2020-03-03
Saliti a 52 i morti, 18 soltanto ieri. Ma l’epidemia sembra rallentare
Altri 66 pazienti guariti, il totale è di 149. In rianimazione a Crema un medico anestesista e un'infermiera. Il numero delle persone risultate positive ai controlli ha superato quota 2.000, di cui metà in Lombardia.Nei reparti di rianimazione della Lombardia, compresi i privati, sono occupati 9 posti letto su 10. Le strutture si riorganizzano allargando i settori delle emergenze.Lo speciale contiene due articoli.Nel fornire il consueto bollettino sulla situazione del contagio da coronavirus, ieri il capo della Protezione civile Angelo Borrelli ha voluto partire dai numeri positivi. Che sono minimamente incoraggianti: altri 66 sono i pazienti guariti che elevano il totale a 149. Purtroppo cresce anche il numero dei casi, che ha superato i 2.000: per essere precisi, sono 2.036 i contagiati. Aumentano le persone risultate positive ai test sanitari: ieri erano 1.835, 258 in più rispetto al giorno precedente. I soggetti positivi sono destinati ad aumentare, aveva avvisato l'epidemiologo Gianni Rezza dell'Istituto superiore di Sanità, e puntualmente i nuovi dati comunicati dalla Protezione civile lo confermano. Per il 50% dei nuovi pazienti si parla di persone asintomatiche o che vengono tenute in isolamento a casa, ha spiegato Borrelli, il 40% è ricoverato con sintomi e il 10% si trova in terapia intensiva. Sono aumentati anche i decessi, 18 quelli registrati lunedì, dei quali 15 Lombardia e 3 in Emilia Romagna. È così salito a 52 il numero delle vittime nel nostro Paese per il Covid-19. In Italia siamo a 2.036 contagiati dall'inizio dell'epidemia, il maggior numero di pazienti positivi e in cura assistita sono in Lombardia (1.077), in Emilia Romagna (324) e in Veneto (271), le regioni in cui le scuole restano chiuse per tutta la settimana. Scorporando gli altri dati, 51 sono in Piemonte, 34 nelle Marche, 18 in Liguria, 17 in Campania, 12 in Toscana, 9 in Friuli Venezia Giulia, 5 in Sicilia, 4 nel Lazio, 5 in Abruzzo, 4 in Puglia, 2 in Umbria, 1 in Calabria e nella Provincia autonoma di Bolzano. I tamponi complessivamente effettuati sono stati 23.345, dei quali solo 668 confermati come positivi dall'Istituto superiore della Sanità. Ieri aumentava anche il numero dei sanitari contagiati. Un medico anestesista e una infermiera del pronto soccorso dell'ospedale di Crema, risultati positivi al Covid-19, sono stati ricoverati in rianimazione. L'infezione è avvenuta «quando ancora non si facevano i tamponi», ha fatto sapere l'assessore regionale al Welfare della Lombardia Giulio Gallera. La donna è stata trasportata all'ospedale di Brescia. Il coronavirus ha diviso l'Italia in quattro: gli 11 comuni della «zona rossa», le Regioni della «zona gialla» di Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e le province di Pesaro-Urbino e Savona, le province di Bergamo, Lodi, Piacenza e Cremona, il resto del Paese. Le Regioni coinvolte sono 15 più la Provincia autonoma di Bolzano. Il maggior numero di deceduti si è registrato in Lombardia (38), seguita da Emilia Romagna (11), Veneto (2). Ieri nelle Marche c'è stata la prima vittima, un uomo di 88 anni. Molto anziani erano anche i lombardi che non ce l'hanno fatta, avevano 92, 81, 86, 88, 94 anni, tutte persone con patologie correlate. La fotografia più aggiornata della situazione contagio coronavirus in Italia segnala dunque 1.835 persone risultate positive al tampone. Di queste, 742 sono ricoverate con sintomi (+103 rispetto a domenica 1 marzo), la maggior parte in ospedali della Lombardia (478) e dell'Emilia Romagna (148). In terapia intensiva ci sono 166 pazienti (+26), 127 dei quali in Lombardia, 16 in Emilia Romagna, 14 in Veneto, 2 in Piemonte, 6 nelle Marche, 1 in Liguria. I positivi al Covid-19 tenuti in isolamento domiciliare sono 927 (+129 rispetto a domenica), dei quali 472 in Lombardia, 204 in Veneto, 160 in Emilia Romagna, 37 in Piemonte, 11 nelle Marche, 9 in Friuli Venezia Giulia, 5 in Liguria e in Toscana, 13 in Campania, 3 in Sicilia,1 in Lazio e Calabria, 2 in Umbria, Abruzzo, Puglia. Sul fronte positivo dei pazienti dimessi, la maggior parte sono in Lombardia (139), 4 sono risultati guariti in Liguria, 3 in Lazio, 2 in Sicilia, 1 in Toscana. La battaglia contro il Covid-19 è ancora in corso, dobbiamo aspettarci nuovi casi nei prossimi giorni. Ospite di un programma radiofonico, il direttore del dipartimento Malattie infettive dell'Istituto superiore di Sanità, Giovanni Rezza, ha spiegato che è necessario evitare allarmismi sebbene il virus sia ancora nella fase di crescita: «Non sappiamo se già si è raggiunto il picco, ma è normale che quando aumentano i casi, crescono anche quelli più gravi».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/saliti-a-52-i-morti-18-soltanto-ieri-ma-lepidemia-sembra-rallentare-2645361956.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="gli-ospedali-sempre-vicini-al-limite" data-post-id="2645361956" data-published-at="1758137764" data-use-pagination="False"> Gli ospedali sempre vicini al limite Il nuovo coronavirus ha portato gli ospedali lombardi a una situazione di «piena emergenza», secondo Massimo Galli, il primario infettivologo dell'Istituto Sacco di Milano. La situazione più critica riguarda gli ospedali al centro del focolaio epidemico (come quelli di Lodi e Cremona) ma a livello regionale iniziano a scarseggiare soprattutto i posti di terapia intensiva. Come è noto, se la metà delle persone contagiate dal Sars-Cov-2 può essere curato a casa, il 40% necessita di un ricovero e il 10% di un supporto respiratorio nella terapia intensiva. Al migliaio di casi della regione Lombardia corrispondono un centinaio di persone che necessitano della rianimazione per Covid-19. Complessivamente gli ospedali lombardi, compresi quelli della sanità privata che è stata coinvolta, hanno una capacità di 900 posti per la terapia intensiva. Attualmente però questi reparti sono occupati al 90%, quindi vicino alla saturazione. Non si deve infatti dimenticare che gli ospedali si devono occupare di migliaia di altri pazienti che non hanno la sindrome polmonare della Covid-19 e che sono ricoverati per altri motivi: fratture, patologie cardiache e operazioni chirurgiche. C'è poi una questione strutturale da affrontare. Questi reparti, per favorire un rapido intervento del personale in caso di emergenza, non hanno particolari divisioni tra i letti. Le aziende ospedaliere hanno quindi dovuto provvedere a soluzioni per isolare parte dei loro reparti, in modo che nel trattare i pazienti infetti non vengano contagiati gli altri ricoverati in terapia intensiva per altri motivi. Questi «blocchi Covid-19» sono stati realizzati in 15 ospedali lombardi, tra cui il Niguarda e il Policlinico di Milano, il San Matteo di Pavia, i Civili di Brescia e gli ospedali di Lodi, Cremona e Bergamo. Sono inoltre in corso attività per realizzare nuovi blocchi in altri ospedali, come quelli di Vimercate e di Busto Arsizio. Nel Veneto, i posti letto disponibili in rianimazione sono circa 500 a fronte degli attuali 17 degenti. Ma la sanità regionale ha già programmato l'aumento delle capienze, nell'ordine di una sessantina di letti supplementari, sia in via cautelativa - l'emergenza si avvia al picco e potrebbe riservare sgradite sorprese - che in previsione di quanto sta accadendo nelle regioni vicine aggredite dal virus con maggiore violenza, la Lombardia e l'Emilia Romagna, che potrebbero esaurire le disponibilità di ricovero e richiedere l'aiuto del vicino. Si devono inoltre considerare i posti letto per degenze meno complicate (40% dei contagiati) e per questo negli ospedali si stanno riorganizzando i reparti, svuotando quelli «non strategici» e aprendo quelli chiusi. L'ospedale «deserto» di Schiavonia, dove è stato scoperto il primo paziente veneto, un'ala sarà riservata interamente ai casi di coronavirus. Oggi dovrebbe essere aperto l'ex ospedale militare di Baggio, a Milano, ma l'assessore al welfare Giulio Gallera informa di aver richiesto il coinvolgimento di 80 caserme militari per oltre 6.000 posti. Come se non bastasse, più o meno il 10% dei medici in Lombardia è fuori uso per colpa del Covid 19. Servono rinforzi tra infermieri, infettivologi, pneumologi e camici bianchi di pronto soccorso. Sono stati lanciati i primi bandi e la Regione Lombardia, come rivelato da Gallera, ha chiesto al governo di assumere i pensionati e medici militari.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)