«Avvenire» ha dedicato pagina 2 di ieri ai commenti dei lettori sul circo montato dal governo in pieno spregio della libertà di culto. E ha epurato una lettera assai critica su Giuseppe Conte arrivata anche a «La Verità».
«Avvenire» ha dedicato pagina 2 di ieri ai commenti dei lettori sul circo montato dal governo in pieno spregio della libertà di culto. E ha epurato una lettera assai critica su Giuseppe Conte arrivata anche a «La Verità».«Se sbagliate, vi correggerò». Parafrasando alla propria maniera le prime parole di Karol Wojtyla da pontefice, Marco Taquinio si è messo a scegliere e pubblicare le lettere che arrivano ad Avvenire sulla chiusura delle chiese e sullo scontro tra Giuseppe Conte e Conferenza episcopale italiana, ma sfortuna ha voluto che una sia finita anche sulla Verità di ieri. Ed è molto diversa. Nella versione emendata dal direttore del quotidiano dei vescovi sono miracolosamente spariti i riferimenti critici al premier, ai virologi e agli espertoni che lo consigliano. L'occhio attento di Giuseppe Rusconi, vaticanista ticinese e grande amico del nostro giornale, ha però colto il lavoretto di fino del Tarquinio e lo ha messo alla berlina sul suo seguitissimo blog, rossoporpora.org. Tarquinio il Superfluo, come lo chiamano in Vaticano, ha dunque dedicato pagina 2 di ieri ai commenti dei lettori su questo circo montato dal governo, in pieno spregio della libertà di culto. Il povero direttore, sul tema, è in grande imbarazzo, perché la nota della Cei che criticava il governo non gli era piaciuta, ma si trattava pur sempre della posizione ufficiale del suo datore di lavoro. Poi è arrivata la correzione di rotta papale e quindi Tarquinio ha cominciato una difficile opera di cucitura e levigazione. A questo scopo ha avuto il colpo di astuzia di dare la parola ai lettori, non senza scrivere chiaro e tondo che doveva trattarsi di un esercizio di «Matura e serena capacità di dibattere i nodi seri per noi, cittadini e credenti». Non sia mai che da una polemica anche aspra possa nascere anche un'idea intelligente. Tra le missive pubblicate, c'è quella della signora Margherita Lancellotti, decisamente critica nei confronti del presidente del Consiglio. La signora aveva scritto anche a La Verità, che ieri l'ha pubblicata in testa alla pagina delle lettere. Insomma, ci era piaciuta molto, come tutti i contributi fuori linea e coraggiosi. La lettera pubblicata da La Verità iniziava così: «Mi vergogno di vivere in un Paese che nega le messe. Mi vergogno di dover scrivere questa lettera in Italia, un Paese di tradizione cattolica e con libertà di culto, o almeno così credevo. Signor Giuseppe Conte è mai stato a messa? Signori virologi e innumerevoli consulenti tecnici siete mai stati a messa? Perché sembra che la stiate confondendo con un concerto rock. O, peggio ancora, con una Rsa». Polemica, dura, ma decisamente ben scritta e centrata. Invece nella versione secondo Marco (Tarquinio), l'incolpevole signora Margherita passa perfino per sgrammaticata: «Mi vergogno di dover scrivere questa lettera. In Italia, in un Paese di tradizione cattolica e di libertà di culto quale credevo fosse quello in cui vivo. Mi chiedo che qualcuno di quelli che pontificano sia mai stato a una Messa? Perché mi sembra che la si stia confondendo con un concerto rock. Il che davvero dimostra quanto non qualcuno non capisca il popolo di Dio». Insomma, su Avvenire la micidiale accoppiata direttore-correttore automatico ha fatto sparire qualunque riferimento critico a san Giuseppi, il sarcasmo riservato ai professoroni che lo illuminano e il perfido riferimento allo scandalo dell'ecatombe nelle residenze per anziani di mezza Italia (non sia mai che c'entrino anche le suore). Rusconi ha pubblicato il teso a fronte delle due versioni e ha concluso: «C'è bisogno di dilungarsi? No, misero censore che blateri di “patto di libertà e di fiducia con i lettori"! Dovresti ben sapere, o Tarquinio, che il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi… c'è sempre una Verità che ti frega!». In realtà, noi non abbiamo fregato nessuno. Semplicemente non correggiamo le idee dei nostri lettori e Tarquinio il Superfluo, questa volta, ha fatto tutto da solo. Le otto lettere pubblicate, nonostante siano state scelte per ammissione del direttore con una «rapida selezione», rispecchiano con il bilancino le varie posizioni. Ovvero c'è chi sta con la Cei, chi dà ragione al governo e chi invece propone soluzioni alternative, tipo dare la Comunione sul sagrato. Nell'introdurre la pagina, Tarquinio il Censore scrive che le lettere più ampie «sono state sintetizzate, secondo la mia responsabilità di direttore e in forza dell'esplicito patto di libertà e di fiducia che lega da sempre Avvenire ai suoi lettori e alle sue lettrici». E però, almeno nel caso della signora Lancellotti, sembra che il patto l'abbia fatto con Giuseppi e i suoi apprendisti stregoni. Un po' imbarazzante anche il tono da curato dell'Ottocento assunto quando il direttore di Avvenire si occupa del merito delle lettere arrivate in redazione: «Ho scelto testi che dimostrano in vario modo la maturità del popolo cristiano e la sua capacità di dibattere serenamente. Alcune portano alla luce anche certi tic polemici e qualche pregiudizio, e non mi stupisco né dell'una cosa né dell'altra». Va detto che almeno ci ha messo la faccia, su questa cernita. Solo che l'ha anche persa.
Galeazzo Bignami (Ansa)
Malan: «Abbiamo fatto la cosa istituzionalmente più corretta». Romeo (Lega) non infierisce: «Garofani poteva fare più attenzione». Forza Italia si defila: «Il consigliere? Posizioni personali, non commentiamo».
Come era prevedibile l’attenzione del dibattito politico è stata spostata dalle parole del consigliere del presidente della Repubblica Francesco Saverio Garofani a quelle del capogruppo di Fratelli d’Italia a Montecitorio Galeazzo Bignami. «L’onorevole Bignami e Fratelli d’Italia hanno tenuto sulla questione Garofani un comportamento istituzionalmente corretto e altamente rispettoso del presidente della Repubblica», ha sottolineato il capo dei senatori di Fdi, Lucio Malan. «Le polemiche della sinistra sono palesemente pretestuose e in mala fede. Ieri un importante quotidiano riportava le sorprendenti frasi del consigliere Garofani. Cosa avrebbe dovuto fare Fdi, e in generale la politica? Bignami si è limitato a fare la cosa istituzionalmente più corretta: chiedere al diretto interessato di smentire, proprio per non tirare in ballo il Quirinale e il presidente Mattarella in uno scontro istituzionale. La reazione scomposta del Pd e della sinistra sorgono dal fatto che avrebbero voluto che anche Fdi, come loro, sostenesse che la notizia riportata da La Verità fosse una semplice fake news.
Giorgia Meloni e Sergio Mattarella (Ansa)
Faccia a faccia di mezz’ora. Alla fine il presidente del Consiglio precisa: «Non c’è nessuno scontro». Ma all’interlocutore ha rinnovato il «rammarico» per quanto detto dal suo collaboratore. Del quale adesso auspicherebbe un passo indietro.
Poker a colazione. C’era un solo modo per scoprire chi avesse «sconfinato nel ridicolo» (come da sprezzante comunicato del Quirinale) e Giorgia Meloni è andata a vedere. Aveva buone carte. Di ritorno da Mestre, la premier ha chiesto un appuntamento al presidente della Repubblica ed è salita al Colle alle 12.45 per chiarire - e veder chiarite - le ombre del presunto scontro istituzionale dopo lo scoop della Verità sulle parole dal sen sfuggite al consigliere Francesco Saverio Garofani e mai smentite. Il colloquio con Sergio Mattarella è servito a sancire sostanzialmente due punti fermi: le frasi sconvenienti dell’ex parlamentare dem erano vere e confermate, non esistono frizioni fra Palazzo Chigi e capo dello Stato.
Francesco Saverio Garofani (Imagoeconomica)
Altro che «attacco ridicolo», come aveva scritto il Quirinale. Garofani ammette di aver pronunciato in un luogo pubblico il discorso anti premier. E ora prova a farlo passare come «chiacchiere tra amici».
Sceglie il Corriere della Sera per confermare tutto quanto scritto dalla Verità: Francesco Saverio Garofani, ex parlamentare Pd, consigliere del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, finito nella bufera per alcune considerazioni politiche smaccatamente di parte, tutte in chiave anti Meloni, pronunciate in un ristorante e riportate dalla Verità, non smentisce neanche una virgola di quanto da noi pubblicato.






