2021-06-16
A scuola non si può parlare delle foibe: «Surreale processo alle intenzioni»
La Corte dei Conti indaga la Regione Piemonte per il solo fatto di aver annunciato la distribuzione di un testo sui crimini di Tito.Vietato parlare delle foibe a scuola, nonostante una legge dello Stato lo preveda espressamente. Suona paradossale, anzi con ogni probabilità lo è, eppure è precisamente questo ciò che accade in Piemonte dove la Regione è finita addirittura nel mirino della magistratura contabile per aver solo osato manifestare l'intenzione di distribuire nelle scuole un testo volto a ricordare i crimini commessi dai comunisti di Tito. Ma andiamo con ordine. Tutto ha avuto inizio oltre un anno fa, per l'esattezza tra la fine del 2019 e l'inizio del 2020, quando l'assessore regionale alla Scuola, Elena Chiorino, ha annunciato la distribuzione gratuita, in vari istituti, del fumetto Foiba rossa. Norma Cossetto, storia di un'italiana, finalizzata sia a far conoscere la storia della Cossetto - la giovane istriana uccisa dai partigiani jugoslavi nei pressi della foiba di Villa Surani - sia a poter meglio celebrare, appunto, la Giornata del Ricordo, fissata il 20 febbraio.Manco a dirlo, il solo annuncio della Chiorino manda in subbuglio la sinistra piemontese, che deposita un'interrogazione sull'iniziativa che l'assessore, invece, conferma. Poi, come noto, scoppia la pandemia, che scompagina i piani di tutti, inclusi quelli della Regione Piemonte. Così l'idea di distribuire un libro sulla Cossetto, semplicemente, resta di fatto un'idea. Ciò nonostante, dopo mesi, accade qualcosa che ha a dir poco dell'incredibile: l'assessorato della Chiorino riceve la notifica di un decreto istruttorio del 16 aprile 2021 con cui Quirino Lorelli, procuratore regionale della Corte dei Conti, chiede di acquisire gli atti relativi all'annunciata iniziativa sulle foibe ventilando l'ipotesi, udite udite, di «danno erariale».Il fatto appare lunare per vari motivi. Tanto per cominciare perché la solennità civile della Giornata del Ricordo, come si diceva, è prevista dall'ordinamento italiano e la legge che l'ha istituita, la numero 92 de 2004, già all'articolo 1 parla apertis verbis di «iniziative per diffondere la conoscenza dei tragici eventi presso i giovani delle scuole di ogni ordine e grado». La stessa norma aggiunge che «è altresì favorita, da parte di istituzioni ed enti, la realizzazione di studi, convegni, incontri e dibattiti in modo da conservare la memoria di quelle vicende».Insomma, il Piemonte aveva alle spalle molto più di una semplice copertura normativa, bensì un vero e proprio incentivo da parte della legge dello Stato. Non solo. La cosa più singolare è che la magistratura si sia mossa chiedendo atti in merito ad un'iniziativa che, causa Covid, come si diceva, non ha più avuto alcun seguito. «Si tratta in effetti, in questo caso, di un processo neppure alle idee, cosa che comunque sarebbe già grave», spiega l'assessore Chiorino, contattata dalla Verità per una conferma su questi fatti, «bensì alle intenzioni. Ci hanno chiesto di fornire atti relativi alla distribuzione di quel testo chiedendosi se ci fosse un accordo, in merito, con i dirigenti scolastici. Ma quegli atti, semplicemente, non esistono».Ad ora non è ancora chiaro quali ulteriori iniziative prenderà, se ne prenderà, la magistratura, ma in seno alla giunta piemontese prevale, comprensibilmente, un senso di incredulità. Per far luce sulla vicenda, intanto, l'onorevole Andrea Delmastro Delle Vedove, che come la Chiorino è di Fratelli d'Italia, ha presentato un'interpellanza al presidente del Consiglio dei ministri. Nel frattempo, l'assessore alla Scuola piemontese continua a non capire: «È una vicenda che personalmente fatico perfino a commentare». «E se passa il ddl Zan», si chiede ancora la Chiorino, «dove andremo a finire? Com'è possibile che già ora ad un amministratore non sia concessa la libertà di operare conformemente ai suoi convincimenti». Apparentemente fuorviante, il dilemma in realtà è calzante dal momento che quello che questa surreale vicenda insegna è che determinati contenuti, a scuola, non possono essere trasmessi e promossi neppure se è una legge dello Stato a prevederlo, mentre altri - quelli arcobaleno, ovviamente - possono essere diffusi urbi et orbi, a partire dalle classi scolastiche, e guai a chi fiata. Ne consegue come, per quante battaglie siano finora già state fatte - e per quanto di certo la vicenda di Norma Cossetto sia oggi più nota di quanto non lo fosse fino a pochi anni or sono - a resistere sia una cappa ideologica che ancora vuole indirizzare il mondo della scuola e della cultura secondo coordinate prestabile e precise. E per chi neppure sgarra, ma solo annuncia di volerlo fare discostandosi dalla cultura dominante, interviene subito la magistratura.Le cose hanno insomma preso una piaga peggiore addirittura a quella immaginata da George Orwell, che in 1984 aveva associato la psicopolizia alla salvaguardia del Grande Fratello. Sì, perché oggi, in Italia, viviamo ufficialmente in democrazia. Nei fatti, però, sembra che certe scomode verità restino proibite e da tener lontane dalla portata dei bambini. O, se si preferisce, infoibate.
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