2019-10-28
Salviamo le donne dalla barbarie
delle mutilazioni genitali imposte dalla legge islamica
L'Organizzazione mondiale della sanità calcola che almeno 200 milioni di ragazze nel mondo portino i segni di questa pratica atroce. Benché vietata, continua a proliferare anche per via della circoncisione femminile ammessa dalla sharia.L'Organizzazione mondiale della sanità calcola che almeno 200 milioni di ragazze nel mondo portino i segni di una pratica atroce: le mutilazioni genitali. Benché vietata, la crudele tradizione tribale dell'infibulazione continua a essere diffusa in molti Paesi asiatici e africani anche a causa della circoncisione femminile ammessa dalla legge islamica, la sharia. È una pratica che va fermata: entro il 2030 si stima che 68 milioni di bambine tra 4 e 15 anni vi saranno sottoposte.Non esiste relativismo che possa giustificare la tortura di una bambina. Eppure, esistono ben quattro livelli di mutilazioni genitali femminili. L'Organizzazione mondiale della sanità calcola che almeno 200 milioni di ragazze e donne vivono oggi nel mondo con le cicatrici di qualche forma di mutilazione genitale subita nel corso della vita. Benché vietata da molti paesi, in almeno 30 è ampiamente praticata. E se è diminuita in molte aree monitorate dall'Unicef, altrove resta tuttora incontrastata. Si stima che 68 milioni di ragazze subiranno mutilazioni di qui al 2030 senza un serio impegno da parte nostra.L'infibulazione consiste nell'asportazione del clitoride e nella sutura, dopo scarnificazione, delle piccole e grandi labbra vaginali. Nei siti ufficiali è specificato che l'infibulazione non ha nulla a che fare con le religioni o almeno con quelle ufficiali: si tratta di una pratica tribale africana e, spesso, la sutura viene fatta con spine di acacia, dettaglio che ci riporta all'immagine del sonnacchioso villaggio con i muri di fango, magari sperduto nella savana. Ma ciò è falso.L'infibulazione è praticata anche nei centri urbani di molti paesi. Rimasta retaggio delle campagne dalla prima metà del secolo scorso (periodo in cui, fra l'altro, anche il velo islamico tendeva a scomparire), ha ripreso terreno negli anni Sessanta rilanciata dai movimenti indipendentisti come pratica africana (quindi, anticoloniale) e, poi, negli anni Novanta, in tutte le terre dell'integralismo islamico su iniziativa di imam locali, come ci informa la scrittrice somala Ayaan Hiirsy Ali, infibulata a cinque anni nella casa di suo padre, un «signore della guerra». Una casa che conteneva più di un migliaio di libri, oltre all'acqua corrente e all'elettricità.La pratica apparteneva a civiltà non islamiche, ma ora è molto diffusa proprio nelle terre islamiche. Ali, naturalizzata olandese e ora attivista dei diritti delle donne nella tradizione islamica, racconta il martirio delle bambine infibulate, il dolore inimmaginabile, il dover restare per un mese con le gambe legate l'una all'altra perché, a causa della perdita di sostanza, la cicatrice si forma in retrazione, cioè tra tessuti che avrebbero dovuto essere separati.Una volta che la cicatrice si è formata, poi, è impossibile divaricare molto le gambe, fare una spaccata, scavalcare un ruscello. Per un mese urinare e defecare sono una tortura, anzi urinare sarà difficile per tutta la vita, con rischio di cistiti. Il parto è rallentato, la testa del bambino deve passare per un cercine di tessuti cicatriziali, può impiegare troppo tempo, possono esserci complicanze gravissime, come la rottura dell'utero. Ma Ali racconta anche la persecuzione di quelle non infibulate, additate dall'imam alla scuola coranica, spesso picchiate dai ragazzi.Insieme alle migrazioni, l'infibulazione è arrivata anche su suolo europeo (anche se proibita dalla legge) nei Paesi Bassi, in Francia e forse anche Italia. L'escissione, invece, asporta il clitoride che è estremamente sensibile e costituito da un tessuto che sanguina moltissimo. Mentre la «circoncisione», pratica islamica raccomandata dalla sharia, è descritta come un semplice taglietto: un tripudio di diminutivi perché, in teoria, dovrebbe asportare solo la pelle del prepuzio. Nella quasi totalità dei siti islamici è specificato come questa non lasci conseguenze sulla donna. La sharia, anzi, la raccomanda perché non è una mutilazione come l'infibulazione e l'escissione. Alcuni siti islamici spiegano la differenza in tre tipi:1) circoncisione femminile shariatica, che consiste nel taglio di una piccola estremità del prepuzio clitorideo; 2) clitoridectomia, che consiste nell'asportazione dell'intero clitoride; 3) infibulazione o circoncisione faraonica, che consiste nell'asportazione del clitoride, delle piccole labbra, di parte delle grandi labbra con cauterizzazione, cui segue la cucitura della vulva, lasciando aperto solo un foro per permettere la fuoriuscita dell'urina e del sangue mestruale. Mentre la prima forma non ha alcuna seria conseguenza per il normale svolgimento della vita di una donna (come la circoncisione maschile non ha alcuna seria conseguenza per quella di un uomo), le ultime due pratiche sono altamente lesive, e vietate categoricamente dalla Shari'ah, che invece parla (con diversi gradi di raccomandazione e a seconda della scuola giuridica) esclusivamente della prima. E dunque, da dove viene l'affermazione che l'Islam non c'entra nulla con le mutilazioni femminili? Qui abbiamo la risposta. L'Islam, ufficialmente, condanna l'escissione del clitoride e l'infibulazione. Se poi qualche imam la raccomanda, non è colpa di nessuno: ogni civiltà ha la sua quota di gente che non capisce. Mentre la circoncisione femminile shariatica è ben accetta. Essa consiste nel taglio di una piccola estremità del prepuzio clitorideo, vero. La cicatrice, però, è devastante. Chi non ha studiato fisiopatologia chirurgica non può sapere che il peso di un intervento non è dato da quanto si è asportato, ma da come si forma la cicatrice. Nella circoncisione maschile il pene sporge da un cilindro. Nella circoncisione femminile il clitoride è troppo piccolo. La cicatrice si forma al di sopra del clitoride, il cilindro diventa un cappuccio. Il clitoride resta incarcerato nella cicatrice, separato, al riparo da qualsiasi stimolazione che causi l'orgasmo. Non solo, se la donna si eccita i corpi cavernosi vanno in erezione, urtano la cicatrice e si ha dispareunia, ovvero un forte dolore di tutta la zona.Inoltre, la distinzione tra semplice asportazione del prepuzio e del clitoride è una pia illusione. In una bambina il clitoride è minuscolo, l'operatrice (come diavolo chiamare costei: tagliatrice, mammana?) deve usare una forbice grande mentre, peraltro, il soggetto si agita. Nei casi dove il prepuzio è lungo, c'è spazio perché la sforbiciata sia al di sopra dei corpi cavernosi, in tutti gli altri li prende in pieno. La circoncisione in molti casi diventa una clitoridectomia parziale, con le caratteristiche di questo intervento: dolori ed emorragia forti. Sono tessuti sensibilissimi, molto ricchi di terminazioni nervose. Il dolore patito dai bambini è distruttivo per la psiche umana.Eppure, miriadi di imam affermano che «questa pratica rende le donne delle migliori musulmane: più belle agli occhi dei mariti, più equilibrate psicologicamente e soprattutto al riparo della libido». E la capillare diffusione della circoncisione shariatica è celebrata con apposite cerimonie di massa organizzate da fondazioni islamiche, quali la Yayasan Assalaam o la Assalaam Foundation, come hanno raccontato i quotidiani The Guardian e New York Times nei reportage da Bandung, in Indonesia.C'è assoluta necessità e urgenza di fermare le mutilazioni sessuali. Iniziando a dire che anche la «semplice circoncisione» che tante bimbe hanno subito è, in tutto e per tutto, una mutilazione. Il relativismo e il politicamente corretto stanno, invece, proteggendo queste pratiche. La nostra voce non arriva: in molte università statunitensi non riesce a parlare. Non abbiamo mai urlato che queste pratiche sono atroci, spesso non lo abbiamo nemmeno detto, imbavagliati come siamo dal politicamente corretto.