Parla Corrado Sanguineti, vescovo di Pavia: «Superiamo la politica sanitaria fondata sulle limitazioni e tarata solo sui vaccini. Le cure ormai ci sono. La scienza è una risorsa, non diventi idolo. Il sogno del transumanesimo? Un incubo».
Parla Corrado Sanguineti, vescovo di Pavia: «Superiamo la politica sanitaria fondata sulle limitazioni e tarata solo sui vaccini. Le cure ormai ci sono. La scienza è una risorsa, non diventi idolo. Il sogno del transumanesimo? Un incubo».L’esperienza della pandemia «ha lasciato ferite nella società e andrà metabolizzata col tempo. Ora è importante uscire da una comunicazione ansiogena, superare una politica sanitaria fondata sulle limitazioni e guardare avanti: la vita non può essere schiacciata sul problema del Covid». Il transumanesimo? «Più che un sogno, un incubo». A colloquio con il vescovo di Pavia, monsignor Corrado Sanguineti, che sull’ambientalismo imperante mostra «l’altra storia»: oggi presenta l’uomo come un problema, ma se egli usa bene la sua libertà e intelligenza, è una risorsa anche per l’ambiente. «La pandemia ci ha messo tutti in crisi. E da una crisi non si può uscire uguali. O usciamo migliori, o usciamo peggiori», disse papa Francesco nel gennaio 2021. Ora possiamo fare un bilancio: come ne siamo venuti fuori? «Aspetti positivi ma anche negativi hanno segnato il tempo della pandemia: tra i primi metterei le iniziative di soccorso e aiuto, e le tante esperienze di carità vissute. Ciononostante, il lascito è pesante: una società più sfilacciata e individualista; un disagio ancora diffuso, con forti ricadute a livello psicologico, tra i giovani; la sofferenza degli anziani, costretti a lunghi periodi di isolamento e solitudine. Anche le comunità cristiane escono segnate: sono mancati momenti di aggregazione e formazione e si è verificata una forte disaffezione alla vita liturgica. Come Chiesa non sempre abbiamo saputo dire parole nuove, diverse dal mainstream culturale, e forse abbiamo accettato troppo passivamente le restrizioni dei primi mesi sulla presenza alle celebrazioni. Soprattutto, non sempre abbiamo saputo toccare certi temi di fondo che proprio la pandemia ha rimesso in questione - il senso della vita e della morte, il significato della umana sofferenza, la domanda sul destino dell’uomo - e sui quali l’annuncio della fede porta una luce di speranza. Penso che adesso si debba uscire da una comunicazione ansiogena sul Covid e superare una politica sanitaria fondata sulle limitazioni e tarata solo sui vaccini, che ha creato attese esagerate e favorito divisioni e tensioni nelle famiglie, nelle relazioni sociali, negli ambienti di lavoro. È necessario anche riconsiderare certe posizioni, dando valore alle possibili forme di cura che ormai ci sono. Questa esperienza andrà metabolizzata col tempo; ora però è importante guardare avanti, nella consapevolezza che col virus dovremo ancora per un po’ convivere ma che la vita non può essere schiacciata sul problema del Covid».Lei richiamava la necessità di parole nuove. Quali pronuncia la Chiesa sul rapporto tra l’uomo e il creato, oggi sovvertito in nome di un ambientalismo ideologico?«Dal punto di vista culturale stiamo passando da un estremo all’altro: la modernità ha promosso una visione dell’uomo che si mette al centro del mondo e ne diventa artefice, e distorcendo il messaggio biblico ne ha fatto il padrone assoluto anziché colui che è chiamato a custodire responsabilmente il creato, come spiega il Papa nella Laudato si’. Da questo antropocentrismo sbagliato ora cadiamo nell’eccesso opposto: far diventare l’uomo un problema, laddove se usa bene la sua libertà e intelligenza egli è una risorsa anche per l’ambiente. Il bellissimo panorama delle colline toscane, ad esempio, è il frutto di una natura lavorata e antropizzata, dell’uomo che entra in un rapporto positivo con l’ambiente, cui si adatta e che adatta. Storicamente, una dimostrazione in tal senso viene anche dall’esperienza del monachesimo benedettino. Nell’affrontare il tema va però evitato il catastrofismo e una visione cupa del futuro, che stanno creando nei giovani ansia e sfiducia nella vita. E va promossa l’ecologia integrale, che include cura dell’ambiente, attenzione alla dimensione sociale e rispetto della natura umana, oggi troppo spesso violentata: penso alla manipolazione genetica o a certe pratiche che trasformano il generare in produrre». A proposito: come proteggiamo l’uomo dall’ideache la società debba essere comandata da un uomo in camice bianco?«Innanzitutto, riscoprendo quello che papa Benedetto chiama “l’orizzonte ampio della ragione”: la scienza è una forma di conoscenza molto preziosa ma non è l’unica né è in grado di esaurire il reale. Grazie alla tecnica può avere applicazioni assai positive ma non tutto ciò che è tecnicamente fattibile, ora o in futuro, deve essere fatto giacché alcune operazioni sulla realtà e sull’uomo alla fine si ritorcono contro l’uomo stesso. Uno sviluppo incontrollato e rapido, penso al digitale in continua evoluzione, che non si interroghi sul bene della persona e delle sue fondamentali esperienze - il nascere, l’amare, il vivere, il soffrire, il morire - rischia di generare un futuro sempre più disumanizzante. Ai camici bianchi dobbiamo molto, però la storia insegna che la medicina va pensata dentro a un quadro etico. La scienza è una risorsa ma non può diventare un idolo. Dare tutto in mano agli scienziati o ai medici senza porsi troppe domande di tipo morale, significa prepararsi a un domani espropriato della centralità dell’uomo». Avanza invece un’ideologia che vorrebbe un uomo guidato e manipolato in vista di una sua «colonizzazione»: il transumanesimo. La prossima tappa vedrà la tecnica spogliare la persona della sua dignità?«Certi romanzi e film di fantascienza che descrivono un mondo in cui l’uomo è robotizzato e controllato possono aiutarci a percepire la domanda fondamentale: che cosa vogliamo fare di noi stessi? Questo sogno del transumanesimo ha dentro di sé la pretesa dell’uomo di potersi reinventare da capo e di controllare il futuro; invece, va compreso che non c’è nulla di determinato, perché tutto passa attraverso la libertà dei soggetti, delle famiglie, dei popoli. Rispetto ad una prospettiva transumana, occorre allora incentivare luoghi di rinascita dove si possa sperimentare che essere una persona umana, con le sue risorse e i suoi limiti - l’invecchiamento, la malattia, la debolezza - non è un di meno ma la ricchezza che segna il nostro essere. Anzi, è proprio in quanto provocato dalla sua fragilità, che l’uomo ha affrontato certe sfide e le ha vinte. Chiunque resti fedele alla propria esperienza umana, al proprio cuore, non può non accorgersi che il sogno del transumanesimo, in realtà, è un incubo»
Scienziati tedeschi negli Usa durante un test sulle V-2 nel 1946 (Getty Images)
Il 16 novembre 1945 cominciò il trasferimento negli Usa degli scienziati tedeschi del Terzo Reich, che saranno i protagonisti della corsa spaziale dei decenni seguenti.
L'articolo contiene una gallery fotografica.
Il 16 luglio 1969 il razzo Saturn V portò in viaggio verso il primo allunaggio della storia l’equipaggio della missione Nasa Apollo 11. Il più grande passo per l’Uomo ed il più lungo sogno durato secoli si era avverato. Il successo della missione NASA fu il più grande simbolo di vittoria nella corsa spaziale nella Guerra fredda per Washington. All’origine di questo trionfo epocale vi fu un’operazione di intelligence iniziata esattamente 80 anni fa, nota come «Operation Paperclip». L’intento della missione del novembre 1945 era quella di trasferire negli Stati Uniti centinaia di scienziati che fino a pochi mesi prima erano stati al servizio di Aldolf Hitler e del Terzo Reich nello sviluppo della tecnologia aerospaziale, della chimica e dell’ingegneria naziste.
Nata inizialmente come operazione intesa ad ottenere supporto tecnologico per la tardiva resa del Giappone nei primi mesi del 1945, l’operazione «Paperclip» proseguì una volta che il nuovo nemico cambiò nell’Unione Sovietica, precedente alleato di Guerra. Dopo la caduta del Terzo Reich, migliaia di scienziati che avevano lavorato per la Germania nazista si erano sparsi per tutto il territorio nazionale, molti dei quali per sfuggire alla furia dei sovietici. L’OSS, il servizio segreto militare dal quale nascerà la CIA, si era già preoccupato di stilare un elenco delle figure apicali tra gli ingegneri, i fisici, i chimici e i medici che avrebbero potuto rappresentare un rischio se lasciati nelle mani dell’Urss. Il Terzo Reich, alla fine della guerra, aveva infatti raggiunto un livello molto avanzato nel campo dell’ingegneria aeronautica e dei razzi, uno dei campi di studio principali sin dai tempi della Repubblica di Weimar. I missili teleguidati V-2 e i primi aerei a reazione (Messerschmitt Me-262) rivelarono agli alleati quella che sarebbe stata una gravissima minaccia se solo Berlino fosse riuscita a produrre in serie quelle armi micidiali. Solamente l’efficacia dei potenti bombardamenti sulle principali strutture industriali tedesche ed il taglio dei rifornimenti impedì una situazione che avrebbe potuto cambiare in extremis l’esito del conflitto.
L’Operazione «Paperclip», in italiano graffetta, ebbe questo nome perché si riferiva ai dossier individuali raccolti negli ultimi mesi di guerra sugli scienziati tedeschi, molti dei quali erano inevitabilmente compromessi con il regime nazista. Oltre ad aver sviluppato armi offensive (razzi e armi chimiche) avevano assecondato le drammatiche condizioni del lavoro forzato dei prigionieri dei campi di concentramento, caratterizzate da un tasso di mortalità elevatissimo. L’idea della graffetta simboleggiava il fatto che quei dossier fossero stati ripuliti volontariamente dalle accuse più gravi dai redattori dei servizi segreti americani, al fine di non generare inevitabili proteste nell’opinione pubblica mondiale. Dai mesi precedenti l’inizio dell’operazione, gli scienziati erano stati lungamente interrogati in Germania, prima di essere trasferiti in campi a loro riservati negli Stati Uniti a partire dal 16 novembre 1945.
Tra gli ingegneri aeronautici spiccavano i nomi che avevano progettato le V-2, costruite nel complesso industriale di Peenemünde sul Baltico. Il più importante tra questi era sicuramente Wernehr von Braun, il massimo esperto di razzi a propulsione liquida. Ex ufficiale delle SS, fu trasferito in a Fort Bliss in Texas. Durante i primi anni in America fu usato per testare alcune V-2 bottino di guerra, che von Braun svilupperà nei missili Redstone e Jupiter-C (che lanciarono il primo satellite made in Usa). Dopo la nascita della NASA fu trasferito al Marshall Space Flight Center. Qui nacque il progetto dei razzi Saturn, che in pochi anni di sviluppo portarono gli astronauti americani sulla Luna, determinando la vittoria sulla corsa spaziale con i sovietici e divenendo un eroe nazionale.
Con von Braun lavorò allo sviluppo dei razzi anche Ernst Stuhlinger, grande matematico, che fu estremamente importante nel calcolo delle traiettorie per la rotta dei razzi Saturn. Fu tra i primi a ipotizzare la possibilità di raggiungere Marte in tempi relativamente brevi. Nel team dei tedeschi che lavorarono per la Nasa figurava anche Arthur Rudolph, che sarà uno dei principali specialisti nei motori del Saturn. L’ingegnere tedesco si occupò in particolare del funzionamento del primo stadio del razzo che conquistò la Luna, un compito fondamentale per un corretto decollo dalla rampa di lancio. Rudolph era fortemente compromesso con il Terzo Reich in quanto membro prima del partito nazista e quindi delle SS. Nel 1984 decise di lasciare gli Stati Uniti dopo che nei primi anni ’80 iniziarono una serie di azioni giudiziarie contro quegli scienziati che più si erano esposti nella responsabilità dell’Olocausto. Morirà in Germania nel 1996.
Tra gli ingegneri, fisici e matematici trasferiti con l’operazione Paperclip fu anche Walter Häussermann, esperto in sistemi di guida dei razzi V-2. Figura chiave nel team di von Braun, sviluppò negli anni di collaborazione con la NASA gli accelerometri ed i giroscopi che il razzo vettore del programma Apollo utilizzò per fornire i dati di navigazione al computer di bordo.
In totale, l’operazione Paperclip riuscì a trasferire circa 1.600 scienziati tedeschi negli Stati Uniti. In ossequio alla realpolitik seguita alla corsa spaziale, la loro partecipazione diretta o indiretta alle attività belliche della Germania nazista fu superata dall’enfasi che il successo nella conquista della Luna generò a livello mondiale. Un cammino che dagli ultimi sussulti del Terzo Reich, quando le V-2 colpirono Londra per 1.400 volte, portò al primo fondamentale passo verso la conquista dello Spazio.
Continua a leggereRiduci
Beppe Sala (Ansa)
Per «Italia Oggi», la città di Mr Expo è prima per reati commessi. Due sentenze della Cassazione riscrivono l’iter per le espulsioni.
Milano torna a guidare la classifica della qualità della vita ma, allo stesso tempo, è diventata la capitale del crimine. E, così, il primato che la vede in cima alle Province italiane svanisce subito quando si scorre la classifica sui reati, dove affonda come un sasso dritta alla posizione numero 107, l’ultima. Fanalino di coda. Peggio del 2024, quando era penultima. Un record di cui nessuno dovrebbe essere fiero. Ma che, anche quest’anno, il sindaco dem Beppe Sala ignorerà, preferendo alle misure per la sicurezza il taglio di nastri e la promozione di aree green. L’indagine è quella di Italia Oggi e Ital Communications, realizzata con l’Università la Sapienza, che ogni anno stila la classifica sulla qualità della vita.
Maurizio Gasparri (Ansa)
Il capogruppo azzurro Maurizio Gasparri tra ricordi e attualità: «Casini ha perso il Colle per colpa di Salvini. I giovani in politica devono imparare ad eseguire, quelli che rompono spariscono subito».
Elly Schlein (Ansa)
I cittadini hanno paura e il Pd improvvisamente si scopre «law and order»: dopo aver tifato accoglienza indiscriminata, oggi cavalca il tema legalità per attaccare la destra.














