2023-12-11
Cicero: «Senza merito la forza lavoro italiana rischia di diventare come quella dell'Indonesia»
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Il salario minimo non è la risposta per le piccole imprese che rappresentano il 98 % delle aziende italiane. Sul salario minimo siamo alla resa dei conti. Le opposizioni hanno accusato il governo di aver stravolto il testo della loro proposta. La Lega intanto propone sulla differenziazione del salario in base al costo della vita. Il presidente di Valore Impresa Gianni Cicero, spiega perché la legge sul salario minimo non può essere una proposta valida per le piccole e medie imprese.«Facendo riferimento ai dati della Cgia di Mestre, alle aziende oggi mancano 700.000 dipendenti. È il nostro più grande problema, non troviamo il ricambio che ci serve mancando ogni tipo di politica legata alla formazione – spiega Cicero – Davanti a questa fame che le aziende hanno, è normale che gli stipendi non possano essere standardizzati al ribasso. Noi siamo fautori del merito all’interno del rapporto di lavoro. Standardizzare al minimo salariale, non è la risposta per il nostro settore». Il centro studi di Valore Impresa, per dimostrare che il nostro è uno Stato assistenzialista ha evidenziato dei dati. In Italia ci sono 17,8 milioni pensionati; 3,1 milioni disabili; 2,1 milioni accompagnamento disabili; 2,55 milioni disoccupati con naspi o reddito di cittadinanza; 3,55 milioni dipendenti della pubblica amministrazione; 11,32 milioni studenti adolescenti infine abbiamo 14,7 milioni dipendenti settore privato che rappresentano il 23% della popolazione nazionale. Cicero aggiunge anche tra le aziende nel nostro Paese, 98% sono pmi che quindi hanno la stessa esigenza che hanno tutti: reperire e mantenere forza lavoro. «In Italia purtroppo c’è questa cattiva abitudine di legiferare pensando ai grandi, pensando che facciano numero e ritenendo che le misure poi possano andar bene anche per le realtà medio piccole. In realtà si tratta di un errore madornale. Vanno riviste le politiche del lavoro che andranno calate sull’economia reale che è basata sulle piccole e medie imprese. Bisogna partire da un presupposto – aggiunge – bisogna sostenere lo sviluppo, perché se c’è sviluppo, quindi se si aiutano le imprese, riparte l’occupazione. Noi non ricorriamo allo sport diffusissimo nelle realtà medio grandi di socializzare le perdite. Noi abbiamo bisogno di manodopera e di formazione». Per le piccole e medie imprese in sostanza i lavoratori vanno gratificati e premiati in base ai risultati, non messi tutti allo stesso livello, perché il premio stimola la produzione e quindi la crescita delle imprese che significa la crescita della produttività del Paese. «La mia paura è che la standardizzazione possa portare ad una livellazione della forza lavoro verso il basso – aggiunge Cicero –non vorrei che lo scenario futuro possa vedere la forza lavoro italiana diventare paragonabile a quella tailandese o indonesiana. Alcuni indicatori che riguardano la competitività internazionale fanno presagire questo. I sindacati dovrebbero chiacchierare meno e agire di più».Tra le richieste dei sindacati in questo periodo è tornata alla ribalta la proposta di inserire dei rappresentanti dei dipendenti all’interno dei consigli di amministrazione. Soluzione che non convince il presidente di Valore Impresa: «Le nostre imprese già si trovano un socio occulto che è lo Stato, il sistema bancario diventa un altro socio garantendo la possibilità di fare impresa nel presente e nel futuro, ci mancano solo i dipendenti per farci arrivare al punto di consegnare le chiavi dell’impresa e dire ‘fateci sapere se c’è qualcosa anche per noi’. È evidente che non si tiene conto delle esigenze del Paese».
Charlie Kirk (Getty Images). Nel riquadro Tyler Robinson