2024-05-19
Massimiliano Sandri: «Troppi sussidi, nessuno vuole più lavorare»
Massimiliano Sandri, titolare di Mosaicon Shoes
L’imprenditore titolare della Mosaicon shoes (ex Cerutti) di Vigevano: «Tanti anni di “cassa” e reddito di cittadinanza hanno spinto le persone a preferire il licenziamento all’impiego. Ho collaborato con Kanye West. Facevamo 40.000 paia di scarpe, ora 200.000».L’immagine è di quelle cinematografiche. «Quando eravamo ancora nella vecchia fabbrica, ho visto arrivare due enormi van neri con i vetri oscurati. Da uno è sceso Kanye West che non aveva un appuntamento e non sapevo chi fosse perché non ascolto nemmeno quella musica. Da lì la nostra svolta». Chi si racconta alla Verità è Massimiliano Sandri, imprenditore calzaturiero, ceo della Mosaicon shoes di Vigevano che con grande coraggio, nel 2013, rilevò ciò che rimaneva di un famoso calzaturificio, il Mario Cerutti, finito in disgrazia.Una vera avventura. «Proprio così. Kanye aveva appena aperto a Milano il suo headquarter dove sviluppava la linea Yeezy con Adidas e per alcuni mesi abbiamo disegnato e prodotto le sue scarpe. Nel team che lo accompagnava c’era, come disegnatore, Virgil Abloh e dopo pochi mesi, quando Virgil lascia Kanye e lancia Off-White, si è ricordato di noi e ci ha scelti per le sue scarpe. Quando nel 2017/2018 Off-White è esploso, non sapevo come fare dato che tutti volevano produrre da noi. È stata una grandissima soddisfazione poter essere accanto a un tale genio creativo con una visione completamente diversa della moda».Ma facciamo un passo indietro e raccontiamo come siete nati. «Negli anni Sessanta nasce il calzaturificio Mario Cerutti. In quegli anni, fino agli Ottanta, Vigevano era la capitale mondiale della calzatura. C’erano centinaia di calzaturifici. Ora siamo venti».Poi che accadde? «Quando ho rilevato questa azienda, produceva solo il proprio marchio. Nel 2004 Cerutti era stato acquisito dal gruppo Burani dopo aver dato vita al contenitore del lusso accessibile con il nome di Antichi pellettieri. Intorno al 2010 Mariella Burani fashion group fallisce e vengo chiamato dal tribunale di Reggio Emilia, che doveva vendere tutte le società, per propormi di comperare la Mario Cerutti, trasformata come ragione sociale in Mosaicon shoes. Lascio il mio ruolo di gestore di fondi di private equity e decido di fare una operazione di private equity da solo, pensando di comperare la società, risistemarla e rivenderla, tenendo il nome». Ma facendo nel frattempo una vera rivoluzione. «Esatto. Immediatamente ho smesso di produrre scarpe a marchio Mario Cerutti per servire i grandi marchi italiani e francesi. In casa c’era il know how, i macchinari: a Vigevano tutti i calzaturifici famigliari conservavano l’alta qualità dei loro artigiani ed è ancora così. Grazie a questo savoir fair, ho iniziato a girare presentandomi a persone che non sapevano che noi esistessimo e due grandi stilisti accettarono di lavorare con noi, nel 2013: Vivienne Westwood, con cui abbiamo iniziato, e, dopo poco, anche uno dei più grandi stilisti della moda francese di scarpe ci ci ha scelto: Pierre Hardy. Lui già lavorava con diverse aziende di Vigevano e, da quel momento, siamo diventati il loro fornitore. Da lì è stato tutto in discesa».Una differenza che sta anche nei numeri dal 2013 a oggi. «Allora producevamo 40.000 paia all’anno, ora sono 200.000. Il 2013 è stato l’anno più buio dell’azienda, fatturavamo un milione di euro. Dieci anni dopo ne fatturiamo 26 milioni. Il savoir fair era qua dentro, ho saputo comunicarlo ai potenziali clienti. Oggi siamo 120 persone e tutte interpretano e realizzano subito ciò che arriva dalle maison».Lei rappresenta una storia vigevanese di grande successo ma tante altre non sono andate bene e si parla di seria crisi del distretto. Come mai? «Il caso eclatante è stato Moreschi, l’azienda più importante del nostro territorio fino a circa quindici anni fa. Gli ultimi licenziamenti, una cinquantina di persone, sono della settimana scorsa. È entrata in crisi perché, negli ultimi vent’anni, si sono ostinati a fare una calzatura elegante fondo cuoio quando ormai ai piedi vedi principalmente sneakers. Sono andati contro il mercato e contro sé stessi. La seconda ragione della crisi di Moreschi va individuata nel non aver compreso che, nel momento in cui i grandi marchi entrano nella calzatura, i clienti scelgono quelle del brand più famoso e la fascia di Moreschi, che era quella di mezzo, si è completamente svuotata. Chi può spendere va sopra e chi non può, semplicemente, va sotto. Le aziende che vanno male sono quelle che si ostinano a sviluppare il proprio marchio con prospettive solo nazionali».Alcune persone di Moreschi ora lavorano per voi? «Sì, abbiamo fatto qualche assunzione ma sono subentrati problemi perché sono persone che per 10-15 anni sono state in cassa integrazione al 70-80%, preferendo essere licenziate e avere i sussidi nazionali. Non riusciamo a intercettare le persone in uscita da Moreschi perché non c’è interesse a venire a lavorare in aziende come la nostra. Eravamo disposti ad assumere tutte le orlatrici di Moreschi ma non se ne è presentata neanche una. Quindi non è vero che il distretto non assorbe ma è la gente che, abituata da anni alla cassa integrazione, non è più disponibile a lavorare in modo produttivo nelle aziende che ci sono. A questo aggiungerei, poi, il grande guaio del reddito di cittadinanza. Dopo il Covid c’è stato un boom di produzione ma nessuno si è ricollocato in altri calzaturifici».Cosa c’è nel futuro di Mosaicon Shoes? «Abbiamo già comperato due società di altrettante, storiche famiglie vigevanesi l’anno scorso e andremo avanti con nuove acquisizioni. Ogni qual volta si presenterà un’opportunità di diventare soci di famiglie con grande know how e mano d’opera, noi entreremo nel capitale di queste aziende. Continueremo a farlo, creare sistema sarà il futuro della città. Io ci credo. A Vigevano facciamo ancora un milione di scarpe all’anno. Se non ci fosse una prospettiva, non rimarrei qui».