2022-03-28
Se Trump fa causa a Hillary Clinton
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Hillary Rodham Clinton (Ansa)
Donald Trump va al contrattacco. Giovedì scorso, l’ex presidente americano ha fatto causa, tra gli altri, a Hillary Clinton, all’attuale consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca Jake Sullivan e al Comitato nazionale del Partito democratico.
Donald Trump va al contrattacco. Giovedì scorso, l’ex presidente americano ha fatto causa, tra gli altri, a Hillary Clinton, all’attuale consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca Jake Sullivan e al Comitato nazionale del Partito democratico. Secondo l’accusa, la Clinton – durante la campagna elettorale per le presidenziali statunitensi del 2016 – costruì appositamente una falsa vulgata, che dipingeva Trump come politicamente collegato alla Russia. “Agendo di concerto, gli imputati hanno cospirato maliziosamente per tessere una falsa narrazione, secondo cui il loro avversario repubblicano, Donald J. Trump, era colluso con una sovranità straniera ostile”, si legge nella denuncia. “Le azioni intraprese a sostegno del loro schema (falsificare le prove, ingannare le forze dell'ordine e sfruttare l'accesso a fonti di dati altamente sensibili) sono così oltraggiose, sovversive e incendiarie che persino gli eventi del Watergate impallidiscono al confronto”, prosegue l’atto d’accusa. Trump sostiene inoltre di aver subito almeno 24 milioni di dollari di danni a causa delle azioni, condotte da Hillary Clinton e dai suoi accoliti. La mossa legale dell’ex presidente americano è arrivata dopo che, il mese scorso, il procuratore speciale, John Durham, ha formalmente accusato l’avvocato della Clinton, Micheal Sussmann, di aver contribuito a costruire la falsa vulgata della connessione tra Trump e Mosca dietro incarico del comitato elettorale della stessa Hillary. Non solo. Secondo Durham, Sussmann si sarebbe anche coordinato con il dirigente di una società tecnologica per estrarre illecitamente dati web con l’obiettivo di imbastire la narrazione fasulla del Trump colluso con il Cremlino. Nel dettaglio, tra i dati “sfruttati” dal dirigente e dai suoi collaboratori, c’era il traffico Internet di un dominio relativo alla Trump Tower e all’Ufficio esecutivo del presidente degli Stati Uniti. In tutto questo, non bisogna dimenticare che, secondo il procuratore speciale, Sussmann aveva fornito nel settembre 2016 delle informazioni all’Fbi in riferimento a un presunto collegamento tra la Trump Organization e l’istituto finanziario russo Alfa Bank, dicendo di non lavorare per alcun cliente, quando in realtà era a libro paga del comitato elettorale di Hillary: informazioni che, tra l’altro, si sarebbero successivamente rivelate del tutto infondate. Eppure, nelle settimane antecedenti alle elezioni presidenziali del 2016, l’ex first lady rilanciò quella narrazione fasulla su Alfa Bank. Non solo lei, ma anche Jake Sullivan, che figurava all’epoca tra i principali consiglieri della Clinton. “Questa linea di comunicazione può aiutare a spiegare la bizzarra adorazione di Trump per Vladimir Putin e l'approvazione di così tante posizioni pro-Cremlino durante questa campagna”, dichiarò Sullivan. “Solleva domande ancora più preoccupanti alla luce degli sforzi di hacking da parte della Russia che sono chiaramente intesi a danneggiare la campagna di Hillary Clinton. Possiamo solo presumere che le autorità federali ora esploreranno questo collegamento diretto tra Trump e la Russia come parte della loro attuale indagine sull'ingerenza della Russia nelle nostre elezioni”, aggiunse. Insomma, le origini del Russiagate somigliano sempre più a una polpetta avvelenata confezionata dalla Clinton per danneggiare Trump durante la campagna elettorale del 2016. E adesso, oltre all’indagine in corso condotta da Durham, la denuncia dell’ex presidente potrebbe fare ulteriormente luce su questa spinosa vicenda. Una vicenda che, con il caso di Sullivan, coinvolge potenzialmente la stessa Casa Bianca di Biden.