2022-06-07
Salta il tappo dell’Unione bancaria europea
Con la scusa di liberare risorse e favorire le fusioni, il Comitato di Basilea intenzionato a considerare i Paesi membri come un unico Stato. Un assist per Mps, ancora alla ricerca di un cavaliere bianco, ma il rischio è che si finirà con l’agevolare lo shopping francese.«Negli anni le banche hanno fatto molte transazioni, quasi tutte domestiche. Quando parlo con i ceo delle banche europee mi dicono che non c’è un grande appetito per acquisizioni cross border. Questo è un peccato perchè sarebbe importante guardare all’unione bancaria come il loro mercato domestico», ha detto nei giorni scorsi il presidente del Consiglio di vigilanza della Bce, Andrea Enria, al Festival dell’economia a Trento. Ricordando che l’Europa ha un settore bancario grande e globale per attivi, se però guardiamo invece alla capitalizzazione di Borsa la prima europea è ventisettesima. Di certo, lo scoglio del capitale è stato a lungo l’ostacolo principale sulla strada delle integrazioni tra banche nel Vecchio Continente (nel 2016 i diktat della Bce sui requisiti patrimoniali rischiarono di far saltare le nozze tra la Bpm e il Banco popolare). La linea dei regolatori però sta cambiando: come ha scritto Mf-Milano Finanza, il Comitato di Basilea (prossima riunione il 17 giugno) dovrebbe infatti intervenire sul calcolo per i requisiti di capitale richiesti alle banche sistemiche. Dal 2011, ogni novembre, il Financial stability board e il Comitato di Basilea aggiornano l’elenco delle cosiddette G-Sibs (Globally systemically important banks), vale a dire le banche che per dimensione e profilo possono dare origine in caso di difficoltà a fenomeni di instabilità economico-finanziaria a livello mondiale. La composizione di questa lista viene rivista ogni anno e a determinare l’inclusione o l’esclusione dall’elenco è il punteggio definito da 12 indicatori raggruppati in 5 categorie: dimensioni (il fallimento di una banca più grande è più difficile da risolvere e può avere un impatto più ampio sul sistema finanziario), interconnessione (una banca con una rete più ampia di obblighi contrattuali all’interno del sistema finanziario può accelerare la diffusione di uno shock finanziario), sostituibilità (una banca è più importante dal punto di vista sistemico se fornisce un servizio che sarebbe difficile da sostituire se la banca non fosse più in grado di fornire quel servizio), complessità (una banca con operazioni più complesse può essere più difficile da risolvere e il suo fallimento potrebbe avere un impatto più ampio all’interno del sistema finanziario) e l’attività intergiurisdizionale (il fallimento di una banca con operazioni internazionali richiede un coordinamento transfrontaliero per essere risolto e può avere un impatto di vasta portata). Sotto la lente dell’organo di vigilanza internazionale è finito proprio quest’ultimo indicatore che misura la consistenza delle attività che l’intermediario ha fuori dal proprio Paese richiedendo appunto più capitale alle banche con una forte presenza internazionale. Ora il Comitato potrebbe però considerare i Paesi membri di un’unione bancaria come un unico Stato. In questo modo verrebbe alleggerita la zavorra patrimoniale, liberando risorse per la crescita e per la remunerazione degli azionisti, nonché favorendo i matrimoni, o meglio come dicono i tecnici il consolidamento. Insomma, il risiko allo sportello. Ma se da un lato questo può diventare una spinta decisiva - vedi il caso del Monte dei Paschi ancora alla disperata ricerca di un principe, se non azzurro quantomeno coraggioso - dall’altro può rappresentare un assist alla già massiccia campagna di acquisti straniera, in particolare francese come hanno dimostrato le recenti mosse del Crédit Agricole sul Banco Bpm e di Amundi sul risparmio gestito di Anima. Del resto, Relance, puissance, appartenance (Rilancio, potenza, appartenenza) era lo slogan usato dal presidente francese Emmanuel Macron quando il 1° gennaio ha assunto la presidenza di turno del Consiglio dell’Unione europea. Un semestre che all’Eliseo vogliono sfruttare anche per chiudere dossier già esaminati come il completamento dell’Unione bancaria, su cui i lavori e le trattative si trascinano ormai da nove anni. Parigi da tempo è in corsa per attirare i colossi finanziari che hanno lasciato Londra dopo la Brexit con l’ambizione di diventare il nuovo epicentro finanziario. E in questa sfida cerca la sponda dei les amis italiens che da amici però possono diventare utili prede. Tanto che il dossier dell’unione bancaria è finito nel trattato del Quirinale firmato con il nostro Paese dove il premier Mario Draghi ha però sempre ribadito una forte matrice Atlantica. Come muoversi e quale strategia comune seguire è infatti diventato uno degli ambiti di consultazione indicati nell’articolo dedicato agli Affari europei dagli accordi di cooperazione bilaterale rafforzata. Resta da capire quale sarà l’effetto sul risiko europeo del cantiere diretto dai francesi e dei nuovi incentivi introdotti dai regolatori, se il completamento dell’unione bancaria si tradurrà in una sfida agli Usa, se l’Italia appoggerà questa strategia e anche come si muoverà la Germania che finora è sempre stata restia a mettere in comune i rischi.
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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