2021-06-22
Lo sbandamento su Astrazeneca ci è costato 400.000 iniezioni
La decisione dell'11 giugno di rendere obbligatorio il cocktail di farmaci ha fatto saltare 700.000 prime dosi. Compensate solo dalla crescita dei richiami (+300.000). Una frenata risolta dal premier sette giorni dopo.Altro che accelerare: la campagna vaccinale è in frenata. A boicottare l'immunizzazione, dati alla mano, ancora una volta, è una mossa del ministro Roberto Speranza che ha aumentato, quasi ce ne fosse bisogno, la confusione sul vaccino Astrazeneca. La circolare dell'11 giugno, che ha obbligato al cambio di vaccino per gli under 60 che hanno ricevuto la prima dose di Az, ha fatto saltare nell'ultima settimana circa 700.000 prime vaccinazioni: non sono i richiami quindi a calare, ma l'inizio dell'immunizzazione. Dall'11 al 18 giugno, la campagna vaccinale ha registrato un calo di circa 100.000 dosi al giorno, come documentato domenica dalla Verità. Con questi numeri il presidente del Consiglio, Mario Draghi, si è dovuto precipitare, venerdì scorso, a commissariare, di fatto, il ministro Speranza e il Cts, ripristinando il principio del consenso informato. Il 18 giugno, Draghi, con le curve di vaccinazione in calo, è dovuto correre ai ripari e ha infatti annunciato che gli under 60 possono decidere se concludere il proprio ciclo vaccinale con il richiamo di Astrazeneca o con la vaccinazione eterologa (mix di vaccini) optando per uno a mRna (Pfizer o Moderna) come introdotto da Speranza e dal Cts. Traballa infatti la base scientifica su cui è stato istituito l'obbligo del mix vaccinale. Per Az è noto, sulla base di milioni di dosi somministrate, che gli effetti collaterali si manifestano alla prima dose, non alla seconda. Sulla sicurezza del mix imposto da Speranza i numeri sono nell'ordine delle migliaia. Proprio quando la campagna vaccinale stava ingranando il ritmo delle 600.000 dosi, la circolare del ministero ha creato più danni perché ha colpito di più chi doveva iniziare la vaccinazione, rispetto a chi doveva fare il richiamo, cioè gli under 60. Come riporta anche Pagellapolitica.it, nell'ultima settimana c'è stato un forte calo soprattutto delle prime dosi somministrate. Venerdì 11 giugno in media si inoculavano 582.000 vaccini mentre venerdì 18 il valore è sceso a 533.000. Nei sette giorni dopo la decisione di fermare l'utilizzo di Astrazeneca per gli under 60, sono state somministrate 3,7 milioni di dosi - considerando tutti i vaccini utilizzati - rispetto alle 4,1 milioni della settimana precedente (-400.000 dosi). Il calo però si è concentrato nelle prime dosi, passate da 3 milioni a 2,3 milioni (-700.000), mentre le seconde sono aumentate da 1,1 milioni a 1,4 milioni (+300.000). Al netto quindi sono 400.000 che non hanno iniziato l'immunizzazione. Il calo si è verificato in quasi tutte le Regioni, per tre vaccini su quattro e in tutte le fasce d'età. Tra il 12 e il 18 giugno solo la provincia autonoma di Trento, il Piemonte, la Sardegna, il Veneto e il Friuli Venezia Giulia hanno registrato un aumento delle somministrazioni rispetto ai sette giorni precedenti. Le Regioni con i maggiori cali (oltre il 10%) sono state Abruzzo, Calabria, Campania, Sicilia, Umbria, Valle d'Aosta e provincia autonoma di Bolzano. Nello stesso periodo le somministrazioni del vaccino Johnson&Johnson (a vettore virale come quello di Az) sono crollate dell'80% e quelle di Astrazeneca del 53%, mentre Pfizer ha segnato un +2% e Moderna +32%. È interessante notare che tra le prime dosi, Pfizer ha fatto -22% (probabilmente per la riprogrammazione dei richiami misti) mentre è scontato il -80% di J&J e -95% di Az. Su J&J, sembra superfluo dirlo, ma ha pesato la mancanza di informazioni dal ministero che, dopo giorni di incertezza, ne ha previsto l'uso anche negli under 60, mentre nel frattempo alcune Regioni, come il Piemonte, hanno deciso di sospenderlo. Paradossalmente, a oggi, con un avanzo di 3,7 milioni di dosi, la maggioranza Az, si potrebbe comodamente iniziare a mettere al sicuro quei 2,8 milioni di over 60 che ancora mancano all'appello per la prima dose e che sono più a rischio, in caso di contagio da Covid-19. Non è inutile infatti ricordare che solo il 37,65% degli italiani tra i 60 e i 69 anni ha ricevuto prima e seconda dose di un vaccino o il monodose J&J, quindi è protetto in caso di variante delta. Ulteriore conferma che l'immunizzazione rallenta a causa della confusione consegnata dal ministro Speranza è nel calo delle somministrazioni tra gli under 50 nella stessa settimana. La fascia 50-59 precipita con un -57% nei giorni successivi alla circolare che ha bloccato il richiamo con Az e obbligato un cocktail di vaccinazione che sta avvelenando l'intera campagna di immunizzazione proprio quando sarebbe più necessario che accelerasse. Come è noto lo scudo alle varianti è intorno al 30% per tutti i vaccini alla prima dose, ma diventa del 90% per chi ha completato il ciclo vaccinale, cioè dopo la seconda. Di fronte a questi dati, Draghi non ha potuto far altro che riprendere le redini del governo. Le dosi ci sono, ma la gente è disorientata da un ministero (e un Cts) che dice e disdice con una facilità che crea sfiducia, proprio quello di cui si ha meno bisogno in una pandemia che ci ha colto incapaci e, alla luce di questi dati, non ci sta rendendo migliori.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)