2023-03-03
Se accoglie gli ucraini la Polonia è esentata dal comprare vaccini
La Commissione archivia gli attriti con Varsavia e le concede di modificare le finora intoccabili condizioni stipulate con Pfizer.Si può fare. Detto proprio con il tono trasecolato del dottor Frankenstein, nel celeberrimo film di Mel Brooks. Dunque, leggete e trasecolate: la Polonia ha ricevuto il permesso della Commissione europea per rinegoziare il contratto con Pfizer. Quello che, fino a ieri, pareva intoccabile. Era quasi un anno che Varsavia scalpitava. Ad aprile 2022, il ministro della Salute, Adam Niedzielski, aveva comunicato che il Paese non avrebbe più pagato per ricevere altre dosi di vaccino anti Covid, pur concedendo che così si sarebbe aperto un contenzioso legale. L’esecutivo Ue rispose che non c’era «alcuna motivazione coerente per invocare», come avevano fatto i polacchi, «le cause di forza maggiore». Il governo di Mateusz Morawiecki rivendicava di aver spalancato le porte a 3 milioni di migranti ucraini - nel frattempo lievitati a oltre 10 milioni - sebbene in molti siano già tornati in patria. «La guerra», era invece la posizione della Commissione, «non ha fatto alcunché per cambiare le necessità della Polonia rispetto alla vaccinazione, se non altro perché ora ha bisogno di vaccinare i rifugiati». Bruxelles chiariva che gli Stati membri erano sottoposti a obbligazioni contrattuali con il colosso americano e, comunque, prometteva che avrebbe lavorato per arrivare a una «soluzione pragmatica». Stessa formula utilizzata da Pfizer. Oggetto della discordia era il terzo contratto siglato tra l’Europa e la casa farmaceutica. Reuters riportò che, al prezzo complessivo di oltre 36 miliardi di dollari, erano state acquistate un miliardo e 800.000 dosi. La Polonia avrebbe dovuto sborsare 1,4 miliardi di dollari. L’impressione, benché l’accordo sia rimasto segreto, è che Pfizer avesse ottenuto garanzie scritte sulle fiale da recapitare: svincolarsi doveva essere impossibile. Una conferma era arrivata dai verbali del collegio dei commissari del 13 dicembre scorso, consultato da Adnkronos. La responsabile Ue della Salute, Stella Kyriakides, era reduce dal Consiglio europeo in cui vari ministri, a cominciare dal nostro Orazio Schillaci, avevano manifestato insofferenza per la pioggia di consegne previste e avevano chiesto di modificare l’intesa con Big pharma. La Commissione, specificava la politica cipriota, ha sempre «scoraggiato cambiamenti unilaterali delle condizioni contrattuali», sebbene ora Kryiakides si trovasse costretta a riconoscere che «il mandato per la strategia vaccinale Ue viene dagli Stati membri» e che questi, «all’unanimità», pretendevano che i contratti fossero «rinegoziati», o addirittura cancellati del tutto. Come spiega l’eurodeputata verde Michèle Rivasi a Francesco Borgonovo, nell’intervista che pubblichiamo nella pagina qui accanto, Pfizer farebbe leva proprio sul terzo contratto, quello siglato dopo le trattative mediante messaggi privati tra Ursula von der Leyen e Albert Bourla, per minacciare la Commissione in caso di inadempienze. Le clausole rimangono ignote, ma è più che plausibile immaginare che esse vincolino al pagamento dei farmaci prenotati, nonostante l’allarme sia bello che superato e la gente sia stufa di sottoporsi a quarte e quinte iniezioni. Cos’ha di tanto speciale la Polonia? Il ministro Niedzielski, stando alla ricostruzione di Euractiv, si sarebbe consultato con Pierre Delsaux, direttore dell’Hera, l’agenzia europea per la preparazione alle emergenze sanitarie. «Ci è stato assicurato», ha quindi dichiarato l’esponente del governo di Varsavia, «che l’Hera comprendeva la posizione della Polonia e la nostra situazione straordinaria, che influenza l’attuazione degli accordi per l’acquisto di vaccini». Il Paese lamenta un buco di oltre 2 miliardi di euro nel fondo nazionale con il quale dovrebbe comprare le dosi e l’impossibilità, per ragioni giuridiche, di attingere ad altre riserve. Soprattutto, pesa l’impegno finanziario che Morawiecki ha assunto, accogliendo i rifugiati ucraini. Essendo lo Stato che ne ha ospitati di più, si capisce per quale motivo, almeno per il momento, il privilegio di uscire unilateralmente dalla stipula con Pfizer riguardi la sola Polonia. Non sfuggirà nemmeno il ruolo che possono aver giocato l’approccio muscolare con Mosca e la decisione degli Usa di fare di Varsavia una sorta di baluardo d’Occidente, in chiave antirussa. Con gli equilibri geopolitici sconvolti dalla guerra, non è più tempo, per Bruxelles, di dar troppo filo da torcere ai sovranisti del partito Diritto e giustizia, prima rei di minacciare l’indipendenza del potere giudiziario, di ostinarsi a considerare la Costituzione polacca superiore rispetto alle leggi Ue e di insidiare le prerogative delle minoranze etniche e sessuali. Dopodiché, la schiera delle nazioni insofferenti agli obblighi contrattuali sulle fiale antivirus è piuttosto nutrita: fremono Repubblica Ceca, Estonia, Slovacchia e, se Schillaci tiene la barra dritta, anche l’Italia. La Kyriakides, che sta implorando una revisione degli accordi, ha ammesso che «i produttori non sono disponibili a ridurre il numero delle dosi». E il solito modo di procedere raffazzonato della Commissione, con le esenzioni concesse a chi sì e a chi no, aggraverà il pasticcio. Se si può fare, se le condizioni capestro strappate da Bourla & c. si possono infrangere, lo facciano tutti. Altrimenti, qualcuno tiri fuori le carte che lo impediscono. E spieghi di chi è la colpa, se siamo prigionieri di Pfizer.