2019-03-22
Salvini e Di Maio sono d’accordo: «Cittadinanza per l’eroe bambino»
Il tredicenne che, per primo e di nascosto, ha chiamato il 112 è egiziano. Il padre chiede che venga riconosciuto il suo gesto. Il Viminale avvierà una procedura velocizzata per meriti speciali: «Ma la togliamo al senegalese».Ha solo tredici anni. Eppure Rami Shehata, studente di Crema, guarda in faccia Ousseynou Sy, folle Caronte dello scuolabus carbonizzato, senza farsi terrorizzare dagli occhi spiritati e dall'insania dei gesti. L'attentatore senegalese gli chiede il cellulare. Rami, impassibile, gli risponde: «Oggi non ce l'ho». Di soppiatto, lo aveva invece nascosto nella tasca del giubbotto. Rami chiama il 112. Nonostante le mani legate, il groppo in gola, la paura che paralizza. E con l'aiuto di Ricky e Adam, due compagni di classe, evita la strage. Sarebbe stata la più sanguinosa. La più terribile. Rami è l'eroe. Impietriti, davanti alle immagini dei telegiornali, l'hanno pensato tutti: coetanei sgomenti, genitori spauriti, nonni sconvolti. Rami non è italiano, però. Lo stesso vale per Adam, del resto. A differenza di Ousseynou Sy, il maledetto autista di quel bus che ha incendiato come il tizzone di un camino. Ragazzini nati nei dintorni di Milano da genitori stranieri: per legge, diventeranno italiani a 18 anni. Ma il governo ha deciso di concedere a Rami la cittadinanza: «Per meriti speciali» (la legge prevede un decreto del presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato e previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del ministro dell'Interno di concerto con il ministro degli Esteri). L'hanno stabilito i due vicepremier: Matteo Salvini e Luigi Di Maio. Un provvedimento inusuale. Destinato allo straniero che ha «reso eminenti servizi all'Italia, ovvero quando ricorra un eccezionale interesse dello Stato». Il ministero dell'Interno sta accertando la situazione. Si farà carico delle spese e sveltirà le procedure lo studente: «L'auspicio è attribuire la cittadinanza a Rami e toglierla al conducente del bus, autore del folle gesto».È stato il padre dell'ardimentoso giovane, Khalid Shehata, il primo a paventare il gesto simbolico: «Non sono mai riuscito a mettere insieme le carte necessarie per fare la domanda, ma questo Paese lo sento come mio», spiega dopo la scampata tragedia. «Anche per questo sono così orgoglioso di mio figlio, che lo ha difeso». Sehata aggiunge: «Rami ha fatto il suo dovere, sarebbe bello se ora ottenesse la cittadinanza italiana». La proposta viene ripresa da Di Maio, con un post su Facebook: «Oltre ai nostri due eroi in uniforme, ce n'è anche un altro di eroe: ha 13 anni, si chiama Rami, ha origini egiziane, ed è uno dei bambini che ieri ha nascosto il cellulare al sequestratore avvisando per primo le forze dell'ordine. Ha messo a rischio la propria vita per salvare quella dei suoi compagni». E dopo il post, arriva l'ufficializzazione del Viminale. Mariastella Gelmini, presidente dei deputati di Forza Italia e coordinatrice del partito in Lombardia, rilancia con l'Ambrogino d'oro, la più alta onorificenza concessa dal comune di Milano. Proporrà al sindaco, Giuseppe Sala, di assegnare il premio ai tre ragazzi: «Che hanno avvertito i carabinieri e sventato una tragedia di immani proporzioni». Rami, Adam, Ricky. Pure i nomi sembrano quelli di tre piccoli supereroi della Marvel. Ricky, unico italiano dei tre, racconta la straordinaria impresa della triade: «Rami è stato furbo: aveva nascosto il cellulare. Ha fatto le prime chiamate al 112. A un certo punto, il telefono gli è caduto per terra: senza farmi vedere, sono andato a raccoglierlo e l'ho passato ad Adam, dietro di me». Adam chiama i genitori. Tre volte, perché all'inizio non gli credono. L'appuntato scelto, Simone Zerbilli, capo pattuglia alla stazione di Segrate, ripercorre invece la telefonata di Rami: «Ha contattato il 112 e ha detto che c'era questo autista che stava facendo il pazzo». Nessuno pensa a uno scherzo. Zerbilli corre sulla Paullese, la provinciale che porta all'aeroporto di Linate, e sventa la strage. C'era anche il valoroso appuntato scelto, ieri mattina, alla conferenza stampa che ha radunato l'impavida pattuglia di salvatori. E c'era anche Rami: la felpa nera con l'effige rossa di Michael Jordan che vola a canestro, i pantaloni verde militare, gli stivaletti di pelle scura. Ha l'aria svagata e pulita di un giudizioso tredicenne. Prode e valoroso per caso. «L'autista aveva un coltello in mano» ricorda. «Ci ha ordinato di consegnare i cellulari. Io ho fatto finta di darlo, ma sono riuscito a tenerlo e a nasconderlo». Rami prende fiato: «Ero seduto negli ultimi posti. Così ho detto ai miei compagni di alzare la voce e fare casino, intanto io chiedevo aiuto. Ho chiamato i carabinieri e ho spiegato la situazione». La banalità del coraggio. «Ho temuto per la mia vita, ma volevo salvare me stesso, i miei compagni e i professori. Abbiamo avuto paura fino all'ultimo, quell'uomo aveva un accendino in mano. Pure quando sono saliti i militari, abbiamo temuto che riuscisse ad accendere il fuoco con noi dentro». Gli omoni con la divisa scura e la fiamma sul berretto lo guardano inorgogliti. Mentre lui, candido, confessa: «Da grande vorrei fare il carabiniere».
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