrava poter durare, ma meno di un mese fa la Thailandia ha deciso di sospenderlo unilateralmente, accusando la Cambogia di aver minato una zona in territorio thailandese e l’esplosione di una mina aveva anche ferito alcuni soldati. Il primo ministro cambogiano ha ribadito il suo impegno nei confronti dell'accordo, che prevedeva il rilascio di 18 prigionieri cambogiani detenuti in Thailandia da diversi mesi e non ancora liberati. Il problema rimane il posizionamento del confine e la contestazione di alcune aree e templi che si trovano in territorio cambogiano, ma che sono rivendicati da Bangkok.
Le aree contese ospitano diversi templi di grande interesse storico e culturale, tra cui il Preah Vihear. La Corte Internazionale di Giustizia ne ha concesso la sovranità esclusiva a Phnom Penh, ma Bangkok si rifiuta di riconoscere l'autorità della Corte in materia territoriale. In realtà la questione è molto più profondo e da molti anni fra i due paesi del sud-est asiatico la tensione rimane altissima. Entrambe le nazioni sono caratterizzate da un acceso nazionalismo che diventa determinante soprattutto fra le popolazioni che vivono lungo gli oltre 800 chilometri di confine. L’amministrazione statunitense si è detta pronta a riportare i due contendenti al tavolo delle trattative, ma intanto l’aviazione thailandese sta continuando a martellare il territorio cambogiano.
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Ecco #DimmiLaVerità dell'8 dicembre 2025. La "dj" ufficiale di Atreju, la deputata di Fdi Grazia Di Maggio, ci parla della festa nazionale del partito di Giorgia Meloni.