2020-06-21
        Scandalo tangenti in Macedonia. Prime condanne al sistema Zaev
    
 
Il tribunale di Skopje punisce gli esecutori dei ricatti e della raccolta di denaro.Le rivelazioni sul sistema di corruzione e ricatti finanziari creatosi in Macedonia sotto il governo del premier socialista, Zoran Zaev, pubblicate dalla Verità la scorsa estate, oltre che alla caduta dell'esecutivo a dicembre, hanno portato ieri il tribunale di Skopje a pronunciare una prima sentenza di condanna. La Procura ha confermato che dall'ufficio della procuratrice speciale, Katica Janeva, voluta specificatamente da Federica Mogherini e dai vertici dell'Ue a guida Jean Claude Junker per legittimare il governo di Zaev, si gestiva una cospicua rete di ricatti finanziari e manipolazioni politiche. L'esecutore dei ricatti e della raccolta di denaro, Boki Jovanovski, detto Boki 13, è stato condannato a nove anni, il suo assistente, Zoki Kiceec, a tre e il procuratore speciale, Janeva, a nove. Essendo la Procura incaricata d'implementare il processo guidata ancora oggi da Vilma Ruskoska, da noi chiamata in causa quale importante anello di connessione tra l'ex premier e il sistema giudiziario, ed essendo la maggioranza in Parlamento ancora la medesima di un anno fa, l'impianto accusatorio non ha permesso d'ampliare il dibattito ai veri mandanti dei crimini perpetuati da Janeva e Boki 13. L'intero processo è stato impostato in modo da contestare solo le responsabilità agli esecutori materiali.Al momento la Macedonia è guidata da un governo tecnico, nel quale siede anche l'opposizione, che ha il compito di preparare il Paese alle elezioni previste inizialmente per aprile e spostate a causa del Covid al 15 luglio. In quell'occasione la guida del Paese dovrebbe passare ai conservatori del Vmro-Dpmne ed è assai probabile che il cambio dei vertici politici e giudiziari favorisca un approfondimento sulla rete criminale sviluppatasi sotto Zaev. Un approfondimento reale che è stato ieri richiesto a gran voce in aula dallo stesso Boki 13, il quale si è detto vittima di un processo politico e ha intimato ai giudici di cercare i soldi a casa di Zaev e di suo fratello, Vice. Non vi è dubbio che il processo a Jovanovski e Janeva, che in una delle sedute del tribunale pur di vedersi applicata l'attenuante dell'insanità mentale pare essersi perfino denudata, abbia molti connotati della farsa. In fondo non si è mai visto al mondo che i colpevoli condannino sé stessi. Tuttavia le pene comminate, oltre che provare l'autenticità del materiale pubblicato dalla Verità, segnano un primo passo nella giusta direzione. In futuro tanto i due condannati principali, quanto i nuovi procuratori che prenderanno in mano il caso, potranno assai più tranquillamente ampliare lo spettro d'azione della macchina giudiziaria. Nonostante i politici in Macedonia siano sempre stati pronti a barattare il perseguimento della giustizia con favori politici, questa volta lo sdegno della popolazione potrebbe non lasciare al futuro governo grandi margini di manovra. Dal leader conservatore del Vmro-Dpmne e probabile futuro primo ministro, Hristijan Mickoski , i macedoni si aspettano un atteggiamento completamente diverso rispetto ai suoi predecessori, Nikola Gruevski e Zoran Zaev, nemici politici uniti negli accordi sottobanco pur di sopravvivere. Se in passato il quadro internazionale ha giocato a favore di Zaev, scelto dai leader di parte dell'Occidente quale utile buffone per eseguire in maniera illegale il cambio della Costituzione, lo stesso quadro potrebbe ora travolgerlo definitivamente in quanto la rigorosa ricerca delle presunte responsabilità di Zaev e Ruskovska potrebbe essere facilitata anche dall'eventuale riconferma di Donald Trump alla presidenza Usa. Trump ha interesse a ripulire tutte le situazioni opache create dall'amministrazione Obama soprattutto se determinate operazioni, come quella dell'insediamento a premier di Zaev sulla base di intercettazioni illegali, furono compiute in collaborazione con i Paesi europei, come la Germania, che ora intralciano i piani degli Usa nei Balcani. Dalla Macedonia, agli occhi di Trump, ne esce malconcia comunque anche l'Italia. Gli ultimi due politici europei a ricevere in bilaterale Zoran Zaev, esprimendogli pubblico sostegno, prima delle sue forzate dimissioni sono stati il premier Giuseppe Conte e Federica Mogherini. Le posizioni assunte dal nostro Paese in Macedonia fin dai tempi del governo Renzi non migliorano alla Casa Bianca in alcun modo l'immagine di affidabilità del Belpaese, distrutta dopo l'abbraccio con Pechino.
        Francesca Albanese (Ansa)
    
        Emanuele Fiano (Getty Images)
    
        Emanuele Fiano (Imagoeconomica)