2023-11-02
Sanchez vuol governare con chi tifa Hamas
Il premier spagnolo ha perso le ultime elezioni ma prova a rimanere in sella promettendo amnistia ai separatisti catalani e andando allo scontro con l’ambasciata di Gerusalemme per compiacere altri suoi alleati. E pensare che dava dell’impresentabile a Giorgia Meloni.Bolivia, Cile, Colombia, Venezuela, Brasile: così Pechino usa i suoi partner economici.Lo speciale contiene due articoli.«Adelante Pedro, con juicio». All’omonimo premier spagnolo tocca ricordare le parole di Antonio Ferrer: il gran cancelliere che, nei Promessi Sposi, suggerisce al cocchiere di procedere con prudenza. Pedro Sánchez, alla disperata ricerca di alleati per rimanere in sella, sembra invece più spericolato che mai. Il leader del Psoe è stato sconfitto alle ultime politiche. Ma i popolari non hanno la maggioranza. E lui adesso sigla patti governativi con indipendentisti, ultraprogressisti e simpatizzanti di Hamas. Ultima prodezza: i suoi socialisti, la Sinistra repubblicana e gli indomiti di Erc vogliono dare l’amnistia agli indipendentisti catalani finiti a processo per il referendum illegale del 2017. A partire da Carles Puigdemont, l’ex presidente della generalitat, riparato a Bruxelles per evitare la cattura in Spagna. Tutto è perdonato. In cambio della generosa concessione, Sanchez otterrà il sostegno dei sette deputati di Junts, il partito dell’esule. Altrettanti ne porta in dote Erc, guidato dall’attuale presidente della Catalogna, Pere Aragones. Gli indipendentisti, viste le ambasce di Sánchez, fiutano l’occasione epocale. Oltre all’amnistia, chiedono così l’impensabile: autodeterminazione, poteri fiscali, più autonomia di bilancio e controllo delle ferrovie nella regione. Il voto di fiducia è previsto l’8 novembre, anche se ci sarebbe tempo fino al 27 per trovare una maggioranza. Se Sánchez dovesse fallire, la Spagna andrebbe a nuove elezioni il prossimo gennaio. Pur di rimanere alla Moncloa, Pedro è pronto a concedere e ammiccare. Senza juicio. Proprio lui: l’idolo dei progressisti continentali. Il politico a cui pure la nostra Elly Schlein, segretaria del Pd, spudoratamente s’ispira: diritti civili, femminismo, anticapitalismo. Uno di quelli che, da anni, lancia accorati allarmi sull’emergenza democratica in Europa. Esemplificata in patria da Vox, membro dei conservatori di Ecr, guidati dalla premier italiana, Giorgia Meloni. Nonché dagli pseudofascisti di Marine Le Pen, che invece fanno parte, assieme alla Lega, del gruppo Identità e democrazia. Ma come fanno i popolari, attaccano Sanchez e compagni, a immaginare un’alleanza con siffatti impresentabili?Ecco, proprio lì eravamo rimasti. Adesso, visti gli interessati baciamani di Pedro, chi è il vero indecoroso? Anche perché lo spavaldo Sánchez, oltre a brigare per l’appoggio degli indipendentisti, vanta già nel suo dimissionario governo perfino simpatizzanti di Hamas. Vedi Ione Belarra, ministra dei Diritti sociali e leader di Podemos. Gli ha proposto di portare il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, davanti alla Corte penale internazionale: processiamolo da criminale di guerra, suggerisce Belarra. Non è certo l’unica. Nonostante gli storici legami tra Spagna e Israele, mezzo governo iberico sembra tifare per i terroristi. Vedi Sumar: la piattaforma progressista della ministra del Lavoro e vicepremier, Yolanda Díaz. O Izquierda unida: guidata dal ministro dei Consumatori, Alberto Garzón. Assieme a Podemos, dopo l’ultimo attacco di Hamas, esecrano la rappresaglia di Israele. E accusano l’Ue di usare «due pesi e due misure». Fa ancora peggio un’altra ministra, Irene Montero. Posta su X una foto di Netanyahu con la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. Sotto, commenta: «Not in our name». Non nel loro nome. Non contro il terrorismo islamico, quindi. «Non c’è spazio per l’equidistanza. Bisogna dire chiaramente che Israele è uno Stato occupante» deflagra ancora Belarra. «Dobbiamo alzare la voce per fermare questo genocidio una volta per tutte» insiste. «Dichiarazioni assolutamente immorali» risponde l’ambasciata israeliana a Madrid, riferendosi ad «alcuni elementi» del governo, accusati di aver «messo in pericolo la sicurezza delle comunità ebraiche in Spagna». E invita Sánchez a «denunciare e condannare inequivocabilmente queste dichiarazioni vergognose». Già, solo che l’agonizzante Pedro non può. Per sopravvivere ha bisogno dei deplorevoli ultrasinistri. Così, piuttosto che marcare distanza, il governo rintuzza: «Rifiuta categoricamente le falsità espresse nel comunicato dell’ambasciata israeliana su alcuni dei suoi membri e non accetta insinuazioni infondate». Mentre il ministro degli Esteri, José Manuel Albares, parla di «incidente isolato», che segue un «gesto ostile» dell’ambasciata israeliana. Comunque, il caso non è certo chiuso. La scorsa domenica Díaz rilancia. Partecipa a una manifestazione organizzata da gruppi e ong palestinesi contro il «genocidio» israeliano. E accusa nuovamente Tel Aviv di «crimini di guerra», chiedendo un cessate il fuoco immediato. Lo stesso, aggiunge, dovrebbe fare il valoroso Pedro. Che, viste pure le faticose alleanze post elettorali, ha già fatto capire da che parte sta. A margine del consiglio europeo, gli domandano: «Ritiene che Israele stia violando il diritto internazionale?». E lui: «Penso che sia legittimo porsi questa domanda». A questo punto, è ancor più legittimo un altro quesito: chi sono in Europa i veri impresentabili?<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/sanchez-con-chi-tifa-hamas-2666131293.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="se-il-sudamerica-condanna-israele-e-per-la-spinta-decisiva-della-cina" data-post-id="2666131293" data-published-at="1698936076" data-use-pagination="False"> Se il Sudamerica condanna Israele è per la spinta decisiva della Cina È significativo, oltreché preoccupante, il numero dei Paesi latinoamericani che stanno assumendo posizioni anti israeliane. Paesi che, guarda caso, intrattengono quasi sempre strette relazioni con Cina e Iran. Martedì, la Bolivia ha annunciato la rottura delle relazioni diplomatiche con lo Stato ebraico a causa della crisi di Gaza. Ebbene, proprio la Bolivia ha firmato a giugno accordi sul litio, per un valore di 1,4 miliardi di dollari, con l’azienda statale russa Rosatom e il gruppo cinese Citic Guoan. Tutto questo, mentre un’intesa similare l’aveva raggiunta a gennaio con il colosso cinese Catl. Era invece luglio quando il governo di La Paz ha siglato un accordo di cooperazione nel settore della Difesa con l’Iran. Dal canto loro, Colombia e Cile hanno richiamato i propri ambasciatori in Israele per consultazioni. Ebbene, era lo scorso 25 ottobre, quando Pechino ha elevato le proprie relazioni diplomatiche con Bogotà al livello di cooperazione strategica. A metà dello stesso mese, il presidente cileno, Gabriel Boric, ha invece partecipato al Belt and Road Forum di Pechino, dove ha incontrato Xi Jinping. «La cooperazione tra Cina e Cile in vari campi ha promosso lo sviluppo e la rivitalizzazione di entrambi i Paesi e ha portato benefici sostanziali al nostro popolo», ha detto nell’occasione il presidente cinese. Ma non è finita qui. Nei giorni scorsi, il presidente venezuelano, Nicolas Maduro, ha accusato Israele di «genocidio». Sarà un caso, ma a settembre, lo stesso Maduro ha incontrato Xi a Pechino, per siglare accordi nei settori del commercio e del turismo. Era invece giugno, quando il presidente iraniano, Ebrahim Raisi, si è recato a Caracas, dove ha firmato un’intesa per incrementare la cooperazione nel comparto petrolchimico. Non dimentichiamo inoltre che, a ottobre 2020, l’Atlantic Council mise in evidenza i legami tra il regime venezuelano ed Hezbollah, che è storicamente spalleggiata da Teheran. Era infine maggio 2020, quando il Dipartimento di Giustizia statunitense accusò formalmente un alleato di Maduro, Adel El Zabayar, di narcoterrorismo, traffico di droga e sostegno a gruppi terroristici, tra cui Hamas ed Hezbollah. Di «genocidio» a Gaza ha parlato anche il presidente brasiliano, Inacio Lula da Silva: quest’ultimo ha notevolmente rafforzato le relazioni tra Brasilia e Pechino durante un viaggio in Cina ad aprile ed è anche stato tra i principali protagonisti dell’ultimo summit dei Brics ad agosto. Fu proprio durante quell’evento che Lula ebbe un bilaterale con Raisi. D’altronde, l’Iran è uno dei nuovi Paesi che si accingono a entrare nei Brics. A marzo 2021, Pechino e Teheran hanno siglato un accordo di cooperazione venticinquennale, mentre il Dragone si rifiuta di riconoscere Hezbollah e Hamas come organizzazioni terroristiche. Sempre Pechino ha votato contro l’emendamento che avrebbe inserito una condanna di Hamas nella recente risoluzione Onu volta a invocare un cessate il fuoco a Gaza. Il Wall Street Journal ha anche sottolineato che i giganti cinesi Baidu e Alibaba sembrerebbero aver cancellato Israele dalle loro mappe. Il governo di Pechino ha negato di aver eliminato lo Stato ebraico dalle proprie carte geografiche, mentre – secondo Newsweek – l’assenza dei nomi di Israele e Gaza dalle mappe dei due colossi cinesi risulterebbe antecedente allo scoppio della crisi in corso. Come che sia, sabato il New York Times ha riportato che i media statali di Pechino starebbero veicolando alcuni contenuti anti israeliani e che elementi antisemiti circolerebbero sui social cinesi. Più in generale, dietro l’apparente tentativo di mediazione, il Dragone sta puntando a massimizzare il proprio tornaconto geopolitico dalla crisi di Gaza. Obiettivo di Pechino è quello di far saltare definitivamente la logica degli accordi di Abramo per fiaccare ulteriormente l’influenza statunitense sul Medio Oriente. In tal senso, la Cina auspica un indebolimento di Israele. E, non a caso, il network latinoamericano del Dragone si sta muovendo sulla base di questa linea.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.