2018-10-29
I vecchi pontieri tra Lega e 5 Stelle non funzionano più. Salvini e Di Maio ne cercano di nuovi
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Nonostante gli incontri tra i due vicepremier, con il presidente del Consiglio Giuseppe Conte a mediare, la situazione nella maggioranza resta tesa. Stefano Buffagni e Giancarlo Giorgetti non sono più così affiatati. E Gianluigi Paragone è molto distante dalla Lega, dove c'è persino chi gli ricorda il suo stipendio (circa 120.000 euro lordi) da direttore della Padania.Al netto della cena alla Cave di Sant'Ignazio e dell'incontro di domenica tra i vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini, all'interno del governo i rapporti restano freddi e di sospetto dopo le polemiche sulla manovra economica. Tanto che nelle ultime settimane a muoversi sono stati i soliti pompieri, in primis lo stesso presidente del Consiglio Giuseppe Conte, sempre più parafulmine delle tensioni esterne e interne del governo gialloblu. Salvini, dicono i suoi, è sempre più in contrasto con la linea grillina, come dimostrato anche dalle parole a difesa del numero uno della Bce Mario Draghi, attaccato invece da Di Maio. I malumori interni al Carroccio contro i 5 Stelle sono ormai all'ordine del giorno. E si diramano in tutti la penisola, non solo a Roma, ma in diverse regioni. Lo si è letto anche nei retroscena del Corriere della sera e nei tanti sms che circolano sui cellulari dei deputati leghisti. «Perché Salvini quando s'inc….se la lega al dito», spiega un luogotenente del Capitano. Esagerazioni? Forse. Solo che anche chi era considerato fino qualche settimana fa un interlocutore affidabile, ora viene visto con diffidenza. Senza contare i rapporti politici sul territorio. Salvini ha iniziato a prendere le misure sulla Capitale. «Stiamo crescendo ovunque, soprattutto qua. Quando arriverà il momento di votare a Roma, ecco, è possibile che tocchi a uno dei nostri giocarsela. Siamo i più forti», riservando pure qualche critica alla giunta del sindaco pentastellato Virginia Raggi che attende la sentenza sul caso nomine. I rapporti non sono più quelli di una volta. Per di più continua il braccio di ferro sulla Rai, come per la presidenza della Consob, dove una parte dei 5 Stelle punta su Marcello Minenna, un'altra su Donato Masciandaro, professore della Bocconi, mentre in Lega si cerca ancora un nome di alto profilo come quello del bocconiano Alberto Dell'Acqua.Persino tra il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti e il sottosegretario Stefano Buffagni i rapporti non sono più quelli di prima. C'è molta diffidenza tra le fila leghiste, come in quella pentastellata. Tra i grillini c'è chi punta il dito contro l'asse Giorgetti e Salvini, tra gli esponenti del Carroccio c'è chi invece consiglia di indagare sulle spaccature tra il vicepremier Di Maio e il presidente della Camera Roberto Fico. Proprio su quest'ultimo punto ci sarà da ragionare a lungo quando il decreto sicurezza arriverà in aula la prossima settimana. Se ne incomincerà a parlare il 5 novembre. Anche qui i pompieri sono in azione sul ritiro degli 81 emendamenti, ma allo stesso tempo c'è chi, come il senatore Gregorio De Falco, ufficiale di Marina, che continua a sostenere che vuole rispettare la Costituzione. Insomma, il doppio binario non convince la Lega. Al momento l'unico valido pontiere tra i due partiti di maggioranza è Simone Valente, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega ai rapporti con il parlamento. Chi invece ha smesso di fare da trait d'union è Gianluigi Paragone, senatore pentastellato con un lungo passato nella Lega. Paragone in queste settimane sembra essere l'esempio calzante della spaccatura tra i due movimenti. È stato lui a proporre un emendamento nel dl dignità mirato a modificare il sistema di finanziamento pubblico ai partiti. Proprio nei giorni i cui è scoppiato il caso dei 49 milioni di euro contestati al Carroccio. Ovviamente la mossa del giornalista non è stata valutata come casuale. Tanto Tanto che tra i leghisti è tornato a circolare il suo contratto di quattro anni da direttore alla Padania con una retribuzione lorda di quasi 120.000 euro all'anno. All'epoca il quotidiano non solo prendeva contributi pubblici: la Lega girava sempre qualcosa anche per pareggiare i bilanci. In pratica con la tessera della Lega si aveva pure un abbonamento. Quindi non c'erano solo i tanto vituperati contributi all'editoria, ma anche quelli pubblici, contro cui proprio il senatore grillino si è scagliato nell'ultimo mese. Per di più a molti esponenti del Carroccio sono suonate un po' stonate le frasi che Paragone ha rivolto a Giorgetti. «Il suo trascorso lo conosciamo. Non è quello di Salvini, che non è colui che parla con i presidenti delle fondazioni bancarie. È stato due volte presidente della commissione Bilancio, fa le trattative, fa le nomine, tiene i rapporti col sistema economico, è più vicino all'establishment rispetto a noi ». Eppure una volta erano amici. Entrambi juventini, coltivavano persino la passione per il Southampton. Ecco perché la Lega si aspettava una attività di ricucitura dei rapporti e non l'inverso. Nelle prossime settimane, di fronte ai contraccolpi della manovra, servirà più collante. I due partiti dovranno trovare nuove figure in grado di fare da link. Altri Buffagni e Valente. Perché non basta che i generali vadano d'accordo ci vogliono anche i gradi intermedi.
Giancarlo Tancredi (Ansa)
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Francesco Nicodemo (Imagoeconomica)