2024-06-11
Schlein si fa superare dai big del Pd ma ipoteca la guida dell’opposizione
Stefano Bonaccini (rivale alle primarie) e il sindaco uscente di Bari, Antonio Decaro, surclassano in preferenze il segretario. Che avvisa gli alleati: «Il tempo dei veti è finito». Per il rinnovamento del partito, invece, bisognerà attendere.Pd al 24%, prima delegazione nel gruppo dei Socialisti nell’Ue: il successo di Elly Schlein è innegabile. Forse sorprendente, per una che non aveva nemmeno la tessera dem. Una della quale si diceva che, alle primarie aperte, fosse stata votata da infiltrati grillini, o addirittura di centrodestra, desiderosi di sabotare Stefano Bonaccini. Lei era quella che «non hanno visto arrivare». Così, pungolata dal presidente del Consiglio («Nel nostro caso, ci hanno visto arrivare, ma non sono stati in grado di fermarci»), ha subito raccolto la sfida: «Il messaggio è chiaro: Giorgia Meloni, stiamo arrivando! È vero che [quelli di Fdi, ndr] sono cresciuti in termini percentuali ma non in termini assoluti. Non li abbiamo fermati, ma di certo li abbiamo rallentati. Le Europee di solito rafforzano chi è al governo, ma la soglia del 30% non è arrivata e noi abbiamo superato il 20%».Il Partito democratico, ha sottolineato la segretaria, ieri mattina, in conferenza stampa, è quello «cresciuto di più dalle politiche, dieci punti dai sondaggi dall’inizio dello scorso anno, due in più dalle Europee del 2019, sette punti in più al Sud rispetto alle Europee. La distanza da Fdi si è assottigliata, da 2 milioni a 1 milione di voti». In realtà, rispetto alle elezioni di cinque anni fa, i dem hanno lasciato per strada 457.000 voti, benché la loro quota percentuale sia salita. Ma conta poco: il risultato di questa tornata è oggettivamente «straordinario», come ha gongolato la leader della sinistra.Con la Meloni, ha riferito ieri Schlein, «ci siamo sentite» per «complimentarci del risultato reciproco». È un gesto eloquente, una maniera di validare la lettura del premier sul ritorno del bipolarismo. Elly si è presa l’opposizione: sembrava corresse dietro a Giuseppe Conte, a rimorchio sulle battaglie politiche e sui termini del potenziale accordo definitivo per il campo largo; invece, l’avvocato del popolo ha perso la causa e anche il treno del monopolio sul fronte progressista. «Il tempo dei veti è finito», ha ammonito allora la numero uno del Nazareno, rivolgendosi agli alleati. «Noi non ne poniamo, ma non intendiamo neanche subirne. Io continuo a pensare che sulla scuola pubblica, su un lavoro dignitoso, sui diritti, tutti questi sono temi su cui con le altre forze alternative alle destre si possono creare ampie convergenze che costituiscano la base di un programma per un’alternativa di governo a questo Paese». In Parlamento, gli equilibri restano quelli del 2022; ma la geografia politica è mutata e a dare le carte non saranno i pentastellati. Un’altra vittoria, la ex vice della giunta emiliano-romagnola l’ha conseguita all’interno del partito: ha soffocato le cospirazioni per deporla e le ambizioni di Paolo Gentiloni. Ha schivato le pugnalate del padre nobile, Romano Prodi, che aveva definito «ferite alla democrazia» le candidature alle Europee di frontmen e frontwomen, non intenzionati a trasferirsi all’Eurocamera. Schlein inclusa. Costei ha persino segnato qualche punto con i cacicchi: approfittando delle scintille tra Antonio Decaro e Michele Emiliano, ha preferito appoggiarsi al sindaco uscente di Bari, campione di consensi. Il Pd è diventato il primo partito del collegio meridionale e Vincenzo De Luca, il governatore campano, dovrà tenere conto.Certo, il gradimento personale della donna che i dem vorrebbero installare a Palazzo Chigi non è memorabile. Al momento in cui La Verità è andata in stampa, cioè con lo spoglio bloccato in diverse sezioni romane, la Schlein era quinta per preferenze: candidata al Centro e nelle Isole, era arrivata a oltre 232.000. Superata, fino a quell’orario, da Lucia Annunziata (Meridione), con più di 241.000; da Cecilia Strada (Nord Ovest), con 283.145; sicuramente dall’ex rivale Bonaccini (Nord Est), con 389.284; e dal recordman Decaro, con più di 496.000 voti individuali al Sud. Ma se l’ex conduttrice di In mezz’ora e la figlia del fondatore di Emergency erano farina del sacco della segretaria, non lo erano i sindaci d’apparto, Matteo Ricci (Pesaro) e Dario Nardella (Firenze), che hanno inseguito Elly nella circoscrizione dell’Italia centrale. Lì, ha sorpassato quota 100.000 pure un redivivo Nicola Zingaretti. Significa che l’assalto delle cariatidi dem è stato sventato, ma il corpaccione del partito, radicato in alcuni territori, capace di mobilitare voti (e clientele), è ancora influente. Nel medio termine, potrebbe condizionare la linea della Schlein, inamovibile, ma non sola al comando. È il lato oscuro dell’ottima prova elettorale: per tenere a bada le concrezioni piddine, alla segretaria è toccato comunque scendere a patti con altri gruppi di potere, secondo la logica delle alleanze tattiche, o del «nemico del mio nemico». Metodi antichi, che almeno per ora ridimensionano la promessa di rinnovamento profondo del Pd - mentre è riuscito, sia nel senso che è compiuto, sia nel senso che è stato premiato nelle urne, il proposito di radicalizzazione del partito.Elly non aveva grande esperienza di apparato, eppure ha fatto virtù del realismo necessario. Può scommettere che dovrà continuare a guardarsi le spalle.
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)