2024-06-22
«Il Mes è una trappola per topi. L’Italia non deve cedere adesso»
Giulio Sapelli (Imagoeconomica)
L’economista Giulio Sapelli: «Il principio è la distribuzione di risorse in cambio di riforme, così i tecnocrati vogliono eteroregolare il nostro Paese. Il Patto di stabilità andava abolito, sta portando l’Unione alla disgregazione».Non è la prima volta che Giulio Sapelli, uno tra i massimi esperti di economia e affari internazionali, lo denuncia, ma nel suo rinnovato appello pesa l’aggravante della plurirecidiva: «La lezione della pandemia», spiega, «non è servita a nulla, l’Europa continua a ripetere gli stessi errori e a fare di tutta l’erba un fascio, a considerare cioè tutto il debito degli Stati membri cattivo, senza differenziare tra ciò che spendiamo per investire e quello che invece serve a mantenere l’esistente. Avevamo sospeso il Patto di stabilità che stava portando l’Unione Europea nel baratro e adesso riprendiamo con le stesse regole leggermente modificate che però ci porteranno allo stesso punto di prima». Professore, secondo lei il Patto andava cancellato?«Io speravo che quanto è successo durante il periodo del Covid ci avesse fatto capire che quelle regole andavano abolite, ma vedo che stiamo continuando a seguire la stessa teoria neoclassica voluta e spinta dalla Germania senza tener conto dei risultati pessimi ai quali ha portato, per esempio in Sudamerica nel passato, e qualche anno fa in Grecia. Così perseverando sulla strada dell’austerity si arriva alla disgregazione dell’economia europea. Queste ricette prima hanno colpito Paesi considerati cicala come l’Italia e adesso stanno compromettendo le prospettive di crescita anche di Parigi e Berlino». E infatti viene da chiedersi, visto che anche Francia e Germania, considerati i veri kingmaker della partita europea, se la passano male, perché non si cambia?«Perché il potere in Europa è nelle mani dei tecnici che hanno come unico obiettivo l’autoconservazione anche a costo di distruggere l’Europa». Cosa intende per tecnici?«Faccio riferimento a quello Stato invisibile composto dai burocrati, certo, ma anche dalle lobby e dalle società di consulenza che hanno tutti gli interessi a lasciare le cose così come sono». Per questo probabilmente alla guida della Commissione ci ritroveremo la Von der Leyen, nonostante i risultati oggettivamente scadenti del primo mandato?«Ursula von der Leyen che nei precedenti esperimenti da ministro ha fallito verrà sicuramente riconfermata. Difficile riconoscerle dei meriti particolari, se non quello di essere la figlia d’arte di Ernst Albrecht, un intellettuale che ha dato un contribuito significativo alla nascita dell’Unione. Ma lo stesso discorso può essere fatto anche per il nostro Paolo Gentiloni o per José Barroso che è stato alla guida della Commissione dal 2004 al 2014». E le reiterate richieste all’Italia di ratificare il Mes fanno parte di questo stesso pacchetto? «Il Mes è una trappola per topi, perché il principio del meccanismo di stabilità è quella della distribuzione di fondi che possono servire per la sanità o per le banche in cambio delle riforme che pretende l’Europa. Un modo per dare alle tecnocrazie europee la possibilità di eteroregolare le politiche economiche dei vari Paesi». Quindi l’Italia fa bene a continuare a dire no?«Certo e non deve cedere: i risultati li abbiamo per esempio visti con l’applicazione di questo principio su Atene e non credo sia il caso di ripetere l’esperimento. La prima riforma che ci verrebbe imposta sarebbe quella delle pensioni». Teme che il governo possa mollare?«Il governo è stato fino a oggi molto coraggioso ed è riuscito con una serie di artifici a barcamenarsi. Adesso però viene il bello e il difficile da molti punti di vista. La situazione della crescita non è ottimale, c’è il fardello del Superbonus e vedo che il ministro Giorgetti ha dato qualche segnale non proprio in linea con la traiettoria economica tenuta fino ad adesso».Crede che Giorgetti possa cedere al pressing dell’Europa?«Probabilmente si tratta di un gioco dei ruoli tra chi fa la faccia dura e chi è più diplomatico, ci starebbe».Gioco dei ruoli che potrebbe essere usato anche per portare a casa un commissario di peso. A quale posizione dovrebbe ambire l’Italia? «Confermare il commissario all’Economia credo possa essere considerato un successo». Possibilità concreta?«Non è facile, ma deve essere quella la nostra ambizione. Poi si sa come vanno le cose in Europa. Si chiede una posizione per ottenerne un’altra comunque di spessore. Se partiamo già al ribasso non facciamo i nostri interessi». Può essere un vantaggio per noi la situazione di oggettiva debolezza della Francia. «Se la Francia è in difficoltà il demerito è dell’attività disgregatrice di Macron che ha distrutto tutti i grandi partiti per accoglierne dei pezzettini». C’è chi dice che in prospettiva sia messa peggio dell’Italia. «Non diciamo stupidaggini, Francia e Germania sono in difficoltà ma arrivano da anni di crescita robusta e questo non si può certo cancellare dall’oggi al domani».