Affrontando le proprie paure, le debolezze. Chiedendo aiuto. Solo così, per il rapper bresciano, si può normalizzare il disagio. Lui ci è passato, ci vive in mezzo da sempre e per anni ha cercato di ignorarlo. Fino a quando ha capito che da soli non ci si può salvare. Il suo debutto tra i big di Sanremo 2023 arriva con un testo autobiografico che farà breccia nel cuore dei più giovani.
Affrontando le proprie paure, le debolezze. Chiedendo aiuto. Solo così, per il rapper bresciano, si può normalizzare il disagio. Lui ci è passato, ci vive in mezzo da sempre e per anni ha cercato di ignorarlo. Fino a quando ha capito che da soli non ci si può salvare. Il suo debutto tra i big di Sanremo 2023 arriva con un testo autobiografico che farà breccia nel cuore dei più giovani.Nella vita vera si chiama Mattia Balardi, ha 31 anni e arriva da Desenzano del Garda. Ma per i suoi fan e per gli appassionati di rap è soltanto Mr.Rain, un artista riservato con la passione per Eminem, un passaggio a X Factor nel 2011 e un altro a Sanremo l’anno scorso, accanto a Highsnob e Hu nella serata delle cover (insieme hanno interpretato Mi sono innamorato di te di Luigi Tenco). Con tredici dischi di platino in bacheca e numerose hit, ora arriva il suo primo festival da concorrente: «Ho sempre saputo che prima o poi ci sarei andato» ci ha detto in conferenza stampa. La sua canzone si chiama Supereroi e racconta del suo periodo più buio, del disagio e dell’importanza di chiedere aiuto. Spiegaci meglio.«Ho iniziato un percorso terapeutico che non finirà mai. Ma ho anche scoperto un mondo e credo che a tutti farebbe bene - e dovrebbe essere gratuito - chiacchierare con una persona esterna al proprio nucleo familiare. Io ci avevo provato, anche ad aprirmi con i miei amici, ma sono introverso, per me era un passo gigantesco. Riuscire a dire che non stavo bene era come scalare una montagna. Ma quando ho capito che chiunque può vivere questa esperienza e che non sono l’unico al mondo a soffrire, allora ho trovato il coraggio di chiedere aiuto».Supereroi, la tua canzone, parla di questo.«Sì, Supereroi è stata un a necessità. Nasce dalla voglia di dare una mano agli altri, perché il brano parla di chiedere aiuto in un momento difficile. E chi chiede aiuto è un supereroe. È una canzone che ci normalizza come persone, perché fa capire che siamo tutti uguali e che le nostre paure coincidono. Il pezzo può piacere o no, ma per me è fondamentale portare a Sanremo quello he ho vissuto affinché se ne parli di più e per cercare di aiutare chi si trova nella stessa situazione». Benessere mentale: ora è sulla bocca di tutti, sarà una moda?«No, abbiamo semplicemente trovato il coraggio di uscire allo scoperto. Io ho sempre nascosto questo mio lato, sbagliando, e la cosa non mi faceva vivere in modo sereno. Trovare invece il coraggio di dire che sto male è la cosa più bella che mi sia successa in questi ultimi anni. Purtroppo ho capito tardi che non ci possiamo salvare da soli».Di cosa è fatto il disagio di cui parli? «Nel mio caso ci sono state delle delusioni, perché spesso non riesco a capire bene chi ho davanti, ha dato fiducia e spesso sono stato ferito. Ma al posto di esternare i miei sentimenti ho tenuto tutto dentro. Nel 2020 non dormivo più: il lockdown è stato tremendo ma mi ha permesso di capire in cosa stavo sbagliando, a ridisegnare le mie priorità e mi ha insegnato a capirmi meglio. Da lì sono riuscito a fare i primi passi e a confidarmi in famiglia e con la mia ragazza. Sono sicuro che siamo in tantissimi ad aver vissuto questo tipo di cose, soprattutto tra i più giovani. Da ragazzino ero fan di Eninem ed emulavo quello che i miei cantanti preferiti dicevano nei testi. Per me è importante sdoganare certi temi di cui non si parla nella canzoni, cerco di dare il mio piccolo contributo». Chi sono i spererei della tua vita? «Mia mamma che mi ha cresciuto, mi ha insegnato a sbagliare, a fare la cosa giusta. Le devo molto». Ti spaventa Sanremo?«Mettersi in competizione con altri grandissimi cantanti è sempre stata una delle mie mete, da quando ho iniziato a fare musica. Ma è vero che mi sento sempre all’inizio, mi metto perennemente in sfida con me stesso, sono il mio nemico. E l’asticella dei traguardi si sposta sempre, è proporzionale ai miei passi ma forse mi sento più pronto perché sto meglio come persona e cresciuto come artista, come scrittura, composizione». Per chi fai il tifo?«Ultimo, Marco Mengoni ma ce ne sono tantissimi che stimo: Lazza, Elodie, J-Ax. Non la vedo come una gara, ma come una manifestazione per portare le nostre vite nelle case di tutti. E non soffro la classifica, non è una cosa che mi frena, ma vorrei arrivare comunque al cuore della gente».
Francobollo sovietico commemorativo delle missioni Mars del 1971 (Getty Images)
Nel 1971 la sonda sovietica fu il primo oggetto terrestre a toccare il suolo di Marte. Voleva essere la risposta alla conquista americana della Luna, ma si guastò dopo soli 20 secondi. Riuscì tuttavia ad inviare la prima immagine del suolo marziano, anche se buia e sfocata.
Dopo il 20 luglio 1969 gli americani furono considerati universalmente come i vincitori della corsa allo spazio, quella «space race» che portò l’Uomo sulla Luna e che fu uno dei «fronti» principali della Guerra fredda. I sovietici, consapevoli del vantaggio della Nasa sulle missioni lunari, pianificarono un programma segreto che avrebbe dovuto superare la conquista del satellite terrestre.
Mosca pareva in vantaggio alla fine degli anni Cinquanta, quando lo «Sputnik» portò per la prima volta l’astronauta sovietico Yuri Gagarin in orbita. Nel decennio successivo, tuttavia, le missioni «Apollo» evidenziarono il sorpasso di Washington su Mosca, al quale i sovietici risposero con un programma all’epoca tecnologicamente difficilissimo se non impossibile: la conquista del «pianeta rosso».
Il programma iniziò nel 1960, vale a dire un anno prima del lancio del progetto «Gemini» da parte della Nasa, che sarebbe poi evoluto nelle missioni Apollo. Dalla base di Baikonur in Kazakhistan partiranno tutte le sonde dirette verso Marte, per un totale di 9 lanci dal 1960 al 1973. I primi tentativi furono del tutto fallimentari. Le sonde della prima generazione «Marshnik» non raggiunsero mai l’orbita terrestre, esplodendo poco dopo il lancio. La prima a raggiungere l’orbita fu la Mars 1 lanciata nel 1962, che perse i contatti con la base terrestre in Crimea quando aveva percorso oltre 100 milioni di chilometri, inviando preziosi dati sull’atmosfera interplanetaria. Nel 1963 sorvolò Marte per poi perdersi in un’orbita eliocentrica. Fino al 1969 i lanci successivi furono caratterizzati dall’insuccesso, causato principalmente da lanci errati e esplosioni in volo. Nel 1971 la sonda Mars 2 fu la prima sonda terrestre a raggiungere la superficie del pianeta rosso, anche se si schiantò in fase di atterraggio. Il primo successo (ancorché parziale) fu raggiunto da Mars 3, lanciato il 28 maggio 1971 da Baikonur. La sonda era costituita da un orbiter (che avrebbe compiuto orbitazioni attorno a Marte) e da un Lander, modulo che avrebbe dovuto compiere l’atterraggio sulla superficie del pianeta liberando il Rover Prop-M che avrebbe dovuto esplorare il terreno e l’atmosfera marziani. Il viaggio durò circa sei mesi, durante i quali Mars 3 inviò in Urss preziosi dati. Atterrò su Marte senza danni il 2 dicembre 1971. Il successo tuttavia fu vanificato dalla brusca interruzione delle trasmissioni con la terra dopo soli 20 secondi a causa, secondo le ipotesi più accreditate, dell’effetto di una violenta tempesta marziana che danneggiò l’equipaggiamento di bordo. Solo un’immagine buia e sfocata fu tutto quello che i sovietici ebbero dall’attività di Mars 3. L’orbiter invece proseguì la sua missione continuando l’invio di dati e immagini, dalle quali fu possibile identificare la superficie montagnosa del pianeta e la composizione della sua atmosfera, fino al 22 agosto 1972.
Sui giornali occidentali furono riportate poche notizie, imprecise e incomplete a causa della difficoltà di reperire notizie oltre la Cortina di ferro così la certezza dell’atterraggio di Mars 3 arrivò solamente dopo il crollo dell’Unione Sovietica nel 1991. Gli americani ripresero le redini del successo anche su Marte, e nel 1976 la sonda Viking atterrò sul pianeta rosso. L’Urss abbandonò invece le missioni Mars nel 1973 a causa degli elevatissimi costi e della scarsa influenza sull’opinione pubblica, avviandosi verso la lunga e sanguinosa guerra in Afghanistan alla fine del decennio.
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Il presidente torna dal giro in Francia, Grecia e Spagna con altri missili, caccia, radar, fondi energetici. Festeggiano i produttori di armi e gli Stati: dopo gli Usa, la Francia è la seconda nazione per export globale.
Il recente tour diplomatico di Volodymyr Zelensky tra Atene, Parigi e Madrid ha mostrato, più che mai, come il sostegno all’Ucraina sia divenuto anche una vetrina privilegiata per l’industria bellica europea. Missili antiaerei, caccia di nuova generazione, radar modernizzati, fondi energetici e contratti pluriennali: ciò che appare come normale cooperazione militare è in realtà la struttura portante di un enorme mercato che non conosce pause. La Grecia garantirà oltre mezzo miliardo di euro in forniture e gas, definendosi «hub energetico» della regione. La Francia consegnerà 100 Rafale F4, sistemi Samp-T e nuove armi guidate, con un ulteriore pacchetto entro fine anno. La Spagna aggiungerà circa 500 milioni tra programmi Purl e Safe, includendo missili Iris-T e aiuti emergenziali. Una catena di accordi che rivela l’intreccio sempre più solido tra geopolitica e fatturati industriali. Secondo il SIPRI, le importazioni europee di sistemi militari pesanti sono aumentate del 155% tra il 2015-19 e il 2020-24.
Imagoeconomica
Altoforno 1 sequestrato dopo un rogo frutto però di valutazioni inesatte, non di carenze all’impianto. Intanto 4.550 operai in Cig.
La crisi dell’ex Ilva di Taranto dilaga nelle piazze e fra i palazzi della politica, con i sindacati in mobilitazione. Tutto nasce dalla chiusura dovuta al sequestro probatorio dell’altoforno 1 del sito pugliese dopo un incendio scoppiato il 7 maggio. Mesi e mesi di stop produttivo che hanno costretto Acciaierie d’Italia, d’accordo con il governo, a portare da 3.000 a 4.450 i lavoratori in cassa integrazione, dato che l’altoforno 2 è in manutenzione in vista di una futura produzione di acciaio green, e a produrre è rimasto solamente l’altoforno 4. In oltre sei mesi non sono stati prodotti 1,5 milioni di tonnellate di acciaio. Una botta per l’ex Ilva ma in generale per la siderurgia italiana.
2025-11-20
Mondiali 2026, il cammino dell'Italia: Irlanda del Nord in semifinale e Galles o Bosnia in finale
True
Getty Images
Gli azzurri affronteranno in casa l’Irlanda del Nord nella semifinale playoff del 26 marzo, con eventuale finale in trasferta contro Galles o Bosnia. A Zurigo definiti percorso e accoppiamenti per gli spareggi che assegnano gli ultimi posti al Mondiale 2026.






