2020-01-06
Vittorio Sgarbi: «Salvo Forza Italia dalle donne. Dopo Silvio, il leader sono io»
Il critico si candida in Emilia Romagna e si propone quale successore di Silvio Berlusconi:«Il partito è in declino da quando è in mani femminili. Serve una guida maschile forte».Pronto, onorevole Vittorio Sgarbi? «Sono in macchina, in Trentino. Adesso posso parlare». Disturbiamo?«Sto facendo sopralluoghi, in qualità di presidente del Museo di arte moderna di Trento e Rovereto. Salgo e scendo da un castello all'altro». Reduce dai festeggiamenti di capodanno?«Lo festeggio come sempre: in automobile. Così evito i conti alla rovescia, lo champagne schifoso e l'euforia idiota».Da solo?«Da dieci anni accetto tutti gli inviti. Poi però arrivo sempre a festa finita, quando tutti sono tornati normali». A festa finita?«Se per esempio sono a Roma e mi invitano a Positano, io parto alle 23, così allo scoccare della mezzanotte transito all'altezza di Frosinone. E quel momento in autostrada è sublime». E il messaggio di fine anno del presidente Sergio Mattarella? «All'inizio mi ha preso un po' in contropiede, perché sembrava sgarbiano: si è soffermato a parlare della bellezza italiana. Il resto è stato, come sempre, lagnoso. Come ogni anno, ho fatto un controdiscorso sui social». Come mai si è candidato capolista con Forza Italia a Bologna, Parma e Ferrara?«Per tre ragioni: l'amicizia nei confronti di Silvio Berlusconi, poi perché la campagna elettorale è breve e non debbo dannarmi l'anima. E infine perché ritengo che sia un voto fortemente politico. Se riesco a portare Forza Italia non dico al 20 ma a una quota intorno all'8-9%, diventerò il riferimento del partito».Il riferimento? Vuole diventare il successore di Berlusconi?«Inevitabilmente. Se le cose andranno come spero, potrò usare la mia sigla, Rinascimento, per dare il via alla rinascita del partito. Non credo ci sia nessuno che possa prendere più voti di me. Il leader, che ho visto l'altra sera ad Arcore, è molto malinconico, perché gli elettori lo hanno abbandonato: con Matteo Salvini al 30 e Forza Italia a poco più del 4, è una tragedia politica». E lei pensa di arrivare da salvatore?«Conto che i consensi possano ritornare grazie a me, anche in quanto più giovane. E poi dobbiamo considerare un dato politicamente scorretto».Quale? «Il declino di Forza Italia è iniziato quando Berlusconi ha lasciato il potere nelle mani delle donne. Le quali sono tutte bravissime: il guaio è che ognuna aspira alla supremazia. E poi stiamo parlando di un partito che da sempre è guidato dal maschio padronale. Invece le donne di Forza Italia hanno un temperamento da seguace: al leader non si ribellano mai». Quindi sarebbe lei il maschio alfa del partito? «Nella mia figura si assommano, per temperamento, per somiglianza con Berlusconi, tutta una serie di caratteri che fanno di me un riferimento di tradizione e continuità. Per dirla con una battuta: i Fratelli d'Italia vadano pure con Giorgia Meloni; le sorelle d'Italia vengano da me». Ma Berlusconi è d'accordo con questo piano? «Ma io non aspetto una sua incoronazione. La mia leadership non nasce da una nomination, come è accaduto con Antonio Tajani. Me la devo conquistare da solo. Se in Emilia Romagna prenderò il doppio dei voti che ci si aspetta, la mia guida diventerà naturale. E poi, come diceva Bertolt Brecht: “Se vuoi diventare una guida devi dubitare delle guide"». Diciamo che l'autostima non le manca. «Non è solo popolarità, è anche una questione di identità: la gente mi ferma per strada per dirmi che è d'accordo con le mie idee. Se cammina per strada Mariastella Gelmini, pur brava ragazza, quale identità le attribuiscono?».Diranno che si candida per la fame di poltrone.«Ma in realtà non aspiro a niente. Potevo starmene tranquillamente in Parlamento: mi candido per un'operazione di sostegno al partito. Ho il compito di trovare dei percorsi nuovi». Quali percorsi?«Forza Italia deve diventare Bella Italia. Il partito della bellezza, della civiltà, e della cultura. Rifacendosi a Benedetto Croce, Piero Gobetti, Antonio Gramsci, Luigi Einaudi». E la traghetterebbe in quale direzione? Continuerà a guardare verso Salvini? «Ovviamente sì. Non possiamo certo guardare a Matteo Renzi, che ormai non è più in gioco. E poi l'elettorato di Forza Italia è da sempre antisinistra. L'ideale sarebbe avere la Lega al 30%, con Fratelli d'Italia e Forza Italia con un 10 percento a testa. Diventeremmo il riferimento culturale della coalizione. A proposito, mi piacerebbe portare Berlusconi al Papeete». Al Papeete? A gennaio?«Un Papeete invernale. Per intavolare, da lì, un discorso sulla promozione culturale. In Emilia Romagna c'è la possibilità di incentivare un turismo ancor più bello di quello di Venezia e Firenze».Ha detto che, se eletto, farà miracoli come «il miglior bagnino». «Mi propongo come il Padre Pio dell'Emilia Romagna».Lasci stare la santità. Che il Pontefice è già nervoso di suo. «Lo abbiamo visto, anche a lui prendono i cinque minuti, esattamente come accade a me. Nel mio caso in realtà sono un po' più di cinque». Di che miracoli parla? «In Emilia Romagna occorre riscoprire un mondo meraviglioso: il tempio malatestiano, la grande civiltà riminese del Trecento, e poi Leon Battista Alberti, Guido Cagnacci di Sant'Arcangelo, il primo pittore italiano del Seicento dopo Caravaggio. Non a caso Roberto Longhi, il più grande critico d'arte del Novecento, ha esaltato i pittori ferraresi e parmigiani. In una regione che comunica con Roma e con il mondo, attraverso i capolavori di Federico Fellini». Ha detto anche che se in Puglia ci fossero i romagnoli, Ostuni sarebbe Miami. «In generale, se al Sud ci fossero i romagnoli, per l'Italia sarebbe il massimo. Persone che, pur non avendo il mare meraviglioso dei sardi o dei calabresi, sono divenute i primi imprenditori del turismo balneare. Il romagnolo vende l'ombra degli ombrelloni, e su questo ha costruito il suo impero. Meraviglioso».Intanto mancano 20 giorni al voto. Stefano Bonaccini sembra ancora in testa. «L'errore fondamentale di Bonaccini è quello di fare la campagna elettorale cancellando il partito che gli ha consentito di fare il presidente. Si vergogna del Pd, ma arriva da lì, e deve tutto a loro». Avrà pure i suoi motivi. O no?«Ma quanto potrà pagare questo comportamento in termini di voti? Tanto gli elettori di centrodestra non lo voteranno mai. E chi invece appartiene al suo mondo non è certo contento se rinnega la famiglia di provenienza». Però ha abbracciato il popolo delle sardine. «Le sardine votano tutte Pd, un partito che aveva Antonio Gramsci ed Enrico Berlinguer. Sono un altro elemento equivoco per far passare il messaggio che Bonaccini non ha un'ideologia. Ma se tu hai paura della tua ideologia, che era a favore dei più poveri e dei più deboli, e la rifiuti a favore delle sardine, allora hai sbagliato tutto». Quindi?«Quindi in Emilia Romagna finirà come in Trentino, con la sinistra travolta dalla sua voglia di non farsi riconoscere. La coerenza è importante. Giorgia Meloni ha raddoppiato i suoi voti perché è sempre stata dalla stessa parte: è stata premiata perché l'elettore trova in lei un affidamento». Sa che dovrà scegliere tra la carica di parlamentare e quella di consigliere regionale?«Io credo che dopo le regionali arriveremo al momento migliore perché si sciolgano le Camere. E a quel punto potrò valutare se fare l'assessore regionale alla Cultura, che può essere una soluzione alternativa al Parlamento. Però, se si torna a votare alle politiche, la mia presenza in consiglio regionale sarebbe transitoria». E dunque?«Insomma, ho davanti diverse opzioni, posso fare qualunque cosa». Pensa davvero che il governo Conte sia al capolinea?«È finito. Gli do un mese di vita. È anche per questo che ho accettato di candidarmi: il voto in Emilia Romagna avrà un significato politico, vedrete». Sarà anche l'anno del tramonto dei 5 stelle?«La cacciata di Gianluigi Paragone è il segnale dell'estinzione. Lui, che era l'unico 5 stelle autentico. Hanno perso anche Alessandro Di Battista e Lorenzo Fioramonti: quel che resta è un partito filogovernativo. Dunque hanno sradicato le loro radici: è il fallimento totale». Ha visto il film di Checco Zalone?«Ho visto lo spot, che è la cosa meno razzista al mondo, perché mette bianchi e neri alla pari. Se uno ti cornifica è uno stronzo, sia nero che bianco. Quindi il paternalismo è la cosa peggiore. E Zalone è il nuovo Alberto Sordi».Ha letto delle polemiche su Rula Jebreal a Sanremo?«È un'amica. Adesso spero che chiamino me, in qualità di critico».No: anche a Sanremo no. «Vogliono un festival in difesa delle donne e del politicamente corretto? Ci penso io a renderlo scorretto».
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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