2024-10-28
Senza uomini, mezzi, divise e alloggi Il grido di dolore dei vigili del fuoco
Da Milano alla Sicilia, aiutare gli altri per il Corpo nazionale sta diventando sempre più difficoltoso. Mancano pure spogliatoi per le donne. Gli effettivi fanno i pendolari da una Regione all’altra viaggiando di tasca propria.Il pompiere-rappresentante sindacale Paolo Cergnar: «Questi soldi coprono a malapena le attività ordinarie su Roma. Si fa quel che si può».Lo speciale contiene due articoliIl Corpo nazionale dei vigili del fuoco è considerato uno dei più apprezzati e stimati in Italia per il costante impegno al servizio dei cittadini. Andando, però, oltre l’immagine specchiata di uomini e donne fieri, preparati e pronti a mettere a rischio la propria vita per aiutare il prossimo, si arriva a una realtà difficile, fatta di carenze e problemi che ricadono direttamente su ognuno di noi. Un dato su tutti che ben fa comprendere la portata del problema sta nel numero di vigili del fuoco che operano in Italia. Ci sono 35.901 unità effettive a fronte di un organico teorico pari a 39.602 unità. In pratica c’è un vigile del fuoco operativo ogni 9.071 abitanti, con un’età media prossima ai 50 anni.A Brindisi, per esempio, ogni turno di servizio conta solo 20 pompieri, in pratica un vigile del fuoco ogni 20.000 abitanti. A Roma a coprire il dispositivo di soccorso dovrebbero esserci 1.780 unità ma ce ne sono solamente 1.280 divise su quattro turni, quindi 320 vigili a turno. Questo in teoria, perché nella pratica si arriva a 140 vigili del fuoco: ne mancano 86 a turno. Rispetto alle norme europee che impongono un vigile del fuoco ogni 1.000 abitanti, Roma detiene la maglia nera del Paese, raggiungendo il rapporto di un pompiere ogni 30.000 abitanti. Non va meglio a Padova e Livorno, dove c’è una sola squadra completa per tutta la città.Mancano, però, anche i mezzi. Per il Comune di Milano ci sono solo cinque autopompe operative, a Palermo funzionano solo due autoscale su tre. A Civitavecchia dovrebbero esserci due motobarche per il servizio antincendio in porto e navale, invece sono fuori uso e si ricorre a un gommone. A Roma ci sono 53 autovetture ferme, i pick-up restano inutilizzati per mancanza di personale con la necessaria patente e sono solamente tre le autoscale dentro il Grande raccordo anulare invece delle cinque previste. Insomma, un cane che si morde la coda: dove ci sono i mezzi non c’è il personale idoneo a guidarli e viceversa.Un paradosso che farebbe sorridere se non si trattasse di personale e mezzi necessari per soccorrere i cittadini e, spesso, salvare loro la vita. E la vita, a Roma, il dentista Ernesto Tafuri l’ha persa: è morto il 5 aprile nel rogo del suo appartamento, nonostante abitasse di fronte alla caserma dei pompieri di Prati sprovvista, in quell’occasione, del mezzo per intervenire dall’esterno, ovvero l’autoscala. Mancano mezzi ma mancano anche le uniformi e dispositivi di protezione individuali (Dpi). A comunicarlo è una circolare della direzione centrale per le risorse logistiche strumentali del luglio 2024, in cui si informava della mancanza di uniformi estive da inviare ai magazzini territoriali di tutta Italia. Nella pratica ciò ha comportato il dover indossare le divise invernali, i pantaloni rotti, le magliette strappate e gli stivali scollati. Un problema, pare, tutt’altro che risolto.Se per gli uomini la situazione è difficile, per le donne lo è forse di più. «Essere vigile del fuoco è un sogno che si è realizzato»: B.N. deve fare i conti con una parità che fatica ad arrivare a partire dalle piccole cose che, per un vigile del fuoco, significano però tutelare la vita. «Non è facile lavorare con divise pensate per gli uomini. Da quando il Corpo si è aperto anche alle donne non è stato fatto alcun adeguamento. Così ci troviamo a dover indossare divise di taglie non conformi a una donna, realizzate per gli uomini».Per B.N., come per le altre 404 donne vigili del fuoco, questo comporta una duplice difficoltà: «Operiamo in aree difficili e con abbigliamento scomodo che rende anche pericoloso e più faticoso l’intervento, essendo la nostra divisa una seconda pelle… declinata però al maschile». Mancano persino gli spogliatoi.Ma non è tutto. A chiudere il desolante quadro c’è il disagio di chi è costretto a fare il pendolare. A Roma sono circa 200 e, come si può immaginare, se viaggi in treno vivi tutti i disagi di un normale cittadino. Peccato, però, che in questo caso i nostri angeli sono costretti a percorrere quotidianamente e a proprie spese (se si viene da fuori Regione, Intercity e Alta velocità non sono comprese nelle convenzioni che rendono gratuiti, per i pompieri, alcuni treni regionali, ndr) centinaia di chilometri per svolgere un servizio di per sé già usurante. Essere vigile del fuoco è per molti una missione, lavorare nella Capitale un sogno che si realizza… ma nella realtà ci si ritrova a fare i conti con difficoltà economiche e psicofisiche. A raccontarlo è S.V.: «Sono pendolare da due anni. Viaggio ogni giorno dalla Campania dove ho famiglia e spese da sostenere. Prendo 1.650 euro di stipendio netto al mese e pagare un affitto a Roma è impossibile. Già devo mettere in conto la spesa per i viaggi che arriva anche a 500 euro. A questo si aggiunge lo stress delle ore in cui si bloccati in treno o in stazione per un guasto o uno sciopero per poi dover intervenire su un incendio». Disagi che ricadono sull’intero servizio quando ci si trova a fare i conti con il ritardo di 10-15 uomini da coprire.Eppure il problema potrebbe risolversi. La legge n. 197/2022, all’articolo 1, comma 675, ha previsto «al fine di fare fronte alla carenza di alloggi di servizio da destinare al personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco» di istituire «nello stato di previsione del ministero dell’Interno, un fondo con la dotazione di 3 milioni di euro per il triennio 2023-2025». All’articolo 13 del decreto del Viminale («Nuovo regolamento sugli alloggi di servizio») si legge che «in ogni sede che disponga di aree idonee all’impiego anche periodico o saltuario ad alloggio temporaneo collettivo, tali aree sono individuate e la fruizione viene regolamentata dal rispettivo dirigente, salvaguardando le prioritarie esigenze di operatività della sede interessata». Quindi la possibilità di realizzare foresterie non è così lontana anche per i vigili del fuoco. Così come non lo è la possibilità, da parte dei comandi, di stipulare convenzioni per l’alloggiamento del personale dei vigili del fuoco non residenti, come ha fatto quello di Milano. Sempre a Milano il Comune ha destinato il 5% degli alloggi dei Servizi pubblici abitativi (Sap), alle forze di polizia e ai vigili del fuoco. La Regione Lombardia ne ha messi a disposizione altri 70 di Aler. La stessa cosa è avvenuta a Venezia, dove il comando ha stipulato una analoga convenzione con il Comune.Alla luce dell’anno giubilare anche Roma dovrebbe e potrebbe muoversi per risolvere il problema soprattutto perché, se a oggi è difficile gestire l’ordinario, pare essere assai improbabile far fronte allo straordinario rappresentato dai milioni di fedeli previsti nella Capitale con i vigili del fuoco pendolari. Eppure l’argomento pare non interessare al primo cittadino Roberto Gualtieri a cui è stato chiesto, da parte di una rappresentanza del Corpo, un incontro il 9 aprile scorso. Missiva rimasta lettera morta. Eppure quando a bruciare è stata la «Roma bene», a fianco dei vigili del fuoco c’erano tutti.Così come c’erano tutti, recentemente, in Emilia-Romagna all’arrivo del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a Bologna il 24 ottobre. Ad attenderlo c’era anche un’autobotte nuova mentre nello stesso momento ai vigili del fuoco che intervenivano a mani nude per aiutare la popolazione è stato dato in sostituzione un mezzo vetusto con più di 20 anni di servizio.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/senza-uomini-mezzi-divise-e-alloggi-il-grido-di-dolore-dei-vigili-del-fuoco-2669489613.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="siamo-cosi-disperati-che-stiamo-gia-usando-i-fondi-per-il-giubileo" data-post-id="2669489613" data-published-at="1730018615" data-use-pagination="False"> «Siamo così disperati che stiamo già usando i fondi per il Giubileo» Nell’Italia delle perenni emergenze e della scarsa prevenzione aumentano le difficoltà che i vigili del fuoco devono affrontare, sebbene siano altamente efficienti nelle operazioni di soccorso e risposta alle criticità. A spiegarlo è il vigile coordinatore Paolo Cergnar, in servizio da 13 anni e rappresentante sindacale della Usb Vigili del fuoco. «Fare il vigile del fuoco oggi significa essere in un Corpo tecnico dello Stato che affronta il soccorso a 360 gradi ma lo fa con armi spuntate e a metà delle sue potenzialità. Non riusciamo a fare il nostro lavoro come vorremmo». Da cosa dipende? «Innanzitutto dalla formazione che non viene erogata a tutti nella stessa maniera. Prevenzione e formazione sono due elementi imprescindibili per poter evitare i disastri ai quali ci stiamo troppo spesso abituando. Non avere formazione significa, ad esempio come avviene a Roma, dover tenere fermi mezzi indispensabili come le autobotti e le autoscale. O come il pick-up, che può essere guidato solo con una patente di seconda categoria. Un mezzo fondamentale durante gli incendi boschivi e per entrare nei piccoli centri abitati dove è altrimenti impossibile accedere per portare soccorso». È solo una questione di formazione? «Non solo, ma è tutto collegato. Ad esempio i corsi per soccorritori fluviali/alluvionali vengono fatti a singhiozzo. Parliamo della componente speleo-alpino-fluviale (Saf) il cui soccorso specializzato è stato fondamentale durante le alluvioni e gli allagamenti. Non va meglio per nautici, elicotteristi e aeronaviganti. L’antincendio nei porti è ridotto al lumicino. La nostra amministrazione non sta facendo nulla per incrementare questo importante settore. Se ne ricorda solamente nel momento del bisogno, quando purtroppo è tardi. Stesso dicasi per i sommozzatori, che fanno un lavoro impagabile e sono ormai in via d’estinzione. Dovrebbero essere 550 e in realtà c’è una carenza del 35-40% in tutta Italia. Fanno soccorso in scenari complessi e estremi, rischiando in prima persona la loro vita. Solo per ricordarne qualcuno: Il naufragio della Costa, la diga di Suviana (Bologna), il recupero dei lavoratori a Casteldaccia (Palermo) e il naufragio del Bayesian a Porticello (Palermo). Nuclei ormai ridotti sempre di più, che costringono a chiudere interi turni nei Comandi. Genova, Milano, Roma, Bologna. Sono stati soppressi nell’ultimo periodo quello di Viterbo e Salerno. Il Centro Addestramento Sommozzatori (CAS) a Capannelle è stato addirittura chiuso». Tutto però si regge sugli uomini e le donne... «Questo è un nervo scoperto del Corpo nazionale, perché di personale ce n’è sempre meno. A Roma mancano almeno 400 unità per coprire semplicemente l’ordinario. Senza uomini si fa quel che si può! Anche la sala operativa, cuore pulsante del Comando, questa estate è stata subissata da chiamate e, talvolta, ha dovuto decidere dove mandare prima una squadra, quindi scegliere cosa far bruciare e cosa non fare bruciare. Oltre a essere impiegati sull’incendio per tanto tempo, dobbiamo anche sbrigarci per renderci disponibili il prima possibile per andare su un altro intervento. Questa mancanza porta un aggravio di lavoro inimmaginabile, un sovraccarico di lavoro, turni massacranti e non riusciamo a coprire il fabbisogno ordinario neanche ricorrendo allo strumento dello straordinario. Un altro problema è che la norma prevede che ci deve essere un cambio di squadra sul posto ogni quattro ore. Purtroppo sovente non avviene e quindi ci sono squadre impegnate anche per 10 ore sullo stesso intervento». In che termini le carenze interne ricadono sui cittadini? «Intervenire senza mezzi e uomini significa combattere a mani nude e con armi spuntate. L’esempio più lampante è quello delle autoscale e delle autobotti. Spesso nelle comunicazioni radio sentiamo il capo squadra invocare l’arrivo delle autobotti perché manca l’acqua. E più volte i colleghi si sono trovati sugli incendi ad attenderne l’arrivo anche per un’ora e mezza... e in un’ora e mezza succede l’inverosimile. È accaduto quest’estate a Roma, su un incendio al Fosso della Magliana, perché non c’era fisicamente l’autista con l’intero equipaggio per portare fuori l’autobotte. Questo, a cascata, comporta che se il mezzo non esce il cittadino subisce il disagio: se dice bene arriviamo tardi, se ci dice male purtroppo il cittadino muore!». Vi state preparando al Giubileo? E come? «Giubileo? Stiamo già intaccando i fondi destinati alla formazione e agli addestramenti, che ad oggi vengono utilizzati per garantire a malapena il dispositivo di soccorso a Roma, attraverso gli straordinari, che da un lato ci permettono un maggiore guadagno ma quando questi fondi termineranno - e già ne abbiamo spesi a volontà - ci ritroveremo in una triste realtà che ci riporterà alla chiusura dei distaccamenti. Il lavoro straordinario, lo dice la parola stessa, è extra ordinario. Noi invece gli stiamo dando una connotazione strutturale che comporta solo aggravio di lavoro. Manca programmazione, manca strategia ma soprattutto manca a buonsenso».
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