2019-08-20
Salvini studia da leader unico dell’opposizione
In attesa di ascoltare le parole di Giuseppe Conte al Senato, il Capitano attacca gli ex alleati. Spera sempre nel voto, ma il patto tra Romano Prodi, Matteo Renzi, Massimo D'Alema e Beppe Grillo può affossare il Movimento e regalare al capo del Carroccio il monopolio dell'elettorato antisistema.«Ha tirato la moneta, ma a Ferragosto non poteva che cadere di taglio fra la sabbia. Verdetto illeggibile». La pancia della Lega è indecifrabile e i parlamentari si avviano verso la seduta della vita con la certezza di essere molto forti e molto soli. Possono contare su Fratelli d'Italia, non si fidano di Forza Italia, sanno che gli altri sono contro perché la smania di mantenere aperto il poltronificio ha compattato il fronte Ursula. Matteo Salvini, l'uomo che ha tirato la moneta e che sa di averlo fatto tardi, aspetta oggi alle 15 in Senato le parole del premier in scadenza, Giuseppe Conte, per decidere la strategia, consapevole che l'autunno potrebbe essere lungo, senza voto e paradossalmente all'opposizione.Dopo il terremoto sotto l'ombrellone, la marcia di avvicinamento alla giornata campale è felpata. Solo stamattina, in una riunione plenaria dei senatori alla presenza di Salvini, verrà indicata la linea e si deciderà sulla risoluzione per la sfiducia a Conte. Il partito è granitico come sempre, ma la dialettica interna mostra tre anime. Quella dialogante è rappresentata dal ministro per le Politiche agricole, Gianmarco Centinaio, e dal sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon. Dice quest'ultimo: «È vero che i 5 stelle non hanno mai voluto cambiare passo sulle riforme, ma per 11 mesi di cose buone ne sono state fatte. Stiamo a vedere e a sentire». Quella più critica trova in Roberto Calderoli e in Giancarlo Giorgetti (con sensori sensibilissimi sugli umori della base nordica) autorevoli rappresentanti. Spiega il primo, con 27 anni di Parlamento alle spalle: «Dietrofront? Non vedo margini. Al 70%-80% si va a votare». Il secondo aveva già detto tutto qualche giorno fa: «Secondo me Salvini, la crisi doveva aprirla prima». Prima quando ci sarebbero stati margini operativi per spiegare meglio la situazione e margini istituzionali per non mettere il presidente Sergio Mattarella con le spalle al muro e regalargli il possibile ribaltone.Poi c'è una terza anima, quella salviniana, insondabile e imprevedibile fino all'ultimo. Incassata la chiusura dei grillini a un rimpasto senza Conte e con Di Maio premier, il ministro dell'Interno è tornato ad attaccare gli ex alleati mettendo in evidenza la contraddizione più imbarazzante: «Chi pensa di governare un anno con la Lega e uno col Pd ha dei problemi. Se qualcuno ha scelto di allearsi con Matteo Renzi e col Pd lo dica. Uno che dialoga con Maria Elena Boschi dopo tutto quello che abbiamo fatto, l'inaffidabilità ce l'ha in casa. Non me ne vado, se avessimo ritirato i ministri, quelli della Open Arms sarebbero già sbarcati». Poi twitta: «Chiunque abbia paura del voto ha solo paura di perdere la poltrona. Hanno scelto Renzi? Lo spieghino alle vittime di Bibbiano e ai truffati di Banca Etruria». Mentre scrive ha davanti il volto di Di Maio e sa che il vicepremier ancora oggi sarebbe disponibile a proseguire il viaggio interrotto proprio da lui. Alla fine lo stesso Salvini tira le somme: «Oggi la via più normale sarebbe quella che porta alle elezioni perché l'unico governo alternativo a questo è quello con il Pd. Quaranta senatori del Pd sono renziani, Di Maio non faccia il furbetto». La frase vale un invito a cena ed è un dito nella piaga politica dei 5 stelle, peraltro già oltre in nome della continuità della legislatura (e dello stipendio a quattro zeri). Salvini è consapevole che adesso la crisi ha preso altre strade e non passa più da lui. Una novità rispetto al recente passato, che lo costringerà a giocare a centrocampo e in difesa, non soltanto all'attacco come gli piace. E questo incedere prudente gli crea qualche problema soprattutto in casa. I governatori Luca Zaia e Attilio Fontana, pur comprendendo la situazione e rimanendo fedeli alla linea, in privato non hanno mancato di far notare che l'autonomia rischia di attendere anni. E che la faccenda potrebbe creare più di un malumore in Veneto e Lombardia. Anche le imprese del Nord sono in attesa; la Finanziaria leghista con flat tax e rilancio delle infrastrutture è molto attesa e uno stop verrebbe incasellato come una sanguinosa occasione perduta.Così Salvini attende le parole di Conte e si allena a stare all'opposizione, per esempio con Virginia Raggi. Alla festa della Lega di Massa Carrara non le risparmia critiche, peraltro condivise fino a una settimana fa da tutto il Pd in colonna: «Roma è una città massacrata dall'incapacità e dall'incompetenza. Essere onesti non basta per fare il proprio lavoro». È proprio questo aspetto a infastidire maggiormente i 5 stelle: lasciare alla Lega la totalità del dissenso potrebbe risultare politicamente pericoloso. L'alleanza con gli impresentabili del Pd (Romano Prodi, Massimo D'Alema, Pier Luigi Bersani) e poi con Renzi, con la Boschi, magari con l'appoggio esterno o la «non sfiducia» di Forza Italia (e di Gianni Letta) come si usava ai tempi del Pci, costituisce il nodo vero dell'alternativa al vecchio governo. Perfino Beppe Grillo ha chiamato fino all'ultimo l'ex sindaco di Firenze «un avvoltoio persuasore». La Lega punta a inserire subito il cuneo nella nuova alleanza, a marcare l'assurdità anacronistica della minestra servita agli italiani. Con due punti di forza. Il primo è il sondaggio che, secondo il Corriere della Sera, avrebbe fatto perdere il sonno a Davide Casaleggio, con il Movimento fra il 7% e l'8%. Il secondo è l'effetto medusa di Renzi. Evocarlo significa innervosire i grillini. Infatti verso sera arriva la replica di Di Maio a Salvini: «Quella di un governo con Renzi è una bufala della Lega». Ma i suoi 40 senatori hanno l'ombra molto lunga.
Il Cpr di Gjader in Albania (Getty Images)
Ursula von der Leyen e Iratxe García Pérez (Ansa)