
Per il viceministro dem Antonio Misiani gli autonomi «non stanno peggio degli altri» e non devono piagnucolare. Un insulto a chi produce degno dei deliri di Laura Castelli sui ristoratori. Questo governo tifa per la decrescita.Che cosa il governo pensi di chi in Italia produce ricchezza lo dimostrano con le loro dichiarazioni alcuni esponenti dell'esecutivo. Come abbiamo scritto ieri, Laura Castelli, viceministro grillino con delega all'Economia, rivolgendosi ai ristoratori in difficoltà a causa dell'epidemia da coronavirus, li ha invitati a cambiare mestiere. La soluzione dei problemi di un settore vitale per il nostro Paese dunque è, secondo l'onorevole a 5 stelle, chiudere e dedicarsi ad altro. Non aiutare le trattorie che per il distanziamento sociale tra i tavoli e anche per la paura del contagio hanno visto calare la propria clientela. No, gli interventi di sostegno per chi spadella in cucina non sono previsti: meglio sollecitare il malcapitato a tirare giù la serranda e a cercarsi un lavoro, che di questi tempi notoriamente abbonda. Ma a un viceministro che sogna la decrescita felice anche ai fornelli, con relativa chiusura degli esercizi, corrisponde un altro viceministro, questa volta del Pd, che manda al diavolo le partite Iva. Proprio così. A professionisti e artigiani che si lamentano per l'ingorgo di tasse che questo mese sono costretti a pagare, Antonio Misiani, già tesoriere del Partito democratico, ha risposto che c'è gente che sta peggio di loro. Dunque, si scordino aiuti da parte del governo o anche solo un rinvio delle scadenze. «In questo Paese bisogna anche iniziare a dire che le imposte vanno pagate perché servono a finanziare i servizi essenziali». A dire il vero servono a pagare un po' di mancette che l'esecutivo giallorosso distribuisce in giro per conservare un briciolo di consenso. Quelli che Misiani chiama servizi essenziali, a casa nostra infatti si chiamano bonus monopattino e bonus babysitter, per non parlare poi del reddito di cittadinanza, che da sostegno per chi è in cerca di lavoro si è trasformato in un pagamento a fondo perduto per centinaia di migliaia di persone che il lavoro non lo cercano, preferendo vivere di sussidi.«Non credo che le partite Iva stiano peggio degli altri. Abbiamo già concesso rinvii, aiuti e sgravi, dunque presentarci come arcigni nemici dei contribuenti è una caricatura», ha detto Misiani. Tradotto in poche parole, il viceministro dice che artigiani e professionisti devono smetterla di rompere, perché hanno già avuto anche troppo. All'onorevole del Pd non passa neppure per la mente che invece le partite Iva stiano davvero peggio degli altri, perché a differenza di un dipendente pubblico, durante il periodo di lockdown non sono rimasti a casa ricevendo regolarmente lo stipendio. Né hanno potuto godere di strumenti come la cassa integrazione, di cui hanno beneficiato molti lavoratori nel settore privato. Per definizione, le partite Iva sono piccoli imprenditori di sé stessi e dunque soggetti alle intemperie della crisi economica. Se non lavori e sei rinchiuso in casa per effetto delle decisioni prese dal governo non fatturi. Oh sì, certo, il governo ha stanziato 600 euro per la categoria, ma premesso che non tutti hanno potuto incassare il contributo, davvero qualcuno può pensare che bastino poche centinaia di euro per tirare avanti una famiglia e poi pagare le tasse? Se Misiani ne è convinto, allora si spiega perché il Pd, di cui per un quadriennio è stato il tesoriere, ha i conti in rosso. Per il viceministro, avere permesso un rinvio di 20 giorni rispetto alla data fissata per il pagamento è già un lusso di cui professionisti, commercianti e artigiani, invece di lamentarsi, dovrebbero essere grati. Pare di capire che per Misiani, se si sono persi tre mesi di lavoro causa coronavirus e ora si fatica a riprendersi perché l'economia è ferma, 20 giorni di rinvio possono bastare. In meno di tre settimane ci si risolleva, che diamine. Insomma, basta piagnistei, bisogna guardare che cosa fanno gli altri, perché mal comune mezzo gaudio.Il problema è che Castelli e Misiani, la strana coppia che insieme a Roberto Gualtieri guida il ministero dell'Economia, sono solo la punta dell'iceberg di un governo dove la follia la fa da padrona. Poi vengono Lucia Azzolina, la ministra dei banchi con le ruote, quella del metro dinamico e degli imbuti da riempire, e personaggi come Walter Ricciardi, consulente del ministro della Salute, che ieri sulla Stampa invocava più sanzioni contro gli italiani per il mancato rispetto delle norme precauzionali contro il coronavirus, ma al tempo stesso pretendeva un sussidio per gli immigrati che, sebbene positivi, non rimangono in quarantena. «Parliamo di persone che se non lavorano non mangiano», così il super esperto giustificava gli untori. Certo, come no. Ma il sussidio per evitare che gli extracomunitari malati ci contagino, come lo spieghiamo ai ristoratori che la Castelli invita a chiudere e alle partite Iva che per Misiani non devono rompere? E poi a Palazzo Chigi si lamentano se gli italiani li considerano matti…
Johann Chapoutot (Wikimedia)
Col saggio «Gli irresponsabili», Johann Chapoutot rilegge l’ascesa del nazismo senza gli occhiali dell’ideologia. E mostra tra l’altro come socialdemocratici e comunisti appoggiarono il futuro Führer per mettere in crisi la Repubblica di Weimar.
«Quella di Weimar è una storia così viva che resuscita i morti e continua a porre interrogativi alla Germania e, al di là della Germania, a tutte le democrazie che, di fronte al periodo 1932-1933, a von Papen e Hitler, ma anche a Schleicher, Hindenburg, Hugenberg e Thyssen, si sono trovate a misurare la propria finitudine. Se la Grande Guerra ha insegnato alle civiltà che sono mortali, la fine della Repubblica di Weimar ha dimostrato che la democrazia è caduca».
(Guardia di Finanza)
I finanzieri del Comando Provinciale di Palermo, grazie a una capillare attività investigativa nel settore della lotta alla contraffazione hanno sequestrato oltre 10.000 peluches (di cui 3.000 presso un negozio di giocattoli all’interno di un noto centro commerciale palermitano).
I peluches, originariamente disegnati da un artista di Hong Kong e venduti in tutto il mondo dal colosso nella produzione e vendita di giocattoli Pop Mart, sono diventati in poco tempo un vero trend, che ha generato una corsa frenetica all’acquisto dopo essere stati indossati sui social da star internazionali della musica e del cinema.
In particolare, i Baschi Verdi del Gruppo Pronto Impiego, attraverso un’analisi sulla distribuzione e vendita di giocattoli a Palermo nonché in virtù del costante monitoraggio dei profili social creati dagli operatori del settore, hanno individuato sette esercizi commerciali che disponevano anche degli iconici Labubu, focalizzando l’attenzione soprattutto sul prezzo di vendita, considerando che gli originali, a seconda della tipologia e della dimensione vengono venduti con un prezzo di partenza di circa 35 euro fino ad arrivare a diverse migliaia di euro per i pezzi meno diffusi o a tiratura limitata.
A seguito dei preliminari sopralluoghi effettuati all’interno dei negozi di giocattoli individuati, i finanzieri ne hanno selezionati sette, i quali, per prezzi praticati, fattura e packaging dei prodotti destavano particolari sospetti circa la loro originalità e provenienza.
I controlli eseguiti presso i sette esercizi commerciali hanno fatto emergere come nella quasi totalità dei casi i Labubu fossero imitazioni perfette degli originali, realizzati con materiali di qualità inferiore ma riprodotti con una cura tale da rendere difficile per un comune acquirente distinguere gli esemplari autentici da quelli falsi. I prodotti, acquistati senza fattura da canali non ufficiali o da piattaforme e-commerce, perlopiù facenti parte della grande distribuzione, venivano venduti a prezzi di poco inferiori a quelli praticati per gli originali e riportavano loghi, colori e confezioni del tutto simili a questi ultimi, spesso corredati da etichette e codici identificativi non conformi o totalmente falsificati.
Questi elementi, oltre al fatto che in alcuni casi i negozi che li ponevano in vendita fossero specializzati in giocattoli originali di ogni tipo e delle più note marche, potevano indurre il potenziale acquirente a pensare che si trattasse di prodotti originali venduti a prezzi concorrenziali.
In particolare, in un caso, l’intervento dei Baschi Verdi è stato effettuato in un negozio di giocattoli appartenente a una nota catena di distribuzione all’interno di un centro commerciale cittadino. Proprio in questo negozio è stato rinvenuto il maggior numero di pupazzetti falsi, ben 3.000 tra esercizio e magazzino, dove sono stati trovati molti cartoni pieni sia di Labubu imbustati che di scatole per il confezionamento, segno evidente che gli addetti al negozio provvedevano anche a creare i pacchetti sorpresa, diventati molto popolari proprio grazie alla loro distribuzione tramite blind box, ossia scatole a sorpresa, che hanno creato una vera e propria dipendenza dall’acquisto per i collezionisti di tutto il mondo. Tra gli esemplari sequestrati anche alcune copie più piccole di un modello, in teoria introvabile, venduto nel mese di giugno a un’asta di Pechino per 130.000 euro.
Soprattutto in questo caso la collocazione all’interno di un punto vendita regolare e inserito in un contesto commerciale di fiducia, unita alla cura nella realizzazione delle confezioni, avrebbe potuto facilmente indurre in errore i consumatori convinti di acquistare un prodotto ufficiale.
I sette titolari degli esercizi commerciali ispezionati e destinatari dei sequestri degli oltre 10.000 Labubu falsi che, se immessi sul mercato avrebbero potuto fruttare oltre 500.000 euro, sono stati denunciati all’Autorità Giudiziaria per vendita di prodotti recanti marchi contraffatti.
L’attività s’inquadra nel quotidiano contrasto delle Fiamme Gialle al dilagante fenomeno della contraffazione a tutela dei consumatori e delle aziende che si collocano sul mercato in maniera corretta e che, solo nell’ultimo anno, ha portato i Baschi Verdi del Gruppo P.I. di Palermo a denunciare 37 titolari di esercizi commerciali e a sequestrare oltre 500.000 articoli contraffatti, tra pelletteria, capi d’abbigliamento e profumi recanti marchi delle più note griffe italiane e internazionali.
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Stefano Arcifa
Parla il neopresidente dell’Aero Club d’Italia: «Il nostro Paese primeggia in deltaplano, aeromodellismo, paracadutismo e parapendio. Rivorrei i Giochi della gioventù dell’aria».
Per intervistare Stefano Arcifa, il nuovo presidente dell’Aero Club d’Italia (Aeci), bisogna «intercettarlo» come si fa con un velivolo che passa alto e veloce. Dalla sua ratifica da parte del governo, avvenuta alla fine dell’estate, è sempre in trasferta per restare vicino ai club, enti federati e aggregati, che riuniscono gli italiani che volano per passione.
Arcifa, che cos’è l’Aero Club d’Italia?
«È il più antico ente aeronautico italiano, il riferimento per l’aviazione sportiva e turistica italiana, al nostro interno abbracciamo tutte le anime di chi ha passione per ciò che vola, dall’aeromodellismo al paracadutismo, dagli ultraleggeri al parapendio e al deltaplano. Da noi si insegna l’arte del volo con un’attenzione particolare alla sicurezza e al rispetto delle regole».
Riccardo Molinari (Ansa)
Il capogruppo leghista alla Camera: «Stiamo preparando un pacchetto sicurezza bis: rafforzeremo la legittima difesa ed estenderemo la legge anti sgomberi anche alla seconda casa. I militari nelle strade vanno aumentati».
«Vi racconto le norme in arrivo sul comparto sicurezza, vogliamo la legittima difesa “rinforzata” e nuove regole contro le baby gang. L’esercito nelle strade? I soldati di presidio vanno aumentati, non ridotti. Landini? Non ha più argomenti: ridicolo scioperare sulla manovra».
Riccardo Molinari, capogruppo della Lega alla Camera, la Cgil proclama l’ennesimo sciopero generale per il 12 dicembre.
«Non sanno più di cosa parlare. Esaurito il filone di Gaza dopo la firma della tregua, si sono gettati sulla manovra. Ma non ha senso».






