2020-02-13
Salvini fa il moderato e guarda agli Stati Uniti di Trump
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Il leader della Lega i è presentato con Giancarlo Giorgetti all'Associazione della Stampa estera in Italia, dove ormai è di casa. Uscire dall'euro? «La nostra priorità non è uscire da qualcosa ma la crescita economica». Gli Stati Uniti come "alleato naturale", l'Europa come un ex feticcio ormai «criticato anche da Socialisti e Popolari», Fratelli d'Italia come un ottimo compagno di strada perché tanto «presidia l'area della destra radicale». Il giorno dopo l'autorizzazione a procedere per il caso Gregoretti, Matteo Salvini ha una voglia matta di lasciarsi le beghe italiane dietro le spalle e di dedicarsi alla tessitura di una trama internazionale che gli consenta, in caso di vittoria alle prossime elezioni generali, di puntare dritto a Palazzo Chigi senza essere considerato il Public enemy numero uno dalla comunità internazionale. Ed è per questo che la Meloni, che lo ha appena anticipato nel suo pellegrinaggio Usa, viene spostata di peso alla sua destra. Il moderato è lui, con il suo 32% di consensi, almeno a sentire gli ultimi sondaggi che sventola. Certo prima di vestire i panni della moderazione e della pazienza, anche nei confronti della magistratura che un po' lo bracca («Quando hai sondaggi così buoni, è chiaro che ti arrivano certi guai», si fa scappare con i collaboratori più stretti), il capo della Lega si dedica giusto un attimo all'uomo con la pochette che si è installato a Palazzo Chigi. «Giuseppe Conte mi ha deluso dal punto di vista umano e personale, più che dal punto di vista politico», spiega Salvini di buon mattino al Tg5, confermando che per lui Giuseppi, più che portatore di qualche disegno politico è semplicemente uno che «ha perso il senso dell'onore e della dignità». E quando succede una cosa del genere, «sei finito». Officiate così le esequie morali del premier in carica, Salvini si è presentato con Giancarlo Giorgetti all'Associazione della Stampa estera in Italia, dove ormai è di casa e si sottopone anche a periodici esami di democraticità e antifascismo. Sull'Europa, ormai, archiviata la stagione ruspante dei Borghi e dei Bagnai, l'ex ministro degli Interni va in automatico: «Un supergoverno europeo in stile Stati Uniti d'Europa è l'ultimo dei miei pensieri; mi bastano scelte condivise tra partner su difesa, immigrazione, politica estera, politica industriale, green economy». Quanto a uscire dall'Ue o dalla moneta unica, non se ne parla neanche: «La nostra priorità non è uscire da qualcosa ma la crescita economica». E a Salvini basta il diritto di critica, oltre alla soddisfazione di non essere più tanto solo, visto che «dall'estate scorsa, sono tutti eurocritici, compresi i Socialisti e i Popolari, mentre prima noi della Lega eravamo i matti, gli euroscettici, i sovranisti e populisti». Ma se Salvini non vuol sentire parlare di Stati Uniti d'Europa, vecchia formula che ogni tanto ricorre e che adesso qualcuno pensa di rilanciare nella convinzione che senza i veti europei del Regno Unito adesso sarà tutto più facile, si prepara comunque ad andare negli Usa, quelli veri. Ci è appena stata Giorgia Meloni, a caccia di endorsement vari, e forse non è un caso che ieri Salvini abbia annunciato un suo prossimo viaggio alla corte di Donald Trump. Intanto, ecco messaggi già perfetti per i media americani più diffidenti: «Su Israele abbiamo fatto un'iniziativa giusto il mese scorso, per l'antisionismo come odio e forma moderna di antisemitismo» e quanto all'Iran «la Lega è allineata ai nostri naturali alleati, gli Stati Uniti». Poi certo, le sanzioni alla Russia «sono sbagliate e non funzionano», e Vladimir Putin «è un uomo di governo stimato e stimabile. Qualcuno pensa che lo dica perché ho ricevuto soldi da Mosca, ma vanno avanti le inchieste senza trovare nulla». Certo, il tentativo di trasferirsi a sinistra di Fratelli d'Italia non poteva passare inosservato e così dal partito della Meloni arriva una replica stizzita via agenzie. Fonti della segreteria di Fdi definsicono “una forzatura" sostenere che loro rappresentino solo la destra radicale e fanno notare che quando la Lega ha rapporti con Marine Le Pen e con Afd in Germania poi non può tanto fare la forza moderata e centrista. Sono scaramucce, ma la competizione nel centrodestra è appena cominciata e, a proposito di centristi veri, ieri Salvini ha fatto arrabbiare anche Clemente Mastella da Ceppaloni. Succede che la Lega ha deciso di ridiscutere la candidatura del cavallo di ritorno Stefano Caldoro, alla guida della Campania, e allora il sindaco di Benevento fa sbarramento preventivo: «Non darò il mio sostegno a un candidato della Lega, magari rafforzato dal fuoco amico di Mara Carfagna». A occhio, non sarà un veto di Mastella a togliere il sonno a Salvini.