2019-07-25
Salta il Consiglio sull’intesa Fincantieri. 7 giorni per salvare la Difesa dai francesi
Slitta l'ok di Giuseppe Conte sulla joint venture tra il nostro colosso e Naval, spinta da Paolo Gentiloni. Si valuta l'interesse nazionale.Il Consiglio dei ministri che avrebbe dovuto valutare l'accordo tra Naval group e Fincantieri è saltato. Sicuramente ha contribuito anche la giornata di passione tra Camera e Senato. L'audizione di Giuseppe Conte sulla Tav e sul caso Rubligate ha scombussolato i 5 stelle e alzato i livelli di scontro anche dentro il Movimento. Ciò ha reso impossibile riunire un Consiglio dei ministri così delicato e senza una linea chiara e ha imposto lo slittamento del dossier sulla Difesa italiana di almeno una settimana. Così la scelta se utilizzare o meno il golden power sulla joint venture tra le due società della cantieristica militare tornerà sul tavolo del cdm il prossimo mercoledì. L'alert lanciato ieri dalla Verità ha sollevato numerose reazioni, d'altronde l'argomento è bollente. I rapporti tra Roma e Parigi non sono mai stati così caldi. Come abbiamo scritto ieri Conte potrebbe fare scattare la prescrizione in tema di golden power e approvare l'accordo a condizione di sistemare la posizione di Leonardo. Cioè, avere la certezza che in nessun modo la joint venture possa atrofizzare la capacità di Piazza Monte Grappa in temi di elettronica della Difesa e soprattutto di combact management system. Al tempo stesso, ci risulta che il ministro dell'Economia, Giovanni Tria non abbia sollevato obiezioni, e quello della Difesa, Elisabetta Trenta, taccia. Motivi per alzare le antenne ce ne sono. Al netto di alcuni dettagli estremamente tecnici che riguardano la società di diritto francese controllata dalla joint venture tra naval group e Fincantieri e il ruolo di sponda di Osn, Orizzonte sistema navali, non si può non sottolineare che 'intero progetto nasce con il cappello filofrancese di Paolo Gentiloni. E bisogna, politicamente interrogarsi sulla validità di legarsi in modo così duraturo o stabile al partner francese. L'abbiamo visto in Libia e nella vicenda dei cantieri Stx, nella quale Emmanuel Macron ha fato marcia indietro rimangiandosi tutte le promesse del suo predecessore. È bene anche ricordare che il tema del golden power, oltre a essere di natura estremamente complessa è per il nostro Paese una novità. E ancora non abbiamo delimitato con precisioni il confine tra sicurezza nazionale e tutela dell'industria militare nostrana. Il progetto italofrancese si inserisce qui in mezzo, aprendo nuovi filoni interpretativi. C'è chi ritiene che il golden power non sia lo strumento ottimale per affrontare tali specifici aspetti proprio per la natura della joint venture. Ciò non significa che se il governo ritenesse di dover dedicare attenzioni anche all'intero comparto dell'elettronica della difesa in modo da salvaguardare il know nel lungo termine non avrebbe strumenti a disposizione. Il riferimento è agli azionisti di controllo dei due colossi italiani. Se Palazzo Chigi vedesse rischi strategici per l'elettronica per la difesa potrebbe far valere il ruolo del Mef o di Cassa depositi e prestiti e indicare un parere specifico. Lo Stato in ogni caso è tenuto a salvaguardare l'interesse nazionale prima di ciascuna singola attività aziendale. Salvo il fatto che vale anche per le joint venture la legge 185 relativa alle esportazioni. Il testo in questione impone alle imprese del comparto di sottoporre al ministero degli Esteri un parere prima di esportare tecnologia sensibile. La Farnesina, se ritenesse la singola attività di export pericolosa per l'interesse nazionale, potrebbe bloccarla. C'è poi a nostro avviso un piano geopolitico che compete esclusivamente agli Stati. Quando l'ex premier Paolo Gentiloni e Macron si strinsero la mano nel settembre del 2017 immaginarono tra Italia e Francia un grande progetto di fratellanza, correlato dal patto del Quirinale. Adesso il mondo è cambiato. Ribadiamo ancora una volta, come abbiamo scritto ieri, che la Trenta e Conte dovrebbero saperlo: abbiamo bisogno di Donald Trump e di entrare in maxi progetti atlantisti e sfilarci dal pericoloso filone della Difesa comune europea a trazione francotedesca. Per sederci ai tavoli Nato e a quelli Usa ci serve grande valore aggiunto e una Leonardo in fase di spolvero e di rilancio. Il comparto dell'elettronica per la difesa è uno di quelli sui quali un Paese deve puntare le proprie fiches. Il governo ha una settimana per pronunciarsi sul dossier italofrancese.
Lo stabilimento Stellantis di Melfi (Imagoeconomica)
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