Come per la crisi finanziaria del 2008, i prezzi schizzano alle stelle. Il nichel sfonda 100.000 euro a tonnellata, la borsa metalli di Londra chiude le contrattazioni. Il Mise studia il possibile stop all’export. Caro energia, si ferma pure Cogne Acciai Speciali.
Come per la crisi finanziaria del 2008, i prezzi schizzano alle stelle. Il nichel sfonda 100.000 euro a tonnellata, la borsa metalli di Londra chiude le contrattazioni. Il Mise studia il possibile stop all’export. Caro energia, si ferma pure Cogne Acciai Speciali.C’è già chi l’ha ribattezzata la Lehman Brothers delle materie prime. Nel senso che la guerra in Ucraina sta scatenando lo stesso finimondo del 2008 sui prezzi di acciaio, rame, ghisa, oro, argento, platino e soprattutto del nichel, di cui la Russia è uno dei maggiori produttori mondiali (e la russa Nornickel è il più grande fornitore del metallo per batterie con il 15%-20% dell’offerta globale).Il prezzo del nichel ieri ha dapprima sfondato quota 100.000 dollari per tonnellata, spinto dai timori degli investitori che Mosca non possa più esportare la sua produzione e guadagnando il 66% per poi ripiegare leggermente. Ma nel frattempo il botto è stato così forte che il London metal exchange ha deciso di sospendere le contrattazioni per il resto della seduta «a seguito di ulteriori aumenti notturni senza precedenti del prezzo del future a tre mesi» e «per garantire mercati ordinati». Con lo stop, gli investitori ribassisti hanno dovuto chiudere di corsa le proprie scommesse non essendo in grado di integrare i margini richiesti dei prestiti dai loro finanziatori man mano che il prezzo del nichel saliva. A farne le spese ieri è stato anche il tycoon cinese Xiang Guangda, proprietario del maggior produttore al mondo di nichel, Tsingshan holding group, che sta subendo perdite miliardarie a causa delle massicce posizioni ribassiste costruite sui future del nichel. Xiang, secondo quanto ricostruito da Bloomberg, ha chiuso una parte dello short sul metallo e starebbe valutando se uscire dalle sue scommesse. La perdita potenziale di Tsinghan, solo nella giornata di ieri, supererebbe i 2 miliardi di dollari.Ma il prezzo verrà pagato da tutti: i metalli preziosi sono infatti componenti fondamentali di industrie dei chip e dell’auto o della Difesa, la ghisa serve alle fonderie, il nichel viene utilizzato per produrre batterie per veicoli elettrici e in acciaio inossidabile. La Russia produce il 43,9% del palladio e il 14,1% del platino del mondo, estrae circa il 4% del cobalto globale (necessario anch’esso per le batterie delle auto elettriche), è uno dei principali esportatori di neon che serve per la produzione di semiconduttori, e il terzo maggior produttore (dopo Cina e Vietnam) di tungsteno, impiegato nell’industria degli armamenti. Rimpiazzare Mosca, dunque, è pressoché impossibile se si vogliono mantenere gli stessi livelli produttivi. Secondo Gianclaudio Torlizzi, fondatore di T-Commodity, la decisione di congelare le riserve valutarie russe ha sancito la fine del sistema Bretton Woods II. «È nato così il Bretton Woods III, il nuovo ordine monetario mondiale, incentrato sulla contrapposizione tra valute dei paesi produttori di materie prime e sistema Eurodollaro», ha scritto Torlizzi su Twitter. «E la prima vittima del nuovo ordine monetario è proprio il future londinese del nichel, fondamentale per la produzione di acciaio inox e batterie elettriche, che ha perso di fatto ogni legame con la realtà. Il prezzo sullo screen non ha più alcuna validità. Non sarà un caso isolato». Insomma, le logiche di mercato stanno di fatto saltando ed è bene rendersene conto quanto prima.L’allarme sale anche in Italia. Tanto che ieri il ministero dello Sviluppo economico ha diffuso una nota per annunciare che sta verificando la possibilità di introdurre restrizioni come dazi e autorizzazioni all’export su alcune materie prime destinate alle esportazioni ma che servono alla nostra industria. Tra gli altri, si fa riferimento a materiali quali rottami di ferro, rame, argilla, nichel, prodotti per l’agricoltura. Nell’ambito della task force industriale decisa dal ministro Giancarlo Giorgetti per far fronte alle difficoltà delle imprese che operano in Russia e Ucraina si sollecitano segnalazioni delle imprese colpite dalle sanzioni affinché comunichino al Mise studi e stime di danni subiti.Intanto, si allunga l’elenco delle aziende italiane costrette a sospendere o riorganizzare la produzione per far fronte al caro energia e ai prezzi delle materie prime. Ieri la Cogne Acciai Speciali ha comunicato ai sindacati che ha attivato «misure straordinarie», dalla cassa integrazione straordinaria per evento imprevisto e imprevedibile alla richiesta di smaltimento ferie arretrate per alcuni reparti della produzione fortemente energivori. La situazione, si legge in una nota, «è eccezionale»: il sostenuto aumento dei costi energetici e di nichel, «porta in negativo il delta tra il valore e i costi di produzione». Non potendo ribaltare sul cliente finale gli ulteriori costi di produzione, l’azienda sta quindi cercando di limitare l’impatto di una situazione straordinaria attraverso il fermo parziale di alcuni reparti. Con un paradosso: per il mese di marzo la Cogne aveva previsto consegne di prodotti finiti per un valore di 18.000 tonnellate, un record degli ultimi vent’anni di attività dell’azienda.
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