2024-07-06
Scomunica lampo per Viganò
Carlo Maria Viganò (Getty images)
Provvedimento lampo del Vaticano contro l’ex nunzio negli Usa, critico radicale del pontificato di Bergoglio. Una mossa divenuta quasi inevitabile dopo le ultime tensioni, ma che può solo esacerbare le molte contraddizioni interne a questa Chiesa.Monsignor Carlo Maria Viganò è stato scomunicato dalla Chiesa. Il provvedimento, durissimo ed estremamente rapido, si è concluso ieri per via extragiudiziale, e l’ex nunzio a Washington è stato riconosciuto «colpevole del delitto riservato di scisma». La sentenza è arrivata ieri con un comunicato dell’ex Sant’Ufficio in cui si specifica che «sono note le sue affermazioni pubbliche dalle quali risulta il rifiuto di riconoscere e sottomettersi al Sommo Pontefice, della comunione con i membri della Chiesa a lui soggetti e della legittimità e dell’autorità magisteriale del Concilio Ecumenico Vaticano II». Quindi, «il Dicastero ha dichiarato la scomunica latae sententiae». Il prelato perde dunque la facoltà di celebrare l’Eucaristia e gli altri sacramenti, ma anche di ricevere i sacramenti lui stesso (comunione e confessione compresi): pena durissima per un sacerdote. Manca solo -e non è escluso che arrivi, lo contempla in ipotesi la stessa sentenza di ieri - la riduzione allo Stato laicale, al momento non comminata. D’ora in poi soltanto il Papa stesso potrebbe, in futuro, riammettere alla comunione ecclesiale monsignor Viganò. Lo scorso 20 giugno lo stesso sacerdote, nato a Varese 83 anni fa, aveva reso pubblico il decreto che lo convocava a Roma per rispondere delle accuse dandogli la possibilità fino al 28 giugno di nominare un avvocato difensore che lo rappresentasse o facendo pervenire una memoria difensiva. Facoltà di cui non si è servito, e la difesa d’ufficio fornitagli si è limitata a far notare, non senza alcune ragioni, che la frustata poi comminata «non avrebbe alcun effetto medicinale» e anzi «sarebbe un atto infruttuoso e servirebbe solo ad infiammare un’opinione pubblica già divisa».Del resto, lo stesso ex nunzio aveva fatto sapere di non volersi presentare, né di voler dare luogo a memoria difensiva in quanto, ha scritto, del Dicastero per la Dottrina della fede non riconosce «l’autorità, né quella del suo Prefetto (cardinal Victor Manuel Fernandez ndr), né di chi lo ha nominato (il Papa, ndr)». Ritenendo un «onore» le accuse a lui rivolte, ha specificato che «nessun cattolico degno di questo nome può essere in comunione con questa “chiesa bergogliana”», retta da un Papa che ha definito - in un passaggio citato dall’accusa - «simia Pontificis», per di più circondato di «falsi pastori» che sono «servi di Satana». Monsignor Viganò però non è un critico qualsiasi: ha avuto ruoli importantissimi nella Santa Sede, tra cui spicca quello di Segretario del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, dal 2009 fino al 19 ottobre 2011 quando fu «promosso» nunzio apostolico a Washington. Negli Stati Uniti il monsignore è rimasto per il resto del regno di Benedetto XVI e poi sotto Francesco, fino alle dimissioni per raggiunti limiti di età nel 2016. Con la presentazione di un memorandum (pubblicato integralmente dalla Verità) nell’agosto 2018, monsignor Viganò tornò agli onori delle cronache accusando clamorosamente papa Francesco di aver trascurato i precedenti di cattiva condotta sessuale dell’allora cardinale Theodore Edgar McCarrick, ignorando le restrizioni imposte al porporato da papa Benedetto e rendendolo un importante consigliere, in particolare per quanto riguarda la selezione dei vescovi statunitensi. Nella lettera, che tirava in ballo anche tre Segretari di Stato, Viganò invitava persino Francesco a dimettersi. Dopo un’estenuante controversia, nel 2019, McCarrick è stato ridotto allo stato laicale, in seguito a un processo vaticano che lo ha ritenuto colpevole di abusi sessuali su minori e cattiva condotta sessuale con gli adulti. Da quel memorandum, l’escalation di accuse e «dossier» di monsignor Viganò è poi traslata anche su un piano più politico. La sua battaglia contro il deep state ha trovato una certa eco soprattutto sul Web. Contro l’immigrazionismo, l’ambientalismo, il Forum di Davos e quasi sempre accusando papa Francesco di essere un agente di queste ideologie e definendolo talora anche «eretico», «tiranno» e nemico della «vera Chiesa», fino a mettere in dubbio la sua elezione nel conclave del 2013. Si sarebbe perfino fatto «riconsacrare vescovo» (dopo essere stato creato tale da un certo Karol Wojtyla nel 1992) da monsignor Richard Williamson, uno dei quattro vescovi consacrati illecitamente da monsignor Marcel Lefebvre. Infine, Viganò ha fondato l’associazione «Exsurge Domine» insediandosi in un eremo vicino a Viterbo (nell’atto processuale il domicilio dell’imputato resta «sconosciuto»), per fare un seminario tradizionalista dove accogliere «chierici e religiosi fatti oggetto delle epurazioni bergogliane».Una vicenda in cui la scomunica per scisma appare, dal punto di vista della Santa Sede, quasi inevitabile e coerente con le pesantissime affermazioni dell’alto prelato, pur restando un pronunciamento di estrema gravità e comminato con notevole rapidità processuale. Altrettanto evidente è, però, che l’aspetto di allarme per la Chiesa non è circoscrivibile alla sola figura di monsignor Viganò, certo privo del seguito di altre figure che nella storia hanno aperto degli scismi. La sua vicenda, tuttavia, incarna e rappresenta a suo modo la forte polarizzazione del mondo cattolico, che in questi anni si è accentuata. Sono molte le tribune sedicenti tradizionaliste che, soprattutto sul Web, rappresentano un disagio verso alcune posture della Chiesa ritenendosi in vari gradi più titolati dell’Autorità stessa a interpretare la giusta strada per i fedeli nel rapporto con il mondo.La problematica apertasi col caso Viganò - rispetto alla quale la scomunica può essere un’arma a doppio taglio - riguarda infatti l’esercizio del magistero cattolico e dell’autorità nella Chiesa, soprattutto con riguardo alla galassia cosiddetto tradizionalista (in fibrillazione anche per le voci di possibili limitazioni alla celebrazione della messa in rito antico). Per evitare che si moltiplichino fenomeni come quello dell’ex nunzio, che espongono in maniera clamorosa questa linea di frattura, la medicina, oltre al «bastone» mostrato ieri, è forse anche quella di una maggior chiarezza nell’esercizio dei poteri affidati al successore di Pietro. Il rischio è quello di un doppio paradosso: dal lato istituzionale, una Chiesa che appare «inclusiva» e «accogliente» con tutti meno che con certi fedeli; dall’altra, quello per cui proprio chi ha a cuore la Tradizione dimentica uno dei principali insegnamenti: quello per cui «fuori dalla Chiesa non c’è salvezza».
Giorgia Meloni e Donald Trump (Ansa)