2018-08-22
Salvini sfida l’Ue: «Chi prende i migranti?»
La nave Diciotti resta in «scalo tecnico» nel porto di Catania. Il titolare del Viminale va allo scontro con Bruxelles, ricordando che dei 450 sbarcati a luglio a Pozzallo, solo 50 sono stati ridistribuiti, malgrado le promesse. E incalza: «Indagate su Malta».Il prossimo obiettivo è smantellare il Cara dei mille scandali a Mineo. Il ministero annuncia: «Meno ospiti e meno soldi al centro, presto lo chiuderemo».Lo speciale contiene due articoli.«O l'Europa inizia a fare sul serio difendendo i suoi confini e ricollocando gli immigrati, oppure inizieremo a riportarli nei porti da dove sono partiti. L'Italia ha già fatto la sua parte, e quando è troppo, è troppo». Matteo Salvini affida l'esposizione della propria linea sulla nave Diciotti ai suoi profili social, come da tradizione. Ma per scrivere «difendendo» usa il maiuscolo, come a segnalare una questione di priorità: bisogna redistribuire i migranti che sbarcano qui, certo. Ma prima ancora bisogna evitare che arrivino in Italia. Cioè in Europa, anche se i rapporti tra Roma e Bruxelles sono sempre più tesi. Al centro del contenzioso, la nave della Guardia costiera giunta nelle scorse ore al porto di Catania, ma senza l'autorizzazione allo sbarco per i 177 migranti a bordo. Si tratta di uno «scalo tecnico», per la precisione: formula burocratica escogitata per inquadrare la situazione bizzarra che si è venuta a creare, con una nave italiana in cerca di un porto italiano in cui far sbarcare immigrati raccolti in acque maltesi, che però le autorità de La Valletta non hanno voluto soccorrere, preferendo semmai «scortare» il barcone verso le nostre coste. Matteo Salvini sembra quindi impegnato in un braccio di ferro multiplo: contro Malta, contro la Ue, contro una Guardia costiera che appare mal disposta a rinunciare al potere ottenuto grazie all'emergenza migranti, e anche contro pezzi del suo stesso governo. La differenza di approccio alla questione tra il titolare del Viminale e Danilo Toninelli non è sfuggita a molti commentatori, che hanno parlato di governo diviso. Sta di fatto che la soluzione di ripiego sullo «scalo tecnico» è anche probabilmente la risultante di un compromesso fra le diverse anime dell'esecutivo. Una linea dura, ma non troppo, insomma. Salvini, dal canto suo, rilancia con una nota, in cui fa una delle sue ormai frequenti cronache «dall'Europa che non c'è». E lo fa operando un passo indietro. «A proposito dei 450 immigrati sbarcati a luglio a Pozzallo e che dovevano essere ripartiti tra gli altri Paesi europei», scrive il vicepremier, «solo la Francia ha mantenuto l'impegno, accogliendone 47 sui 50 promessi (tre cittadini stranieri sono ricoverati in ospedali e in attesa di trasferimento). La Germania aveva accettato di accoglierne 50: ne ha presi zero. Il Portogallo aveva accettato di accoglierne 50: ne ha presi zero. La Spagna aveva accettato di accoglierne 50: ne ha presi zero. L'Irlanda aveva accettato di accoglierne 20: ne ha presi zero. Malta aveva accettato di accoglierne 50: ne ha presi zero». Il senso dello sfogo è chiaro: come fa l'Italia a fidarsi ancora? Sostanzialmente, dice Salvini, «tutti cercano di guadagnare tempo. Imponendo all'Italia i costi per i trasferimenti (500 euro a persona). In tutto questo, siamo in attesa di capire se l'Europa - così solerte nel sanzionare e bacchettare il nostro Paese - si degnerà di aprire un'inchiesta nei confronti de La Valletta, dopo i racconti di alcuni immigrati trasportati a Lampedusa e che hanno raccontato di essere stati intercettati dai maltesi, indirizzati e accompagnati verso l'Italia e poi abbandonati in mezzo al mare e in condizioni di pericolo. Prima di chiedere lo sbarco dalla Diciotti, forse sarebbe meglio alzare il telefono e chiedere spiegazioni a Bruxelles e agli altri governi europei».Dei rapporti con i partner europei si sta occupando la Farnesina (il cui titolare, Enzo Moavero, è peraltro ben lungi dall'essere totalmente allineato sulle posizioni salviniane). Una portavoce della Commissione Ue per la migrazione, intanto, fa sapere che sul caso della nave Diciotti, «i contatti con gli Stati membri sono ancora in corso, siamo al lavoro per trovare una soluzione al più presto». E, nel frattempo, anche il Quirinale, secondo alcune indiscrezioni circolate sui media, sembrerebbe piuttosto preoccupato dagli sviluppi della vicenda, soprattutto per quel che riguarda l'aspetto umanitario. A bordo della Diciotti, a dirla tutta, non si registrerebbe alcuna emergenza particolare, al netto, ovviamente, delle difficoltà e delle sofferenze patite da chi sta in mare da tanti giorni. Save the Children, tuttavia, denuncia la presenza a bordo di moltissimi minori, 28 dei quali sarebbero non accompagnati. «Le persone a bordo» della nave Diciotti «hanno subito abusi, torture, sono vittime di tratta e traffico di esseri umani. Hanno bisogno urgente di ricevere assistenza e diritto a chiedere asilo. Un diritto fondamentale, non un crimine», twitta dal canto suo la portavoce dell'Unhcr, Carlotta Sami. E, sempre sui social, Medici senza frontiere scrive che i suoi dottori «sono in attesa di prestare i primi aiuti psicologici alle persone soccorse da nave Diciotti e lasciate per giorni in mare. Esortiamo le autorità italiane a concedere rapidamente lo sbarco in modo da poter prestare le cure».Adriano Scianca<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/salvini-sfida-lue-chi-prende-i-migranti-2597853680.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="il-prossimo-obiettivo-e-smantellare-il-cara-dei-mille-scandali-a-mineo" data-post-id="2597853680" data-published-at="1757980442" data-use-pagination="False"> Il prossimo obiettivo è smantellare il Cara dei mille scandali a Mineo Mentre è molto occupato a non far sbarcare più migranti in Italia, o almeno non solo in Italia, Matteo Salvini comincia a occuparsi anche di quelli che sono già qui. Al Cara di Mineo, per esempio. Una vera e propria struttura degli scandali in cui, il primo maggio del 2017, quando non era ancora al governo, l'attuale ministro finì persino per dormire, proprio per rendersi bene conto di come andassero le cose lì dentro. Ora che ha in mano le leve del Viminale, il leader leghista passa dalle parole ai fatti. «Meno oneroso e meno affollato: il Cara di Mineo passerà da 3.000 a 2.400 ospiti, con un costo giornaliero per immigrato che scenderà da 29 a 15 euro», si legge sul sito del ministero degli Interni. La misura, spiega ancora il portale istituzionale, comporterà risparmi superiori a 10 milioni di euro in un anno. «L'obiettivo finale resta la chiusura» conferma Salvini «ma stiamo dimostrando di aver imboccato la strada giusta». Ed è sempre il sito del Viminale a ricordare che il Cara di Mineo, in passato, è arrivato a ospitare fino a 4.000 cittadini stranieri, con gravi problemi igienico sanitari e di sicurezza. Il centro d'accoglienza per richiedenti asilo (Cara, appunto) di Mineo, comune di 5.080 abitanti in provincia di Catania, è composto da 400 villette a schiera identificate ognuna con un numero. Le strutture avrebbero dovuto ospitare i militari della base americana di Sigonella. Nel 2011, per decisione dell'allora ministro degli Interni Roberto Maroni, divenne uno dei centri per richiedenti asilo più grandi d'Europa. In questi anni, al Cara si sono verificate varie rivolte, oltre agli scandali sulla gestione della struttura, che hanno anche incrociato la cronaca dell'inchiesta Mafia capitale, senza farsi mancare anche una parentopoli. Nel 2015, un giovane ivoriano fuggito dal centro d'accoglienza irruppe in una villetta a Palagonia, non lontano da Mineo, uccidendo i due proprietari in modo brutale, non prima di aver violentato la padrona di casa. Insomma, a Mineo c'è un vero e proprio spaccato di tutto ciò che non va nel sistema dell'accoglienza, compresa una sorta di suk a cielo aperto organizzato dagli immigrati stessi senza alcuna regola o controllo. Una situazione decisamente sfuggita di mano, a cui la politica, da tempo, dice di voler mettere mano, al momento senza alcun risultato. Salvini, nella sua notte passata nella struttura fece una diretta Facebook in cui disse: «Ogni giorno vengono buttati via centomila euro, tanto serve per mantenere in vita questo baraccone dove vivono circa 3.300 stranieri dei quali solo 14 sono siriani e sette iracheni. Abbiamo visto cose incredibili un vero e proprio mercato a cielo aperto e senza regole dove puoi acquistare di tutto: biciclette, stereo, t-shirt, pantaloni di marca con etichette, scarpe nuove. Da dove arrivi tutta questa merce è un mistero». Ma già nel 2015, il leader leghista scriveva sui suoi profili social, proprio in relazione alla struttura situata nei pressi di Catania: «In Sicilia un giovane su due non ha lavoro: aiutiamo loro, non altri!». Ma adesso, almeno secondo le promesse dell'inquilino del Viminale, il Cara di Mineo dovrebbe finalmente avere le ore contate. Fabrizio La Rocca
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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