2022-02-23
Per schivare i blitz sul green pass Draghi s’aggrappa a un’altra fiducia
Dopo la bagarre in commissione, il governo blinda il voto alla Camera sul dl per l’obbligo vaccinale. Ira di Fdi, Gelmini striglia la Lega: «In cdm c’era l’unanimità». Nel M5s scalpita il fronte contrario ai divietiUn segnale di estrema debolezza politica, quello trasmesso dal governo guidato da Mario Draghi, che ieri ha annunciato, nel corso della conferenza dei capigruppo di Montecitorio, che metterà la fiducia sul decreto che introduce l’obbligo vaccinale per gli over 50, in scadenza il prossimo 8 marzo. Una decisione che scatena l’immediata protesta di Fratelli d’Italia: «Sul decreto», dice il capogruppo alla Camera, Francesco Lollobrigida, «eravamo disponibili a dare un segnale limitando gli emendamenti purché non si mettesse la fiducia, dando tempi certo per il voto, ma governo la metterà lo stesso. Noi lo riteniamo grave». Mettere la fiducia significa evitare che possano essere riproposti emendamenti come quello presentato l’altro ieri in commissione Affari sociali alla Camera dalla Lega, che proponeva l’abolizione del green pass dal prossimo 31 marzo, giorno in cui scadrà lo stato di emergenza, che non sarà rinnovato. Emendamento alla fine votato da Lega, Fratelli d’Italia e Alternativa, e quindi bocciato (Fi si è astenuta, i giallorossi e Italia viva hanno votato contro), ma che ha scatenato un putiferio nella maggioranza, considerato che solo in extremis i deputati del M5s, alcuni dei quali favorevoli all’addio al green pass, sono stati faticosamente ricondotti alla «disciplina di partito». La fiducia sul decreto sull’obbligo vaccinale ha solo e soltanto l’obiettivo di non lasciare spazio al dibattito in Parlamento, di reprimere ogni dissenso: semplicemente, Draghi e gli altri partiti di maggioranza non vogliono dare a Matteo Salvini la possibilità di condividere con Giorgia Meloni la battaglia sulle riaperture, magari presentando emendamenti che potrebbero mettere in difficoltà il M5s e Forza Italia, mentre Pd e Leu restano a presidiare la frontiera chiusurista. «Sulle misure anti Covid», dice Giuseppe Conte, «abbiamo fatto una riunione congiunta dei gruppi. La nostra posizione è chiara e lineare: il M5s non rincorre i sondaggi. Ho inviato il governo a valutare una revisione delle misure, con un piano, non a colpi di emendamento»: il messaggio è chiarissimo, una eventuale accelerazione sul fronte delle riaperture, ipotesi sempre più accreditata, dovrà sembrare merito di tutta la maggioranza, senza che nessun partito possa approfittarne in termini elettoralistici. Sul tema dell’obbligo del super green pass per lavorare, interviene di nuovo Giorgia Meloni: «È normale dire a un signore non vaccinato», si è chiesta la Meloni a Cartabianca, su Rai 3, «che non può guadagnare il pane per i suoi figli?». Fa riflettere quanto afferma Mariastella Gelmini, ministro degli Affari regionali di Forza Italia: «Le decisioni sulle regole del green pass come sulle vaccinazioni», dice la Gelmini a Rai Isoradio, «sono sempre state prese all’interno del Consiglio dei ministri, e votate all’unanimità». In realtà le cose non stanno così: lo scorso 2 febbraio, la Lega si astenne in Consiglio dei ministri sul provvedimento su Dad e quarantene a scuola. «Non potevamo approvare la discriminazione tra bambini vaccinati e non vaccinati», spiegarono i ministri leghisti Massimo Garavaglia, Erika Stefani e Giancarlo Giorgetti (quest’ultimo assente in quel cdm). L’ansia del ministro Gelmini di trascurare i dissensi della Lega, anche se il partito di Matteo Salvini si è assunto appena venti giorni fa la pesante responsabilità di non votare un provvedimento in Consiglio dei ministri, dimostra che tutti i partiti della maggioranza preparano la grande carnevalata: state certi che il giorno in cui effettivamente potremo dire addio al green pass, uno strumento la cui inutilità è cristallina, non ci sarà un solo leader politico che non cercherà di intestarsi il merito. Non vede l’ora di saltare sul carro delle riaperture anche il M5s, che pure fino ad ora ha disciplinatamente votato tutti i provvedimenti targati Speranza. «In commissione Affari sociali il M5s è stato compatto nel difendere le misure adottate dal governo per contenere i contagi da Covid», sostiene Gilda Sportiello, capogruppo pentastellato nella stessa commissione, «che hanno permesso al Paese di superare la nuova ondata senza nuove chiusure. Alla luce del nuovo quadro epidemiologico», aggiunge la Sportiello, «chiediamo di aprire una discussione sull’allentamento delle misure, sempre rispettando i criteri di adeguatezza e proporzionalità, così come abbiamo già chiesto con alcuni ordini del giorno nelle scorse settimane». Ci vuole un bel coraggio a parlare di compattezza del M5s: la scorsa settimana moltissimi parlamentari grillini, nel corso di un’assemblea da remoto alla presenza di Conte, hanno chiesto a gran voce l’abolizione del green pass al termine dello stato di emergenza. C’è stato anche chi ha predisposto un ordine del giorno in questa direzione, e solo l’intervento di Conte ha tenuto a freno il malumore dilagante all’interno dei gruppi parlamentari grillini, che ribollivano anche contro l’obbligo vaccinale per gli over 50. Ieri a Montecitorio è iniziata la discussione generale sul decreto legge, ma si tratterà di un puro esercizio di oratoria, considerato che la questione di fiducia impedirà che Camera e Senato possano eventualmente migliorare il decreto legge. Il governo Draghi, paralizzato dai contrasti interni alla maggioranza e dalle spaccature nei partiti, può proseguire solo utilizzando come arma di ricatto politico la prospettiva dello scioglimento delle Camere e del voto anticipato. «Il governo ha deciso che metterà la fiducia sul dl Covid? Noi la fiducia al governo la votiamo sempre», chiosa Matteo Salvini.
Guido Guidesi, assessore allo Sviluppo Economico della Regione Lombardia (Ansa)