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2020-03-09
Secondi al mondo anche per contagi: 7.375
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Abbiamo superato la Corea del Sud e siamo secondi al mondo per numero di contagiati, dopo la Cina. All'indomani della chiusura di Lombardia e di 14 province, l'emergenza coronavirus si è confermata una drammatica priorità per il nostro Paese. I colpiti dal Covid-19 ieri erano 1.314 in più rispetto a sabato, portando il totale a 6.387 casi. I pazienti in isolamento domiciliare sono 2.180, 3.557 quelli ricoverati in ospedale, 650 risultano in terapia intensiva. Dall'inizio della diffusione, 7.375 persone hanno dunque contratto il coronavirus nel nostro Paese. In Corea del Sud sono 7.314, siamo secondi dopo la Cina che ne conta 80.699. Impennata ieri anche dei decessi, le vittime sono 366 (+133), i guariti 622 (+ 33).
Il tasso di mortalità è salito al 4,96%, mentre quello delle persone ricoverate in terapia intensiva è sceso all'8,87 malgrado la disponibilità di accoglienza sia sempre insufficiente. «Stiamo ricavando 497 posti, è una corsa contro il tempo», ha spiegato l'assessore alla Sanità della Regione Lombardia, Giulio Gallera. La Lombardia registra sempre percentuali altissime di positività con 769 nuovi casi in ventiquattr'ore (ora sono 4.189), e di persone che non ce l'hanno fatta, ben 113 in un giorno arrivando al triste primato di 267 decessi nella sola Regione. Commentando l'alto numero di vittime, il presidente dell'Istituto superiore di Sanità, Silvio Brusaferro, ha spiegato che si trattava per il 60% di ultraottantenni e di pazienti già sofferenti per diverse patologie. Il capo della Protezione civile, Angelo Borrelli, ha garantito che dal 12 marzo arriveranno 22 milioni di mascherine e che un altro fornitore potrà assicurare fino a 1 milione di pezzi al giorno.
Borrelli non ha voluto commentare il decreto per contenere l'epidemia firmato sabato notte dal premier Giuseppe Conte: «Lo stiamo applicando», sono state le sue uniche parole. Per il professor Brusaferro, invece, sono misure che servono per «rallentare la trasmissione del virus», riducendo la pericolosità dei focolai. Si è allungata anche la lista dei contagiati «eccellenti». Dopo Nicola Zingaretti, segretario del Pd nonché presidente della Regione Lazio, risultato positivo sabato, ieri il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio (che aveva partecipato con Zingaretti a una riunione mercoledì scorso a Palazzo Chigi), e il generale Salvatore Farina, capo di stato maggiore dell'esercito hanno comunicato di essersi sottoposti al test che è risultato positivo. «Continuerò a svolgere le mie funzioni e verrò sostituito, per le attività alle quali non posso prendere parte, dal generale Bonato», ha fatto sapere Farina. Positivo al tampone anche il prefetto di Lodi, Marcello Cardona.
Da domenica fino al 3 aprile, il decreto ha dunque chiuso gli spostamenti in Lombardia e nelle province di Parma, Piacenza, Rimini, Reggio Emilia, Modena, Pesaro e Urbino, Venezia, Padova, Treviso, Alessandria, Verbano-Cusio-Ossola, Novara, Vercelli e Asti. In realtà si è parlato di «ridotta mobilità», non di chiusura, limitando le entrate e le uscite a dai territori elencati a meno che non siano motivate «da indifferibili esigenze lavorative o situazioni di emergenza». Ma è un blocco a tutti gli effetti per circa un quarto della popolazione italiana, le forze di polizia sono «legittimate a chiedere conto» ai cittadini del perché si vogliono muovere in auto, treno o aereo. I nuovi provvedimenti hanno annullato il cordone sanitario nelle zone rosse di Vo' Euganeo e del Lodigiano, che adesso risultano comprese in un'unica «zona di sicurezza». Ieri sono stati tolti i posti di blocco ed è ripresa la circolazione stradale.
In tutto il territorio nazionale, oltre alle attività didattiche in scuole e università sono sospese cerimonie funebri, manifestazioni, feste, eventi e competizioni sportive, chiusi gli impianti sciistici, le palestre. Stop a teatri, musei, cinema, discoteche, sale da gioco, bar e ristoranti aperti solo se possono garantire una distanza di sicurezza di almeno un metro da un cliente all'altro. Stesso obbligo da rispettare nei supermercati e nei centri commerciali.
Per chi non rispetta i provvedimenti contenuti nel decreto è previsto l'arresto fino a tre mesi e un'ammenda fino a 206 euro. Quando si risulta positivi al virus scatta il «divieto assoluto di mobilità dalla propria abitazione o dimora». La quarantena non va sottovalutata, è un obbligo. «Il virus non è uno scherzo», ha ricordato il ministro della Salute, Roberto Speranza, alla trasmissione di Lucia Annunziata «Mezz'ora in più» su Rai3. Aggiungendo: «Abbiamo bisogno di comportamenti corretti dappertutto». Il ministro è stato chiaro: «Sono anche per avere un pugno duro rispetto ad atteggiamenti che non sono tollerabili. Per esempio persone che risultano positive che se ne vanno in giro».
Ieri si è continuato a protestare nelle carceri, con rivolte in alcuni casi molto violente ai danni di agenti di polizia penitenziaria e delle strutture. Rivolte sono avvenute nei penitenziari di Modena, Frosinone e Salerno. I detenuti chiedono provvedimenti contro il rischio contagi ma non accettano limitazioni nei colloqui con i familiari.
La Germania ha sempre più paura. Vietate le piccole manifestazioni
L'epidemia di coronavirus ha colpito oltre 100 Paesi nel mondo, ha spiegato ieri via Twitter il direttore generale dell'Organizzazione mondiale della sanità Tedros Adhanom Ghebreyesus. La situazione è «molto seria» ma «non dobbiamo scoraggiarci», ha aggiunto: «Ci sono molte cose che tutti, ovunque possono e dovrebbero fare ora». Intanto, però, il bilancio di vittime e contagiati continua a crescere in tutto il mondo: sono 106 gli Stati nei quali il virus si è diffuso, secondo l'ultimo aggiornamento dell'università Johns Hopkins. I casi confermati 106.378, le persone vittime del virus 3.594, quelle guarite 60.013.
E la prestigiosa rivista scientifica Lancet attacca l'operato dell'Europa, mentre oggi sarà il primo giorno di telelavoro per i circa 3.700 dipendenti della sede di Francoforte della Banca centrale europea. «Troppo poco, troppo tardi», ha scritto Lancet. Bene, invece, la Cina che ha messo in atto «il più ambizioso agile e aggressivo sforzo mai visto nella storia» contro l'epidemia. Un successo, quello cinese, scrive la rivista, figlio di un sistema amministrativo forte e capace di mobilitarsi velocemente in caso di minaccia grazie a una politica di «comando e controllo». Un solo appunto ci permettiamo di fare agli esperti di Lancet: è risaputo che i regimi hanno vita molto più facile nei casi di emergenza non dovendo rispondere al loro popolo e potendo anche usare la mano pesante sull'informazione. E sarebbero almeno dieci le vittime nel disastro dell'hotel usato per la quarantena e crollato sabato. L'ultimo bollettino da Pechino parla di 3.097 vittime con 44 nuovi casi di contagio, in particolare nella provincia dell'Hubei.
In Germania il numero di contagi da coronavirus ha superato le 1.000 unità così il ministro della Salute federale Jens Spahn, secondo cui il Paese è «all'inizio di un'epidemia», ha consigliato di cancellare gli eventi con minimo 1.000 partecipanti, almeno per il momento. Colpiti fiere, partite e grandi concerti.
In Francia, invece, i casi di infezione sono ben 1.126 con 19 morti. In un giorno, quindi, il coronavirus ha mietuto tre nuove vittime e contagiato altre 177 persone. Eventi sportivi a porte chiuse e altre misure per l'emergenza ha annunciato anche la Grecia. Tre nuove vittime a Madrid e il totale in Spagna è salito a 13: 589, invece, i contagi ora con un aumento di 159 in 24 ore.
A quota 273 contagiati (67 in più in 24 ore) è arrivato il Regno Unito e il ministro della Salute Matt Hancock ha delineato il piano di emergenza per far fronte all'impatto dell'epidemia di coronavirus. È atteso in Parlamento entro la fine del mese e dovrebbe includere misure che consentano di svolgere i procedimenti giudiziari via telefono o video e che permettano alle persone di lasciare momentaneamente il lavoro per prendersi cura delle persone colpite dal virus.
Il primo caso in Moldavia è di una quarantottenne moldava che aveva lasciato l'ospedale dov'era ricoverata in Italia perché positiva al coronavirus ed è rientrata in patria con un aereo da Milano. Primo caso anche a Washington (si tratta del reverendo Timothy Cole) e nello Stato di New York, che ha dichiarato l'emergenza, sono 103. E mentre le vittime salgono a 19 e i contagi a circa 450, è emerso che una persona che ha partecipato a una conferenza con il presidente Donald Trump la scorsa settimana è risultata positiva. Intanto, l'esercito statunitense ha disposto il divieto per i soldati e le loro famiglie di spostarsi in Italia per i prossimi 60 giorni.
Primo morto anche in Argentina (e quindi primo anche in America Latina) e in Egitto: secondo il ministero della Salute egiziano è un sessantenne tedesco che si trovava a Luxor per turismo ed era stato ricoverato presso l'ospedale generale di Hurghada. Infine, l'Iran, epicentro del Medio Oriente, ha deciso di bloccare tutti i voli per l'Europa a causa dell'emergenza. Nel Paese i morti sono 194, 49 nelle ultime 24 ore, mentre i contagi 6.566 (743 nell'ultimo giorno). Superati i 7.000 contagi, invece, in Corea del Sud.
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Nelle ultime 24 ore registrati 133 morti e soltanto 33 guariti. Proteste e rivolte nelle carceri di Modena, Frosinone e Salerno. Infettato anche il capo di stato maggiore dell'esercito così come il presidente della Regione Piemonte e il prefetto di Lodi.La Germania ha sempre più paura. Vietate le piccole manifestazioni. Una moldava malata lascia l'ospedale italiano e vola in patria: primo caso nazionale.Lo speciale comprende due articoli.Abbiamo superato la Corea del Sud e siamo secondi al mondo per numero di contagiati, dopo la Cina. All'indomani della chiusura di Lombardia e di 14 province, l'emergenza coronavirus si è confermata una drammatica priorità per il nostro Paese. I colpiti dal Covid-19 ieri erano 1.314 in più rispetto a sabato, portando il totale a 6.387 casi. I pazienti in isolamento domiciliare sono 2.180, 3.557 quelli ricoverati in ospedale, 650 risultano in terapia intensiva. Dall'inizio della diffusione, 7.375 persone hanno dunque contratto il coronavirus nel nostro Paese. In Corea del Sud sono 7.314, siamo secondi dopo la Cina che ne conta 80.699. Impennata ieri anche dei decessi, le vittime sono 366 (+133), i guariti 622 (+ 33). Il tasso di mortalità è salito al 4,96%, mentre quello delle persone ricoverate in terapia intensiva è sceso all'8,87 malgrado la disponibilità di accoglienza sia sempre insufficiente. «Stiamo ricavando 497 posti, è una corsa contro il tempo», ha spiegato l'assessore alla Sanità della Regione Lombardia, Giulio Gallera. La Lombardia registra sempre percentuali altissime di positività con 769 nuovi casi in ventiquattr'ore (ora sono 4.189), e di persone che non ce l'hanno fatta, ben 113 in un giorno arrivando al triste primato di 267 decessi nella sola Regione. Commentando l'alto numero di vittime, il presidente dell'Istituto superiore di Sanità, Silvio Brusaferro, ha spiegato che si trattava per il 60% di ultraottantenni e di pazienti già sofferenti per diverse patologie. Il capo della Protezione civile, Angelo Borrelli, ha garantito che dal 12 marzo arriveranno 22 milioni di mascherine e che un altro fornitore potrà assicurare fino a 1 milione di pezzi al giorno. Borrelli non ha voluto commentare il decreto per contenere l'epidemia firmato sabato notte dal premier Giuseppe Conte: «Lo stiamo applicando», sono state le sue uniche parole. Per il professor Brusaferro, invece, sono misure che servono per «rallentare la trasmissione del virus», riducendo la pericolosità dei focolai. Si è allungata anche la lista dei contagiati «eccellenti». Dopo Nicola Zingaretti, segretario del Pd nonché presidente della Regione Lazio, risultato positivo sabato, ieri il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio (che aveva partecipato con Zingaretti a una riunione mercoledì scorso a Palazzo Chigi), e il generale Salvatore Farina, capo di stato maggiore dell'esercito hanno comunicato di essersi sottoposti al test che è risultato positivo. «Continuerò a svolgere le mie funzioni e verrò sostituito, per le attività alle quali non posso prendere parte, dal generale Bonato», ha fatto sapere Farina. Positivo al tampone anche il prefetto di Lodi, Marcello Cardona.Da domenica fino al 3 aprile, il decreto ha dunque chiuso gli spostamenti in Lombardia e nelle province di Parma, Piacenza, Rimini, Reggio Emilia, Modena, Pesaro e Urbino, Venezia, Padova, Treviso, Alessandria, Verbano-Cusio-Ossola, Novara, Vercelli e Asti. In realtà si è parlato di «ridotta mobilità», non di chiusura, limitando le entrate e le uscite a dai territori elencati a meno che non siano motivate «da indifferibili esigenze lavorative o situazioni di emergenza». Ma è un blocco a tutti gli effetti per circa un quarto della popolazione italiana, le forze di polizia sono «legittimate a chiedere conto» ai cittadini del perché si vogliono muovere in auto, treno o aereo. I nuovi provvedimenti hanno annullato il cordone sanitario nelle zone rosse di Vo' Euganeo e del Lodigiano, che adesso risultano comprese in un'unica «zona di sicurezza». Ieri sono stati tolti i posti di blocco ed è ripresa la circolazione stradale.In tutto il territorio nazionale, oltre alle attività didattiche in scuole e università sono sospese cerimonie funebri, manifestazioni, feste, eventi e competizioni sportive, chiusi gli impianti sciistici, le palestre. Stop a teatri, musei, cinema, discoteche, sale da gioco, bar e ristoranti aperti solo se possono garantire una distanza di sicurezza di almeno un metro da un cliente all'altro. Stesso obbligo da rispettare nei supermercati e nei centri commerciali. Per chi non rispetta i provvedimenti contenuti nel decreto è previsto l'arresto fino a tre mesi e un'ammenda fino a 206 euro. Quando si risulta positivi al virus scatta il «divieto assoluto di mobilità dalla propria abitazione o dimora». La quarantena non va sottovalutata, è un obbligo. «Il virus non è uno scherzo», ha ricordato il ministro della Salute, Roberto Speranza, alla trasmissione di Lucia Annunziata «Mezz'ora in più» su Rai3. Aggiungendo: «Abbiamo bisogno di comportamenti corretti dappertutto». Il ministro è stato chiaro: «Sono anche per avere un pugno duro rispetto ad atteggiamenti che non sono tollerabili. Per esempio persone che risultano positive che se ne vanno in giro». Ieri si è continuato a protestare nelle carceri, con rivolte in alcuni casi molto violente ai danni di agenti di polizia penitenziaria e delle strutture. Rivolte sono avvenute nei penitenziari di Modena, Frosinone e Salerno. I detenuti chiedono provvedimenti contro il rischio contagi ma non accettano limitazioni nei colloqui con i familiari.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/secondi-al-mondo-anche-per-contagi-7-375-2645433159.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="la-germania-ha-sempre-piu-paura-vietate-le-piccole-manifestazioni" data-post-id="2645433159" data-published-at="1765997564" data-use-pagination="False"> La Germania ha sempre più paura. Vietate le piccole manifestazioni L'epidemia di coronavirus ha colpito oltre 100 Paesi nel mondo, ha spiegato ieri via Twitter il direttore generale dell'Organizzazione mondiale della sanità Tedros Adhanom Ghebreyesus. La situazione è «molto seria» ma «non dobbiamo scoraggiarci», ha aggiunto: «Ci sono molte cose che tutti, ovunque possono e dovrebbero fare ora». Intanto, però, il bilancio di vittime e contagiati continua a crescere in tutto il mondo: sono 106 gli Stati nei quali il virus si è diffuso, secondo l'ultimo aggiornamento dell'università Johns Hopkins. I casi confermati 106.378, le persone vittime del virus 3.594, quelle guarite 60.013. E la prestigiosa rivista scientifica Lancet attacca l'operato dell'Europa, mentre oggi sarà il primo giorno di telelavoro per i circa 3.700 dipendenti della sede di Francoforte della Banca centrale europea. «Troppo poco, troppo tardi», ha scritto Lancet. Bene, invece, la Cina che ha messo in atto «il più ambizioso agile e aggressivo sforzo mai visto nella storia» contro l'epidemia. Un successo, quello cinese, scrive la rivista, figlio di un sistema amministrativo forte e capace di mobilitarsi velocemente in caso di minaccia grazie a una politica di «comando e controllo». Un solo appunto ci permettiamo di fare agli esperti di Lancet: è risaputo che i regimi hanno vita molto più facile nei casi di emergenza non dovendo rispondere al loro popolo e potendo anche usare la mano pesante sull'informazione. E sarebbero almeno dieci le vittime nel disastro dell'hotel usato per la quarantena e crollato sabato. L'ultimo bollettino da Pechino parla di 3.097 vittime con 44 nuovi casi di contagio, in particolare nella provincia dell'Hubei. In Germania il numero di contagi da coronavirus ha superato le 1.000 unità così il ministro della Salute federale Jens Spahn, secondo cui il Paese è «all'inizio di un'epidemia», ha consigliato di cancellare gli eventi con minimo 1.000 partecipanti, almeno per il momento. Colpiti fiere, partite e grandi concerti. In Francia, invece, i casi di infezione sono ben 1.126 con 19 morti. In un giorno, quindi, il coronavirus ha mietuto tre nuove vittime e contagiato altre 177 persone. Eventi sportivi a porte chiuse e altre misure per l'emergenza ha annunciato anche la Grecia. Tre nuove vittime a Madrid e il totale in Spagna è salito a 13: 589, invece, i contagi ora con un aumento di 159 in 24 ore. A quota 273 contagiati (67 in più in 24 ore) è arrivato il Regno Unito e il ministro della Salute Matt Hancock ha delineato il piano di emergenza per far fronte all'impatto dell'epidemia di coronavirus. È atteso in Parlamento entro la fine del mese e dovrebbe includere misure che consentano di svolgere i procedimenti giudiziari via telefono o video e che permettano alle persone di lasciare momentaneamente il lavoro per prendersi cura delle persone colpite dal virus. Il primo caso in Moldavia è di una quarantottenne moldava che aveva lasciato l'ospedale dov'era ricoverata in Italia perché positiva al coronavirus ed è rientrata in patria con un aereo da Milano. Primo caso anche a Washington (si tratta del reverendo Timothy Cole) e nello Stato di New York, che ha dichiarato l'emergenza, sono 103. E mentre le vittime salgono a 19 e i contagi a circa 450, è emerso che una persona che ha partecipato a una conferenza con il presidente Donald Trump la scorsa settimana è risultata positiva. Intanto, l'esercito statunitense ha disposto il divieto per i soldati e le loro famiglie di spostarsi in Italia per i prossimi 60 giorni. Primo morto anche in Argentina (e quindi primo anche in America Latina) e in Egitto: secondo il ministero della Salute egiziano è un sessantenne tedesco che si trovava a Luxor per turismo ed era stato ricoverato presso l'ospedale generale di Hurghada. Infine, l'Iran, epicentro del Medio Oriente, ha deciso di bloccare tutti i voli per l'Europa a causa dell'emergenza. Nel Paese i morti sono 194, 49 nelle ultime 24 ore, mentre i contagi 6.566 (743 nell'ultimo giorno). Superati i 7.000 contagi, invece, in Corea del Sud.
Ursula von der Leyen (Ansa)
Questo allentamento delle norme consente che nuove auto con motore a combustione interna possano ancora essere immatricolate nell’Ue anche dopo il 2035. Non sono previste date successive in cui si arrivi al 100% di riduzione delle emissioni. Il presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha naturalmente magnificato il ripensamento della Commissione, affermando che «mentre la tecnologia trasforma rapidamente la mobilità e la geopolitica rimodella la competizione globale, l’Europa rimane in prima linea nella transizione globale verso un’economia pulita». Ursula 2025 sconfessa Ursula 2022, ma sono dettagli. A questo si aggiunge la dichiarazione del vicepresidente esecutivo Stéphane Séjourné, che ha definito il pacchetto «un’ancora di salvezza per l’industria automobilistica europea». Peccato che, in conferenza stampa, a nessuno sia venuto in mente di chiedere a Séjourné perché si sia arrivati alla necessità di un’ancora di salvezza per l’industria automobilistica europea. Ma sono altri dettagli.
L’autorizzazione a proseguire con i motori a combustione (inclusi ibridi plug-in, mild hybrid e veicoli con autonomia estesa) è subordinata a condizioni stringenti, perché le emissioni di CO2 residue, quel 10%, dovranno essere compensate. I meccanismi di compensazione sono due: 1) utilizzo di e-fuel e biocarburanti fino a un massimo del 3%; 2) acciaio verde fino al 7% delle emissioni. Il commissario Wopke Hoekstra ha spiegato infatti che la flessibilità è concessa a patto che sia «compensata con acciaio a basse emissioni di carbonio e l’uso di combustibili sostenibili per abbattere le emissioni».
Mentre Bruxelles celebra questa minima flessibilità come una vittoria per l’industria, il mondo reale offre un quadro ben più drammatico. Ieri Volkswagen ha ufficialmente chiuso la sua prima fabbrica tedesca, la Gläserne Manufaktur di Dresda, che produceva esclusivamente veicoli elettrici (prima la e-Golf e poi la ID.3). Le ragioni? Il rallentamento delle vendite di auto elettriche. La fabbrica sarà riconvertita in un centro di innovazione, lasciando 230 dipendenti in attesa di ricollocamento. Dall’altra parte dell’Atlantico, la Ford Motor Co. ha annunciato che registrerà una svalutazione di 19,5 miliardi di dollari legata al suo business dei veicoli elettrici. L’azienda ha perso 13 miliardi nel suo settore Ev dal 2023, perdendo circa 50.000 dollari per ogni veicolo elettrico venduto l’anno scorso. Ford sta ora virando verso ibridi e veicoli a benzina, eliminando il pick-up elettrico F-150 Lightning.
La crisi dell’auto europea non si risolve certo con questa trovata dell’ultima ora. Nonostante gli sforzi e i supercrediti di CO2 per le piccole auto elettriche made in Eu, la domanda di veicoli elettrici è debole. Questa nuova apertura, ottenuta a fatica, non sarà sufficiente a salvare il settore automobilistico europeo di fronte alla concorrenza cinese e al disinteresse dei consumatori. Sarebbe stata più opportuna un’eliminazione radicale e definitiva dell’obbligo di zero emissioni per il 2035, abbracciando una vera neutralità tecnologica (che includa ad esempio i motori a combustione ad alta efficienza di cui parlava anche il cancelliere tedesco Friedrich Merz). «La Commissione oggi fa un passo avanti verso la razionalità, verso il mercato, verso i consumatori ma servirà tanto altro per salvare il settore. Soprattutto servirà una Commissione che non chiuda gli occhi davanti all’evidenza», ha affermato l’assessore allo Sviluppo economico di Regione Lombardia Guido Guidesi, anche presidente dell’Automotive Regions Alliance. La principale federazione automobilistica tedesca, la Vda, ha detto invece che la nuova linea di Bruxelles ha il merito di riconoscere «l’apertura tecnologica», ma è «piena di così tanti ostacoli che rischia di essere inefficace nella pratica». Resta il problema della leggerezza con cui a Bruxelles si passa dalla definizione di regole assurde e impraticabili al loro annacquamento, dopo che danni enormi sono stati fatti all’industria e all’economia. Peraltro, la correzione di rotta non è affatto un liberi tutti. La riduzione del 100% delle emissioni andrà comunque perseguita al 90% con le auto elettriche. «Abbiamo valutato che questa riduzione del 10% degli obiettivi di CO2, dal 100% al 90%, consentirà flessibilità al mercato e che circa il 30-35% delle auto al 2035 saranno non elettriche, ma con tecnologie diverse, come motori a combustione interna, ibridi plug-in o con range extender» ha detto il commissario europeo ai Trasporti Apostolos Tzizikostas in conferenza stampa. Può darsi che sarà così, ma il commissario greco si è dimenticato di dire che quasi certamente si tratterà di auto cinesi.
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(Totaleu)
Lo ha dichiarato l'europarlamentare di Fratelli d'Italia durante un'intervista a margine dell’evento «Con coraggio e libertà», dedicato alla figura del giornalista e reporter di guerra Almerigo Grilz.
Andrea Crisanti (Imagoeconomica)
In particolare, la riforma abolisce l’Abilitazione scientifica nazionale, una procedura di valutazione avviata dal ministero dell’Università e della Ricerca per accertare l’idoneità scientifica dei candidati a ricoprire il ruolo di professore universitario ordinario o associato, senza la quale non si può partecipare a concorsi o rispondere a chiamate nei ruoli di professore associato o ordinario presso le università italiane. Una commissione di cinque docenti decide se il candidato può ricevere o no l’abilitazione: tutto viene deciso secondo logiche di appartenenza a questa o quella consorteria.
Intervenendo in aula su questa riforma, il senatore Crisanti ha pronunciato un discorso appassionato, solenne: «Lo dico chiaramente in quest’Aula», ha scandito Crisanti, «io, in 40 anni, non sono venuto a conoscenza di un singolo concorso di cui non si sapesse il vincitore prima e non c’è un singolo docente che mi abbia mai smentito. Questa è la situazione dei nostri atenei oggi. La maggior parte del nostro personale universitario ha preso la laurea all’università, ha fatto il dottorato nella stessa università, ha fatto il ricercatore, l’associato e infine il professore. Questo meccanismo di selezione ha avuto un impatto devastante sulla qualità della ricerca e dell’insegnamento nelle nostre università». Difficile non essere d’accordo con Crisanti, che però ha trascurato, nel corso del suo discorso, un particolare: suo figlio Giulio dall’ottobre 2022 è dottorando in fisica e astronomia all’Università del Bo di Padova, la stessa dove il babbo insegnava quando ha superato la selezione.
Ora, nessuno mette in dubbio le capacità di Crisanti jr, laureato in astrofisica all’Università di Cambridge, ma la coincidenza è degna di nota. Lo stesso Giulio, intervistato nel marzo 2022 dal Corriere del Veneto, affrontava l’argomento: «Ha deciso di fare il dottorato a Padova perché suo padre era già qui?», chiedeva l’intervistatore. «No, l’avrei evitato più che volentieri», rispondeva Crisanti jr, «ma ho fatto tanti concorsi in Italia e l’unico che ho passato è stato quello del Bo». Ma come mai il giovane Crisanti veniva intervistato? Perché ha seguito le orme di babbo Andrea anche in politica: nel 2022 si è candidato alle elezioni comunali di Padova, nella lista Coalizione civica, a sostegno del sindaco uscente di centrosinistra Sergio Giordani. Il sindaco ha rivinto le elezioni, ma per Giulio Crisanti il bottino è stato veramente magro: ha preso appena 25 preferenze.
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Angelo Borrelli (Imagoeconomica)
Poi aggiunge che quella documentazione venne trasmessa al Comitato tecnico scientifico. Il Cts validò. I numeri ballavano tra 120 e 140 ventilatori. La macchina partì. La miccia, però, viene accesa per via politica il 10 marzo 2020. Borrelli lo ricostruisce con precisione quasi notarile. «Arriva dalla segreteria del viceministro Pierpaolo Sileri un’email». Il mittente è la segreteria del viceministro. Il senso è chiaro. «Come richiesto dal ministro Speranza e noto al ministro Luigi Di Maio, ti ringrazio in anticipo anche da parte di Pierpaolo per le opportune valutazioni che vorrai effettuare al fine di garantire il più celere arrivo della strumentazione». Sono i ventilatori polmonari cinesi. La disponibilità viene rappresentata dopo un’interlocuzione politica. E a quel punto entra ufficialmente in scena la Silk Road. Il contatto, conferma Borrelli, non arriva per caso. «C’è un’email dell’11 marzo che […] facendo seguito a quanto detto dal dottor Domenico Arcuri, come d’accordo, ecco i contatti della Silk Road».
Ed è a questo punto che la deputata di Fratelli d’Italia Alice Buonguerrieri scatta: «Quindi è un contatto, quello della società Silk Road, che vi viene dalla struttura commissariale?». La risposta è secca. «Sì, viene dalla struttura commissariale di Domenico Arcuri». Arcuri, in quel momento, non è ancora formalmente commissario straordinario (lo diventerà il 18 marzo). Ma è già dentro il Dipartimento, si muove nel Comitato tecnico operativo, il Cto. «Perché il commissario Arcuri era già presente al dipartimento e iniziava ad affiancare…», cerca di spiegare Borrelli. Il passaggio politico-amministrativo non è casuale. Perché la Silk Road arriva sul tavolo della Protezione civile per quella via. La fornitura è pesante. «Ventilatori polmonari per un totale di 140», al costo di 2 milioni e 660.000 euro. «Ho qui la lettera di commessa», conferma Borrelli. La firma in calce non è italiana. «La lettera è firmata da un director, Wu Bixiu». E c’è un timbro cinese. La Verità quell’intermediazione all’epoca l’aveva ricostruita. La Silk Road Global Information limited che intermedia la fornitura è legata alla Silk Road cities alliance, un think tank del governo di Pechino a sostegno della Via della Seta. Ai vertici di quell’ente c’era anche Massimo D’Alema, insieme a ex funzionari del governo cinese. E infatti, conferma ora Borrelli, «c’è anche una email in cui si cita il presidente D’Alema». Però, quando gli viene chiesto apertamente se D’Alema abbia fatto da tramite, mette le mani avanti: «Io non so nulla di questo».
Di certo Baffino doveva aver rassicurato l’azienda cinese. Tant’è che la società aveva scritto: «Abbiamo appena ricevuto informazioni dall’onorevole D’Alema che il vostro governo acquisterà tutti i ventilatori nella lista. Quindi acquisteremo i 416 set per voi il prima possibile». «I nostri», spiega Borrelli, «gli hanno risposto «noi compriamo quelli che ci servono», cioè 140 e non 460». Ma c’è una parte di questa storia che non è ancora finita al vaglio della Commissione d’inchiesta guidata da Marco Lisei. Quei ventilatori polmonari, aveva scoperto La Verità, non erano in regola e la Regione Lazio li ritirò perché non conformi ai requisiti di sicurezza. «Dai lavori della commissione Covid sta emergendo una trama che collega la struttura commissariale di Arcuri, nominato da Giuseppe Conte, alla sinistra e, nello specifico, a D’Alema», afferma Buonguerrieri a fine audizione. Poi tira una riga: «Risulta che, ancor prima di essere nominato commissario straordinario, Arcuri sponsorizzava alla Protezione civile una società rappresentata da cinesi legata a D’Alema». «Le audizioni stanno portando alla luce passaggi che meritano un serio approfondimento istituzionale», tuona il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera Galeazzo Bignami. Ma la storia non è finita.
«Il presidente del consiglio, per garbo, mi ha informato, perché sarebbe stato per me un colpo sapere dalla stampa che ci sarebbe stato poi un soggetto (Arcuri, ndr) che sarebbe entrato nel nell’organizzazione organizzazione della gestione dell’emergenza», ricorda ancora Borrelli. Che in un altro passaggio conferma che i pagamenti avvenivano anche per conto di Arcuri: «Io avevo il dottor Pietro Colicchio (dirigente della Protezione civile, ndr) e il suo direttore generale a casa col Covid e disponevano bonifici per i pagamenti per l’acquisto di Dpi. Dopo anche per conto del commissario Arcuri». Ma la Protezione civile con la nomina di Arcuri era ormai stata scippata delle deleghe sugli acquisti. A questo punto Borrelli fa l’equilibrista con un passaggio che ovviamente è stato apprezzato dai commissari del Pd: «L’avvento di Arcuri ha sgravato me e la mia struttura». Gli unici, però, che in quel momento avevano dato alla pandemia il peso che meritava erano proprio i vertici della Protezione civile. Già dal 2 febbraio, infatti, avevano segnalato al ministero l’assenza dei dispositivi di protezione. «Fu Giuseppe Ruocco (in quel momento segretario generale del ministero, ndr)», ricorda Borrelli, «a comunicare che ci sarebbe stata una riunione per predisporre una richiesta di eventuali necessità, partendo dallo stato attuale di assoluta tranquillità. Ruocco mi assicurò che se fosse emerso un quadro di esigenze lo avrebbe portato alla mia attenzione. Circostanza mai avvenuta». Il ministero si sarebbe svegliato solo 20 giorni dopo. «Il 22 febbraio nel Cto», spiega Borrelli, «per la prima volta venivano impartite indicazioni operative per l’utilizzo di Dpi». Solo il 24 febbraio, dopo alcune interlocuzioni con Confindustria, veniva «segnalato che non arrivavano notizie confortanti quanto alle disponibilità sul mercato». A quel punto bisognava correre ai ripari. La Protezione civile viene svuotata di competenza sugli acquisti e arriva Arcuri. Con le sue «deroghe». «Io», ricorda Borrelli, «non so se avesse delle deroghe ulteriori o meno, però, ecco, lui aveva le stesse deroghe che avevamo noi». Ma era lui a comprare.
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