
Dopo qualche giorno di riflessione, stasera alla Versiliana il vicepremier avvertirà nuovamente Luigi Di Maio del rischio orrore giallorosso. E, mentre aspetterà le mosse di Giuseppe Conte, ribadirà che il governo non è perduto.Matteo Salvini ha preparato il suo discorso di oggi, alle 18 alle Versiliana, con inedita meticolosità. L'uomo della politica del tweet, del messaggio d'impatto immediato, ha ben presente che la partita che sta giocando non lo vede avversario del M5s, del Pd, della sinistra italiana, ma di centri di potere assai più raffinati e temibili. La lettera di ferragosto di Giuseppe Conte è stata analizzata al microscopio, e il risultato è stato inequivocabile: stavolta il premier è stato consigliato non da Rocco Casalino, bensì da ben altri e smaliziati protagonisti della politica e delle istituzioni, italiane e europee. Il momento, Salvini lo sa benissimo, è il più complesso della sua carriera politica, e il discorso di oggi può indirizzare la crisi più pazza del mondo in una direzione piuttosto che in un'altra. Cosa dirà, Salvini? Chiederà con determinazione il voto immediato, affonderà i colpi contro il «governo dell'invasione» (Pd-M5s) ma starà ben attento a non chiudere la porta all'eventuale riedizione del contratto Lega-M5s, rimodulato sulla base dei risultati delle europee, e quindi con una più larga componente leghista (i «ministri del sì» di cui ha parlato pochi giorni fa). Il problema si chiama Giuseppe Conte: Salvini sa perfettamente che il premier ha ricevuto ampie rassicurazioni sulla sua permanenza in carica, o comunque sulla nomina a commissario europeo, in caso di governo giallorosso. Un Conte bis con il Pd al posto della Lega, però, spegnerebbe le velleità di Roberto Fico e di Dario Franceschini, pontiere dei pontieri tra Pd e M5s, che spera di vedere il presidente della Camera a Palazzo Chigi per prenderne il posto. L'obiettivo del partito del non-voto è quello di prolungare la legislatura almeno fino al 2022, per consentire l'elezione di un presidente della Repubblica «non sovranista», e si parla già di un bis per Sergio Mattarella.Salvini deve incunearsi nelle fratture interne al M5s e al Pd per impedire che il fragilissimo disegno di un governo giallorosso, che sarebbe fondato solo ed esclusivamente sulla volontà dei parlamentari di restare incollati alle poltrone, vada in porto. Come chiuderlo, questo porto? Non dando punti di riferimento agli avversari e infilandosi nelle spaccature che già emergono nel Pd. Non c'è solo Carlo Calenda a tuonare contro l'inciucione col M5s: il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, fosse per lui avrebbe già stoppato ogni tentativo di accordo con i grillini per tornare alle urne e sostituire la pattuglia dei parlamentari, per la gran parte fedeli a Matteo Renzi, con altri più omogenei alla sua linea. Salvini resta anche convinto che Matteo Renzi stia tirando un «trappolone» al M5s, facendosi rilegittimare dai grillini sull'orlo di una crisi di nervi per poi scaricarli. Gli stessi M5s, del resto, sono tutt'altro che compatti: numerosissimi sono i big del partito che in queste ore stanno pressando Luigi Di Maio affinché non chiuda la porta alla Lega. Il problema, anche per Di Maio, è Conte: l'avvocato del popolo gioca la partita in proprio, e prepara per martedì le sue «comunicazioni» al Senato, che saranno una vera e propria requisitoria contro il leader della Lega. Salvini, stasera alla Versiliana, insisterà sul fatto che M5s e Lega voteranno insieme il taglio dei parlamentari, e che su questa base «riformista» si potrebbe ritrovare l'afflato unitario che, in tante occasioni, ha visto i due contraenti del contratto di governo superare asperità e contrasti, nel nome dell'interesse nazionale. Dirà anche che non intende dimettersi da ministro dell'Interno, e che aspetta di ascoltare le parole di Conte in aula. Spiegherà ai grillini che le lusinghe del Pd sono una trappola mortale, e che il disegno di Renzi è quello di far durare il governo giallorosso solo pochi mesi, per poi tornare alle urne in qualità di sfidante dell'«altro Matteo». Le aperture al un rinnovato patto col M5s saranno subordinate a condizioni politiche e programmatiche di ampio respiro. Non è escluso che Salvini ripeta in maniera più esplicita che i «porti» della Lega e del centrodestra, in caso di elezioni immediate, sarebbero aperti per quei parlamentari pentastellati che si sono dimostrati più collaborativi e meno ideologizzati nel corso di questo anno e poco più di governo. Candidature per chi non si presta a operazioni trasformistiche: il messaggio sarà diretto a chi nel M5s ha orecchie per intendere e smartphone per inviare, al termine del discorso di stasera, messaggini di approvazione. Il leader del Carroccio avvertirà anche avversari e quasi ex alleati che l'opposizione della Lega a un eventuale pastrocchio giallorosso sarebbe durissima, in Parlamento e nelle piazze, a partire dalla manovra finanziaria. Quando gli verrà chiesto se per caso abbia «sbagliato i tempi» della crisi, Salvini risponderà che il governo dei troppi «no» frenava la crescita dell'Italia, e che mettere un punto era nell'interesse del Paese, che viene prima di quello della Lega. Del resto, è bastata una settimana di crisi per far emergere con limpidezza che personaggi come il ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, senza questo redde rationem avrebbero continuato nell'ombra a disseminare di ostacoli la strada del cambiamento.
Bill Gates (Ansa)
Solo pochi fanatici si ostinano a sostenere le strategie che ci hanno impoverito senza risultati sull’ambiente. Però le politiche green restano. E gli 838 milioni versati dall’Italia nel 2023 sono diventati 3,5 miliardi nel 2024.
A segnare il cambiamento di rotta, qualche giorno fa, è stato Bill Gates, niente meno. In vista della Cop30, il grande meeting internazionale sul clima, ha presentato un memorandum che suggerisce - se non un ridimensionamento di tutto il discorso green - almeno un cambio di strategia. «Il cambiamento climatico è un problema serio, ma non segnerà la fine della civiltà», ha detto Gates. «L’innovazione scientifica lo arginerà, ed è giunto il momento di una svolta strategica nella lotta globale al cambiamento climatico: dal limitare l’aumento delle temperature alla lotta alla povertà e alla prevenzione delle malattie». L’uscita ha prodotto una serie di reazioni irritate soprattutto fra i sostenitori dell’Apocalisse verde, però ha anche in qualche modo liberato tutti coloro che mal sopportavano i fanatismi sul riscaldamento globale ma non avevano il fegato di ammetterlo. Uscito allo scoperto Gates, ora tutti possono finalmente ammettere che il modo in cui si è discusso e soprattutto si è agito riguardo alla «crisi climatica» è sbagliato e dannoso.
Elly Schlein (Ansa)
Avete presente Massimo D’Alema quando confessò di voler vedere Silvio Berlusconi chiedere l’elemosina in via del Corso? Non era solo desiderare che fosse ridotto sul lastrico un avversario politico, ma c’era anche l’avversione nei confronti di chi aveva fatto i soldi.
Beh, in un trentennio sono cambia ti i protagonisti, ma la sinistra non è cambiata e continua a odiare la ricchezza che non sia la propria. Così adesso, sepolto il Cavaliere, se la prende con il ceto medio, i nuovi ricchi, a cui sogna di togliere gli sgravi decisi dal governo Meloni. Da anni si parla dell’appiattimento reddituale di quella che un tempo era la classe intermedia, ma è bastato che l’esecutivo parlasse di concedere aiuti a chi guadagna 50.000 euro lordi l’anno perché dal Pd alla Cgil alzassero le barricate. E dire che poche settimane fa la pubblicazione di un’analisi delle denunce dei redditi aveva portato a conclusioni a dir poco sor prendenti. Dei 42,6 milioni di dichiaranti, 31 milioni si fanno carico del 23,13 dell’Irpef, mentre gli altri 11,6 milioni pagano il resto, ovvero il 76,87 per cento.
In sintesi, il 43 per cento degli italiani non paga l’imposta, mentre chi guadagna più di 60.000 euro lordi l’anno paga per due. Di fronte a questi numeri qualsiasi persona di buon senso capirebbe che è necessario alleggerire la pressione fiscale sul ceto medio, evitando di tartassarlo. Qualsiasi, ma non i vertici della sinistra. Pd, Avs e Cgil dunque si agitano compatti contro gli sgravi previsti dal la finanziaria, sostenendo che il taglio dell’Irpef è un regalo ai più ricchi. Premesso che per i redditi alti, cioè quello 0,2 per cento che in Italia dichiara più di 200.000 euro lordi l’anno, non ci sarà alcun vantaggio, gli altri, quelli che non sono in bolletta e guadagnano più di 2.000 euro netti al mese, pare davvero difficile considerarli ricchi. Certo, non so no ridotti alla canna del gas, ma nelle città (e quasi sempre le persone con maggiori entrate vivono nei capoluoghi) si fa fatica ad arrivare a fine mese con uno stipendio che per metà e forse più se ne va per l’affitto. Negli ultimi anni le finanziarie del governo Meloni hanno favorito le fasce di reddito basse e medie. Ora è la volta di chi guadagna un po’di più, ma non molto di più, e che ha visto in questi anni il proprio potere d’acquisto eroso dall’inflazione. Ma a sinistra non se la prendono solo con i redditi oltre i 50.000 euro. Vogliono anche colpire il patrimonio e così rispolverano una tassa che punisca le grandi ricchezze e le proprietà immobiliari. Premesso che le due cose non vanno di pari passo: si può anche possedere un appartamento del valore di un paio di milioni ma, avendolo ereditato dai geni tori, non avere i soldi per ristrutturarlo e dunque nemmeno per pagare ogni anno una tassa.
Dunque, possedere un alloggio in centro, dove si vive, non sempre è indice di patrimonio da ricchi. E poi chi ha una seconda casa paga già u n’imposta sul valore immobiliare detenuto ed è l’I mu, che nel 2024 ha consentito allo Stato di incassare l’astronomica cifra di 17 miliardi di euro, il livello più alto raggiunto negli ultimi cinque anni. Milionari e miliardari, quelli veri e non immaginati dai compagni, certo non hanno il problema di pagare una tassa sui palazzi che possiedono, ma non hanno neppure alcuna difficoltà a ingaggiare i migliori fiscali sti per sottrarsi alle pretese del fisco e, nel caso in cui neppure i professionisti sia no in grado di metterli al riparo dall’Agenzia delle entrate, possono sempre traslocare, spostando i propri soldi altrove. Come è noto, la finanza non ha confini e l’apertura dei mercati consente di portare le proprie attività dove è più conveniente. Quando proprio il Pd, all’e poca guidato da Matteo Renzi, decise di introdurre una flat tax per i Paperoni stranieri, migliaia di nababbi presero la residenza da noi. E se domani l’imposta venisse abolita probabilmente andrebbero altrove, seguiti quasi certamente dai ricconi italiani. Del resto, la Svizzera è vicina e, come insegna Carlo De Benedetti, è sempre pronta ad accogliere chi emigra con le tasche piene di soldi. Inoltre uno studio ha recentemente documentato che l’introduzione negli Usa di una patrimoniale per ogni dollaro incassato farebbe calare il Pil di 1 euro e 20 centesimi, con una perdita secca del 20 per cento. Risultato, la nuova lotta di classe di Elly Schlein e compagni rischia di colpire solo il ceto medio, cancellando gli sgravi fiscali e inasprendo le imposte patrimoniali. Quando Mario Monti, con al fianco la professoressa dalla lacrima facile, fece i compiti a casa per conto di Sarkozy e Merkel , l’Italia entrò in de pressione, ma oggi una patrimoniale potrebbe essere il colpo di grazia.
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Il toro iconico di Wall Street a New York (iStock)
Democratici spaccati sul via libera alla ripresa delle attività Usa. E i mercati ringraziano. In evidenza Piazza Affari: + 2,28%.
Il più lungo shutdown della storia americana - oltre 40 giorni - si sta avviando a conclusione. O almeno così sembra. Domenica sera, il Senato statunitense ha approvato, con 60 voti a favore e 40 contrari, una mozione procedurale volta a spianare la strada a un accordo di compromesso che, se confermato, dovrebbe prorogare il finanziamento delle agenzie governative fino al 30 gennaio. A schierarsi con i repubblicani sono stati sette senatori dem e un indipendente affiliato all’Asinello. In base all’intesa, verranno riattivati vari programmi sociali (tra cui l’assistenza alimentare per le persone a basso reddito), saranno bloccati i licenziamenti del personale federale e saranno garantiti gli arretrati ai dipendenti che erano stati lasciati a casa a causa del congelamento delle agenzie governative. Resta tuttavia sul tavolo il nodo dei sussidi previsti ai sensi dell’Obamacare. L’accordo prevede infatti che se ne discuterà a dicembre, ma non garantisce che la loro estensione sarà approvata: un’estensione che, ricordiamolo, era considerata un punto cruciale per gran parte del Partito democratico.
2025-11-10
Indivia belga, l’insalata ideale nei mesi freddi per integrare acqua e fibre e combattere lo stress
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In autunno e in inverno siamo portati (sbagliando) a bere di meno: questa verdura è ottima per idratarsi. E per chi ha l’intestino un po’ pigro è un toccasana.
Si chiama indivia belga, ma ormai potremmo conferirle la cittadinanza italiana onoraria visto che è una delle insalate immancabili nel banco del fresco del supermercato e presente 365 giorni su 365, essendo una verdura a foglie di stagione tutto l’anno. Il nome non è un non senso: è stata coltivata e commercializzata per la prima volta in Belgio, nel XIX secolo, partendo dalla cicoria di Magdeburgo. Per questo motivo è anche chiamata lattuga belga, radicchio belga oppure cicoria di Bruxelles, essendo Bruxelles in Belgio, oltre che cicoria witloof: witloof in fiammingo significa foglia bianca e tale specificazione fa riferimento al colore estremamente chiaro delle sue foglie, un giallino così delicato da sfociare nel bianco, dovuto a un procedimento che si chiama forzatura. Cos’è questa forzatura?






