2025-07-18
Schlein sta con Mr. Expo ma solo al telefono
Continua l’imbarazzo nelle fila del Pd, il segretario non prende posizione sulla vicenda ma esprime «solidarietà e vicinanza» da dietro una cornetta. I Verdi meneghini parlano di «Tangentopoli». Nel centrodestra La Russa è netto: «Giunta inadeguata».Chissà se Beppe Sala si ricorda dei cioccolatini con la ciliegia dentro: i boeri. Stavolta ha pescato i Boeri (Stefano) con la scritta: ritenta, sarai più fortunato. Lui il sindaco della Milano della Ztl, di quelli che in centro girano in Tesla perché la Lamborghini la parcheggiano fuori dall’Area C mentre chi col furgone deve guadagnarsi il pane in zona Brera paga dazio - roba che quelli di Donald Trump sembrano bruscolini - resiste asserragliato a Palazzo Marino e si sfoga: «Non mi riconosco nella lettura che ha dato la Procura».Un aiutino a capire cosa gli sta capitando glielo dà la Cgil. Una volta si chiamava fuoco amico, ma da quando Maurizio Landini ha deciso di dare la spallata a Elly Schlein fa il duro con la razza padrona e, quindi, la Cgil insiste: Sala si deve dimettere. Nel Pd l’imbarazzo si taglia a fette e tacciono. Perfino Pierfrancesco Majorino - capogruppo Pd in Regione Lombardia - che aspira alla poltrona dell’indagato eccellente si nega, ma una settima fa cinguettava: «La crescita del gradimento di Beppe Sala tra i milanesi è un bel segnale. Quella del centrosinistra milanese è una bella esperienza di buona amministrazione». Sarà. Ma la Schlein ha accuratamente evitato, fin qui, dichiarazioni pubbliche sulla questione. Ieri si è limitata a telefonare a Sala per esprimergli «solidarietà e vicinanza». Il minimo sindacale. Ma a inchiesta appena avviata si capisce che si guarda già alle elezioni. Soprattutto nel centrodestra dove chi ha il candidato, Fratelli d’Italia, picchia duro (ad eccezione di Guido Crosetto), la Lega chiede le dimissioni di Sala in condominio con i pentastellati mentre i Verdi meneghini dichiarano: «Questa faccenda è peggio di Tangentopoli». Mentre Forza Italia si fa garantista. A sinistra volano gli stracci, ma senza far rumore. Chi ci va giù durissimo senza perdere l’a plomb istituzionale su Sala e la banda del cemento «amato» è il presidente del Senato, Ignazio La Russia, plenipotenziario milanese di Fdi. «Sicuramente la giunta Sala ha dimostrato di non essere adeguata a Milano», ha detto a margine del congresso della Cisl, «non chiedo mai le dimissioni quando inizia un provvedimento. Non sono contento che ci sia bisogno della magistratura, sarei stato più contento se la politica avesse capito che quel percorso era sbagliato». Fratelli d’Italia, però, ha deciso di dare battaglia fino in fondo. Le ragioni sono due: vuole riaffermare la leadership del centrodestra a Milano, che non è compatto, e ribadire che il candidato al dopo Sala è quello designato da La Russa: Maurizio Lupi. Non a caso il leader di Noi moderati si è limitato a osservare: «Non è per indagini o avvisi di garanzia che si chiedono le dimissioni di un sindaco o di un ministro. La questione è politica». Poi la dichiarazione assume i toni della pre-candidatura: «Quello che mi preoccupa è la paralisi di Milano: se si ferma Milano si ferma l’Italia, se c’è una giunta di sinistra da 15 anni che porta alla paralisi la città questa è responsabilità politica e il centrodestra si deve preparare a una seria alternativa. Ma usare due pesi e due misure è un errore gravissimo». Eppure Riccardo Truppo, capogruppo di Fdi al Comune di Milano, insiste: «Il tempo del “faccio tutto io” è finito. È ora di dare risposte. Innanzitutto politiche. Giuridicamente ognuno degli indagati avrà tutto il tempo di spiegare la propria posizione. Ma la politica non aspetti tempo». Si è dissociato il ministro della Difesa, Guido Crosetto, che ha come bersaglio la magistratura e non Beppe Sala: «I principi vengono prima di qualunque posizione partitica e quindi continuo a pensare che la magistratura non debba e non possa sostituirsi al corpo elettorale. A Milano una parte di quella inquirente ha deciso di sostituirsi al legislatore nel campo dell’urbanistica», Davanti a palazzo Marino ieri pomeriggio Fdi insieme alla Lega, ma senza Forza Italia e Noi moderati, ha organizzato un sit-in di protesta. Dietro lo striscione «Dimissioni» Silvia Sardone, vicesegretaria della Lega, ha puntato il dito: «Sono garantista, ma per me il sindaco si doveva dimettere mesi fa vista la gestione della città». Matteo Salvini dà un parere più articolato: «Non chiedo le dimissioni né a Palermo né a Milano, in base a una inchiesta. Chiedo le elezioni a Milano per la incapacità amministrativa. Poi mi auguro che si rivelino tutti innocenti». E il leader della Lega, insiste: «Dico solo ai magistrati: fate in fretta». Lucia Ronzulli, Forza Italia, si concede un filo d’ironia: «Fanno sorridere le dichiarazioni del sindaco Sala, secondo il quale è inaccettabile apprendere dalla stampa di essere indagato. Mi viene da dire “Benvenuto nel club”. Il centrodestra si è sempre battuto per evitare proprio queste storture, mentre dall’altra parte non c’è mai stato nessun sussulto di dignità». Alessandro Sorte, deputato di Forza Italia e segretario regionale del partito in Lombardia aggiunge: «Non siamo quelli delle piazze, con monetine e cappi in mano. Il garantismo non cambia il giudizio totalmente negativo su 15 anni di giunte di sinistra, ma al centrodestra dico: non seguiamo il giustizialismo dei Cinque stelle». Che con Nicola Di Marco, capogruppo in Regione Lombardia insistono: «È da quando il M5s ha denunciato gli abusi relativi alla vicenda “Salva-Milano” che chiediamo a gran voce un cambio di passo, le dimissioni devono essere l’ultimo atto della giunta Sala». A difendere il sindaco da sinistra arriva solo Riccardo Magi, Più Europa: «Sono garantista, ma certo ora sono scettico sul ruolo di Beppe Sala come federatore». La partita è aperta, il Pd è ancora negli spogliatoi.
La Global Sumud Flotilla. Nel riquadro, la giornalista Francesca Del Vecchio (Ansa)
Vladimir Putin e Donald Trump (Ansa)