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2019-01-26
Salvini non esclude il processo: per le elezioni sarebbe un jackpot
Ansa
«Chi sono io per non farmi processare?». La tentazione sarebbe forte, anzi è forte: Matteo Salvini potrebbe sparigliare le carte e rinunciare all'immunità, trasformando il caso Diciotti in un mega show mediatico.
Essere processato per aver «difeso i confini», rischiando dai 3 ai 15 anni di carcere, porterebbe a al ministro dell'Interno una marea di consensi, come ieri ha suggerito Ettore Rosato, deputato del Pd: «Può darsi che Salvini», ha detto Rosato, «decida di farsi processare. Sarebbe perfetto per lui poter parlare per mesi di un processo che si svolgerà». La richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti di Salvini è stata avanzata dal Tribunale dei ministri di Catania: il vicepremier leghista è accusato di sequestro di persona per il trattenimento a bordo della nave Diciotti dei 174 migranti soccorsi questa estate dal pattugliatore della Guardia costiera italiana. Dopo il salvataggio avvenuto al largo di Lampedusa - in zona di competenza maltese - lo scorso 16 agosto, la Diciotti attraccò a Catania il 20 agosto. Il 23 scesero dalla nave 29 minori; il 25 mattina sbarcarono altre 17 persone, in cattive condizioni di salute; infine, poco dopo la mezzanotte, scesero tutti. durante quei giorni, il governo italiano tentò in ogni modo di coinvolgere altre nazioni europee nell'accoglienza dei migranti.
Da quel momento, per Salvini è iniziata una tortuosa vicenda giudiziaria: è stato indagato dalla Procura di Agrigento, che ha poi trasmesso gli atti alla Procura di Palermo per competenza funzionale; il Tribunale dei ministri del capoluogo siciliano si è dichiarato incompetente perché l'ipotetico reato sarebbe stato commesso a Catania; lo scorso 1 novembre la Procura di Catania ha chiesto l'archiviazione perché la decisione di Salvini - non far sbarcare i migranti - costituiva una scelta politica non sindacabile dal potere giudiziario; il Tribunale dei ministri del capoluogo etneo, però, ha deciso di non accogliere l'istanza d'archiviazione e ha inviato al Senato la richiesta di autorizzazione a procedere.
Mercoledì prossimo (30 gennaio), la giunta per le immunità del Senato si riunirà per cominciare a esaminare il caso. La seduta si aprirà con la relazione del presidente della giunta, Maurizio Gasparri di Forza Italia, che sarà anche relatore del procedimento. Salvini potrà intervenire personalmente o inviando una memoria scritta. In base all'articolo 135 del regolamento, la giunta deve riferire al Senato nel termine di 30 giorni dalla data di assegnazione della domanda (23 gennaio). Se la giunta propone la concessione dell'autorizzazione e non vengono formulate proposte intese a negarla, l'aula non procede a votazioni intendendosi senz'altro approvate le conclusioni della giunta stessa. Presentata la relazione, la richiesta viene inserita tra gli argomenti iscritti nel calendario o nello schema dei lavori in corso. A quel punto, l'aula del Senato delibera sulla richiesta di autorizzazione, dopo aver ascoltato la relazione informativa del presidente o di altro membro della giunta. Il Senato deve decidere se autorizzare o meno il procedimento entro 60 giorni dalla trasmissione della richiesta. Per stoppare il processo, è bene ricordarlo, ci vuole il voto della maggioranza assoluta dell'aula.
Immaginate la scena: Matteo Salvini sul banco degli imputati, accusato di aver difeso i confini italiani dall'invasione degli immigrati. Le immagini farebbero il giro del mondo, il consenso del vicepremier - già alle stelle - crescerebbe a dismisura. «Avrei voglia», rivela Salvini, «di andare fino in fondo ed essere convocato a Catania. Ritengo di aver operato rispettando la Costituzione. Sarei curioso di essere processato per sequestro di persona. Se un ministro non può fare cose da ministro, che sono nei suoi poteri... Ritengo di aver difeso la patria, però il voto in aula ci deve essere. Io farò il mio intervento in Senato. Tutti i legali che ho interpellato», aggiunge Salvini, «mi dicono che è palese l'invasione di campo da parte di un potere dello Stato nei confronti di un altro potere dello Stato, e di non permettere questa cosa. Io confesso», ribadisce il vicepremier, «contro il loro parere, che avrei voglia di andare fino in fondo ed esser convocato a Catania. Poi però il Senato è sovrano e deciderà, non voglio sostituirmi al Senato».
La decisione, dunque, non è stata ancora presa, e Salvini ha tutto il tempo che serve per valutare pro e contro di un'eventuale, clamorosa rinuncia all'immunità. I pro li abbiamo analizzati: sarebbero tutti politici ed elettorali. I contro? Un sacco di tempo andrebbe perso in riunioni con avvocati e dibattimenti; i suoi più stretti collaboratori verrebbero probabilmente ascoltati in qualità di testimoni; ogni decisione futura su vicende analoghe verrebbe influenzata dal processo in corso; il dibattito politico si trasferirebbe nelle aule giudiziarie. In sostanza, si tornerebbe indietro di qualche anno, quando l'opposizione più efficace ai governi guidati da Silvio Berlusconi veniva condotta dalle toghe di Milano.
Dal punto di vista strettamente politico, la richiesta d'autorizzazione a procedere nei confronti di Salvini, mentre Forza Italia ha già annunciato il «no» al processo e il Pd appare titubante e non compatto, mette in difficoltà più il M5s che la Lega. I pentastellati, se Salvini chiederà al Senato di negare l'autorizzazione a procedere, dovranno decidere cosa fare. Facile prevedere che la pressione sarà tutta su di loro. «Per il M5s», ha detto ieri a Radio 24 il sottosegretario leghista all'Economia, Massimo Garavaglia, «potrebbe esserci qualche problema interno. Vedremo come andrà a finire». Comunque vada, per Salvini sarà un successo. L'ennesimo.
Le Ong insistono per l’Italia. Salvini: «Cercate posto in Germania o Paesi Bassi»
Dopo una settimana a largo di Malta, la Sea Watch 3 (con a bordo 47 migranti), da ieri mattina è in un «posto di fonda» davanti al porto di Siracusa a causa del maltempo. Gettata l'ancora in acque italiane, dunque, ma senza il permesso di sbarco. Dopo il braccio di ferro con Matteo Salvini la Ong tedesca continua la sua strategia, sfidando il ministro dell'Interno con l'obiettivo di attraccare e far sbarcare gli immigrati soccorsi sette giorni fa a nord di Zuwarah, nelle acque dell'area di ricerca e soccorso libica. E mentre il Tribunale dei minori di Catania chiede di far sbarcare gli 8 minorenni a bordo, stavolta non è solo Salvini a ribadire la linea di fermezza nei confronti di Ong e sbarchi, ma è tutto il governo. «Siccome sulla Sea Watch c'è una bandierina olandese che sventola, gli olandesi trovino il modo migliore per prendersi in carico i migranti», ha detto il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli.
In precedenza anche il vicepremier pentastellato, Luigi Di Maio, due giorni fa aveva invitato Sea Watch a puntare la prua verso Marsiglia, pur assicurando supporto medico e sanitario in caso di necessità, e ieri ha richiesto di convocare «immediatamente» l'ambasciatore olandese a Roma per chiedere quali intenzioni abbia il suo governo. «Chiederanno insieme a noi alla Sea Watch di andare a Marsiglia o li faranno sbarcare a Rotterdam? Noi siamo disposti alla massima collaborazione ma la nostra linea sulle Ong non cambia». Il vicepremier Salvini invece ha spedito «una lettera al governo olandese, in cui viene ufficialmente incaricato di occuparsi dell'imbarcazione e degli occupanti». Nella missiva il ministro dell'Interno italiano chiede di «poter disporre di ogni informazione in merito a Sea Watch», soprattutto sulla legittimità «dello stato di bandiera dell'organizzazione e delle attività della predetta Ong, nonché delle relative imbarcazioni ed equipaggio», avvisando in sostanza le autorità dell'Aja di prepararsi a farsi carico del problema. Il leader del Carroccio aveva anche annunciato un'inchiesta della Polizia «per verificare se le operazioni di salvataggio messe in campo dalla Ong si siano svolte nel rispetto delle normative nazionali e internazionali» o se la Ong «voglia imporre una sua legislazione in un Paese come l'Italia, che invece ha regole che vanno rispettate». Senza escludere ricadute penali: il Viminale sta raccogliendo elementi per valutare una denuncia nei confronti di ogni membro dell'equipaggio di Sea Watch 3, per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.
Ieri mattina la nave dell'organizzazione tedesca si è fermata in rada davanti Siracusa, affiancata da motovedette della Guardia costiera e della Guardia di finanza, dopo che giovedì era entrata nelle acque italiane senza alcuna autorizzazione allo sbarco, ma solo per ripararsi dal maltempo (nel Canale di Sicialia si sono registrate onde fino a 7 metri). «A causa delle condizioni meteo avverse» aveva reso noto la Guardia costiera, «per trovare riparo giovedì la nave è entrata nelle acque territoriali italiane: inizialmente procedeva nella navigazione verso Lampedusa, successivamente verso la Sicilia orientale e nella notte le è stato assegnato un punto di fonda al largo delle coste di Siracusa (a 1 miglio a nord di punta Maglisi), per garantire la sicurezza dell'unità e delle persone a bordo».
Sulla banchina del porto ieri mattina ha parlato il sindaco di Siracusa, Francesco Italia (centrosinistra), che ha dato disponibilità ad accogliere i profughi in città, «avvalendosi della collaborazione della curia e di tante associazioni che sono state contattate. Siracusa, città di mare e da sempre porto aperto, fa dell'accoglienza un tratto distintivo al quale non intendiamo derogare. Il governo autorizzi l'attracco a Siracusa della Sea Watch 3. Al resto penseremo noi, la curia e tutte le associazioni di volontariato che si sono dette immediatamente pronte a prestare aiuto come storicamente abbiamo sempre fatto e come hanno sempre fatto la Sicilia e l'Italia». Il primo cittadino ha inviato anche una lettera al ministro della Marina mercantile, sollecitando «la signoria vostra a voler consentire l'attracco di questa nave nel porto di Siracusa, Comune che mi onoro di rappresentare e che, in coerenza con le sue tradizioni di accoglienza, vuole ospitare le persone a bordo della nave, sottraendole allo stato di incertezza ed angoscia in cui verosimilmente si trovano». Insieme a Francesco Italia, hanno offerto ospitalità tutti i sindaci che si oppongono al decreto sicurezza: quello di Palermo, Leoluca Orlando; di Napoli, Luigi De Magistris e quello di Lampedusa, Salvatore Martello. Anche il governatore della Toscana, Enrico Rossi, ieri durante la trasmissione Agorà su Rai3, ha chiesto alla capitaneria di porto di far entrare la Sea Watch: «Nessuno può sequestrare delle persone. La filiera di comando non è nelle mani del ministro dell'Interno». L'accusa di «sequestratore» non è piaciuta al ministro Salvini che ha replicato: «Non vediamo l'ora di farli arrivare sani e salvi in altri Paesi europei. In Italia non c'è spazio, vadano in Germania o Paesi Bassi». Nel frattempo, dopo un appello firmato da 20 Ong e lanciato a Italia ed Europa, è stata firmata una petizione online con la richiesta di aprire i porti, che ha raccolto 37.000 firme. Appena gettata l'ancora, dalla Sea Watch è partito un messaggio tra l'ironico e il polemico: «Ci hanno assegnato un posto di fonda invece di un Pos (acronimo che indica un luogo sicuro in cui si trasbordare persone salvate in mare, ndr)» e poi sono arrivati i primi video con i migranti «contenti di essere arrivati in Italia». Un'altra Ong, Mediterranea, ha annunciato di aver già dato mandato ai propri legali di monitorare con attenzione l'evolversi della situazione e di segnalare all'autorità giudiziaria qualsiasi comportamento in contrasto con il vigente quadro normativo. Da Bruxelles il portavoce del presidente della Commissione Ue, Jean Claude Juncker, ha avvisato: «La sicurezza delle persone a bordo è la prima preoccupazione».
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Il vicepremier: «Ho difeso la patria, avrei voglia d'andare fino in fondo ed essere convocato a Catania». In vista del voto, sarebbe un boom di consensi. Ma il Senato, pur con qualche dubbio nel M5s, è orientato sul no.Braccio di ferro sui 47 clandestini al largo di Siracusa. La Procura minorile: «Sbarcate i bambini». Il governo chiama in causa le nazioni di Ong e nave.Lo speciale contiene due articoli. «Chi sono io per non farmi processare?». La tentazione sarebbe forte, anzi è forte: Matteo Salvini potrebbe sparigliare le carte e rinunciare all'immunità, trasformando il caso Diciotti in un mega show mediatico. Essere processato per aver «difeso i confini», rischiando dai 3 ai 15 anni di carcere, porterebbe a al ministro dell'Interno una marea di consensi, come ieri ha suggerito Ettore Rosato, deputato del Pd: «Può darsi che Salvini», ha detto Rosato, «decida di farsi processare. Sarebbe perfetto per lui poter parlare per mesi di un processo che si svolgerà». La richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti di Salvini è stata avanzata dal Tribunale dei ministri di Catania: il vicepremier leghista è accusato di sequestro di persona per il trattenimento a bordo della nave Diciotti dei 174 migranti soccorsi questa estate dal pattugliatore della Guardia costiera italiana. Dopo il salvataggio avvenuto al largo di Lampedusa - in zona di competenza maltese - lo scorso 16 agosto, la Diciotti attraccò a Catania il 20 agosto. Il 23 scesero dalla nave 29 minori; il 25 mattina sbarcarono altre 17 persone, in cattive condizioni di salute; infine, poco dopo la mezzanotte, scesero tutti. durante quei giorni, il governo italiano tentò in ogni modo di coinvolgere altre nazioni europee nell'accoglienza dei migranti.Da quel momento, per Salvini è iniziata una tortuosa vicenda giudiziaria: è stato indagato dalla Procura di Agrigento, che ha poi trasmesso gli atti alla Procura di Palermo per competenza funzionale; il Tribunale dei ministri del capoluogo siciliano si è dichiarato incompetente perché l'ipotetico reato sarebbe stato commesso a Catania; lo scorso 1 novembre la Procura di Catania ha chiesto l'archiviazione perché la decisione di Salvini - non far sbarcare i migranti - costituiva una scelta politica non sindacabile dal potere giudiziario; il Tribunale dei ministri del capoluogo etneo, però, ha deciso di non accogliere l'istanza d'archiviazione e ha inviato al Senato la richiesta di autorizzazione a procedere.Mercoledì prossimo (30 gennaio), la giunta per le immunità del Senato si riunirà per cominciare a esaminare il caso. La seduta si aprirà con la relazione del presidente della giunta, Maurizio Gasparri di Forza Italia, che sarà anche relatore del procedimento. Salvini potrà intervenire personalmente o inviando una memoria scritta. In base all'articolo 135 del regolamento, la giunta deve riferire al Senato nel termine di 30 giorni dalla data di assegnazione della domanda (23 gennaio). Se la giunta propone la concessione dell'autorizzazione e non vengono formulate proposte intese a negarla, l'aula non procede a votazioni intendendosi senz'altro approvate le conclusioni della giunta stessa. Presentata la relazione, la richiesta viene inserita tra gli argomenti iscritti nel calendario o nello schema dei lavori in corso. A quel punto, l'aula del Senato delibera sulla richiesta di autorizzazione, dopo aver ascoltato la relazione informativa del presidente o di altro membro della giunta. Il Senato deve decidere se autorizzare o meno il procedimento entro 60 giorni dalla trasmissione della richiesta. Per stoppare il processo, è bene ricordarlo, ci vuole il voto della maggioranza assoluta dell'aula. Immaginate la scena: Matteo Salvini sul banco degli imputati, accusato di aver difeso i confini italiani dall'invasione degli immigrati. Le immagini farebbero il giro del mondo, il consenso del vicepremier - già alle stelle - crescerebbe a dismisura. «Avrei voglia», rivela Salvini, «di andare fino in fondo ed essere convocato a Catania. Ritengo di aver operato rispettando la Costituzione. Sarei curioso di essere processato per sequestro di persona. Se un ministro non può fare cose da ministro, che sono nei suoi poteri... Ritengo di aver difeso la patria, però il voto in aula ci deve essere. Io farò il mio intervento in Senato. Tutti i legali che ho interpellato», aggiunge Salvini, «mi dicono che è palese l'invasione di campo da parte di un potere dello Stato nei confronti di un altro potere dello Stato, e di non permettere questa cosa. Io confesso», ribadisce il vicepremier, «contro il loro parere, che avrei voglia di andare fino in fondo ed esser convocato a Catania. Poi però il Senato è sovrano e deciderà, non voglio sostituirmi al Senato».La decisione, dunque, non è stata ancora presa, e Salvini ha tutto il tempo che serve per valutare pro e contro di un'eventuale, clamorosa rinuncia all'immunità. I pro li abbiamo analizzati: sarebbero tutti politici ed elettorali. I contro? Un sacco di tempo andrebbe perso in riunioni con avvocati e dibattimenti; i suoi più stretti collaboratori verrebbero probabilmente ascoltati in qualità di testimoni; ogni decisione futura su vicende analoghe verrebbe influenzata dal processo in corso; il dibattito politico si trasferirebbe nelle aule giudiziarie. In sostanza, si tornerebbe indietro di qualche anno, quando l'opposizione più efficace ai governi guidati da Silvio Berlusconi veniva condotta dalle toghe di Milano. Dal punto di vista strettamente politico, la richiesta d'autorizzazione a procedere nei confronti di Salvini, mentre Forza Italia ha già annunciato il «no» al processo e il Pd appare titubante e non compatto, mette in difficoltà più il M5s che la Lega. I pentastellati, se Salvini chiederà al Senato di negare l'autorizzazione a procedere, dovranno decidere cosa fare. Facile prevedere che la pressione sarà tutta su di loro. «Per il M5s», ha detto ieri a Radio 24 il sottosegretario leghista all'Economia, Massimo Garavaglia, «potrebbe esserci qualche problema interno. Vedremo come andrà a finire». Comunque vada, per Salvini sarà un successo. 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Dopo il braccio di ferro con Matteo Salvini la Ong tedesca continua la sua strategia, sfidando il ministro dell'Interno con l'obiettivo di attraccare e far sbarcare gli immigrati soccorsi sette giorni fa a nord di Zuwarah, nelle acque dell'area di ricerca e soccorso libica. E mentre il Tribunale dei minori di Catania chiede di far sbarcare gli 8 minorenni a bordo, stavolta non è solo Salvini a ribadire la linea di fermezza nei confronti di Ong e sbarchi, ma è tutto il governo. «Siccome sulla Sea Watch c'è una bandierina olandese che sventola, gli olandesi trovino il modo migliore per prendersi in carico i migranti», ha detto il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli. In precedenza anche il vicepremier pentastellato, Luigi Di Maio, due giorni fa aveva invitato Sea Watch a puntare la prua verso Marsiglia, pur assicurando supporto medico e sanitario in caso di necessità, e ieri ha richiesto di convocare «immediatamente» l'ambasciatore olandese a Roma per chiedere quali intenzioni abbia il suo governo. «Chiederanno insieme a noi alla Sea Watch di andare a Marsiglia o li faranno sbarcare a Rotterdam? Noi siamo disposti alla massima collaborazione ma la nostra linea sulle Ong non cambia». Il vicepremier Salvini invece ha spedito «una lettera al governo olandese, in cui viene ufficialmente incaricato di occuparsi dell'imbarcazione e degli occupanti». Nella missiva il ministro dell'Interno italiano chiede di «poter disporre di ogni informazione in merito a Sea Watch», soprattutto sulla legittimità «dello stato di bandiera dell'organizzazione e delle attività della predetta Ong, nonché delle relative imbarcazioni ed equipaggio», avvisando in sostanza le autorità dell'Aja di prepararsi a farsi carico del problema. Il leader del Carroccio aveva anche annunciato un'inchiesta della Polizia «per verificare se le operazioni di salvataggio messe in campo dalla Ong si siano svolte nel rispetto delle normative nazionali e internazionali» o se la Ong «voglia imporre una sua legislazione in un Paese come l'Italia, che invece ha regole che vanno rispettate». Senza escludere ricadute penali: il Viminale sta raccogliendo elementi per valutare una denuncia nei confronti di ogni membro dell'equipaggio di Sea Watch 3, per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Ieri mattina la nave dell'organizzazione tedesca si è fermata in rada davanti Siracusa, affiancata da motovedette della Guardia costiera e della Guardia di finanza, dopo che giovedì era entrata nelle acque italiane senza alcuna autorizzazione allo sbarco, ma solo per ripararsi dal maltempo (nel Canale di Sicialia si sono registrate onde fino a 7 metri). «A causa delle condizioni meteo avverse» aveva reso noto la Guardia costiera, «per trovare riparo giovedì la nave è entrata nelle acque territoriali italiane: inizialmente procedeva nella navigazione verso Lampedusa, successivamente verso la Sicilia orientale e nella notte le è stato assegnato un punto di fonda al largo delle coste di Siracusa (a 1 miglio a nord di punta Maglisi), per garantire la sicurezza dell'unità e delle persone a bordo». Sulla banchina del porto ieri mattina ha parlato il sindaco di Siracusa, Francesco Italia (centrosinistra), che ha dato disponibilità ad accogliere i profughi in città, «avvalendosi della collaborazione della curia e di tante associazioni che sono state contattate. Siracusa, città di mare e da sempre porto aperto, fa dell'accoglienza un tratto distintivo al quale non intendiamo derogare. Il governo autorizzi l'attracco a Siracusa della Sea Watch 3. Al resto penseremo noi, la curia e tutte le associazioni di volontariato che si sono dette immediatamente pronte a prestare aiuto come storicamente abbiamo sempre fatto e come hanno sempre fatto la Sicilia e l'Italia». Il primo cittadino ha inviato anche una lettera al ministro della Marina mercantile, sollecitando «la signoria vostra a voler consentire l'attracco di questa nave nel porto di Siracusa, Comune che mi onoro di rappresentare e che, in coerenza con le sue tradizioni di accoglienza, vuole ospitare le persone a bordo della nave, sottraendole allo stato di incertezza ed angoscia in cui verosimilmente si trovano». Insieme a Francesco Italia, hanno offerto ospitalità tutti i sindaci che si oppongono al decreto sicurezza: quello di Palermo, Leoluca Orlando; di Napoli, Luigi De Magistris e quello di Lampedusa, Salvatore Martello. Anche il governatore della Toscana, Enrico Rossi, ieri durante la trasmissione Agorà su Rai3, ha chiesto alla capitaneria di porto di far entrare la Sea Watch: «Nessuno può sequestrare delle persone. La filiera di comando non è nelle mani del ministro dell'Interno». L'accusa di «sequestratore» non è piaciuta al ministro Salvini che ha replicato: «Non vediamo l'ora di farli arrivare sani e salvi in altri Paesi europei. In Italia non c'è spazio, vadano in Germania o Paesi Bassi». Nel frattempo, dopo un appello firmato da 20 Ong e lanciato a Italia ed Europa, è stata firmata una petizione online con la richiesta di aprire i porti, che ha raccolto 37.000 firme. Appena gettata l'ancora, dalla Sea Watch è partito un messaggio tra l'ironico e il polemico: «Ci hanno assegnato un posto di fonda invece di un Pos (acronimo che indica un luogo sicuro in cui si trasbordare persone salvate in mare, ndr)» e poi sono arrivati i primi video con i migranti «contenti di essere arrivati in Italia». Un'altra Ong, Mediterranea, ha annunciato di aver già dato mandato ai propri legali di monitorare con attenzione l'evolversi della situazione e di segnalare all'autorità giudiziaria qualsiasi comportamento in contrasto con il vigente quadro normativo. Da Bruxelles il portavoce del presidente della Commissione Ue, Jean Claude Juncker, ha avvisato: «La sicurezza delle persone a bordo è la prima preoccupazione».
La risposta alla scoppiettante Atreju è stata una grigia assemblea piddina
Il tema di quest’anno, Angeli e Demoni, ha guidato il percorso visivo e narrativo dell’evento. Il manifesto ufficiale, firmato dal torinese Antonio Lapone, omaggia la Torino magica ed esoterica e il fumetto franco-belga. Nel visual, una cosplayer attraversa il confine tra luce e oscurità, tra bene e male, tra simboli antichi e cultura pop moderna, sfogliando un fumetto da cui si sprigiona luce bianca: un ponte tra tradizione e innovazione, tra arte e narrazione.
Fumettisti e illustratori sono stati il cuore pulsante dell’Oval: oltre 40 autori, tra cui il cinese Liang Azha e Lorenzo Pastrovicchio della scuderia Disney, hanno accolto il pubblico tra sketch e disegni personalizzati, conferenze e presentazioni. Primo Nero, fenomeno virale del web con oltre 400.000 follower, ha presentato il suo debutto editoriale con L’Inkredibile Primo Nero Show, mentre Sbam! e altre case editrici hanno ospitato esposizioni, reading e performance di autori come Giorgio Sommacal, Claudio Taurisano e Vince Ricotta, che ha anche suonato dal vivo.
Il cosplay ha confermato la sua centralità: più di 120 partecipanti si sono sfidati nella tappa italiana del Nordic Cosplay Championship, con Carlo Visintini vincitore e qualificato per la finale in Svezia. Parallelamente, il propmaking ha permesso di scoprire il lavoro artigianale dietro armi, elmi e oggetti scenici, rivelando la complessità della costruzione dei personaggi.
La musica ha attraversato generazioni e stili. La Battle of the Bands ha offerto uno spazio alle band emergenti, mentre le icone delle sigle tv, Giorgio Vanni e Cristina D’Avena, hanno trasformato l’Oval in un grande palco popolare, richiamando migliaia di fan. Non è mancato il K-pop, con workshop, esibizioni e karaoke coreano, che ha coinvolto i più giovani in una dimensione interattiva e partecipativa. La manifestazione ha integrato anche dimensioni educative e culturali. Il Dipartimento di Matematica dell’Università di Torino ha esplorato il ruolo della matematica nei fumetti, mostrando come concetti scientifici possano dialogare con la narrazione visiva. Lo chef Carlo Mele, alias Ojisan, ha illustrato la relazione tra cibo e animazione giapponese, trasformando piatti iconici degli anime in esperienze reali. Il pubblico ha potuto immergersi nella magia del Villaggio di Natale, quest’anno allestito nella Casa del Grinch, tra laboratori creativi, truccabimbi e la Christmas Elf Dance, mentre l’area games e l’area videogames hanno offerto tornei, postazioni libere e spazi dedicati a giochi indipendenti, modellismo e miniature, garantendo una partecipazione attiva e immersiva a tutte le età.
Con 28.000 visitatori in due giorni, Xmas Comics & Games conferma la propria crescita come festival della cultura pop, capace di unire creatività, spettacolo e narrazione, senza dimenticare la componente sociale e educativa. Tra fumetti, cosplay, musica e gioco, Torino è diventata il punto d’incontro per chi vuole vivere in prima persona il racconto pop contemporaneo, dove ogni linguaggio si intreccia e dialoga con gli altri, trasformando la fiera in una grande esperienza culturale condivisa.
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i,Hamza Abdi Barre (Getty Images)
La Somalia è intrappolata in una spirale di instabilità sempre più profonda: un’insurrezione jihadista in crescita, un apparato di sicurezza inefficiente, una leadership politica divisa e la competizione tra potenze vicine che alimenta rivalità interne. Il controllo effettivo del governo federale si riduce ormai alla capitale e a poche località satelliti, una sorta di isola amministrativa circondata da gruppi armati e clan in competizione. L’esercito nazionale, logorato, frammentato e privo di una catena di comando solida, non è in grado di garantire la sicurezza nemmeno sulle principali rotte commerciali che costeggiano il Paese. In queste condizioni, il collasso dell’autorità centrale e la caduta di Mogadiscio nelle mani di gruppi ostili rappresentano scenari sempre meno remoti, con ripercussioni dirette sulla navigazione internazionale e sulla sicurezza regionale.
La pirateria somala, un tempo contenuta da pattugliamenti congiunti e operazioni navali multilaterali, è oggi alimentata anche dal radicamento di milizie jihadiste che controllano vaste aree dell’entroterra. Questi gruppi, dopo anni di scontri contro il governo federale e di brevi avanzate respinte con l’aiuto delle forze speciali straniere, hanno recuperato terreno e consolidato le proprie basi logistiche proprio lungo i corridoi costieri. Da qui hanno intensificato sequestri, assalti e sabotaggi, colpendo infrastrutture critiche e perfino centri governativi di intelligence. L’attacco del 2025 contro una sede dei servizi somali, che portò alla liberazione di decine di detenuti, diede il segnale dell’audacia crescente di questi movimenti.
Le debolezze dell’apparato statale restano uno dei fattori decisivi. Nonostante due decenni di aiuti, investimenti e programmi di addestramento militare, le forze somale non riescono a condurre operazioni continuative contro reti criminali e gruppi jihadisti. Il consumo interno di risorse, la corruzione diffusa, i legami di fedeltà clanici e la dipendenza dall’Agenzia dell’Unione africana per il supporto alla sicurezza hanno sgretolato ogni tentativo di riforma. Nel frattempo, l’interferenza politica nella gestione della missione internazionale ha sfiancato i donatori, ridotto il coordinamento e lasciato presagire un imminente disimpegno. A questo si aggiungono le tensioni istituzionali: modifiche costituzionali controverse, una mappa federale contestata e tentativi percepiti come manovre per prolungare la permanenza al potere della leadership attuale hanno spaccato la classe politica e paralizzato qualsiasi risposta comune alla minaccia emergente. Mentre i vertici si dividono, le bande armate osservano, consolidano il controllo del territorio e preparano nuovi colpi contro la navigazione e le città costiere. Sul piano internazionale cresce il numero di governi che, temendo un collasso definitivo del sistema federale, sondano discretamente la possibilità di una trattativa con i gruppi armati. Ma l’ipotesi di una Mogadiscio conquistata da milizie che già controllano ampie aree della costa solleva timori concreti: un ritorno alla pirateria sistemica, attacchi oltre confine e una spirale di conflitti locali che coinvolgerebbe l’intero Corno d’Africa.
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Il presidente eletto del Cile José Antonio Kast e sua moglie Maria Pia Adriasola (Ansa)
Un elemento significativo di queste elezioni presidenziali è stata l’elevata affluenza alle urne, che si è rivelata in aumento del 38% rispetto al 2021. Quelle di ieri sono infatti state le prime elezioni tenute dopo che, nel 2022, è stato introdotto il voto obbligatorio. La vittoria di Kast ha fatto da contraltare alla crisi della sinistra cilena. Il presidente uscente, Gabriel Boric, aveva vinto quattro anni fa, facendo leva soprattutto sull’impopolarità dell’amministrazione di centrodestra, guidata da Sebastián Piñera. Tuttavia, a partire dal 2023, gli indici di gradimento di Boric sono iniziati a crollare. E questo ha danneggiato senza dubbio la Jara, che è stata ministro del Lavoro fino allo scorso aprile. Certo, Kast si accinge a governare a fronte di un Congresso diviso: il che potrebbe rappresentare un problema per alcune delle sue proposte più incisive. Resta tuttavia il fatto che la sua vittoria ha avuto dei numeri assai significativi.
«La vittoria di Kast in Cile segue una serie di elezioni in America Latina che negli ultimi anni hanno spostato la regione verso destra, tra cui quelle in Argentina, Ecuador, Costa Rica ed El Salvador», ha riferito la Bbc. Lo spostamento a destra dell’America Latina è una buona notizia per la Casa Bianca. Ricordiamo che, alcuni giorni fa, Washington a pubblicato la sua nuova strategia di sicurezza nazionale: un documento alla cui base si registra il rilancio della Dottrina Monroe. Per Trump, l’obiettivo, da questo punto di vista, è duplice. Innanzitutto, punta a contrastare il fenomeno dell’immigrazione irregolare. In secondo luogo, mira ad arginare l’influenza geopolitica della Cina sull’Emisfero occidentale. Vale a tal proposito la pena di ricordare che Boric, negli ultimi anni, ha notevolmente avvicinato Santiago a Pechino. Una linea che, di certo, a Washington non è stata apprezzata.
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