Lo stop della produzione imporrebbe ai clienti di rivolgersi ad Arcelor Parigi, Salzgitter e persino ai Riva in Renania.All'interno infografica.Nel 2018, ultimo dato disponibile a livello annuale l'Italia ha prodotto, secondo l'associazione mondiale dell'acciaio, la World steel association, 24,5 milioni di tonnellate di acciaio. Di queste, l'anno scorso, circa 4,5 uscivano dagli stabilimenti ex Ilva. La speranza era di passare a 6 per poi arrivare a una produzione di 8 milioni di tonnellate l'anno a partire dal 2021. Ma nulla di tutto questo è al momento avvenuto, visto che per il 2019 la previsione è di raggiungere i 4 milioni. Un sesto, dunque, dell'acciaio nazionale l'anno scorso è stato prodotto dall'azienda che nel novembre 2018 ha preso il nome di Arcelor Mittal Italia, controllata dal gruppo che ora sta lasciando il territorio italiano.E la potenziale chiusura dell'ex Ilva potrebbe quindi cambiarne completamente i connotati. Con una domanda di fondo: chi sarebbero dunque coloro che potrebbero trarre vantaggio da questa situazione? In primis ci sono i clienti che comprano a Tranto e negli altri siti produttivi. Si tratta di tutti i maggiori player del settore automotive, degli elettrodomestici e delle costruzioni.Chi bussa alla porta dell'ex Ilva sono colossi come Fca, Bmw, Peugeot, i principali tubisti italiani come Marcegaglia, Alfieri e Padana Tubi, le carpenterie metalliche, come Cimolai e il gruppo Manni. Ma anche Snam e alcuni produttori liguri del settore della latta, come Ardagh group e Crown Imballaggi Latta, solo per fare qualche nome. Ora il punto è capire a chi potranno fare riferimento queste aziende se ArcelorMittal confermerà l'intenzione di voler lasciare l'Italia. Con ogni probabilità i clienti italiani del colosso franco indiano che aveva promesso di realizzare investimenti ambientali per 1,1 miliardi, industriali per 1,2 miliardi e di pagare l'ex Ilva 1,8 milioni di euro, una volta terminato il periodo d'affitto, ora andranno a stringere accordi con le aziende dell'acciaio francesi e tedesche. Di certo molti clienti dell'ex Ilva si rivolgeranno sempre ad Arcelor Mittal, ma al di fuori dei confini italiani. Del resto il colosso di proprietà di Lakshmi Mittal è di gran lunga la più grande azienda del settore a livello mondiale con una produzione annua di 96,42 milioni di tonnellate (più di tutta la produzione annuale statunitense, per intenderci, che si ferma a 86,6) e la sua potenza di fuoco va ben oltre quella degli stabilimenti italiani. A beneficiarne saranno di certo anche le aziende tedesche dell'acciaio. La Germania è infatti il primo Paese europeo per produzione (settimo al mondo, l'Italia è decima) con 42,4 milioni di tonnellate l'anno se si esclude la Russia, a quota 71,7 milioni (sesto in classifica mondiale). In Germania ci sono infatti diverse aziende pronte a fregarsi le mani se Arcelor Mittal se ne andrà dall'Italia. La prima, secondo i dati forniti dalla Sthal - (acciaio in tedesco), il maggiore centro studi in Germania sul mondo dell'acciaio - è sicuramente la Thyssenkrupp (12,4 milioni di tonnellate l'anno), il primo produttore in terra tedesca. Molte compagnie del mondo delle quattro ruote potrebbero cogliere l'occasione e bussare alla porta del gruppo guidato da Guido Kerkhoff.Se non dovessero rivolgersi alla controllata francese, i clienti italiani di Arcelor Mittal possono sempre fare riferimento anche alla succursale tedesca del gruppo. A Berlino e dintorni ArceloMittal produce circa otto milioni di tonnellate di acciaio. Nella classifica dei maggiori produttori tedeschi, in terza posizione c'è Salzgitter, il gruppo supera i 7 milioni di tonnellate l'anno. Oltre ad Arcelor, dunque Thyssenkrupp e Salzgitter sono i due indiziati principali che potrebbero beneficiare dell'abbandono della gestione degli stabilimenti di Taranto, il più noto alle cronache, ma anche di quelli di Genova, Novi Ligure, Racconigi e Marghera e diversi altri. Ma in Germania il settore dell'acciaio è molto popolato. Chi non volesse puntare sui maggiori produttori può rivolgersi anche ad Hüttenwerke Krupp Mannesmann (noto anche come Hkm), quarto produttore tedesco (molto più piccolo delle prime tre aziende sul podio) con circa 3.000 dipendenti e una produzione superiore ai cinque milioni di tonnellate l'anno. La lista continua e in Germania alcuni clienti dell'ex Ilva potrebbero chiedere qualche quotazione alla Saarstahl (oltre tre milioni l'anno di tonnellate prodotte) oppure alla Dilingen (circa 2,5 milioni). C'è persino l'italiana Riva tra i dieci maggiori produttori tedeschi di acciaio (oltre due milioni di tonnellate). Continuando, sempre intorno ai due milioni di tonnellate prodotte, ci sono la Badische Stahlwerke, la Gerogsmarienhutte e la Lech Stahlwerke. La Germania, insomma, potrebbe non vedere l'ora che gli sforzi dell'esecutivo guidato da Giuseppe Conte vadano in fumo. Il motivo è purtroppo semplice: con questi chiari di luna il mercato italiano dell'acciaio finirebbe ancora di più in braghe di tela a tutto beneficio di Francia e Germania che vedrebbero gonfiare le tasche dei propri produttori locali.INFOGRAFICA!function(e,i,n,s){var t="InfogramEmbeds",d=e.getElementsByTagName("script")[0];if(window[t]&&window[t].initialized)window[t].process&&window[t].process();else if(!e.getElementById(n)){var o=e.createElement("script");o.async=1,o.id=n,o.src="https://e.infogram.com/js/dist/embed-loader-min.js",d.parentNode.insertBefore(o,d)}}(document,0,"infogram-async");
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